Ritiro del 18/2/1999
1 - "Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito"
2 - L'azione pastorale di Gesù
3 - La presenza del Figlio
4 - Il Padre è una realtà meravigliosa
5 - Egli è colui dal quale ogni paternità prende nome
6 - Gesù è la manifestazione di Dio Padre
7 - Cosa al Padre fa piacere
8 - Il ritorno di tutta l'umanità tra le braccia di Dio Padre
9 - Il Padre non oserà mai intromettersi
10 - Gesù parlava del Padre con trasporto
11 - "Io ho fatto loro conoscere il tuo nome"
12 - Gli uomini sono stati voluti sul modello che è Gesù
13 - Ma allora perché noi le dividiamo in Padre, Figlio e Spirito Santo?
14 - Quando voi pregate dite: Padre
15 - San Francesco e Frate Leone
16 - Se vogliamo essere figli nel Figlio
17 - Relazione tra Padre e Figlio
18 - Tu vivi da figlio?
19 - Condizionati dalla storia
20 - La nostra relazione con Dio Padre
21 - Chiedeteglielo nella Eucaristia
"Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" troviamo in Gv 3,17.
Siamo ancora nei primi capitoli del Vangelo di S. Giovanni eppure lui stesso annuncia già il mistero che attraverserà trasversalmente tutto il Vangelo di Giovanni.
È un mistero essenzialmente trinitario, è un mistero in cui vediamo Gesù in opera non solamente per operare una redenzione, una riparazione dal peccato, ma molto di più.
Appare qui proprio che tutta l'azione, chiamiamola pastorale, di Gesù, in segni, parole, opere, è quella di far conoscere il Padre.
Nel Vangelo di Matteo ( Mt 11,27 ), noi troviamo questa affermazione" Nessuno conosce il Padre", ma proprio Gesù viene in mezzo a noi, il Verbo si fa carne per manifestare la gloria del Padre.
Noi vedemmo la sua gloria, noi vedemmo il Figlio unigenito e vedemmo la gloria del Dio invisibile.
Dunque, in questo versetto 17 del capitolo 3 è condensato un programma "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito".
La presenza del Figlio unigenito qui in mezzo a noi ha essenzialmente una motivazione: l'amore del Padre.
Certo quando noi ascoltiamo questo versetto, istantaneamente viene alla nostra mente l'opera del Figlio, che è un'opera per noi importantissima di redenzione, di ricostituire quella comunione che non c'era.
Ma a ben guardare da questo versetto non appare subito così legata la presenza del Figlio con la passione, morte e risurrezione, anzi la passione, morte e risurrezione è praticamente una conseguenza dell'amore che sussiste tra Padre e Figlio, tanto è vero che il Padre ha mandato nel mondo il suo Figlio perché il Padre ha tanto amato il mondo.
La presenza del Figlio in mezzo a noi è in primo luogo perché Dio Padre ama il mondo, il nostro Dio è un Dio amante della nostra vita.
Dio amante della vita, di tutto ciò che è vita, tutto ciò che esiste esiste con un segno positivo, nella bontà di Dio, ed è frutto del suo amore.
Certo saremmo quasi tentati di incentrare tutta la nostra riflessione …
Sembrerebbe quasi naturale, in una affermazione di questo versetto, che tutta la nostra meditazione sia incentrata sulla figura di Gesù, ma io credo che sia molto importante, dato che siamo nell'anno del Padre, riflettere su questa presenza così meravigliosa e così discreta.
Egli, il Padre, è una realtà così grande, così meravigliosa, che c'è da rattristarsi per il fatto che noi non l'abbiamo dentro.
Noi quando pensiamo a Dio, il Padre, pensiamo a certe evocazioni immaginifiche, oppure pensiamo a certe connotazioni, cioè, che cosa vuol dire una connotazione?
Ciò che noi abbiamo pensato si riferisca al Padre, e dimentichiamo quello che la Scrittura ci dice, e cioè che il Padre è colui dal quale ogni paternità prende nome.
Noi siamo abituati a ragionare in senso inverso: essendo Dio il totalmente altro, il trascendente, noi siamo portati a pensare che … capiamo che cos' è Dio Padre vedendo i padri che sono intorno a noi, quindi per induzione dalle cose concrete alle cose eterne.
In realtà la cosa è ben diversa, è esattamente il contrario: tutto ciò che noi vediamo, ogni cosa che sulla terra ha il nome di paternità viene dalla assoluta paternità di Dio.
