Ritiro del 8/11/1998
1 - Essere Istituto Secolare
2 - Nell'istituto, "ad intra"
3 - Individuare coloro da amare
4 - È richiesto un amore oblativo
5 - Istituto secolare uguale profezia per la Chiesa
6 - Necessità della sottomissione reciproca
7 - Offrire i vostri corpi come sacrificio vivente
8 - Sottomissione frutto dello Spirito
9 - La grazia è lo spirito in azione e amore
10 - La donazione frutto dello Spirito Santo
11 - La conformazione a Cristo
12 - Vocazione specifica
13 - Come faccio a realizzare questo ideale
14 - Con il Battesimo spirito, psiche e corpo, hanno ricevuto la massima potenzialità
15 - La piena realizzazione della persona umana costituisce la gloria di Dio
16 - Opera congiunta dell'umanità e di Dio
17 - La cura della propria umanità
18 - Il pieno compimento è Gesù Cristo
19 - Castità, povertà e obbedienza
20 - La povertà è un distacco
21 - La povertà evangelica non è il pauperismo
22 - Autonomia dispotica
23 - Vivere nello spirito l'obbedienza
24 - Costruire l'immagine di chiesa
25 - Il carattere profetico dell'Istituto Secolare
Il titolo di questa meditazione, che costituisce anche la meditazione di questo mese, è:"La nostra secolarità consacrata vissuta nello Spirito Santo di Cristo, il Crocifisso Risorto".
È già contenuto nel titolo il significato di tutto quello che vogliamo approfondire.
Cercherò di andare il più lentamente possibile.
Però, voi mi capite, il tema è molto vasto, può essere anche complesso; vi prego di interrompere qualora ci fosse qualche cosa da chiarire, o ci fosse qualche condivisione, qualche cosa che voi anche volete sottolineare.
Essere Istituto Secolare ci pone di fronte, subito, ad un significato importante della vostra esistenza.
Prima di tutto essere 'Istituto' Per istituto vogliamo intendere… non stiamo facendo una lezione di Diritto Canonico, vogliamo solo cogliere i motivi che originano le determinazioni che troviamo nel Diritto Canonico.
Voi sapete che il Diritto Canonico raccoglie le istanze ecclesiologiche e teologiche all'interno della Chiesa, ma è tutta una trattazione ben diversa da questa.
Essere istituto , riassumendo ciò che intendiamo per istituto, è qualche cosa di voluto, desiderato, progettato ed eretto, questo è un termine giuridico: erigere un Istituto, cioè rendere concreta una ispirazione ricevuta in momenti diversi, anche per mandato della Chiesa, erigere una istituzione significa darle vita, darle esistenza, darle origine.
Quello che noi vogliamo cogliere in questo senso è considerare un Istituto che esiste, nella fattispecie l'Istituto dell' Unione Catechisti, come un organismo, proprio un organismo, immaginiamo proprio un corpo.
Un corpo funziona e continua ad essere in vita, in esistenza, poiché all'interno vi sono diversi organi che sono strutturati ed hanno una certa funzione, producono ciò che deve essere prodotto per la vita dell'organo stesso e per l'intero organismo.
Ora dell'Istituto noi abbiamo una visione che ci richiama a quella di un organismo, in parole povere un corpo.
Ogni membro di questo Istituto, come di tutti gli Istituti che sono nella Chiesa, funziona e vive in funzione e dipendenza dagli altri; cioè, per il semplice fatto di essere un Istituto, allora, tutti coloro che fanno parte dell'Istituto non vivono a sé stanti come delle monache, cioè totalmente isolati gli uni dagli altri, ma la loro stessa vita ed esistenza è legata ed è determinata da quanto un individuo si mette a servizio e dipendenza dagli altri.
Questi sono concetti basilari probabilmente anche scontati, ma è necessario ribadirli per capirli, stiamo approfondendo la riflessione.
Dunque, nell'istituto, "ad intra", cioè all'interno dell'Istituto, si tenta di vivere un mistero teologico molto importante, che è quello della comunione dei santi.
Ogni Istituto, non solo quello dell'Unione Catechisti, ogni Istituto, ogni comunità, ogni Ordine religioso ha in sé queste prerogative, che non sono ancora "lo specifico"; perché per ogni Istituto ci sarà poi quella sfumatura specifica che lo farà crescere nel confronto degli altri.
Ma invece queste sono le caratteristiche comuni a tutti e cioè vivere in modo concreto e vibrante il mistero della comunione dei santi, che S. Paolo ci propone con l'immagine del Corpo Mistico della Chiesa.
In sostanza, ogni istituto, nelle diverse situazioni. ha un compito particolare, insieme ad un compito generale, quello di individuare in se stesso l'immagine della Chiesa, l'immagine della Chiesa che in quel momento si attiva in certi campi specifici.
E così noi abbiamo per esempio l'Istituto Salesiano e l'immagine di Chiesa che si sta attivando in modo particolare nel campo della educazione della gioventù, e poi, che so, abbiamo l'Istituto dei Domenicani, che in un senso individua la Chiesa, ma nello stesso tempo ne specifica una sua parte: l'opera dei predicanti.
E così di seguito per ogni Istituto religioso, ogni Congregazione, che può essere anche un Ordine e che può essere anche una consacrazione secolare.
È facile amare coloro che sono lontani, invece in ogni Istituto ci si trova di fronte al grandissimo premio, ma nello stesso tempo a una grande scommessa e alla grande fatica di dover individuare coloro da amare, da cui lasciarsi amare all'interno di un gruppo ben definito.
