L'obbedienza
1 - Valore dell'obbedienza nella vita cristiana e nella vita consacrata
2 - La croce della disobbedienza
3 - Tesi dei progressisti
4 - Tesi dei conservatori
5 - Miti dei progressisti
6 - Il nostro compito e la natura interpersonale dell'Obbedienza
7 - Obbedienza e dogma trinitario - cristologico
8 - Amore di sé e Amore di Dio
9 - La virtù dell'Obbedienza e le virtù teologali
10 - Cristo si manifesta nel prossimo
11 - Problemi relativi alla Conferenza di settembre
L'incontro di oggi, ed in parte gli incontri futuri, tratteranno il tema dell'obbedienza, per l'importanza che essa ha nella vita cristiana in generale e nella vita consacrata in particolare.
Infatti, là dove non c'è obbedienza come valore preminente non esiste né vita cristiana né tanto meno vita consacrata.
Il tema dell'obbedienza è uno dei più discussi e dei più respinti nel mondo d'oggi.
Noi dobbiamo, come sempre, trarre il bene dal male, in base alla parola dell'Apostolo, che ci ha spronati in questa direzione, garantendoci che tutte le cose cooperano per coloro che amano Dio.
Quindi dobbiamo fare un duplice sforzo di fermezza e di fedeltà all'obbedienza e nello stesso tempo di presa di coscienza di tutti i frastornamenti, di tutte le deviazioni che tale problema ha generato, in modo da trarne uno stimolo ad approfondire il nostro impegno e il nostro apprezzamento.
Oggi, per essere obbedienti, dobbiamo portare la croce di tutti coloro che sostengono la disobbedienza, così come Gesù ha preso su di sé i nostri peccati e le nostre contraddizioni.
Crisi della Chiesa, Scuola, Famiglia
Il problema dell'obbedienza ha posto in crisi la Chiesa o vasti settori di essa, le istituzioni civili, la famiglia e la scuola
Le due ali estreme della Chiesa
Oggi si usa, anche se a torto, dividere gli schieramenti dei vari organismi in un'ala progressista e in un'ala conservatrice e reazionaria.
Così nella Chiesa si tenta di individuare intorno ad un centro moderato che cerca di mediare, le due ali estreme: i conservatori e i progressisti, le cui posizioni contengono ugualmente errori circa il modo di concepire l'obbedienza.
Esaminiamo, per una ricerca e senza la pretesa di definire categorie in senso assoluto, gli errori dei progressisti, che sembrano i più tenaci nemici dell'obbedienza.
Su giornali e riviste cattoliche per esempio, appaiono articoli con titoli di questo genere: "La virtù della disobbedienza".
Quali sono i motivi avanzati contro l'obbedienza dalla schieramento progressista?
Obbedire significherebbe:
1) una subordinazione riduttiva dell'uomo all'uomo; Un uomo che rinuncia ad essere di serie A per diventare di serie B, un uomo che si fa di serie B per subordinarsi ad un uomo di serie A;
2) subire la situazione, quindi rinunciare a modificarla, a trasformarla, a innovarla, soggiacere alla situazione stessa;
3) rinunciare ad essere quello che è giusto e bello essere per scienza propria, riducendo l'uomo alla irresponsabilità.
Disgraziatamente, ad avvallare queste interpretazioni, che di fatto esistono, anche se non in linea di principio, vi sono fatti clamorosi, come l'obbedienza degli aguzzini dei "Lager" nazisti, quella dell'aviatore che ha massacrato una città.
Dal punto di vista psicologico l'obbedienza favorirebbe l'immaturità e dal punto di vista sociale ,'irresponsabilità.
La psicanalisi
La psicanalisi, i cui fondamenti teorici sono contrari alla obbedienza, denuncia, in campo psicologico, le frustrazioni e le alienazioni dovute al soggiacere obbedenziale dell'individuo al super ego, cioè al dettato della comunità, alle norme del costume vigente.
La Sociologia, in campo sociale, accusa l'obbedienza di prestarsi allo sfruttamento dell'uomo.
Quindi, tutte le indagini sociologiche e psicologiche sono state condotte all'insegna della liberazione dell'uomo dall'obbedienza.
L'origine della disobbedienza
L'apologia della disobbedienza ha la sua origine nel Paradiso terrestre e nella caduta originale.
La Riforma
Storicamente possiamo trovare delle recrudescenze della disobbedienza, da cui è scaturita, per esempio, la riforma protestante, che ha condizionato in larga parte il mondo moderno ed ha preparato il terreno psicologico e spirituale alle varie dottrine contro l'obbedienza.
