Ritiro del 19/9/1999
1 - Dio nostro Padre ci ama da volerci uno con Lui
2 - Compendio di tutto uno stile di vita
3 - Si parla innanzitutto di una relazione
4 - La volontà di Dio verso gli uomini
5 - L'inno di San Paolo sulla carità
6 - Nel creatore la sorgente dell'amore
7 - Che tipo di relazione ho con il Signore
8 - Una relazione filiale
9 - Nei confronti dell'Abbà: che cosa provo?
10 - Rispetto che deve essere dato a Dio
11 - Gesù assume la situazione dell'umanità
12 - La volontà di Dio è che tutti gli uomini siano suoi figli
13 - L'amore che Dio ha nei confronti dell'uomo
14 - Il "sì" totale, completo del Verbo
15 - Manifesta i tuoi figli
16 - La santità di Dio sei tu
17 - Esistiamo solo perché Dio ama
18 - Il tuo essere figlio
19 - Aumentare la tua attenzione per Dio
Dopo la pausa estiva ci si rivede più numerosi che mai.
Dio nostro Padre ci ama talmente da volerci uno con Lui e con i fratelli perché vedendo l'amore che ci unisce il mondo creda al suo amore infinito, e naturalmente si converta.
Mi pare ovvio che il punto cardine di tutta questa riflessione sia e trovi la sua sorgente e il suo compimento, la sua profezia, la sua realizzazione, ovviamente, come siamo abituati a fare ormai da tre anni, naturalmente sulla parola di Dio.
Il punto cardine è sicuramente il discorso sacerdotale,che si trova nel Vangelo di Giovanni e particolarmente al capitolo 17, anche se ci sono alcune parti che troveremo per esempio al cap.15.
Ovviamente tutta questa riflessione non si può considerare conclusa o continuata unicamente nel cap.17 oppure 15, 16 e 17del vangelo di Giovanni perché qui troviamo la conclusione di un lunghissimo discorso e di una lunghissima crescita che Dio nella sua pedagogia aveva impartito al suo popolo nell'arco di secoli attraverso Mosè, attraverso i Giudici.
Tutti gli insegnamenti che Dio aveva lasciato al suo popolo si condensano in questo insegnamento teologico che Giovanni ha raccolto e ha mirabilmente contenuto in questi capitoli.
Non è quindi semplicemente un discorso, ma è il compendio di tutto uno stile di vita e di tutto un insegnamento profondamente vissuto che Gesù aveva lasciato ai suoi discepoli.
È chiaro che in questa affermazione che troviamo chiaramente espressa in tutto il capitolo 17, mi piacerebbe leggerlo tutto, magari lo leggeremo.
In ogni caso io lascerei alla vostra buona volontà il fatto di leggervelo magari davanti al SS.mo quando fate il momento di preghiera silenziosa, magari prima della condivisione. ( Gv 17 )
Bisogna che troviamo un attimino di tempo, magari lo leggeremo insieme questo cap.17, perché qui vi sono molti stimoli da parte del Signore a vivere questo volerci "uno" con Lui.
Questa è chiaramente la sua volontà, questo che vi dico, questo che riflettiamo oggi in questo insegnamento non è tanto chissà quale tipo di novità, non si tratta di cercare ogni volta nelle riflessioni delle novità, si tratta semplicemente di riportare alla nostra mente, alla nostra memoria tante cose su cui magari lungamente ci siamo soffermati anche durante il tempo della nostra preghiera personale.
Io credo che ciascuno di noi e ciascuno di voi particolarmente abbia avuto modo di riflettere su questa preghiera sacerdotale del Signore che precede la Passione e che quindi è un po' il suo testamento: le cose più importanti che Lui vuole lasciare dire.
Il nostro Padre ci ama talmente da volerci "uno" con Lui come fratelli perché vedendo l'amore che ci unisce il mondo creda al suo amore infinito.
Dunque si parla innanzitutto di una relazione, una relazione che prende l' avvio non dalla buona volontà umana ma da quella famosa "eudochia".
Vi ricordate tre anni fa, quando avevamo iniziato a parlare dei misteri di Cristo nella luce dello Spirito Santo, avevamo parlato del mistero del Natale: "È gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama."