Io posso amare con tutto il cuore i cinesi o i vietnamiti perché tanto sono a migliaia di chilometri da me, mi possono fare tanta pena i brasiliani, posso anche commuovermi, ma questo non è ancora amore, è solo emozione.
Perché l'amore per definizione è diffusivo di sé e per essere diffusivo vuol dire che ci deve essere il campo in cui questo amore si concretizza.
Se io amo i brasiliani che sono in Brasile io ho emozione per loro, ho commozione per loro, posso avere anche amore, ma l'amore come lo dimostro? aprendo il borsellino? anche.
L'amore è dell'altro.
Se io quell'altro non ce l'ho di fronte, non posso dimostrare l'amore, posso provarlo, ma non dimostrarlo.
Posso averlo in potenza, ma non ancora in atto, questo amore che si deve espletare, si deve concretizzare in una relazione di dare fra due persone.
Ci è chiesto di dimostrare che l'amore che è in noi diventi concreto gli uni gli altri.
È pensato come un organismo in cui non si può fare a meno degli altri e questo è un grandioso progetto del Signore per renderci visibile e concretizzare e nello stesso tempo per ridimensionare noi stessi.
Nel cap.12 della Lettera ai Romani San Paolo ( Rm 12 ) lo esprime molto chiaramente: "non fatevi una idea troppo alta di voi stessi".
Quindi è facile amare coloro che sono lontani e meno facile amare quelli che sono vicini perché, in senso politico, coloro che sono vicini ti possono manifestare concretamente l'amore, ma nello stesso tempo c'è il rischio che questo amore non possa essere manifestato, quindi i pregi e i vantaggi sono notevoli, ma anche i pericoli non sono pochi.
Quando non ci fosse questo desiderio di conformarsi, ma andiamo per gradi.
Nella parola Istituto noi abbiamo anche queste riflessioni.
A chi fa parte di un Istituto è richiesto un amore oblativo.
Che vuol dire oblativo? È richiesto, se non c'è la capacità oblativa, cioè il donare se stessi, allora neanche questo amore sarà in grado di sussistere.
Badate bene che l'istituto non si individua solamente negli istituti religiosi o negli istituti di consacrazione secolare …
Anche il matrimonio è un istituto e noi ci rendiamo conto probabilmente, perché gli esempi sono più lampanti, quotidiani, che se in un matrimonio non c'è l'amore oblativo, cioè di donazione, la famiglia vive dei periodi veramente infernali. Non è così?
Facciamo le debite proporzioni e applichiamo che cosa significa vivere l'amore oblativo.
Significa non pretendere di avere sempre ragione o di avere sempre l'ultima parola; significa essere capaci di ritirarsi in buon ordine e significa desiderare l'armonia e la concordia.
Significa desiderare il bene, saper tacere, saper consigliare, saper ascoltare.
È superfluo che io faccia altri esempi per rendere più chiaro ciò di cui stiamo parlando.
È un amore oblativo totale come Cristo amò la sua Chiesa.
Mi piace quando celebro un matrimonio proporre agli sposi la lettura di S. Paolo in cui si dice: "Le mogli siano sottomesse ai mariti" e così vedo già tutti mariti che sono presenti in chiesa e cominciano a sorridere un po' e così, per commentare dico questa lettura: Cari mariti? e ridono un po', perché tante volte vengono in chiesa persone che non mettono mai piede dentro.
Però in quella stessa lettura di Paolo si aggiunge anche che i mariti amino le loro mogli come Cristo amò la sua Chiesa e cioè fino all'effusione del sangue.
In quel momento vedo tutte le mogli che diventano raggianti e ci si rende conto che quello che si sta vivendo non è una sottomissione di autorità, ma una sottomissione della carità.
Difatti S. Paolo conclude quel discorso dicendo: "Questo mistero è grande, lo dico in relazione a Cristo e alla sua Chiesa."
È come se dicesse: "Capisco che questo discorso è duro da accettare tanto è vero che non lo potrà accettare nessuno che non abbia fatto un incontro reale con Cristo e stia facendo un'esperienza vera di Chiesa.
È evidente che quando non c'è un incontro vero con Cristo, allora non esiste più amore di carità, ma solo amore di autorità, cioè chi è più forte urla e chi ama di più cede.
Questo succede umanamente, ma noi siamo per approfondire il significato di secolarità consacrata vissuta nello spirito di Cristo Crocifisso Risorto.
Allo stesso modo dunque le Comunità ecclesiali o Istituti Secolari si pongono a cavallo di due mondi: da un parte quello consacrato, dall'altra quello secolare ed è una particolarità vostra, una peculiarità molto importante che deve essere valorizzata: non si può cedere più sulla religiosità e meno sulla secolarità.
Un Istituto Secolare è eretto dalla Chiesa proprio perché sia un istituto di consacrazione secolare.
Non è un trait-d'union tra le due cose, ma è - come potremmo dire? - una profezia per questi due ambiti: per quello religioso e per quello secolare.
Non è "né carne né pesce", è profezia.
Forse vale la pena che noi approfondiamo di più concretamente che cosa vogliamo dire per essere istituto secolare uguale profezia per la Chiesa, sia nell'ambito secolare sia nell'ambito religioso.
Senza svalutare né il secolare né il religioso, ma capendo che questa forma di istituto costituisce un lievito, uno sprone, oppure un pungolo per i secolari e per i religiosi.