Egli è colui dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome ( Ef 3,14 ).
C'è da pensare con quale amore Gesù pronunciasse ogni volta la parola "Padre", certamente non con il nostro amore emozionale, il nostro amore condizionato dalle situazioni concrete, che via via abbiamo affrontato nella nostra esistenza.
Quando Gesù parla con il Padre, lo fa in un modo assolutamente unico, perché, in primo luogo, è frutto della sua esperienza.
Gesù dice che non dice niente per conto suo, tutto quello che sa glielo ha detto il Padre.
Non fa niente per conto suo, ma tutto quello che fa lo fa con il Padre: questo per indicarci un tipo di relazione che c'è tra Lui e Dio Padre:chi sarà mai questo Padre?
Sarà, come abbiamo sentito ieri mattina, un signore con la barba, con i capelli lunghi, con gli occhi azzurri …, però teniamo presente che queste immagini restano nel nostro subconscio, come noi abbiamo immaginato Dio Padre, questa è la sua figura.
Ogni volta che Gesù parlava del Padre gli occhi dei discepoli si sbigottivano, restavano a bocca aperta e la loro mente era talmente ripiena di questo amore che trasudava dalle parole di Gesù, che sragionavano, tanto è vero che Filippo a un certo momento dice:"Signore, mostraci il Padre e questo ci basta".
A questo punto Gesù prontamente li riporta alla realtà: "Ma come, Filippo, io sono la manifestazione del Padre, chi vede me vede lui, non avete ancora capito, sono tre anni che parlo di queste cose con voi"
Non è il caso di approfondire oltre per capire che, se Gesù dice una cosa di questo genere, alla luce di tutte le riflessioni che abbiamo avuto in questi due o tre anni, è chiare che se Gesù è la manifestazione di Dio Padre, questa manifestazione di Dio, Padre lo sono anche tutti coloro che hanno l'arditezza di pensare se stessi come figli di Dio nel Figlio di Dio.
Mi capite? È un po' involuto il discorso?
Chi sono quelli che hanno l'arditezza di pensare se stessi come figli di Dio? Sono i cristiani, siamo noi.
Noi osiamo pensare, a ragione, e ne siamo fieri, a maggior ragione, di essere figli di Dio, però raramente pensiamo a ciò che questo comporta o meglio, se pensiamo a ciò che esso comporta, lo pensiamo semplicemente a un livello moralistico, cioè a dire:
"Devo fare questo, non devo fare quello, mentre dimentichiamo che ogni tipo di relazione tra persone è riduttiva pensarla in senso legale, con una legge, come fosse semplicemente un frutto di vincoli e di relazioni del quieto vivere, di educazione, oppure delle leggi necessarie perché non ci si sbrani a vicenda.
Quando noi pensiamo di essere figli di Dio molto spesso pensiamo ai diritti che questo ci dà: sono figlio di Dio, quindi il Paradiso è preparato per me, quindi Dio è mio Padre, quindi Lui mi deve favorire perché sono suo figlio.
E dimentichiamo troppo spesso che cosa significa essere figlio nonostante che abbiamo dinnanzi ai nostri occhi il vessillo di quello che significa vivere da figli di Dio.
Non semplicemente essere figli di Dio, ma vivere da figli di Dio.
Il vivere da figli di Dio comporta nutrire e alimentare dentro di noi un certo tipo di relazione, e questo tipo di relazione non può essere semplicemente una relazione di tipo commerciale o burocratico: ti dò qualche cosa affinché tu mi dia qualche cos'altro: è una vera relazione amicale.
Una relazione amorosa, dove noi sappiamo, perché l'abbiamo già meditato tante volte, che cosa significhi amare, cioè desiderare il bene dell'altro, mettersi al posto dell'altro e cominciare a domandarsi: che cosa desidererebbe questa persona?
Il Figlio, il Verbo fatto carne, essendo perfettamente uomo ed essendo Persona seconda della SS. Trinità, non è il Padre, sono due persone distinte.
Ma nell'amore della Trinità il Figlio si mette, per assurdo, si mette nel Padre e prova ad immaginare, guardate che sto cercando di semplificare il discorso al massimo.
Prova ad immaginare che cosa al Padre faccia piacere, perché il Figlio desidera dare gioia al Padre, in quanto il Figlio ama il Padre.