Le critiche dei progressisti, che vi prego di esaminare, hanno purtroppo un fondamento, non nei principi, ma nella storia, nel modo di dare e di prendere l'obbedienza.
I conservatori, da parte loro, sostengono l'obbedienza come principio di ordine, come garanzia di stabilità individuale e collettiva, ecclesiale e vivile, come principio e fondamento della pace, sia interiore che sociale, tra i gruppi e nelle famiglie.
Naturalmente dicono anch'essi delle verità.
Significato dell'obbedienza
Sia gli uni che gli altri guardano agli effetti dell'obbedienza, considerandola da un punto di vista strumentale, mentre non guardano alla sua sostanza, che sottende la crescita, la partecipazione e la collaborazione dell'uomo all'opera redentrice di Cristo.
Obbedienza come virtù
Sia gli uni che gli altri non guardano all'obbedienza come virtù, che partecipa della fede, della speranza e della carità, nell'azione rinnovatrice dello Spirito Santo.
Sia gli uni che gli altri parlano dell'obbedienza senza capire veramente che cosa essa sia e quale visione di vita essa comporti.
L'obbedienza a cui mirano progressisti e conservatori, anziché fondarsi su una realtà personale, è puramente strumentale.
Essi non si curano di ciò che noi siamo e pensiamo, ma solo dell'ordine, della stabilità, della pace, ecc.
entrambi ci presentano l'obbedienza come una realtà impersonale, da combattere o da accettare.
I progressisti ci offrono delle insegne, dei miti, degli slogan; essi parlano di progresso, di giustizia sociale, di maturazione psicologica; ci offrono degli idoli, degli assoluti impersonali, che non dicono tutto l'uomo, che non lo esprimono, che non lo aiutano.
Progressisti e conservatori sono apparentemente contrapposti, ma assai simili di fatto, perché né gli uni né gli altri hanno a cuore l'uomo.
Entrambi considerano, per la verifica delle loro proposizioni, il numero o certi aspetti puramente secondari: l'ordine costituito, la pace intesa come mancanza di lotta denunciata, senza curarsi della sofferenza e dell'insoddisfazione interiore degli uomini.
Gli uni in nome di un principio autoritario, gli altri in nome di un principio democratico parimenti autoritario lavorano per la sopraffazione del numero, mentre l'obbedienza lavora per l'unità e per la comunione.
Coloro che non si ispirano a Cristo possono insegnare solo la sudditanza.
Insomma, l'obbedienza non diminuisce nessuno, a cominciare da chi obbedisce; non diminuisce neanche coloro a cui si obbedisce e tanto meno diminuisce Dio.
Evitiamo quindi di schierarsi sia con i progressisti che con i conservatori, e consideriamo, come punto di riferimento Gesù, che accetta l'obbedienza con tensione, calore e slancio.
Quindi cerchiamo noi, che non siamo uomini di parte, di fare uno sforzo responsabile per chiarire il vero significato dell'obbedienza, in vista della crescita nostra e degli altri, legati a noi nel paino provvidenziale.
L'obbedienza è una volontà libera
Obbedire non significa soggiacere e subire la volontà di un altro, ma conformarvisi liberamente, facendola propria.
L'obbedienza si rende necessaria là dove esistono persone e rivela la natura interpersonale dei rapporti.
Far propria la volontà di un altro significa entrare in comunione con l'altro ed accettarlo veramente.
È un'opera creativa di spogliamento e nel contempo di superamento di se stessi, quasi di dilatazione al punto tale da ospitare l'altro dentro di noi.
Realtà è rapporto tra le persone e la Persona
La realtà non è soltanto rapporto interpersonale, ma fondamentalmente rapporto fra le persone e la Persona per eccellenza, l'Assoluto come Persona.
Non è possibile capire l'obbedienza se si rifiuta una visione personalistica e teologale della realtà.
L'obbedienza non è comprensibile se non poniamo fino in fondo l'attenzione sul dogma trinitario e cristologico.
La Trinità: tre persone - un solo Dio, è la massima realtà personale, dove c'è l'eguaglianza, la distinzione, la correlazione, la dedizione.
Dedizione che non è subordinazione, correlazione che non è riduzione: il Figlio non subisce il Padre e lo Spirito Santo non subisce né il Padre né il Figlio.
Tuttavia c'è un ordine in quelle progressioni: il Figlio che è generato e mandato dal Padre, lo Spirito Santo che, ispirato dal Padre e dal Figlio, ci insegna il Padre e il Figlio.
La Comunità
La Comunità, di cui tanto si parla oggi, non può esistere se non ci si accetta e non ci si obbedisce vicendevolmente.