Unità nell'unico corpo di Cristo.
Non si tratta di dire: "migliori questi o migliori questi" no: si tratta che gli uni e gli altri si devono stimolare a vicenda, per essere autenticamente fedeli alla propria vocazione.
Dunque l'istituto secolare viene ad essere una sintesi profetica, come ci viene detto chiaramente in questa esortazione apostolica del Sinodo, del 1996, " Vita consacrata".
Essere Istituto Secolare di consacrati vi pone come provocazione salutare per il secolo e anche per gli Istituti più specificamente comunitari, fraterni, noi potremmo dire religiosi, che sono gli ordini religiosi, le congregazioni religiose, che vivono una comunitarietà stabile, o che vivono il carisma della fraternità.
Classico simbolo della loro consacrazione hanno per esempio la fraternità della vita comune, ecc.
In questo caso questo non c'è, ma costituisce uno stimolo: chiamarli a riprodurre la dedizione e la interdipendenza degli organi che costituiscono un organismo.
Può un fegato vivere indipendentemente dal pancreas? può un fegato vivere senza il pancreas? i reni senza il cuore? i polmoni senza il sangue?
L'organismo funziona solo perché ci sono tutti gli organi e ogni organo vive e fa vivere in dipendenza gli uni dagli altri.
Questo è comune a tutti gli Ordini e a tutti gli Istituti, ma è in comune anche per gli Istituti Secolari.
Nell'essere assolutamente convinti della necessità della sottomissione reciproca: su questo non si parla mai abbastanza e forse non si riflette, invece credo sia un tema molto importante perché la sottomissione reciproca, come ci dice S. Paolo nella Lettera ai Romani, ( Rm 13,8-10 ) ci parla chiaramente di che cosa intendiamo per sottomissione reciproca, cioè quel particolare stato di stima per cui uno gareggia nello stimare l'altro, dove per stimare noi non prendiamo il significato filologico, cioè di misurare, ma il significato connotativo, cioè aggiunto, e cioè: si cerca in tutti i modi di "fare il bene dell'altro", non di scovare il difetto.
San Paolo non poteva che parlare in questo perché nelle sue trattazioni, soprattutto nella Lettera ai Corinzi, ci parla dei doni carismatici e in più riprese nelle sue Lettere ci parla del dono del discernimento, che si contrappone grandemente al giudizio.
Il giudizio è entrato nel mondo a causa del peccato, il discernimento invece è un dono che Dio dà.
Lo stimare a vicenda non è un frutto del giudizio, bensì del discernimento e, essendo il discernimento un frutto dello Spirito Santo, ha questo sapore: il frutto dello Spirito è gioia, amore, pace, pazienza, bontà, mitezza, dominio di sé, ecc.
Il frutto dello Spirito Santo ha tutto questo sapore, il discernimento è dono dello Spirito Santo, dunque deve avere questo sapore, lo stimarsi è l'azione del dono del discernimento, quindi la stima non può che essere con questo sapore: amore, gioia, pace, pazienza, bontà, mitezza, dominio di sé.
Quando la stima non ha queste cose, non è stima, diventa giudizio e allora vuol dire che quello che si è fatto non è discernimento, ma è scrutare, come nella legge antica, e vivere sotto la Legge, come dice San Paolo prima del capitolo V nella Lettera ai Romani: la funzione della legge ( Rm 3 ), ma nel capitolo V ci dice: "per fortuna abbiamo ricevuto la grazia: ora tutto quello che era sotto la legge è stato trasfigurato per mezzo della grazia". ( Rm 5 )
Quindi la sottomissione reciproca è frutto dello Spirito e potete meditare personalmente se si sta vivendo la sottomissione reciproca per esempio prendendo questi versetti della Lettera ai Romani, ( Rm 12,9-13 ).
Però potete già sin dal primo versetto di questo capitolo 12: "Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente.
Vi prego di ricordare che con questo sacrificio noi non stiamo ricordando e non stiamo annunciando una situazione di sofferenza, stiamo annunciando una azione specifica di Dio, quella di rendere sacro.
Quindi San Paolo qui dice: "Offrite i vostri corpi viventi, quindi non sta parlando di immolazione, non sta parlando di morire a se stessi, come sacrificio, affinché siano resi sacri, quindi date il vostro corpo a Dio, perché Dio lo renda sacro, santo, separato e quindi gradito a Dio.
Questo il vostro culto spirituale…. " e poi va avanti "non conformatevi alla brutalità di questo mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente e - guarda un po' che cosa dice - per discernere."
Poi abbiamo il versetto 9, dove dice: "La carità non non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene.
Ed ecco cosa succede: amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda, questo ad intra, e ad exstra, cioè fuori dell'istituto.
Non siate pigri nello zelo, siate ferventi nello spirito, siate lieti nella speranza, cioè il motivo per cui servire il Signore, la speranza, quella dei beni futuri, siate forti nella tribolazione, quando dovete faticare siate nella fortezza, resistete, stringete i denti, non lasciatevi sopraffare dalla stanchezza, perseveranti nella preghiera, che è il carburante che vi permette di andare avanti, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nella ospitalità, con tutto quello che ne consegue.
Io credo che questo capitolo 12 della Lettera ai Romani possa essere un valido aiuto per il discernimento personale, per rendersi conto in che situazione stiamo vivendo l'appartenenza di ognuno al proprio istituto.
Questa sottomissione reciproca diventa una necessità e la sottomissione reciproca è frutto dello spirito e non è frutto dell'autorità.