Il Figlio pensa: il Padre è il creatore, il Padre è colui che mantiene nell'esistenza tutte queste cose: che cosa fa piacere al Padre di tutto quello, per esempio, che io incontro intorno a me?
Al Padre fa piacere che tutto ciò che egli ha creato serva, per esempio, a conoscere meglio Lui, allora io, come figlio, prenderò il pretesto da ogni cosa per far vedere quanto è buono il Padre che ha fatto tutte queste cose e perché le ha fatte tutte queste cose.
Io prenderò il pretesto da ogni cosa per far vedere quanto è buono il Padre, che ha fatto tutte queste cose e perché le ha fatte tutte queste cose.
Il Verbo incarnato, Gesù Cristo nostro Signore, non ha compiuto mai una sola azione senza avere dentro di sé il desiderio di far vedere, di far toccare con mano quanto Dio Padre ci ama e questo sin dal momento del concepimento sino all'ascensione.
Siamo attenti a non circoscrivere semplicemente ai famosi tre giorni importantissimi: passione, morte e risurrezione, che sono i fondamentali, ma che sono quelli in cui è più chiaramente manifesto quello che si realizza, cioè questa relazione tra Figlio e Padre.
Perché il Figlio giunge fino all'immolazione di sé, perché il Figlio, continuando ad essere Figlio di Dio e quindi vero Dio, ed essendo vero uomo, da uomo riconsegna se stesso a Dio Padre, perché Dio Padre "soffre" nel vedere che l'umanità che egli ha tanto amato si è allontanata da lui.
Cosa compie Gesù in questo atto? Compie il ritorno di tutta l'umanità tra le braccia di Dio Padre.
Perché Dio Padre, amando, soffre per questo tipo di distacco, ma non può fare nulla di diverso se non è l'uomo stesso, liberamente, a ritornare verso il Padre per questo è fondamentale e per questo la famosa parabola del Figliol prodigo oppure del padre che aspetta sempre è stata presa come emblema anche per indicare questo terzo anno di preparazione al Giubileo.
Il padre della famosa parabola che cosa fa? È in ansia. Perché? Perché ama.
È il Padre che aspetta sempre ma non può andare verso questo figlio scapestrato, prenderlo per un orecchio e riportarlo a casa.
Lo lascia stare lì perché il ritorno a casa del figlio non dev'essere frutto di una costrizione, ma di una decisione libera, assolutamente libera.
Tutto quello che Gesù compie, in parole e opere, è appunto questa manifestazione, che l'amore del Padre è talmente grande che egli non oserà mai, in nessun caso, intromettersi nella nostra decisione, che deve essere assolutamente libera.
Quando dico assolutamente, voglio dire libera di una libertà assoluta, che non significa fare ciò che si vuole, ma significa una libertà capace di cogliere, di poter ottenere, di poter avere ciò che è assoluto, è una libertà tipica dell'essere umano.
La libertà assoluta, che poi noi abbiamo tradotto nelle nostre opere, nel nostro agire quotidiano con il libero arbitrio.
Ma voi capite che il libero arbitrio è già più indirizzato sul concreto, cioè sull'agire, sul fare.
La libertà assoluta invece è sull'essere.
Questa libertà assoluta noi la esercitiamo nel momento in cui ci rendiamo conto, non solo intellettualmente, ma spiritualmente, di chi siamo.
In quel momento decidiamo se accogliere nella nostra libertà l'assoluto oppure lasciare l'assoluto da parte e continuare a fare ciò che interessa a noi.
Quando Gesù parlava del Padre parlava con un trasporto e un'emozione, sia spirituale che psicologica, che significa che era contagiosa.
Io non so se avete provato qualche volta, quando eravamo tutti piccoli, quando la nostra mamma ci raccontava qualche cosa di avvincente o di commovente, noi provavamo probabilmente quello stesso tipo di trasporto che aveva quella persona che ci raccontava questo fatto.
Non riusciamo probabilmente a immaginare che cosa c'era nel cuore dei discepoli mentre Gesù parlava del Padre.
Come sarà stato il suo volto? Che cosa trasmettevano gli occhi di Gesù mentre parlava di Dio Padre?
L'intonazione della voce, la voce, le parole che usava, magari non diceva delle cose estremamente difficili o teologiche come noi facciamo adesso, perché non sappiamo cosa altro dire sul Padre, ma lui parlava della abbondanza del cuore.
