Ritiro del 13/4/1997
1 - Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito
2 - La nostra risposta alla promessa
3 - Il cammino cristiano
4 - Finché la fede non si incarna
5 - Ho lasciato che Dio fosse in comunione con me?
6 - Vivere e respirare l'umiltà
7 - Compiere un cammino di guarigione
8 - In cosa consiste il cammino di guarigione
9 - La prima cosa che fa lo Spirito Santo
10 - La vita nuova che ci è data dallo Spirito Santo
11 - La nostra disponibilità
12 - Aspettarsene un contraccambio
13 - L'incarnazione, passione e morte del Figlio
La vita nuova ( Rm 8 )
"Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio e voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo "Abbà, Padre".
Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio e se siamo figli siamo anche eredi, eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria".
Potremmo dire che questo è il nucleo di tutto il nostro cammino.
S. Paolo, illuminato veramente dallo Spirito di Dio ci dà una delucidazione fondamentale su quello che è lo specifico del cristiano.
Intanto abbiamo molti insegnamenti in questi pochi versetti.
"Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" ( Rm 8,14 ); dunque per essere figli di Dio bisogna essere docili alla guida dello Spirito Santo: è l'essere nello Spirito Santo che ti rende efficacemente figlio.
Non che tu altrimenti non sia figlio, perché per il fatto che Gesù si è incarnato, tutta l'umanità partecipa della sua Persona; per il fatto che sei battezzato sei, per il carattere, partecipe della natura stessa di Dio.
Ma questo non è ancora sufficiente perché tu sia figlio dal punto di vista non ontologico, ma esperienziale, pragmatico; dice Gesù: "Mio fratello, mia sorella, mia madre è colui che ascolta la parola di Dio e la mette in pratica".
Dunque l'essere in una data situazione non dipende semplicemente da una promessa da parte di Dio, ma anche dalla nostra risposta a tale promessa.
Il popolo eletto beneficiava delle promesse e dell'alleanza che Dio aveva fatto con lui, indipendentemente dalla sua adesione interiore, ma come abbiamo già ricordato, si viveva ancora nell'ottica della legge.
Ora la vita nuova nella grazia prevede una partecipazione umana e questo è infinitamente più grande, perché è proprio per questa partecipazione che si può instaurare una relazione tra la persona di Dio e quella dell'uomo.
"Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio e voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma uno spirito di figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!": ( Rm 8,14-15 ) l'azione che instaura una vera figliolanza è il proclamare la sua paternità.
Nessuno dice qualche cosa se non lo crede veramente, specialmente nei confronti di Dio; allora qui abbiamo anche un criterio di discernimento: se ci sono delle paure nella nostra esistenza, è chiaro che viviamo ancora da sudditi e non da figli.
Non è molto grave questo fatto, perché noi sappiamo bene che tutto il cammino cristiano è un cammino di guarigione dalle ferite dell'anima, dai traumi, dagli sbagli del passato e di liberazione dalle nostre catene, dal peccato, dalla morte.
E questo avviene nella misura in cui noi riconosciamo la nostra figliolanza.
Questa è l'ottica in cui ci muoviamo nella riflessione di oggi: la vita nuova.
La vita nuova è un'esperienza di salvezza, che è molto di più che non conoscenza di salvezza.
Quando si parla di esperienza si parla di qualcosa che coinvolge integralmente l'essere umano.
Allora dobbiamo stare molto attenti, perché siamo portati a scindere l'esperienza integrale e la vita cristiana la intendiamo di più come qualcosa che deve essere saputo, che non come qualcosa che deve essere vissuto in modo veramente completo: corpo, psiche e anima.
Della nostra vita cristiana troppo spesso noi facciamo un'esperienza intellettuale, un'esperienza ragionata.
Intendiamoci: questo non è male, ma non è tutto; la vita cristiana è molto di più che un assenso della ragione; finché la fede non si incarna in opere concrete non è vera fede, è un ragionamento sulla fede.
La fede è qualcosa che si realizza nel presente, qualcosa che ti coinvolge completamente.