Se non c'è il sapore di amore, pace, gioia, ecc.ecc., allora vuol dire che io sto vivendo una sottomissione di autorità e non di carità e mi devo domandare perché, devo avere il coraggio, di domandarmi perché.
Io non posso andare a dormire la sera senza sapere il perché, dovrò andare davanti al SS.mo e dirgli:"adesso mi devi dire perché, mi devi spiegare dove sto sbagliando, devi mettere in luce dove è che io sbaglio nella sottomissione, che cosa c'è di mio che non è ancora tuo?
Perché se è frutto dello spirito la sottomissione e la stima reciproca, vorrà dire che io ho impedito allo spirito questa sottomissione, è chiaro?
Bisogna riconoscere che sono in armonia di carità, grazia, spirito, amore:questa è la sottomissione della carità, quella che produce l'armonia, frutto dello spirito e dono di grazia.
La grazia è lo spirito in azione e amore: amore è desiderare il bene dell'altro, ma è lo spirito che ti fa desiderare il bene dell'altro, non un'imposizione che tu fai a te stesso; perché se tu ti fai una imposizione non desidererai il bene dell'altro, desidererai solo che l'altro stia lontano da te.
Va bene, e in questo caso si riproduce il mistero della Chiesa in piccolo: l'Istituto diventa la Chiesa in miniatura, come il matrimonio e la famiglia sono la piccola Chiesa domestica, l'Istituto secolare, religioso, tutto quello che volete, è una Chiesa in miniatura, non una Chiesa domestica, è "la Chiesa in miniatura".
Mistero in cui tutti sono chiamati alla concordia, cioè ad avere un cuor solo, e alla donazione, donazione di sé per la costruzione del Corpo di Cristo.
La donazione, la donazione di sé, a sua volta, è, a livello individuale, frutto dello Spirito Santo.
Ma che cosa ha fatto questo benedetto Spirito Santo, che noi non lo sapevamo neanche, noi non riusciamo a donare noi stessi, essere oblazione pura e santa se non per una azione dello Spirito Santo che è il vivificatore che è il santificatore, Dominum vivificantem, quello che rende vita, rende vive le cose che si compiono.
La donazione a sua volta è, a livello individuale, frutto dello Spirito Santo, e della sua opera in noi, perché lo Spirito Santo ci fa conformati a Cristo, cosa che abbiamo già notato la volta corsa.
Cosa intendiamo per conformazione a Cristo? È una azione che può fare chiunque questa?
Solo lo Spirito Santo può fare questo.
Ci plasma perché noi diventiamo 'in Cristo' ciò che Gesù è in Dio.
Per opera dello Spirito Santo la conformazione a Cristo è il trasformarci in Cristo a essere figli di Dio.
È l'opera dello Spirito Santo che ci fa diventare Dio, ma è una conformazione o è una formazione?
Una conformazione, Cosa significa?
Lo Spirito Santo opera questa trasformazione nostra in figli di Dio, in Gesù Cristo solo se c'è collaborazione a Lui, c'è docilità a Lui, se c'è risposta alla grazia.
Lo Spirito Santo e noi veniamo trasformati, lo Spirito Santo da solo, senza che noi accettiamo, non farà niente e non lo potrà fare. Lo Spirito Santo perché ci trasformi esige la nostra partecipazione.
La specificazione che caratterizza ogni singolo Istituto non può prevaricare e non può venire prima della consacrazione che è comune a tutti.
La consacrazione di ogni istituto costituisce una vocazione specifica e come vocazione prevede una risposta specifica, che però non si può appoggiare sul nulla.
Deve essere appoggiata prima su una base che noi chiamiamo, che so? un fondamento, per cui le fondamenta possono essere uguali per tutti, ma uno diventa una cattedrale e l'altro diventa un palazzo.
Le fondamenta devono esserci per tutti, queste sono le fondamenta della vita consacrata di tutti gli istituti, che siano secolari o religiosi, su queste fondamenta è necessaria poi una risposta ulteriore "ad extra", che è la risposta alla particolare fondazione, che Dio ha ispirato in un dato momento storico a determinate persone attraverso la parola di Dio.
La Tradizione e il Magistero della Chiesa e, dopo approfondito discernimento, le rivelazioni private, particolari, che costituiscono di una persona il fondatore di una nuova comunità.
Se queste cose sono tutte in comunione tra di loro, allora c'è una risposta vocazionale che è frutto del discernimento perché comunione con tutta la Chiesa.
Ma noi non siamo ancora arrivati alla specificità, perché il tema è talmente vasto che io non so se oggi riusciremo ad affrontarlo.
È evidente quindi quanto sia necessaria la cura spirituale di ogni membro di una comunità o di un istituto perché porti maggior frutto possibile.
Ricordiamo, solo a titolo di memoria, che dopo la Redenzione ad ogni cristiano è chiesto di portare del peccato la maggior pena possibile e la minor quantità di colpa possibile.
Questo lo ricordiamo solo per capire che senso ha un Istituto strutturato, che sia la riproduzione in piccolo della Chiesa e quindi della sua universalità, che abbia le sue peculiarità, ecc.
A livello individuale è possibile realizzare questo identikit ideale coltivando una illuminata vigilanza sulle tre componenti costitutive della persona umana, e cioè: spirito, psiche e corpo.
In altre parole, come faccio a realizzare questo ideale, cioè, dopo la Redenzione, di portare la minor quantità di colpa possibile e la maggior quantità di pena possibile, come?