Egli ne aveva l'esperienza quotidiana, o meglio notturna: Gesù stava notti e notti a parlare con Dio Padre, si intratteneva con Lui e quindi tutto ciò che usciva dalla sua bocca non era nient'altro se non ciò che il Padre voleva far sapere a tutti gli uomini.
In Gv 17,26, siamo proprio alla vigilia, siamo nel Giovedì Santo al termine della parabola di tutta l'operatività del Gesù docente: l'insegnare, la preghiera sacerdotale, il suo testamento spirituale.
Dopo che Gesù ha consegnato a Dio Padre i discepoli, gli apostoli, conclude: "Io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e poi, perché l'amore col quale mi hai amato sia in essi e io in loro".
Questo essere in essi e io in loro costituisce il punto di forza attraverso cui noi possiamo fare questa stessa esperienza di Dio come Padre.
Certo non è una esperienza che scaturirà esclusivamente dalla rivelazione perché, quando Dio rivela se stesso lo fa attraverso le opere della sua creazione e lo fa in Gesù Cristo, che è la massima rivelazione di Dio Padre.
Quindi è evidente che noi arriveremo a Dio Padre "in" Gesù Cristo, ma certo che tutto quello che Gesù Cristo ci rivela di Dio Padre non potrà essere compreso se non nell'amore perché tutto ciò che del Padre ci vuole insegnare è quanto Egli ci ami: ci ama così tanto da dare a noi ciò che ha di più prezioso, il Figlio.
Perché Dio Padre dà il suo Figlio e questa sarebbe la sua manifestazione di amore?
Beh, dopo tre anni di riflessioni io credo che le conclusioni potrebbero essere abbastanza semplici da trovare.
Se Dio Padre ha voluto gli uomini e, in Gen 1,26-27, noi abbiamo meditato tante volte, che gli uomini sono fatti a immagine e somiglianza.
Sappiamo anche dalla teologia di Paolo che l'immagine dell'invisibile Padre è costituita da Gesù.
Questo significa che gli uomini sono stati immaginati, voluti sul modello che è Gesù.
Gesù è l'uomo perfetto, non solo dopo l'incarnazione, ma è l'uomo perfetto perché, per assurdo, Dio Padre per inventare gli uomini, si è ispirato al Figlio.
Se il Figlio è il primogenito di coloro che sono morti, il primogenito di una grande famiglia, allora vuol dire che la seconda Persona della SS. Trinità è il Figlio perfetto, il figlio per antonomasia, l'assoluto di ciò che vuol dire essere figli.
Potremmo riprendere e parafrasare quello che c'è scritto in Ef 3,14 e dire:"Gesù Cristo è colui dal quale ogni figliolanza nei cieli e sulla terra prende nome.
Se Gesù è il Figlio dei figli di Davide, questo significa che noi siamo fortemente interpellati, l'essere il Figlio dei figli di Davide costituisce per noi il nostro punto di forza per conoscere il Padre.
Che cos'è che lega il Padre al Figlio? Una legge di causa-effetto? No.
Anche se noi nel Credo diciamo: "generato prima di ogni creatura", vi ricordate?
Questo tipo di generazione non è una generazione "temporale", cioè a dire: prima esiste il Padre, il quale genera il Figlio per la potenza dello Spirito Santo. No.
Questa generazione è una generazione eterna, da sempre, Dio è Padre e da sempre la seconda Persona della Trinità è Figlio, non c'è un subordinaziolismo, come c'era un'eresia dei primi secoli: prima c'è il Padre, poi c'è il Figlio, poi c'è lo Spirito Santo.
No, le tre Persone della SS.ma Trinità sono tutte uguali come dignità, come potenza, come onnieternità come onnipotenza, come onniscienza, tutto.
Quando noi abbiamo l'esperienza che il Padre ha una certa autorità, il Figlio ne ha un'altra e lo Spirito Santo è questo amore?
Questo serve a noi perché noi siamo abituati ad avere come una mentalità filosofica, noi veniamo dalla filosofia, tutta la nostra cultura si basa sulla storia della filosofia greca e di qui tutti i nostri modi di ragionare vengono nella distinzione per capire meglio i singoli elementi.
Ma noi sappiamo che Dio è uno solo, ci sono tre persone e sono uguali e distinte, non sono confuse tra di loro, ma sono essenzialmente unite tra di loro.
Ma allora questo dire che Dio è Padre, che Dio è Figlio e che Dio è Spirito Santo che cosa vuol dire?