La vita nuova di cui parla s. Paolo in tutto questo capitolo 8, è dunque un'esperienza radicale di tutto l'essere umano.
Il problema sta in questo: come facciamo a permettere a tutto noi stessi di partecipare a questa esperienza?
Perché io credo che, a livello intellettuale, nessuno di noi abbia alcuna difficoltà ad accettare che la redenzione ci coinvolga totalmente; però subentrano, ad un dato momento, alcuni condizionamenti esterni e ci impediscono di essere semplici nell'accettazione e nella realizzazione di questa esperienza.
Non per niente quando Nicodemo va parlare a Gesù ( Gv 3 ), Gesù dice chiaramente che lo Spirito Santo, come un vento, viene da dove non si sa e va dove non si sa e chiunque desidera beneficiare di questa esperienza si deve abbandonare ad essa.
Allora l'immagine che viene in mente è questa: l'uomo con una fede solo razionale è come un grande veliero che ha tutto ciò che è necessario per affrontare il mare, però è ancorato nel porto e le vele non sono spiegate.
Si tratta, piano piano, di lasciare le nostre sicurezze per permettere che l'esperienza della salvezza si concretizzi in atti quotidiani.
A tutti i livelli. Non solo nelle scelte più gravi e importanti, ma anche a ciò che noi pensiamo sia banale o inutile, perché se l'esperienza della salvezza è un'esperienza di comunione, allora significa che non c'è assolutamente niente nell'arco della mia giornata che non debba essere vissuto con, per e in Gesù Cristo.
La comunione non può essere settoriale, limitata ad un ambito della nostra vita, all'ambito esclusivamente razionale o spirituale; se uno prende seriamente la comunione, a un dato momento entra in crisi.
E si domanda: Ma io fino a che punto ho lasciato che Dio fosse in comunione con me oggi?
Tutto ciò che sto facendo, lo sto facendo con lui, per lui e in lui?
"Sia che vegliate, sia che dormiate, siate dunque del Signore"; "Pregate incessantemente, intrattenendovi con salmi, inni e cantici spirituali".
È la vera libertà, a tutti i livelli: libertà principalmente da noi stessi.
Ed ecco il requisito fondamentale per tutto questo: l'umiltà.
Senza umiltà e senza distacco da noi stessi è pressoché impossibile riuscire a compiere un'esperienza totalizzante di vita nuova nello Spirito Santo.
Perché? Perché una persona si trova costantemente di fronte ai propri limiti, ai propri condizionamenti.
Allora, per prima cosa diventa consapevole dei tuoi condizionamenti.
Hai scoperto ciò che ti condiziona, ciò che ti lega, ciò che ti imbavaglia, ciò che ti impedisce di essere libero della libertà dei figli di Dio, che non vuol dire libero di fare tutto ciò che vuoi, ma libero da te stesso, pronto ad abbracciare completamente e totalmente lui?
Perché finché noi non diventiamo consapevoli dei nostri limiti, come facciamo a liberarcene?
Una persona è fortemente condizionata dal suo modo di parlare; un'altra ha rispetto umano, è timida, ha vergogna, balbetta… sono condizionamenti umani.
Insolubili? No, ma perché diventino superabili, è necessario vivere e respirare l'umiltà, che ti fa guardare la situazione come essa è e poi accettarla.
Solo a questo punto diventi talmente libero da te stesso da poter accogliere la salvezza di Dio, che si manifesta anche con il superamento di questi problemi.
In tutta questa lettera ai Romani troviamo davvero delle cose meravigliose, che sembra inutile riprendere e commentare, perché san Paolo le esprime con tale irruenza, con tale forza che è pericoloso spezzettare la sua parola per renderla più adatta a noi.
"La speranza poi non delude perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" ( Rm 5,5 ).
In questo versetto noi troviamo tutti gli ambiti dell'essere umano: la speranza riguarda il futuro, l'amore di Dio riguarda la redenzione dell'uomo, riversato nei nostri cuori riguarda tutta la nostra psicologia.
La salvezza è un'esperienza integrale e tutto questo avviene solo per mezzo dello Spirito Santo.