Prima di tutto coltivando un serio e approfondito discernimento e vigilanza sulle tre componenti costitutive della persona, che sono spirito, psiche e corpo, quello che abbiamo visto il mese scorso, vi ricordate?
È necessario ricordare sempre che noi non stiamo facendo un cammino spiritualistico, ma essenzialmente umano sui temi della consacrazione, perché la grazia si appoggia sulla natura.
Ora, se mettiamo ipoteticamente, se una persona non ha raggiunto quella maturità umana necessaria a essere una persona autonoma, può essere aggregata a un Istituto, ma può anche causare notevoli problemi, perché questa persona, magari anche senza volerlo, può impedire alla grazia di essere efficace.
Mi sto spiegando: se una persona, a livello psicologico, ha ricevuto, che ne so, nell'infanzia dei gravi torti per cui, divenuta adulta, è incapace di dimostrare alcune caratteristiche importanti, che ne so, la simpatia, l'accoglienza, oppure il perdono…., allora questa persona potrà essere buona sostanzialmente, non avere colpe, ma non ha fatto questa maturazione a livello umano, non è stata vigilante, questa persona, perché tutto ciò che è umano in lei potesse essere di aiuto alla grazia, non di opposizione.
Avete capito? se io ho un carattere violento, non vale che io dica: "è il mio carattere, mi dovete sopportare così, perché se dico una cosa di questo genere, è come se io dicessi allo Spirito Santo; "senti, tu fa quello che ti pare, tanto io sono così e non cambio".
Questa è opposizione alla grazia. Allora, la grazia ci può essere, ma non è efficace, perché la natura non sta collaborando con la grazia, e così a livello spirituale e così a livello corporeo, perché la persona è unità di mente e di corpo, ci dice il Concilio, la Gaudiem et Spes n.14 "Homo es anima et corpore unus", indicandoquesta unità sostanziale, per cui noi non diciamo e non diremo mai: "Ho un corpo, ho un'anima, ma noi diremo: io sono un corpo, io sono un'anima, io sono una cosa sola di anima e corpo.
Non sono un accidente le due cose, sono costitutive della persona umana.
Vado avanti perché sono cose di cui abbiamo già parlato.
Con il Battesimo queste tre componenti della persona umana; spirito psiche e corpo, hanno ricevuto la massima potenzialità per rispondere attivamente alla grazia.
Cioè con il Battesimo i doni infusi da Dio ci danno la possibilità, la potenza di rispondere efficacemente all'azione dello Spirito Santo.
Le famose tre virtù infuse: fede, speranza e carità, che sono doni di Dio e sono la massima potenzialità a cui noi possiamo rispondere a ciò che la grazia, cioè lo Spirito Santo, ci suggerisce.
È evidente che se però io non collaboro con questi tre doni, queste tre virtù infuse, esse le ho, ma saranno sterili; e perché queste virtù diventino efficaci io ho bisogno di essere una persona umana sostanzialmente libera, spiritualmente libera, psicologicamente libera, fisicamente libera.
Che vuol dire "libera", vuol dire non condizionato da altri: il mio spirito è libero se io nutro una vera, profonda relazione con Dio: io e Dio. Ve lo ricordate lo schema che vi ho disegnato?
Bene, allora dicevamo che è necessario che questa potenzialità che ci è stata data al momento del Battesimo e le tre virtù infuse diventino operanti in tutta la persona: spirito, psiche e corpo, fede, speranza e carità.
Perché queste tre virtù diventino efficaci nella vita di ogni persona, ogni individuo, a maggior ragione ci sono stati dati i tre doni di Cristo sacerdotale da cui sono correlate molte altre cose che vedremo via via.
La piena realizzazione della persona umana costituisce la gloria di Dio, come diceva San Giovanni Crisostomo, la gloria di Dio è l'uomo vivente, vi ricordate?
Che cos'è che costituisce la gloria di Dio? L'uomo vivente, intendendo per vivente l'uomo pienamente realizzato come essere umano cioè che ha raggiunto il fine per cui Dio lo ha fatto esistere come essere umano: ha raggiunto la pienezza dell'umanità, come Gesù Cristo.
Quindi significa: un buon rapporto equilibrato, completo, pieno, totalizzante a livello spirituale, a livello psicologico e a livello fisico, con tutto ciò che esso comporta.
Dovrebbe diventare per noi quasi un imperativo categorico la ricerca della pienezza della umanità.
Non si può dire: beh, adesso faccio parte di un istituto, mi dedico solo allo spirito, ecc.
Dimentichi che lo spirito di Dio non vuole essere operante dentro di te fin tanto che tu non sei una persona, una mente equilibrata, cioè pienamente realizzata, il che non vuol dire che tu abbia realizzato i tuoi progetti, ma che tu sia una persona umana libera da tutti i condizionamenti a livello spirituale, a livello psicologico, a livello fisico.
I condizionamenti sono quei lacci che ci bloccano ….. no, perché la Redenzione è 'in' Cristo, uno è 'in' Cristo redento, non senza Cristo, quindi l'essere pienamente liberi dai condizionamenti significa essere conformati a Cristo.
Quindi noi scopriamo che c'è identità tra l'uomo perfettamente liberato e costruito e Gesù Cristo, che è l'uomo in questa situazione.
In ogni caso, se è conformazione non è formazione.
Essendo conformazione, vuol dire che c'è un'opera congiunta di attrazione e di interazione tra spirito e umanità… e conformazione. e il fine da raggiungere è l'essere in Cristo i figli.