Vuol dire che noi non possiamo capire il Padre in una relazione gerarchica o professionale, ma in una relazione comunionale.
Ciò che costituisce questa grande forza tra il Padre e il Figlio è la comunione che essi fanno tra di loro, forse, non so se l'ho meditato con voi o in qualche altro istituto, ma sappiamo molto bene che, quando i discepoli chiedono a Gesù: "Maestro, insegnaci a pregare, i discepoli di Tizio, di Caio, Sempronio hanno imparato a pregare: insegnaci a pregare.
Gesù dice: "Va bene, volete pregare? Allora, non fate come fanno gli altri, che dicono tante parole, quando voi pregate, fate così, dite: Padre.
Noi abbiamo imparato il Padre Nostro perché sono le parole di Gesù, ma attenzione a non cadere nello stesso tipo di tentazione che avevano i discepoli degli altri maestri, cioè che si rivolgevano a Dio con le parole e non con il cuore.
Quello che Gesù sta insegnando non è una formula teologica in cui ci sono tanti insegnamenti, ma è un tipo di relazione, un tipo di amore che si manifesta con le parole, perché noi abbiamo le parole per manifestarci con il Padre, ma non può essere concluso in questo.
Dire Padre significa dire tutto, io rischio molto a fare questo tipo di meditazione perché, parlando di queste cose, noi dopo penseremo di avere compreso il Padre e questo è assolutamente impossibile, ma di aver compreso un pochino il Padre, mentre le nostre parole non servono a nient'altro che magari a rovinare il significato potentissimo e profondissimo, eterno della parola Padre.
Voi sapete molto bene quel che era successo a San Francesco e a Frate Leone quella famosa notte che dovevano andare da un convento all'altro, si erano messi d'accordo per non disperdersi in parole inutili.
Francesco: "Senti frate Leone, preghiamo il Padre Nostro mentre andiamo da un convento all'altro" e al mattino, quando arrivarono, Frate Leone tutto entusiasta: "Francesco, che idea meravigliosa, pensa, sono riuscito a recitare, non so, duecento Padre Nostro, Francesco sbigottito lo guarda: "Come hai fatto? Io mi sono fermato alla parola Padre".
Ci rendiamo conto che tutte le nostre meditazioni non possono sostituire l'esperienza che deve essere del Figlio.
Ora, se questa esperienza è del Figlio dei figli di Davide, il nostro Signore Gesù, deve in qualche modo essere la nostra spina nel fianco, il nostro pungolo, il nostro sprone.
Perché Gesù aveva questo trasporto per il Padre, tanto che non faceva, non diceva, non pensava nulla se non insieme con il Padre, tanto che nemmeno il riposo non era importante, perché potesse stare con il Padre.
Credo che se noi vogliamo essere figli nel Figlio, abbiamo bisogno di ricuperare tutta questa dimensione di relazione con il Padre, e questa relazione con il Padre non può essere semplicemente una relazione intellettuale, certo, aiuta la nostra mente e la nostra psiche ad aprirsi al mistero del Regno dei cieli, ma non si può concludere lì.
Noi conosciamo teologi valentissimi che poi dopo perdono la loro, chiamiamola, unzione e diventano atei, oppure lasciano la loro condizione vocazionale.
Ne ho conosciuti anch'io purtroppo, persone di spicco nella cultura teologica, non italiana, ma mondiale.
Ne ho conosciuto uno particolarmente, una punta di diamante che sapeva tutto, ma forse aveva permesso che la sua dimensione psichica e razionale prendesse il sopravvento sulla dimensione spirituale personale io-tu.
Vedete come è importante quello schema che noi abbiamo visto parecchie volte; certo, qualcuno potrebbe dirmi: è uno schema di tipo filosofico, condizionato dalla nostra filosofia.
È vero, ma teniamo presente che tutta la nostra filosofia si è basata su questi insegnamenti Paolo aveva questo tipo di teologia perché prima aveva questo tipo di filosofia.
In realtà la filosofia non è da disprezzare, anzi, da apprezzare molto.
Io non ho il potere né l'autorità, neanche la voglia né l'ardire di imporre niente a nessuno, qui semplicemente si tratta di essere veri con se stessi e docili alle ispirazioni dello Spirito.
Tutto l'anno scorso abbiamo meditato su ciò che lo Spirito può fare nella nostra anima perché Gesù sia manifestato in noi, ora capiamo che Gesù, essendo il Figlio, necessita che sia in noi proprio per una relazione tra Padre e Figlio: se non c'è il Padre, il Figlio come fa ad essere Figlio?
È vero o non è vero? Se io non ho l'esperienza della paternità divina, come potrò vivere la figliolanza?
Come potrò incarnare in me il Figlio di Dio, Colui dal quale ogni figliolanza nel cielo e sulla terra prende nome?
Noi diciamo di essere figli di Dio perché siamo battezzati, perché siamo cristiani, perché siamo praticanti, ma questo non ci dà diritto di esserlo veramente, noi facciamo i figli di Dio, ma per esserlo non è sufficiente farlo, bisogna coltivare ciò che ti fa essere figlio, che non è azioni concrete, ma relazioni.
Che cosa può essere questa relazione? Può essere quello che faceva Gesù: il trattenersi con il Padre lungamente, brevemente, ma in ogni caso intensamente.
Dio è Padre, lo sa benissimo che tipo di vita abbiamo, io credo che Dio Padre sia stanco insieme con noi, io credo che Dio Padre sia stressato insieme con noi, perché Lui vuole stare con noi.
Quindi sa benissimo che tipo di vita affrontiamo tutti i giorni, però sa anche benissimo se noi abbiamo la volontà e il desiderio e scommettiamo e ci impegniamo a instaurare, a concretizzare, a realizzare questa comunione con il Padre.
Se no Lui dirà: "Caro figlio, tu sei figlio perché io ti ho reso figlio, ma tu vivi da figlio?
Tu sei ancora nel paese lontano dove c'è la carestia, tu fai il figlio ma con me non ti comporti da figlio, è come se non fossi il primogenito.
Tu sei figlio, perché sei sempre con me, tu vieni in chiesa, tu ti dai all'apostolato, tu qui, tu là, il Padre lo sa, ma allora mi stupisco che tu non mi tratti da padre.
Il padre sta rivelando al primogenito che in realtà tra lui e il Padre non c'è nessuna relazione familiare, solo una relazione, come potremmo definirla? Commerciale? Diplomatica?
Riconosciamo che, probabilmente, anche per noi c'è stato, fino ad oggi, questo tipo di sentimento.
Perché? Perché noi siamo anche condizionati da tutta una storia che ci faceva vedere Dio Padre in un certo modo, da una spiritualità che in un certo modo enfatizzava alcune visioni sul Padre, che però non sono quelle bibliche.
O meglio si prendevano alcune affermazioni bibliche, probabilmente extrapolandole da tutto il contesto, o dal significato che esse avevano, e si applicava a questo la figura di Dio Padre.
Credo che molti tra di voi sappiano per esempio del famoso predicatore al tempo di Luigi XIV, Bossué, cosa disse nel Venerdì Santo del 1662, di fronte a tutta la Corte.
Probabilmente lì era anche necessario agire in questo modo perché voi sapete che la Corte di Francia era molto corrotta.
Sapete che cosa succedeva per esempio nella cappella di Versailles?
Al fondo della meravigliosa cappella c'è un altare splendido, l'organo è in alto e poi dietro c'è la tribuna del re, sotto ci sono tutte le panche con il velluto blu di Francia, perché tutto doveva essere in quel modo lì.
E tutti i nobili, quando andavano in chiesa per assistere, perché allora si diceva "assistere" alla Messa, non voltavano lo sguardo verso l'altare, ma verso il re che era lì, quindi si sedevano dando la schiena all'altare su cui si stava celebrando l'eucaristia.
Quindi era chiaro che un tipo di pratica cristiana a questi livelli prevedeva probabilmente molta severità nella predicazione, tuttavia noi non riusciamo a giustificare delle prese di posizione di quel tipo.
Se Bossué parlava in un certo modo, che era già uno tra i più rinomati predicatori dell'epoca, non solo di Francia, allora che cosa sarà stato della predicazione comune di tutti?
Egli presentava l'animo di Cristo in quel famoso Venerdì, presentando come se Gesù, cercando disperatamente comprensione da Dio Padre per ciò che gli stavano facendo, si rivolgesse verso il Padre per essere da lui consolato e invece di vedere un Padre amorevole vedesse un volto truce e severo carico di vendetta contro gli uomini per ciò che essi avevano fatto.
Questo era il nucleo della predicazione del Venerdì Santo del 1662, da questo a giungere poi al Giansenismo, che ci ha molto influenzati anche come terra di Savoia, quindi Piemonte, nord Italia, è chiaro immaginare un Dio estremamente severo che, più che essere Padre, è padrone.
Dobbiamo approfondire ancora questo tema del Padre che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito".
Nella seconda meditazione avremo modo di riflettere su un aspetto particolare: "La sofferenza del Padre".
Tenete presente che nei primi secoli, in Asia Minore, ci fu una eresia a proposito di questo, però voi sapete anche una cosa, che le eresie, quando nascono, non nascono semplicemente dicendo: "tutto sbagliato", nascono da delle verità profonde, che però, per esagerazione o per imprudenza diventano sbagliate.
Vedremo oggi pomeriggio in che cosa consisteva questo, però incominciamo ad entrare in un'ottica diversa della nostra relazione con Dio Padre: se per caso, in questo momento, ci viene in mente, oppure in questa giornata, ci viene in mente che effettivamente noi, nei confronti di Dio Padre, abbiamo avuto una forma di timore reverenziale, e anche più che reverenziale, quasi proprio la paura del giudizio del Dio Padre,.
Perché? Ma perché una volta si presentava così Dio Padre, ce lo presentavano, che so, come un giudice, come un controllore: "Dio ti vede", non per dire: Dio è provvidente, il tuo occhio si posa su di te per proteggerti dovunque tu sia.
No, Dio ti vede per controllare quello che fai, e se non fai quello che devi fare ti arrivano i fulmini.
Per cui la gente dice: Dio mi ha dato una croce, che vuol dire : Dio è cattivo, perché se io non rigo dritto mi manda una croce, cioè una sofferenza.
Siamo fuori della ortodossia, siamo completamente fuori della comunione biblica, non della comunione cattolica: fuori della Bibbia qui, addirittura.
Se per caso ci viene in mente questo durante l'Eucarestia, o durante l'adorazione personale, cominciamo a chiedere al Padre: io voglio essere davvero "figlio"?, però mi rendo conto che la mia storia personale mi ha condizionato, mi raccomando, per favore, non giudicate mai nessuno di coloro che vi hanno insegnato in quel modo, perché era così una volta, che loro probabilmente non ne hanno nessuna colpa.
Invece perdonateli se sentite il bisogno di dover perdonare quelli che gli hanno dato una idea sbagliata del Padre, chiedete al Padre di perdonarli, chiedete che quelle persone siano ricolmate di ogni benedizione, ma in ogni caso chiedete anche al Padre di donarvi una nuova relazione.
Se la tua relazione con Dio Padre non è ancora amicale, confidente, cioè gioiosa, nella pace, irenica, allora chiedeteglielo nella Eucaristia, chiedeteglielo nella Adorazione Eucaristica, chiedeteglielo nella Adorazione alle Cinque Piaghe.
Perché? Perché Gesù, che si espone a noi nel mistero delle Piaghe, nel mistero eucaristico, nella celebrazione eucaristica è la manifestazione di quanto Dio Padre ci ama.
Noi non vogliamo più fermarci all'esterno della manifestazione: la sofferenza, la morte, ecc. , il pianto, ma entrare all'interno di questa manifestazione.
Perché Gesù ha voluto affrontare tutto questo? Per amore.
Non mi devo fermare al perché, ma devo giungere al motivo: l'amore.
Se mi accorgo che io per il Padre non provo ancora amore spirituale, psicologico, che si manifesta anche fisico, allora glielo devo chiedere, e mi devo intrattenere con Lui e gli devo dire: Padre, io mi nascondo nelle Piaghe di Gesù e vengo da te perché ho bisogno di te.
Vi ricordate che abbiamo meditato già molte volte il grido di Gesù in croce: "Ho sete" e il grido del Figlio che dice al Padre "Ho bisogno di te" e il grido dei figli che nel Figlio gridano: "Ho sete di te, Padre", non della giustizia, non della libertà, ma di te.
Signore donaci che questo tempo, che questo giorno sia vissuto veramente nella profondità, che non ci sia nessun motivo di dissipazione, che non ci sia nessun motivo di distrazione, tutto ciò che tu ci donerai di vivere oggi, dai momenti di spiritualità alta e profonda ai momenti conviviali o di condivisione, tutto sia vissuto come un'espressione della comunione con te.
Signore Padre santo, noi abbiamo bisogno di conoscerti di più, donaci l'amore del tuo Figlio perché possiamo essere pienamente figli nel Figlio. Sia lodato Gesù Cristo.