Ritiro del 12/3/2000
1 - Risposta alle sollecitazioni del Papa
2 - Idea di fede
3 - Il Credo
4 - La fede è uno stato di vita
5 - Hai fatto un altro tipo di atto di fede implicita
6 - La fede è molto più di questo
7 - La fede è una conseguenza di una relazione
8 - Essere inviato
9 - Sono lo specchio del Cristo Crocifisso Risorto?
10 - Chiamati ad annunziare
11 - L'annunzio deve essere rivolto agli altri
12 - Avranno la possibilità di credere
13 - La libertà dell'individuo
14 - Fede come confidenza
15 - La preghiera comunitaria
16 - Contemplando il suo Volto sfigurato
17 - Noi ubbidiamo a Dio
18 - Io voglio esattamente tutto ciò che vuoi tu
19 - "Abbiate i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù"
20 - L'accettazione delle promesse di Dio
21 - È necessaria la carità
22 - La conversione come cambiamento
23 - Mi si pone dinanzi una scelta
24 - Conversione come cambiamento della nostra vita
25 - L'ottava Beatitudine
26 - Domande esistenziali tremende
27 - La fede, speranza, carità sono virtù infuse
Attraverso l'esperienza di salvezza, lo zelo dell'annuncio e la vita vissuta in coerenza con il messaggio dell'annuncio avendo come meta pasquale una concreta risposta alle sollecitazioni del Papa per:
- la riconciliazione con Dio
- la riconciliazione con noi stessi
- la riconciliazione con il nostro prossimo, a partire dai più prossimi
Torniamo ad incontrarci alcune volte in questi itinerari di vita spirituale nei quali dobbiamo approfondire la profondità del nostro cammino.
Vivere per Cristo Crocifisso Risorto la nostra partecipazione al mistero trinitario: fede come certezza, confidenza, dipendenza da Dio, conversione come cambiamento della nostra vita con la vita di Gesù.
Cioè praticamente una cosa da cinque minuti, perché praticamente c'è tutto quello che contraddistingue nella vita di un cristiano che poi si esprime secondo la vocazione specifica che è stata ricevuta da ciascuno di noi.
Bene, non ho certamente l'illusione di poter trattare fino in fondo questi temi perché sono talmente vasti che non è possibile ragionevolmente immaginare di trattare tutto.
Dobbiamo cercare di avere qualche vocazione su questi temi fondamentali sui quali poi dopo è necessario che noi, come lavoro personale, individuale ci interroghiamo, ci interpelliamo e mettiamo concretamente in pratica quello che essi significano.
Dunque, tutte le volte che sentiamo parlare di fede e noi abbiamo degli atteggiamenti diversi a seconda della concezione che abbiamo intorno alla idea di fede sarebbe interessante riuscire a mettere in comune quali sono le idee da cui partiamo appena sentiamo nominare la parola "fede".
Pensate che sia utile che mettiamo in comune? No? Sì? Cosa pensate che sia la fede?
Un'idea molto semplice che vi può venire nella mente: cos'è la fede? Dite pure liberamente: può essere fiducia……….
Mi piace questa interventualità che c'è stata, perché vediamo che in pochi istanti siamo riusciti a mettere sul vassoio tante cose che riguardano la fede.
Alcune sono delle definizioni intellettuali, razionali, alcune sono delle espressioni di vita vissuta, alcune sono delle aspirazioni, alcune sono delle visioni di tipo morale, cioè qualche cosa che ci sostiene nel nostro cammino.
La fede è un po' di tutto questo, però quando noi ci interroghiamo, specificamente in un giorno di ritiro, su che cosa sia la fede, possiamo avere una varietà composita di risposte che possono essere: la fede sono le affermazioni di fede: "Credo in un solo Dio Padre onnipotente…."
Siete d'accordo che questa è la fede? Quando recitiamo il Credo alla domenica non eccitiamo le affermazioni di fede?
Alla fine, quando c'è il Vescovo, di solito si dice: "Questa è la nostra fede", si annunciano le rinunce battesimali, noi ci gloriamo di professarla.
Che cosa significa professare la fede? La fede sono quelle affermazioni, non solo, qualcuno mi ha detto prima: "la fede è fiducia", certo, è giusto, ma la fede è solo fiducia?
La prima cosa che sappiamo è che la fede è una realtà così composta e così stratificata che non può essere suddivisa semplicemente dagli effetti che produce oppure dalle affermazioni che ha.
La fede, prima di essere una affermazione, che noi troviamo nel credo, è uno stato di vita.
Sembrerà molto strano dire che la fede è uno stato di vita, uno stato concreto, una situazione concreta in cui una persona si viene a trovare.
Guardate bene, non sto ancora parlando di fede cristiana, neanche di fede religiosa, cominciamo a parlare proprio a livello molto basso, dicendo: la fede è una situazione in cui si viene a trovare una persona nei confronti di un'altra persona o di una cosa.