È un'opera congiunta dell'umanità e di Dio,dello Spirito Santo che ci dà questa pienezza di umanità: è Gesù Cristo il Regno di Dio in mezzo a noi, è Gesù Cristo l'uomo perfettamente riuscito, ed è in Lui che la grazia diventa veramente efficace, allora il nostro essere in Gesù Cristo significa collaborare con la grazia per essere sempre di più Cristo.
Cristo Gesù, fu talmente libero, totalmente equilibrato a livello spirituale, a livello psicologico, a livello fisico.
Privo di condizionamenti. Il suo condizionamento unico era l'amore, l'amore per il Padre, ma l'amore non è un obbligo è qualche cosa di realmente accettato, voluto, desiderato e accolto.
L'amore per il Padre è la grazia.
Qui stiamo cercando di riassumere un insieme di trattati di cristologia e di teologia …. in un pomeriggio di riflessione: non è possibile.
Cerchiamo semplicemente di prendere queste cose come delle cose spirituali, perché è un ritiro spirituale questo, non un corso di teologia.
L'umanità pienamente costituita e realizzata è quella che ha trovato il senso del proprio esistere in una relazione gratificante e amorosa con Dio, cioè dell'essere Dio in questa relazione filiale che ci è condensata in quella affermazione di San Paolo, ( Rm 8,15) "abbiamo ricevuto uno spirito da figli adottivi".
Ogni membro dell'Istituto dovrebbe avvertire come necessaria la cura della propria umanità, che non vuol dire la propria fisicità, ma la propria persona integrale, cioè ognuno dovrebbe sentire dentro di sé come un imperativo categorico e dire: Io sto avendo cura della mia persona? sto cercando di essere sempre più persona umana come Dio l'ha sognata?
Cioè, perché questa persona umana si realizzi in me sto vivendo secondo quel progetto, e cioè il mio io è in relazione costante con Dio, nella mia intimità?
Perché se questo accade, allora, piano piano anche tutte le altre componenti psicologiche e fisiche entrano nell'equilibrio e piano piano la grazia si estende, tranciando i condizionamenti psichici e fisici.
Sapendo che la grazia opera sulla natura e mai senza la natura: la grazia non fa la natura, questa è opera del Creatore, che è Dio Padre, la grazia è opera dello Spirito Santo.
Dunque, la grazia, che è lo Spirito Santo, non crea, perché l'opera di creare è del Padre, ma perfeziona, cioè porta alla pienezza, porta al pieno compimento.
Il Padre crea , lo Spirito porta a pieno compimento e il pieno compimento è Gesù Cristo.
Ognuno dovrebbe avvertire l'importanza di rendere docile alla grazia la natura di cui è costituito: docile alla grazia il corpo, rendere docile alla grazia la psiche, rendere docile alla grazia il proprio io nello spirito, coltivando una grande intimità con il Signore, la famosa intimità con il Crocifisso, è importante.
Vedete? quando ci sono le comunicazioni che possono essere anche rivelazioni private, sono tenute in considerazione solo e unicamente se fanno parte del bagaglio della rivelazione,della tradizione, del magistero, costanti nella Chiesa.
Questo ci dà il discernimento sulla verità dei fatti.
Naturalmente in questo grande discorso rientrano anche i consigli evangelici.
Qui non stiamo facendo una trattazione sistematica, però rientrano in questo discorso, come entreranno in altri discorsi, perché i consigli evangelici, che sono sono delle meravigliose palestre in cui il cristiano, e in particolar modo il consacrato, a vario titolo, esercita la propria natura umana ad essere docile alla grazia di Dio, quindi castità, povertà, obbedienza sono insieme ascesi, ma sono anche gloria di Dio, in quanto Dio è presente nella vita di ogni persona a livello della castità, a livello della povertà, a livello dell'obbedienza.
Abbiamo la gloria di Dio nell'uomo vivente, cioè Dio si manifesta dentro la vita del mondo e allora a questo corrispondono questi tre consigli evangelici che sono manifestazione della gloria di Dio.
Diventa inevitabile che sono anche per noi, come possiamo dire? il rastrello che mette in ordine queste caratteristiche.
Sono gloria perché manifestano Dio nell'uomo senza far sparire l'uomo, anzi, dando grande risalto all'uomo, è l'uomo che diventa il luogo della manifestazione di Dio: non Dio che appare in una teofania lontana, distaccata dal mondo, ma la teofania di Dio.
E per essere teofania, manifestazione di Dio, ecco gli argini: castità, povertà, obbedienza.
Non fanno sparire l'uomo, anzi, o trasfigurano e lo costituiscono profeta, testimone del primato di Dio e dei beni futuri.
Nella castità vissuta secondo le modalità del proprio stato di vita, che può essere matrimoniale o può essere religioso: sempre di castità si tratta.
Prima la totalità e la radicalità dell'amore universale di Dio che è oblativo, cioè donazione, e se è donazione vuol dire anche rinuncia, capacità di rinunciare a se stessi.
L'amore oblativo è quell'amore che ti fa desiderare il bene dell'altro persino privando te stesso di quel bene.
Donazione totale di sé in cui la continenza perfetta è indicazione, cioè lo indica questo dono totale dell'amore, di sé.
La povertà trasfigura la psiche, la povertà è la palestra della psiche, noi stiamo attenti nel non considerare la povertà solo in relazione ai beni materiali, quella non è l'unica povertà, la povertà è un distacco.
E il distacco non avviene a livello fisico, avviene a livello psichico.
Se il distacco avviene a livello fisico può anche essere semplicemente violenza: io vengo da te con la pistola puntata e ti porto via il portafoglio: hai vissuto un distacco?
Sì , ma solo a livello fisico, non psicologico perché tu non ti sei distaccato psicologicamente, che ne so, dal portafoglio, oppure da quella collana che ti ricordava qualche cosa, un valore affettivo.
Quindi tu non hai un distacco nei confronti di quella cosa, perché è stato frutto della violenza, fisicamente sei distaccato da quella cosa, ma non psicologicamente.
La povertà nasce a livello della psiche quando la grazia la rende capace di comprendere e di trasfigurare le proprie aspettative, in attesa di qualche cosa di più.
La povertà non è la miseria, cioè la mancanza di mezzi, ma la capacità di distaccarsi.
Quindi i poveri del Biafra o di qualsiasi altro posto della terra dove stasera non mangeranno, può darsi che non stiano vivendo la virtù della povertà, ma solo la miseria.
Qui c'è tutto un altro discorso sulla carità e sulla giustizia. … che non affrontiamo, ma teniamo presente che siamo responsabili anche di questo.
La povertà trasfigura la psiche con il distacco, la povertà evangelica richiede il distacco, non la mancanza di beni, poiché Gesù non possedeva nessun bene, ma non era misero.
Gesù non era un meschino, Gesù non era uno straccione, Gesù non puzzava, Gesù non aveva i capelli arruffati.
Gesù era ricercato dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dai farisei, Gesù vestiva una tunica inconsutile così preziosa che la vestiva solo il sommo sacerdote: Gesù era assistito dai beni delle ricche donne matrone di quei luoghi.
La povertà evangelica non è il pauperismo, è il distacco dai beni e l'usufruire bene di tutte le benedizioni di Dio.
Quindi sprecare i doni di Dio dilapidando i milioni che Lui ci dà da usare è un insulto alla povertà perché se Egli ci dà dei mezzi vuole che questi mezzi siano usati non per comperarci un modello della Mercedes, ma per poter essere più agili nel servizio del Regno.
Quindi ci saranno gli Istituti che hanno come vocazione esplicita il distacco totale dai beni, ma dove questa vocazione non è esplicita la povertà consiste nell'usare bene dei mezzi che Dio ci concede e poi investirli non sprecarli, investirli significa investirli per il Regno di Dio.
E se il popolo di Dio ha fame, investire i beni che Dio ti ha dato significa dare a chi ha bisogno da mangiare.
E se il popolo di Dio ha bisogno di conoscere Dio, allora investire per il Regno di Dio significa investire per la evangelizzazione.
La psiche è spesso il luogo in cui noi esercitiamo l'impero su noi stessi ed è qui che noi dobbiamo vivere la povertà.
Perché la povertà non si riferisce mica solo al conto in banca, si riferisce anche all'attaccamento che tu hai alla tua immagine, al tuo ruolo, alla tua capacità, oppure, non so, a quello che ti è dovuto, a quello che non ti è dovuto, ecc.
È tutto a livello psichico che si esercita questa povertà.
Il luogo in cui è più facile stabilire il nostro quartier generale, in cui situare il nostro 'io' in una autonomia dispotica. avete visto che ho disegnato 'io' con un cerchietto? come l'altra volta.
Non è cambiato il disegno, perché questo 'io' è dotato di libertà ed è quel famoso 'io' che può andare a spasso dove vuole, perché Dio non l'ha preso al guinzaglio, l'ha lasciato libero.
Quindi se l'io sta nello spirito in comunione con Dio va tutto bene, ma se l'io non vive la povertà , vuol dire che se ne è andato via dallo spirito e deve bastare a se stesso.
Quindi se è della psiche, lì costruisce il suo quartier generale, in autonomia totale.
Autonomia dispotica, io dico: dispongo di me stesso come mi pare e mi piace, tanto non è Dio che mi mette in discussione, non mi metto in discussione con Dio.
Ecco perché è possibile associare questo discorso, questo triplice parallelismo …….
Lo schema è questo: la persona umana: corpo, psiche, spirito il punto di riferimento, la palestra in cui la persona umana diventa, agisce per corrispondere alla grazia, per essere rispondente alla grazia.
La sua palestra si chiama: per il corpo la castità, per la psiche la povertà, per lo spirito l'ubbidienza, e quella palestra diventa in relazione corpo-castità con il Padre perché è creatura ed è il "Dio per noi", invece la psiche la povertà in relazione con Gesù Cristo, il Figlio, che è Dio "con" noi.
Invece vivendo nello spirito l'obbedienza, si entra in relazione con lo Spirito Santo, che è Dio "in" noi.
In questo modo vediamo come tutta la persona umana è impegnata in quel processo di risposta alla grazia.
L'obbedienza non va intesa come una sottomissione di autorità, come abbiamo parlato prima, ma come una sottomissione di carità, cioè di amore, e significa desiderio di felicità per l'altro.
L'obbedienza dunque è prima di tutto nel nostro spirito.
L'obbedienza nasce qui, la povertà nasce qui, la castità si esprime qui, ma l'obbedienza governa, la povertà dà il senso della vita.
Al nucleo c'è questa obbedienza, intesa però, come ho detto prima, non obbedienza di autorità, ma come sottomissione di amore.
Che vuol dire sottomissione di amore? Vuol dire che questo mio io è sottomesso all'amore dello Spirito Santo, cioè di Dio, in una grande attrazione.
L'obbedienza dunque è il frutto di questa attrazione.
Come intendiamo questa obbedienza? Come un atteggiamento di ascolto, di accoglienza, di incontro, perché si considera Dio come il più importante, il primato di Dio.
Se Dio è il più importante, questo primato è fuori discussione e quindi tu lo ascolterai, lo incontrerai, lo accoglierai.
Per avere subito una immagine evidente: Marta e Maria, vi ricordate Maria? ai piedi di Gesù: il primato di Dio, lei sta lì, ascolta, accoglie, si intrattiene con lui.
È nell'obbedienza, cioè nell'intimità di spirito, io e Dio nello spirito.
E questo costituisce l'incontro con Dio in noi, questo ci fa essere persone umane, pienamente realizzate secondo il progetto di Dio.
È evidente che questa Maria , cioè questa ubbidienza, non si può esprimere se non in comunione con Marta.
Questa ubbidienza allo spirito diventa efficace passando nella povertà, giungendo nella castità e tutto quello che si compie diventa offerta pura e santa gradita a Dio.
Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente ( Rm 12 ).
Eccolo lì il senso della consacrazione: essere consacrati, sacrificio vivente.
È evidente che la medesima cura, che deve caratterizzare questo lavoro individuale, diventa fondamentale ancora di più in un Istituto, perché se ognuno fa questo lavoro a livello individuale, allora l'Istituto diventa l'immagine della Chiesa dell'Apocalisse, perfetta, con le vesti candide, la sposa dell'Agnello.
È evidente che se ognuno non compie questo lavoro con cura in sé, non riuscirà a costituire nella comunità, nell'istituto, quello che Dio vuole, cioè l'immagine di chiesa.
La chiesa non è un insieme di persone, la Chiesa è il Corpo di Cristo.
L'Istituto Secolare è un organismo che rappresenta la Chiesa in una maniera più circoscrivibile, senza essere totalmente circoscritto, ma più circoscrivibile, più facilmente individuabile, perché più piccolo.
La Chiesa è immensa, abbraccia i cinque continenti e ha varietà di modalità di esprimersi, ma l'Istituto Secolare è sempre Chiesa e la individua in modo più circoscrivibile, anche se non completamente.
È perché porta tutti i pregi di una comunicazione di Chiesa più immediata.
I membri di ogni Istituto, di ogni Istituto Secolare, rappresentano l'universalità, cioè la cattolicità della Chiesa.
Il termine 'cattolico' significa "universale",lo sapete, e nell'Istituto Secolare si rappresenta la cattolicità della Chiesa, la molteplicità delle strutture del servizio.
Come nella Chiesa c'è il capo, ci sono le membra, e poi c'è il servizio di Pietro, e il servizio dell'episcopato, ecc., così nell'Istituto Secolare c'è una struttura che mi richiama evidentemente che la Chiesa è anche struttura, ma anche la carismaticità della Chiesa, come dice la Gaudium et Spes, al n.12.
Nella varietà dei doni umani, spirituali, carismatici dei suoi membri, quindi i membri di ogni Istituto, hanno doni umani: competenza, professionalità, ecc., poi ci sono dei doni spirituali: la pietà, poi tutte le caratteristiche spirituali, l'accoglienza, lo spirito di servizio, lo spirito di compassione, le varie virtù che ognuno vive.
E poi ci sono i doni carismatici, cioè quei doni che il Signore dà a ciascuno dei membri di ogni Istituto perché essi siano efficaci, cioè producano la grazia.
Allo stesso tempo però appaiono pericolosamente, in modo più esplicito, i limiti dettati da una non sufficiente cura del permettere alla grazia di essere efficace nei singoli individui.
Cioè se io non faccio quel lavoro lì in un Istituto Secolare si rende molto più visibile, perché sei circoscritto.
Sono molto visibili i pregi che Dio ti dà, ma diventano anche molto più visibili i limiti, quando tu non corrispondi alla grazia, perché il tuo essere chiesa è molto più circoscritto.
In questo si dovrebbe realizzare il carattere profetico dell'Istituto Secolare, la capacità di permeare il secolo della novità cristiana, e per novità cristiana noi prendiamo il significato profondo della parola novità, cioè delle cose ultime che ci sono state rivelate in Cristo.
Quali sono le cose ultime che Cristo ci ha rivelato? Che noi siamo figli di Dio e che il nostro destino è eterno.
L'Istituto Secolare è dunque profetico perché nel secolo, come consacrati, si fa entrare in tutti i modi, in tutti i campi che voi toccate, dalla scuola alla professionalità di tutti i generi, che fanno parte delle vostre esistenze, voi volete portare la novità di Cristo, e la novità di Cristo è l'essere in Dio per la redenzione e quindi per la gloria, questo è importante.
È una profeticità già contenuta in nel Battesimo, ma che diviene attuale con la risposta vocazionale di ogni battezzato.
Tutti i battezzati dovrebbero riempire il secolo, cioè le cose mondane, della presenza di Dio.
Ma qui stiamo parlando di Istituto Secolare, il che vuol dire di una risposta specifica a una precisa via che Gesù ha voluto nella sua Chiesa e quindi si tratta di esplicitare, cioè di rendere esplicita, di rendere efficace quella potenzialità che Dio aveva dato il giorno del Battesimo, potenzialità che si esprimerà in questo modo piuttosto che in un altro, ma che confluisce in modo specifico.