Allora prima di poter vivere nella vita nuova è necessario che tu accetti di compiere un cammino di guarigione.
Non c'è assolutamente nessuno che non abbia bisogno di una guarigione spirituale continua, perché "tutti hanno peccato e tutti sono privi della gloria di Dio", però "la speranza non delude".
Dunque quando noi pensavamo di essere troppo fragili o troppo deboli per affrontare la nostra esistenza, abbiamo ricevuto questa consolazione: l'amore di Dio nei nostri cuori, unica realtà che è in grado di guarirci completamente.
Si fa un gran parlare dell'amore di Dio, ma noi ne abbiamo fatto l'esperienza?
In che cosa consiste questa esperienza? In un fatto cerebrale o in un fatto coinvolgente?
Bisogna che ritorniamo costantemente all'esperienza che è stata all'origine del nostro cammino, perché quello fu il tempo del fidanzamento: il profeta Osea riportò nel deserto sua moglie, perché lì lo reincontrasse e si ricordasse del tempo del fidanzamento; e noi siamo chiamati a rendere sempre nuovo, sempre vivo ed efficace questo primo tempo dell'amore di Dio per noi e del nostro innamorarci di lui.
In questo consiste il cammino di guarigione: in un'esperienza ( anche sensibile, perché no? ) dell'amore, della vicinanza, della provvidenza del Signore.
Io penso che sia molto importante che ognuno di noi faccia un serio discernimento.
Molti problemi, in ogni campo, nascono quando si dà per scontata specialmente questo tipo di relazione.
In un matrimonio quando l'amore reciproco si dà per scontato, il matrimonio comincia a vacillare, perché nell'amore non c'è niente di scontato, ma tutto di voluto e di donato.
Se l'amore è il desiderio di rendere felice l'altro più di se stessi, allora è una scelta che comporta la rinuncia a me stesso per l'altro.
Allora l'esperienza della vita nuova si basa proprio su questo: io ho scelto che l'amore di Dio sia trionfante nel mio cuore?
Ho scelto di rendere felice lui? Ho scelto lui o i suoi benefici?
E quando l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, allora si realizza ciò che troviamo nel cap. 8 della lettera ai Romani: "Nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù".
Niente ti può legare, niente ti imprigiona, perché vivi nella carità di Dio, sei diventato una cosa sola con lui.
"La legge dello Spirito dà vita in Cristo Gesù che ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte, infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne lo rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile" ( Rm 8,2 ).
Se vuoi fare l'esperienza della libertà interiore, devi essere una cosa sola con Cristo.
Come può avvenire questo? Con un tuo sforzo personale?
No, ci vuole certo la tua disponibilità personale, cioè lasciare spazio a Dio, chiedendo a Dio che venga a prendere posto dentro di te, ma poi si tratta di un'azione di Dio.
Di quale persona della Trinità? Dello Spirito Santo, poiché la prima cosa che fa lo Spirito Santo è "li convincerà di peccato" e questo sapeste quanto è importante, perché senza il convincimento del peccato, non può esserci né vera conversione né vero pentimento.
Esattamente quello che dice la liturgia questa mattina: la conversione è un'azione dello Spirito, cioè il sentire dispiacere per non essere stati capaci di lasciarsi amare da Dio e di amare Dio; il dispiacere di non essere stati figli, ma usurpatori.
In questo consiste il pentimento: sentire di avere non ricevuto, ma rubato a Dio il suo affetto.
Ora noi sappiamo che ci sono due gradi di pentimento: quello imperfetto ( attrizione, che è dolore per avere peccato ) e quello perfetto ( contrizione, che è non solo il dolore del peccato, ma il dispiacere di non avere amato ).
La vita nuova che ci è data dallo Spirito Santo è quella che ci fa essere figli di Dio.
Solo per la potenza dello Spirito Santo noi diventiamo figli di adozione e partecipiamo a tutto ciò che è del Figlio, al suo potere sacerdotale, profetico e regale; e dobbiamo sentirci figli non come un compito che da svolgere, non come un dovere, ma come un'aspirazione, un desiderio interiore, una fierezza, un santo orgoglio di essere figli, di essere completamente rispondenti a ciò che Dio Padre si aspetta.