Avevamo detto che il termine greco che viene usato, "eudochìa", vuol dire "amati dal Signore", che nella setta degli Essemi significava una divisione, era un partitivo, una parte a differenza di tutti gli altri: Gli uomini di buona volontà, cioè amati dalla benevolenza di Dio.
Gli Essemi a differenza di tutti gli altri, ma nell'originale e nel contesto in cui Luca ricorda questa notte di Natale il significato è diverso: Gli uomini figli della benevolenza sono tutti coloro che Dio ama.
Questo sto riassumendo proprio in un minuto, un lungo insegnamento che avevamo tenuto in due volte, vi ricordate? "Gloria a Dio, Pace, Buona volontà.
C'è questa "buona volontà", la volontà di Dio verso gli uomini, che è buona e e che si manifesta in questo amore.
Ora, l'amore, noi abbiamo riflettuto tante volte sul significato dell'amore.
C'è qualcuno che si sente di ricordare, ormai lo sanno anche i banchi, quella formula brevissima con la quale avevamo trovato un modo per definire l'amore?
"L'amore è volere il bene dell'altro". Questa ovviamene è una, la più scarna, la più essenziale di tutte le definizioni, che però ci introduce direttamente nelle motivazioni per cui Dio ama.
Dio, nostro Padre, ama, la sua volontà nei nostri confronti è una volontà di benevolenza, è utopia, vuole il bene per noi e lo dimostra nell'amore, cioè desiderando, volendo, attuando, concretizzando il vero bene per noi.
L'amore perfetto non è semplicemente "Volere il bene dell'altro", ma "operare affinché questo bene che tu desideri per l'altro diventi concreto".
Questa è azione dell'uomo unita alla grazia, la caris, quella che viene chiamata la carità.
L'inno di San Paolo sulla carità è chiarissimo, la carità è proprio questo amore efficiente , non solo un amore contemplante, contemplato ,ma un amore efficace che produce quello che vuole.
L'amore che Dio chiede a noi è un amore di carità, non è semplicemente un amore di contemplazione, che è fondamentale, ma che viene esercitato in un altro tipo di relazione, che è una relazione di cuore tra la creatura e il creatore.
Dio si aspetta da noi un certo tipo di amore che non è semplicemente quello di "volere il bene dell'altro", ma anche di "operare per il bene dell'altro" perché siamo testimoni di come i grandi testimoni dell'amore e della carità siano servi dei loro fratelli.
Questo ci fa capire che questo amore ci vincola in alcune relazioni: la relazione primaria e una relazione di dipendenza tra la creatura e il creatore, cioè la creatura scopre nel creatore la sorgente inesauribile di questo amore.
Che cosa significa "sorgente inesauribile di questo amore" perché noi parliamo spesso con frasi altisonanti che riempiono bene la bocca e le idee della testa, però poi se noi dobbiamo concretizzare questa frase "la sorgente dell'amore", che cosa significa concretamente per ciascuno di noi?
Credo che questo potrebbe essere un motivo di riflessione, una sorgente nasce con un determinato scopo, non perché l'acqua vada perduta, ma perché quest'acqua venga utilizzata.
Se noi consideriamo il Signore, se consideriamo Dio come la sorgente primaria di questo amore a cui noi tutti attingiamo, allora significa che c'è una relazione di interesse, cioè io desidero colmarmi di questo amore, desidero riceverlo, desidero contenerlo e poi desidero anche farlo fruttare.
Dire "Dio sorgente di questo amore significa dire qualche cosa che mi interessa avere, qualche cosa che mi interessa beneficiare, ho un interesse per questo.
Ho questo interesse, che tipo di relazione ho con il Signore mio Dio?
In questo tipo di relazione io debbo essere molto attento all'igiene spirituale, cioè a valutare in che modo io sto concretizzando questa relazione, che deve intercorrere tra Dio e me.
Devo stare molto attento all'abitudinarietà, che entra facilmente nella pratica cristiana.
Devo usare la mia intelligenza per evitare che si compiano le cose semplicemente per dovere, perché ho questo precetto, oppure io le compia semplicemente perché sono abituato a compierle: non c'è più la freschezza della novità, non c'è più la freschezza dell'incontro, non c'è qualche cosa che io aspetto, oppure non c'è più nessun tipo di novità.
Questa è un'igiene spirituale che noi dobbiamo compiere nella nostra relazione perché essa sia sempre viva e non diventi un pane raffermo a cui ci si accosta con riluttanza e con fatica..
Quindi questa è la prima relazione: con Dio, ma la relazione con Dio, specialmente in quest'anno ha un taglio e una coloritura particolare: è una relazione con un Dio che noi osiamo chiamare "Padre".
Questo mi interpella ulteriormente nel domandarmi e nel controllare, diciamo così, se la mia relazione con Dio è una relazione filiale, sì "filiale".
Però noi sappiamo che il termine che viene usato da Gesù stesso per indicarci la relazione che c'è fra la creatura, fra il discepolo e l'Onnipotente non è semplicemente un termine, un vocabolo chiamiamolo così che indica una gerarchia all'interno di una famiglia, ma è un termine che indica uno stato affettivo: "Abbà", che significa "papà" nel senso più affettuoso e più dolce del termine, più vero in ogni caso.
Questo mi interpella nel domandarmi se io nei confronti dell'Onnipotente Creatore ho una relazione affettuosa oltre che affettiva, cioè affettiva nel senso che ho affetto per Dio perché mi ha dato la vita mi va molto bene.
Però bisogna entrare di più, cioè far permettere a tutte le facoltà psichiche ed emozionali di partecipare di questa relazione vera con Dio, diversamente noi parliamo tanto di Dio ma poco con Dio.
Ora, dire che abbiamo questa relazione con Dio significa avere una relazione non con l'essere perfettissimo Creatore e Signore del cielo e della terra, ma con Colui che, oltre ad essere tutte queste cose, è mio papà.
Ora ti puoi domandare come io sto concretizzando, con quale sistema io sto cercando di avere per accrescere la mia affettività e la mia affettuosità nei confronti di Dio come mio padre.
Adesso diciamo una cosa quasi assurda: non lo è teologicamente, però per il nostro vissuto personale rischia di esserlo: se tu fossi Gesù, che tipo di emozionalità avesti nei confronti di tuo padre? che tipo di relazione, che tipo di attesa? che tipo di dialogo? che tipo di aspettative? che tipo di sicurezze? che tipo di vita avresti?
Se tu vivessi la stessa, identica relazionalità affettiva e affettuosa che aveva Gesù con Dio Padre?
Gesù passava le notti intere a parlare con suo Padre, con il suo Abbà.
Tu domandati, io nei confronti dell'Abbà: che cosa provo? provo distacco? provo provo senso di trascendenza? cosa provo? sono tutte categorie teologiche esattissime, perfette, indiscutibili, però Gesù nel suo Vangelo ci chiede di avere anche qualche cosa in più.
La relazione con Dio era estremamente difficile per i Giudei, i Giudei erano legati a Dio in una maniera tanto rispettosa che varcava la soglia del timore, quasi della paura.
Per essi Jahvé era così santo da quasi non avere nulla più a che fare con gli esseri umani, il suo nome era talmente grande e magnificente che non lo si poteva pronunciare.
Egli era il Santissimo, Colui che non poteva essere macchiato neanche dal nostro pronunciare il suo nome.
Ora, questo assoluto rispetto che deve essere dato a Dio ha giocato a sfavore della relazione che Dio voleva instaurare con gli uomini, infatti nel Sal 2,7, si dice: Mio Figlio sei tu, oggi ti ho generato.
Persino in epoca sapienziale, in epoca regale questa idea teologica in un ambiente sociologico, sociale, di comprensione teologica ancora molto arretrata, Dio aveva già comunicato attraverso i Salmisti questa grande verità.
Ci sono altre citazioni, quella del Salmo è particolare perché il Salmo veniva pregato da tutta la comunità ebraica nei momenti solenni nelle Sinagoghe, al Tempio e anche tutta la liturgia della Chiesa spesse volte ci spinge a pregare con questo o altri Salmi in cui si afferma che Dio guarda all'uomo come suo Figlio,ma qualcuno potrebbe dirgli: "Sì, ma qui è una figura messianica, in realtà il Salmista sta decantando il Messia.
Questo è vero, però se voi vi ricordate, quando abbiamo affrontato l'altro grande discorso intorno a gennaio di due anni fa e cioè quello del Battesimo di Gesù al Giordano, voi sapete che li il mistero dell'Incarnazione giunge al compimento nella sua pienezza.
Non appena Gesù si immerge nel Giordano e ne esce, che cosa accade? … non solo i peccati, prendendo in senso lato, assume la situazione dell'umanità con i suoi pregi e i suoi difetti, qui c'è la piena assunzione dell'umanità, dell'umanità in quanto corporeità, in quanto psiche e in quanto spiritualità, quindi tutti i pregi dell'umanità insieme ai difetti, la santità dell'umanità e insieme ai suoi peccati.
L'Agnello di Dio ha preso su di sé il peccato del mondo, ma non solo il peccato: ha preso tutta la situazione del mondo.
In effetti non appena Gesù esce dall'acqua che cosa accade? si aprono i cieli e una delle tre volte in cui nel Nuovo Testamento si ode la voce del Dio Padre.
Nell'Antico Testamento è sempre il Padre che parla, ma nel Nuovo Testamento tre volte si ode la sua voce, le altre volte è la parola stessa che dà il senso della verità .
Questo avviene più nel momento del Battesimo, al capitolo 3 di Luca, si dice invece: Tu sei il mio figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto". ( Lc 3,22 )
E questo ha un valore doppio, è vero che il Padre si sta riferendo al Verbo, però il Padre non sta parlando al Verbo prima che il Verbo si immerga nella situazione dell'umanità, ma dopo, ciò vuol dire che il Verbo si era già assunto tutta l'umanità di tutti i tempi.
Quindi quando Dio, il Padre, si rivolge al Verbo incarnato, pienamente, totalmente incarnato, si sta rivolgendo anche a tutto ciò che il Verbo ha assunto su di sé e il Verbo su di sé aveva assunto tutta la natura umana, tutti gli uomini di tutti i tempi.
Questo significa che misteriosamente in questa affermazione del cap 3 di Luca il padre annuncia con fierezza e con sicurezza che da quel momento ogni uomo che cos'è? è suo figlio.
Questo potrebbe darci una intuizione su quello che il Concilio Vaticano II ci parla della salvezza di tutti gli uomini anche implicita, cioè anche di quelli che non conoscono direttamente Gesù Cristo , ma che cercano il bene e il vero, perché in effetti la volontà di Dio è che tutti gli uomini siano suoi figli ed è affermato biblicamente in questo passo.
Quindi questo ci può far intuire come lo spirito possa agire liberamente anche in altre popolazioni che non conoscono o non hanno potuto o non hanno voluto accogliere il messaggio di Cristo.
Bene, questo amore che il Padre ha nei nostri confronti è un amore efficace, è una carità.
Nella parola "grazia" ci sono vari significati: C'è il significato del calore, c'è il significato dello splendore, c'è il significato della forza, c'è il significato della gratuità, c'è un significato di attività.
L'amore che Dio ha nei confronti dell'uomo è un amore di carità, cioè un amore concreto, un amore che si realizza in qualche cosa.
La realizzazione di questo amore concreto è evidentemente il Verbo: Gesù incarnato.
Nel capitolo XVII, che noi troviamo qui in Giovanni, noi troviamo la risposta che l'umanità rivolge a Dio Padre.
Voi mi direte: ma qui non è Gesù che sta facendo la preghiera sacerdotale? sì,è Gesù che fa questa preghiera sacerdotale, è stratificata questa preghiera,ma non dimentichiamo mai il valore della sua incarnazione, che non è semplicemente la "sua" incarnazione, ma è l'assunzione in sé di tutta l'umanità, diversamente non avrebbe potuto salvare gli uomini di tutti i tempi se egli prima non li avesse assunti su di sé.
Qui Gesù fa un discorso profetico, cioè a dire: È chiaro che sta riassumendo tutto quello che aveva vissuto e aveva insegnato ed è il compendio teologico di tutta la pedagogia di Dio nell'arco della storia della rivelazione, ma è anche profeticamente la risposta che Gesù mette al posto di tutti gli uomini.
Cioè lui risponde a tutti gli uomini e la risposta è il famoso "sì" totale, completo che il Verbo, che Gesù, che il Verbo incarnato innalza a Dio Padre è la risposta che Dio Padre si aspettava a questo amore gratuito che egli aveva dato, a questo desiderio di bene che egli aveva sempre voluto e aveva concretizzato con la creazione, con l'esistenza degli uomini, con il Paradiso terrestre con le promesse di beatitudine.
Questa concretizzazione che è stata rovinata non a causa di Dio, ma a causa della libera scelta degli uomini prevedeva, noi diciamo, una riparazione.
Ma cos'era questa riparazione? Era semplicemente il soffrire, soffrire fa parte della riparazione, ma la riparazione è molto più grande del semplice soffrire, la riparazione consisteva nell'aderire nuovamente e liberamente, rispondendo un "sì" pieno, totale a questo amore di carità, amore di grazia che Dio aveva effuso sugli uomini.
Gesù, anticipando la risposta di tutti gli uomini, avendola in sé e su di sé perché era pienamente incarnato, risponde, alza gli occhi al cielo, Padre è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo e non dice "glorifica me", glorifica il Figlio tuo, se prendete qui al capitolo 17, così potete seguire e nella preghiera personale potete anche riflettere.
"Glorifica il Figlio tuo", ora, glorifica, la gloria è un altro termine che abbiamo visto altre volte.
La gloria, il kadosh, lo splendore di Dio, la manifestazione di Dio, l'Epifania di Dio, allora qui Gesù dice: "glorifica il figlio tuo, manifesta i tuoi figli, fai sentire alle tue creature che sono tuoi figli".
È una grazia, caris, l'amore di carità che proviene da Dio e una grazia che giunge agli uomini.
Ovviamente non si sta parlando di un amore vissuto semplicemente come un precetto, qui si tratta proprio di domandarci se stiamo facendo questa esperienza che deve pervadere, deve affascinare, questo amore che ti investe è un amore che ti dà la forza di cambiare in tutto.
È un amore che ti fa dire come i grandi Santi: "Signore, lontano da me, lontano dalle mie idee, dalle mie convinzioni: mi interessano solo le tue", è un amore che cambia tutto il modo di sperare, di desiderare, di volere, è un amore che ti mette in una relazione così stretta con Dio Padre che tutto il resto ti sembra inutile.
Ma è solo la prima parte perché quando Gesù chiede che questo Figlio sia glorificato, chiede che ci sia un'azione concreta, una azione efficace.
La glorificazione è la manifestazione, la gloria di Dio, indica qualche cosa di pesante,in questo termine ebraico il significato della radice "ca" è proprio qualcosa di pesante, di qualcosa che è rilevante, qualcosa che è solido, di un certo peso, di una certa importanza.
Quindi la santità di Dio non è semplicemente qualche cosa che si aprono i cieli e io vedo là, la santità di Dio è qui, la santità di Dio sei tu perché tu sei la manifestazione di Dio in quanto tu sei suo figlio.
Questo amore che Dio ha talmente tanto che vuole che noi siamo "uno" con il Figlio è proprio questa grazia che noi possiamo e dobbiamo desiderare, dobbiamo chiedere, dobbiamo invocare, dobbiamo aspettare e dobbiamo ricevere perché questa grazia, questo amore che ti giunge dal Padre è un amore che non ti giunge solo perché tu te ne possa sollazzare: "Oh che gioia, tutto l'amore di Do per me!"
L'amore che Dio dà è sempre un amore efficace.
Gli angeli hanno cominciato ad esistere perché Dio ama, così l'universo e così noi esistiamo solo perché Dio ama, dunque l'amore di Dio è un amore efficace, un amore, di gloria, pesante, un amore solido, concreto, che si vede e noi siamo questa realizzazione di questo amore, quindi questo indica che ci deve essere una relazione particolare non solo con Dio come Padre, ma anche con Gesù che è "il" Figlio e se noi siamo figli, siamo figli nel Figlio, questo costituisce dunque per noi un imperativo categorico, però ancora di più, una aspettativa, un modello, una meta da raggiungere, non un dovere da compiere, un ideale a cui ci si attacca.
Ora, sembrano tutte delle ovvietà quelle che sto dicendo, non è così? sono delle ovvietà? voi siete troppo buoni perché dite che non è vero, ma non possiamo dire che queste cose non le abbiamo mai sentite.
Il problema è : "Come concretizzare tutto questo?" perché se è vero che noi tutte queste cose possiamo già averle meditate, ripetute, lette, studiate, il problema non consiste tanto nel sapere che queste cose ci siano, quanto invece nel trovare il modo di concretizzarle e realizzarle qui e ora, nel 1999, in questa società post-cristiana, post-moderna, post-industriale, che vive in una completa insoddisfazione e dove sono poche le cose che sono ancora in grado di entusiasmare le persone.
Ora, noi dobbiamo domandarci, sempre per questa famosa igiene spirituale, ma noi siamo ancora entusiasti di tutto questo?
Questo amore che sappiamo che pervade e che proviene da Dio e che noi riceviamo continuamente, è un amore che ci giunge come la luce del sole in questa giornata e che è filtrata dalle nubi grigie e quindi a noi giunge solo la luce e non giunge il calore, non giunge la brezza, o è un sole che trasfigura e accende l'universo in attesa?
Cioè noi siamo parte di questo universo in attesa? il mio cuore, il tuo cuore desidera questo incontro come Gesù desiderava l'incontro con il Padre tanto da stare sveglio notti intere per stare con Lui?
Il tuo essere figlio ti fa desiderare di essere totalmente discepolo di Gesù?
Cioè di stare continuamente con Lui per imparare tutto quello che Lui dice, tutto quello che lui fa, come lui lo fa, il tuo desiderio della presenza di Dio ti fa chiedere continuamente e instancabilmente, incessantemente la grazia dello Spirito Santo che venga dentro di te a parlarti di Gesù a gloria di Dio Padre?
Oppure noi abbiamo messo tutte queste cose nell'ambito dell' intelligenza, della riflessione teologica e poi della concretizzazione, insomma non ce ne preoccupiamo più di tanto perché ci sono già dei, chiamiamoli così, metodi trovati, sperimentati, e andiamo avanti con questo.
Noi non siamo uguali gli uni e gli altri, siamo unici e irripetibili, inoltre il Signore ci ha lasciato l'intelligenza e tutte le facoltà umane e psicologiche perché noi trovassimo un sistema sempre nuovo per rendere libero e aperto l'accesso della grazia nella nostra vita.
È chiaro che Dio ti pervade con la sua grazia, ma vuole la tua collaborazione: se è un amore di carità vuol dire che è un amore attivo, non è un amore passivo, non è che tu ricevi tutto e poi basta, tu sei chiamato a dimostrare prima di tutto a te stesso che ti interessa avere questo tipo di relazione.
Quando tu l'hai dimostrato a te stesso, allora lo hai dimostrato anche agli altri, la tua attenzione verso il Padre c'è, non c'è?
Come puoi fare per concretizzarla meglio? Hai trovato qualche cosa che ti abbia aiutato più di qualche cos'altro?
Qual'è il modo concreto con cui tu stai cercando di aumentare la tua relazione, la tua attenzione per Dio il Padre?
Qual'è la tua consapevolezza di essere tu a tua volta figlio del Figlio?
Sì, bisogna imparare a essere estremamente concreti.
Il momento di condivisione è fatto anche per questo, perché possiate mettere in comune qualche cosa anche di molto semplice, che serva per dire: ecco, io sono riuscito ad avere una consapevolezza della presenza di Dio Padre facendo questo e quest'altro modo.
Una volta ho sentito una persona che mi diceva questo, ho provato e ho trovato che veramente la mia affezione per Dio è cambiata in questo modo, ho fatto questo, ho sperimentato quell'altro.
La condivisione è fatta per la crescita spirituale di tutta l'Unione, di tutti i confratelli