Obbedienza che è essenzialmente conformazione alla volontà di un altro, attraverso un processo di conoscenza e di volontà.
Obbedienza che, nel rapporto uomo - uomo, è tuttavia limitata, per non distruggere il proprio io, mentre essa è pienamente chiara e fondata nel rapporto uomo - Dio, dove l'Assoluto Personale è Dio e l'uomo è persona solo in quanto è immagine di Dio.
L'Io assoluto e l'io relativo
Un io relativo che ha avuto dall'Io Assoluto la struttura, la sussistenza e la consistenza, fedele perciò alla volontà di Colui che da sempre lo ha voluto.
Non si può contrapporre l'amore di sé all'amore di Dio: non ci si può infatti amare se non amando soprattutto l'Amore che ci ha amati e voluti.
Non ci si può rifiutare di conformarsi alla volontà di Colui che vuole entrare in comunione con noi; chiamandoci: figli, amici, sposi.
Difatti l'unione e la comunione con Dio si realizzano con l'accettazione della Sua volontà.
L'obbedienza a Dio, che è la radice del nostro essere, deve essere dunque senza limiti, senza riserve.
Ma questo non dice né schiacciamento, né soggezione, né subordinazione intesa in senso riduttivo, intesa nel senso di contenimento.
Non vi è altro modo di farsi Dio se non accettiamo la Sua volontà; non vi è altro modo di essere se non accettando l'Essere dentro di sé.
L'obbedienza, per non cadere nell'ateismo, deve fondarsi in una visione personale e teologale della realtà.
L'obbedienza è la concretizzazione della fede, concepita come credo, come fiducia, come affidamento a Dio che si manifesta indirettamente attraverso le creature.
Tante nostre obiezioni contro l'obbedienza derivano dalla nostra pochezza di fede.
Nessuno può insegnarci veramente qualche cosa se non Gesù, che parla dentro di noi.
Gli altri, con le loro parole, ci danno solo stimolazioni.
Guardiamo al Maestro, il quale ha detto che fare la volontà del Padre era suo cibo e ha suggellata questa sua disposizione interiore fondamentale in mille modi, compreso sulla Croce, con le parole: "Tutto è compiuto".
Che il nostro impegno sia rivolto a Gesù, affinché Egli agisca dentro di noi, ci istruisca e ci impregni veramente del suo spirito.
Gesù, che ci fa dire nel Padre Nostro: "sia fatta la tua volontà", ci insegnerà il valore ed il significato dell'obbedienza.
Solo la presenza di Gesù dentro di noi renderà costruttivi i nostri discorsi.
Perciò, non si può parlare dell'obbedienza, come di nessun'altra virtù, se non nell'ambito della fede, della speranza, della carità, nell'ambito di Cristo.
Solo in Lui, con Lui e per Lui, si coglierà il vero senso dell'obbedienza.
La nostra resistenza ad obbedire deriva dalla nostra resistenza a credere, a sperare ed ad amare.
Tanto è vero che il Figlio di Dio ha dovuto morire sulla croce.
Noi dobbiamo avere dei punti di riferimento, non per essere tranquilli, ma per salire sulla croce con Gesù Crocifisso.
Punti di riferimento che costituiscono non solo la nostra certezza e la nostra consolazione, ma anche tutta la ricerca, tutto il tormento, tutta la spinta e tutta l'ascesi.
Gesù parla di via stretta, non parla di via larga; ma ci parla anche di consolazione: sembra un discorso contraddittorio, ma non lo è.
I due momenti si possono ritrovare nei Vangeli, dove Gesù dice: "voi che siete affaticati e oppressi venite a me e io vi ristorerò" ( Mt 11,28 ) ma ci invita anche a bere il suo calice e a condividere le sue sofferenze ( Mt 20,22 )
Da una parte dice che è venuto a portare la pace, dall'altra che è venuto a portare la guerra ( Mt 10,34 ): entrambe le cose sono vere in una visione unica che è Gesù, perché solo Lui è la sintesi di tutto.
Così per l'obbedienza, che diventerà da una parte la vera signoria di sé, delle cose, del mondo, la vera maturità nostra e degli altri, la vera liberazione anche in termini sociali, un vero contributo, una vera dimensione nel mondo rinnovato; d'altra parte diventerà la vera pace, il principio del vero ordine.
Vediamo ora come la Virtù dell'obbedienza si fondi sulle virtù teologali.
Obbedienza come fede
Abramo è il padre dei credenti non tanto perché ha creduto, ma perché ha obbedito.
Attraverso l'obbedienza, egli ha dimostrato la sua fede.