Come il Padre fu fiero di suo Figlio Gesù: "Questi è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto", ( Mt 3,17 ) così desidera poter dire la stessa cosa di tutti noi.
Perché lo potesse dire la prima cosa necessaria era che fossimo figli davvero, in Cristo Gesù per mezzo dello Spirito Santo.
Il resto non dipende più esclusivamente dallo Spirito Santo, dipende dalla nostra disponibilità all'azione dello Spirito, dalla nostra docilità a lasciarci conformare a Cristo, che vuol dire lasciarsi plasmare, lasciarsi trasformare, cioè fare sì che noi diventiamo "alter Christus", un altro Gesù, non per quanto riguarda l'essenza, ma per partecipazione.
In questo consiste la vita nuova, tutte le altre cose non ne sono che un'ovvia conseguenza, perché se tu sei figlio e agisci come tale, sei totalmente libero dal peccato e dalla morte ( Rm 8,2 ), la morte non ha più potere su di te.
Nei due ritiri precedenti abbiamo riflettuto molto sui condizionamenti esterni e spirituali che affliggono la nostra società, le nostre Congregazioni, le nostre persone.
Questi condizionamenti a volta sono dovuti alla nostra fragilità, altre volte dalla presenza di colui che è omicida fin dall'inizio; nel vivere la conformazione a Cristo, noi abbiamo la liberazione da questo tipo di condizionamenti e vedremo in che modo.
Ma perché mai uno dovrebbe desiderare di vivere nella vita nuova di figlio di Dio? Solamente per piacere a Dio?
Ma nessuno fa qualcosa senza aspettarsene un contraccambio, neppure Dio.
Quando Dio ha permesso che suo Figlio si incarnasse e patisse e morisse e risuscitasse lo ha fatto aspettandosi di poter raccogliere da quell'albero della vita frutti abbondanti di salvezza.
Ogni cosa compiuta da Dio ( e lo leggete in ogni pagina della Scrittura ) è una promessa da cui egli si aspetta qualche cosa, una risposta.
Anche noi agiamo allo stesso modo: non facciamo mai niente senza aspettarci qualche cosa in cambio, è normale che sia così; dipende però se quello che ci aspettiamo è per noi stessi o se facciamo di ciò che ci aspettiamo la cosa più importante oppure se la cosa più importante è la nostra relazione con lui.
L'incarnazione, passione e morte del Figlio non è stata semplicemente un atto di giustizia, per rimettere le cose a posto, perché di fatto con l'incarnazione la condizione dell'umanità è cambiata notevolmente; non è semplicemente il momento in cui tutto ritorna come prima del peccato originale, è invece il completamento del progetto di Dio e cioè che l'uomo, questa creatura fragile, debole non fosse solo suddito, fosse figlio.
L'amore, per definizione, è diffusivo di sé, cioè si allarga a macchia d'olio; allora siccome Dio in se stesso è amore allo stato puro, questo amore non poteva essere contenuto nell'interno della Trinità, anche se essa è infinita, ma aveva bisogno di comunicarsi, di espandersi e Dio crea degli esseri personali, gli angeli e gli uomini, in grado di ricevere questo amore e in qualche modo di rispondervi, di rifletterlo, di restituirglielo.
Ora, nel progetto di Dio era che gli uomini fossero partecipi della sua stessa natura, perché egli voleva che fossero in grado di vivere di amore e di comunicare amore.
Ecco perché, emblematicamente, accade che il soldato romano con un colpo di lancia squarcia il cuore di Gesù: così noi abbiamo questa adorabile piaga attraverso cui passa per sempre l'amore di Dio per l'uomo.
Ed è un amore che purifica ( = acqua ) e che redime ( = sangue ).
C'è qui un simbolismo molto più ricco del fatto puro e semplice e varrebbe la pena che riuscissimo a meditare su queste cose.
Perché ci sono delle promesse di Dio ( Rm 8,18 ): "Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi"