Interventi presso l'Ufficio Catechistico Regionale |
Oramai si è già parlato, si sono dette molte bellissime cose, io vorrei suggerire alcuni altri temi, se mi è possibile.
Abbiamo parlato della necessità del catechisti e penso che nessuno lo metta in dubbio.
Abbiamo detto che una comunità si valuta in rapporto ai catechisti che ci sono e alla capacità, alla formazione, ecc.
Ma ci sarebbe anche un altro tema che dovrebbe essere un po' fondamentale, penso, in una Pastorale catechistica, quello di suscitare delle vocazioni catechistiche.
Io penso che una vocazione catechistica si susciti perché, è vero che è un dono di Dio, ma i doni di Dio devono anche essere invocati, suscitati, promossi, anche il Cristo ha fatto così.
Perciò dovremmo preoccuparci di suscitare queste vocazioni.
In che modo? Dal momento che il catechista, in fondo, è un cristiano che prende coscienza del suo Battesimo, prende coscienza del suo carisma profetico, perciò penso che la prima formazione sia nel suscitare una comunità di persone che cerchino di vivere con esperienze comunitarie, con esperienze, direi, religiose, incontri.
La parte spirituale, che ho sentito ripetere, ed è la parte fondamentale, perché se manca quella non c'è nessun catechista, in una Pastorale deve essere suscitata, deve venir fuori, ma viene fuori in modo particolare quando c'è il coraggio anche di esigere.
Mi piaceva quanto diceva il dott. Conti, in fondo ci vuole anche un tipo di consacrazione, la quale consacrazione non è detto che debba avere i cariami dei voti pubblici o di entrare in una congregazione, ecc.
Una consacrazione deriva proprio da una presa di coscienza di quello che è il nostro carisma di profeta.
Io ho visto nelle mie poche esperienze come tante volte sono sorti dei catechisti dove io non me lo sarei neanche immaginato.
Sono venuti fuori proprio così, spontaneamente, perché quando uno prende coscienza di essere cristiano vivo, autentico non può più stare nella pelle.
Perciò mi sono visto degli operai che incominciarono a cercare degli incontri familiari per annunciare qualche cosa, annunciare quello che loro sentivano.
Perciò io direi la formazione culturale, la formazione socio-religiosa, teologica, ecc. io la metterei in un secondo momento, perché io posso avere della gente che mi sa dire di conoscere tutti i dogmi di fondo, ma se manca di questa carica interiore manca il fondamento catechistico del vero catechista.
Il catechista è una presa di coscienza di un qualcosa che sente, quando uno prende coscienza di quello che è non può stare a meno: parlerà in dialetto, dirà quattro cose, se non altro quello che lui ha scoperto e lo comunica, ma quella è autentica catechesi, anche perché la catechesi oggi mi sembra ( anche il documento base lo dice, è evidente ), la catechesi è vita.
E non può esserci una catechesi che non si esprima in una vitalità, liturgica, ad esempio.
La vera catechesi la si vede in un incontro eucaristico, in una assemblea animata ed è il culmine della catechesi.
Forse sono idee un po' strane, ma io vedo così, che i ragazzi giovani e gli uomini, non è soltanto per i catechismi dei fanciulli.
Abbiamo visto, in questi giorni stiamo facendo un corso per fidanzati ma sono usciti fuori così, coppie di sposi, con che entusiasmo, con che calore riescono a trasfondere qualcosa che sentono.
Quindi la catechesi ha degli aspetti, problemi anche sull'aspetto caritativo.
Io ho visto degli uomini sposati che si sono presi la briga di andare in certi gruppi di cascinali a far sentire che se sei cristiano devi sentire prima di un altro, questa è catechesi.
Cioè la catechesi, per me, parte soprattutto da una presa di coscienza interiore, cioè quando il cristiano riesce a capire che veramente lui ha avuto questo, poi la comunità, è logico, allora cercherà di fare un secondo gradino, che sarebbe quello di poi dare una catechesi specializzata e allora ecco le scuole, l'istruzione.
Ma il punto di partenza è vocazionale, almeno io penso… perché il resto che han detto sono tutte cose buone, per non ripetersi, io almeno vedevo questo punto fondamentale.
Quindi è anche un ripensare, suggerire ad esempio anche che le comunità parrocchiali, ad un certo momento, si facciano un po' delle revisioni di vita in questo senso, perché prendano tutti la coscienza che se non evangelizzano, guai a me se non evangelizzano: me ne importa avere una chiesa piena di gente ma se non sente questo problema, sono dei cristiani ancora vuoti.
Non si improvvisano queste cose.
È tutta una pastorale che deve tendere a suscitare questi problemi.
E allora vengono fuori i catechisti per tutti gli aspetti.
Ci sono di quelli che avranno una inclinazione per esempio per la catechesi agli ammalati, e da noi forse questa è molto trascurata, ma ci sono delle persone che hanno proprio questo compito, di trasmettere, almeno io ne ho tre o quattro che fanno solo questo: vanno alla ricerca proprio di questi ammalati e li avvicinano proprio con la carica umana …
In fondo la catechesi ha poi delle specializzazioni, è evidente, e queste specializzazioni vengono fuori anche dai doni, dai carismi, dai talenti che uno ha.
L'importante è che la comunità sappia vedere, ascoltare, tenere testa a questi problemi e poi ci vuole organizzazione perché non è una definitiva soluzione dei problemi, ma è uno degli strumenti efficaci per far sì che anche la catechesi.
Quindi un tipo organizzativo ci vuole: non è quella la sostanza, però è uno dei mezzi attuali ancona efficaci.
Ma sono temi che dovrebbero essere un po' sviluppati, comunque la relazione di Conti è valida.
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