Non è con l'obbedienza che Gesù ha dimostrato il Suo amore per il Padre e per l'uomo?
La vera obbedienza è nella fede, è per la fede, è come fede.
Il fondamento, il coronamento di tutte le virtù sono le virtù Teologali, e fra tutte la carità: la fede come principio, la carità come culmine.
Guai alle virtù che non si correlazionano con le virtù teologali.
Non vi è virtù che si possa vivere distinta dalle virtù teologali.
Se vogliamo capire bene le virtù, pur distinguendole, non dobbiamo separarle, ma collegarle le une alle altre, in particolare con le virtù teologali, che danno il senso, la forma, il significato alla vita morale.
La Fede, la Speranza e la Carità, personalizzano la vita morale, impedendole di essere semplicemente l'attuazione di norme e di codici.
Non c'è virtù che si possa considerare distintamente o separatamente dalle virtù teologali, e l'obbedienza è in un certo senso una virtù con una disposizione generale, di cui partecipano tutte le altre virtù in quanto correlate con la Fede, la Speranza e la Carità.
Obbedienza come Speranza
La vera obbedienza è alimento alla speranza, e deve essere vissuta nella speranza, per la speranza, come speranza.
Non sperare soltanto nella vita eterna, ma sperare nella obbedienza, come Abramo, che non ha solo obbedito, ma anche sperato nella sua obbedienza.
Obbedienza come Amore
Obbedienza che non è soggezione, né rinuncia, né irresponsabilità, ma manifestazione di amore.
Qual'è infatti la concretizzazione migliore di un atto di amore che fare la volontà di chi si ama, sia verso gli uomini che verso Dio?
Oggi, o si disprezza l'obbedienza, o ci si subordina al prossimo, che viene identificato a Cristo.
Tale identificazione distrugge Cristo, che si manifesta nel prossimo, ma non vi si identifica e rende la subordinazione veramente avvilente.
Ricordiamoci del preambolo ai Comandamenti dell'Antico Testamento: " Io, Signore Dio tuo" ( Dt 5,6 ); preambolo che fonda l'accettazione della volontà di Dio sulla accettazione di Dio.
L'Alleanza ed i comandamenti devono essere considerati insieme, per evitare di rendere il primo un semplice trattato, i secondi delle semplici regole intercambiabili.
Ricordiamo l'affermazione che si trova nel Padre Nostro: "Sia fatta la tua volontà" e accettiamo l'obbedienza come l'ha accettata ed amata Cristo; accettazione che ci permetterà di aprirci a tutti e di meglio capirli in Cristo.
Abolizione dei voti
A settembre ci sarà la Conferenza mondiale dei responsabili maggiori degli Istituti Secolari e già si stanno formulando nuove proposte, di cui una è per esempio l'abolizione dei voti e la scelta delle beatitudini come impegno.
Si tratterebbe di fare un voto di beatitudine, impossibile tuttavia da realizzare poiché esso si identificherebbe con un voto di perfezione.
Chi potrebbe fare un voto di perfezione?
Infatti la beatitudine è il frutto terminale della vita cristiana, è la vetta che solo la più completa docilità allo Spirito Santo permette di raggiungere.
Presa di posizione
Anche a noi sarà chiesto di prendere posizione sia all'interno che all'esterno dell'Istituto.
Alcuni evidenziano particolarmente il voto di castità, preminente nella nostra Regola.
Il voto di obbedienza, che pur abbiamo fatto, ci vincola assai meno.
L'impegno alla castità ci ricorda, più di quello dell'obbedienza, la nostra appartenenza al Signore.
Significato dei voti
La considerazione sul voto di obbedienza vale anche per il voto di povertà.
Saremo chiamati a scegliere, a decidere, a chiarire il significato che questi tre voti hanno per noi.
Dovremo inoltre decidere se essere consacrati laici o laici consacrati.
Anche se confermeremo nella sostanza quanto c'è nelle Regole attuali, dovremo tuttavia dimostrare insieme ad una visione e ad una consapevolezza nuove, una crescita ed un approfondimento maggiori.
Non possiamo rimanere certo così come siamo.
Concludendo, considero l'obbedienza un punto molto importante, da approfondire sia per una nostra scelta di vita, che per una presa di posizione di fronte alle situazioni che ci si presentano.
Approfondire tali problemi è fondamentale, anche in rapporto alle vocazioni, la cui ricerca è giustificata solo da una vera vita di crescita all'interno del nostro Istituto.
Il problema delle vocazioni è molto delicato e richiede da parte nostra una vita realmente conforme alle nostre scelte.