Volete un esempio? Ci troviamo adesso al terzo piano, siamo tutti entrati in questa stanza, siamo seduti sulle nostre sedie e noi stiamo facendo un atto di fede, una fede implicita, è vero, ma un atto di fede; perché nessuno di noi si sta domandando se i pilastri di questa costruzione sono sufficientemente robusti per sostenere i muri, i pavimenti, i soffitti, e se le sedie in cui noi siamo seduti sono costruite a regola d'arte.
Noi non ci domandiamo nessuna di queste cose e stiamo vivendo una relazione con le cose che sono intorno a noi che è di fede implicita, noi diamo per scontato che tutto questo sussiste, è già un atto di fede.
Un altro esempio: tu hai un raffreddore, ti avvicini alla cassetta dei medicinali, prendi la famosa Aspirina e tu sai già che questo ti produrrà dei benefici.
Tu hai fatto un atto di fede su una realtà, quindi una cosa e anche una persona, una cosa da cui tu ti aspetti dei risultati: ti sei messo in relazione con quella cosa in una relazione particolare che è di causa e effetto, tu ti aspetti degli effetti da una causa a cui ti sei accostato.
Tu non sai che cosa c'è dentro quell'Aspirina, non sai come funzionano fisicamente e chimicamente i componenti dell'acido acetilsalicilico, però sai già che prendendo quella pastiglia tu starai meglio, ed effettivamente dopo stai meglio.
Però lo stesso atto di fede è più evidente in certi casi quando noi abbiamo a che fare con delle persone, perché avere a che fare con delle persone, essere in relazione con delle persone ci interpella e ci fa uscire da noi stessi.
Ed è principalmente questo tipo di relazione che costituisce l'inizio, o per meglio dire il presupposto di ogni atto di fede.
Ma qualcuno prima mi ha detto: un atto di fede è un dono, ed è anche vero; ma qui stiamo già parlando della virtù infusa della fede, siamo già molto avanti nell'introspezione, nell'esame di quello che è in se stessa la fede.
Certo la fede in se stessa è una certezza, ma questa certezza da dove proviene?
La fede non scaturisce da delle analisi scientifiche, non è una verità scientifica la fede, non è qualche cosa che noi possiamo acquisire o accrescere mediante o semplicemente attraverso un ragionamento, una introspezione.
Definire la fede non è facile perché non è una verità scientifica: c'è qualcosa che scaturisce da evidenze razionali.
Non è una cosa la fede, non è neanche un ragionamento, la fede è uno stato di animo tra una persona con la conseguenza di una relazione con un'altra persona.
Capiamo subito una cosa, che la nostra fede, anche quella spirituale e religiosa in Dio, è costituita dall'esperienza che abbiamo di urna relazione con una persona o con Dio stesso.
Certo, come Catechisti questo interpella ancora più personalmente, perché si è in qualche modo chiamati a essere dei tramiti, cioè coloro che costruiscono la fede negli allievi.
Per allievi intendiamo chiunque desideri attingere alla sorgente della fede, questo è evidente, e questo è molto delicato e molto importante, perché tu praticamente costituisci il referente, tu rappresenti in un certo senso Dio, tu sei il tramite con cui tu metti in relazione la persona qualsiasi e il Creatore.
Dunque prendere coscienza di qual è il compito del catechista, che è un compito profetico e su questo io do per presupposto, avete conosciuto tutte le riflessioni che abbiamo avuto su questo potere profetico di Cristo che ci costituisce come cristiani.
Se sarà necessario dopo mi chiederete dei chiarimenti.
Dunque la fede è una conseguenza di una relazione con un'altra persona, con un'altra cosa. e noi prendiamo la Lettera ai Romani, cap.10, troveremo questa affermazione, dal vers.10 in poi, che ci fa molto riflettere.
Rm 10,10 : "Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza, dice infatti la Scrittura "Chiunque crede n Lui non sarà deluso".
Rm 10,14: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato".
Ora come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui? e come potranno credere senza averne sentito parlare?
E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza prima essere stati inviati?
Ora capiamo che il processo della fede parte da molto lontano.
Partiamo dall'ultimo punto che ci è stato annunziato: "Come potranno annunziare senza prima essere inviati? ma l'essere inviati presuppone che ci sia una relazione diretta personale tra chi invia e chi è inviato.
L'inviato è evidentemente un discepolo e chi invia è sicuramente il Cristo, ma dire che uno è discepolo, inviato, e chi invia è Gesù il Cristo significa dire che ognuno di noi sta coltivando un ben determinato tipo di relazione con il Signore Gesù.
L'Unione Catechisti si gloria di avere Gesù come Crocifisso Risorto e dalle sue Piaghe sanguinanti e luminose illumina e traccia la strada della salvezza.
Questo significa che per ciascuno degli aderenti all'Unione Catechisti è essenziale avere una relazione personale con il Cristo Crocifisso e Risorto.
Cercando di capire bene che cosa significhi incarnare in se stesso la figura di Cristo nella sua particolare azione salvifica di Crocifisso, nella sua particolare situazione vittoriosa di Risorto, con le sue Piaghe sanguinanti e gloriose.
Tutto questo deve essere costitutivo, come potremmo dire: il profumo, oppure come si suol dire il carisma di questa istituzione, ben delineato da tutto questo.
Se si segue questo itinerario, prima di tutto bisogna essere inviati, e essere inviati significa che tu sei un discepolo e voi sapete, perché abbiamo già trattato in altri ritiri, che cosa significa essere discepolo, significa avere un unico maestro, significa vivere la sottomissione docile agli insegnamenti del maestro nella potenza dello spirito, tutte cose di cui abbiamo già parlato e su cui non mi voglio dilungare.
Quindi prima di tutto esame di coscienza personale: come è il mio discepolato?
Chi vede me vede il Cristo? oppure vede i miei intendimenti, la mia volontà, le mie decisioni?
Bisogna essere molto attenti, perché diversamente non stiamo costruendo il Regno di Cristo, ma stiamo costruendo il nostro regno.
Secondo presupposto: prima abbiamo detto "essere inviati", il che presuppone essere discepoli, annunziare, è questo lo specifico dell'Unione Catechisti, in quanto catechisti siete chiamati in prima linea a portare l'annunzio della salvezza.
Voi sapete che la nota della salvezza è almeno costituita da due parti: l'annunzio cherigmatico e l'annunzio catechetico.
Può essere cherigmatico e catechetico insieme, in ogni caso sempre di annuncio si tratta: in prima linea chiamati ad annunziare.
La vostra specificità è Unione Catechisti, quindi è ben delineata una linea di azione.
Primo: discepolato, "ad intra" significa coltivare profondamente una unione mistica con Gesù Cristo Crocifisso e Risorto: questo fa riferimento sia al cammino di preghiera personale di ciascuno, che al cammino di preghiera e di comunione di tutto l'Istituto, intendo dire l'Unione Catechisti.
Su questo punto, se è necessario che ci siano delle variazioni non bisogna attendere oltre.
La preghiera personale volta a impersonare il Cristo: una preghiera di contemplazione, una preghiera di adorazione, l'adorazione significa portare dentro di sé ciò che esce dalla nostra bocca, quindi, se ci gloriamo di adorare le cinque Piaghe di Gesù Crocifisso, allora significa che queste cinque Piaghe, nella Passione di Cristo, sono impresse dentro di noi come realtà vissuta: questo comporta per esempio vivere la salvezza realizzata da Cristo come qualcosa che ci coinvolge in prima persona.
Ci stiamo spingendo un po', é un po' come se una persona dovesse sentirsi partecipe alla redenzione operata da Cristo tanto da essere anche lui una specie di "corrredentore".
Qui siamo proprio ai limiti, ma tanto per intenderci quale dovrebbe essere il nostro intendimento.
I mistici parlano spesso che vorrebbero soffrire molto di più per poter portare giovamento maggiore alle anime, e chiudo la parentesi.
Dunque, prima inviati, dopo l'annunzio. L'annuncio fatto di diversi livelli: parole e opere.
Terzo punto: questo annunzio deve essere rivolto agli altri, sentirne parlare, che cosa indica? indica in un modo privilegiato l'annunzio personale, a tu per tu, è più faticoso, forse è meno gratificante, forse non ci saranno le masse, ma l'annunzio, il sentirne parlare significa una relazione di ascolto e di parola.
Forse c'è da ripensare anche al nostro tipo di annuncio: è vero, le forze vengono meno, si è di meno, si può fare di meno, allora privilegiamo la qualità.
Cerchiamo il rapporto personale, il parlare non significa il monologare, ma significa il dialogare, quindi significa un rapporto personale.
Avere una classe davanti non significa necessariamente parlare, significa annunciare, ma quanto poi alla condivisione, per capire, per vedere se la persona che hai davanti è stata catechizzata, cioè ha ricevuto l'annuncio è necessario che tu abbia un rapporto personale.
Solo dopo, queste persone avranno la possibilità di credere e credendo giungere alla fede, ma vedete che la fede diventa il risultato di tutta una serie di relazioni personali.
La prima relazione personale è tra Dio e il discepolo, ciascuno di noi: relazione personale.
Seconda relazione personale è l'invio: il discepolo è inviato personalmente, è stato scelto personalmente con una certa missione: Unione Catechisti.
Catechisti Associati, Catechisti Effettivi, ognuno ha la sua missione.
Il parlare, parlare l'uno con l'altro, quindi essere anche capaci di ascoltare molto.
Da qui in poi scaturisce e si inserisce la libertà dell'individuo, che accoglie quello che gli è stato comunicato e lo fa fruttare fino a quando diventa fede.
Ora questo itinerario molto arido quanto alla sua espressione, credo che sia una delle cose più affascinanti che possa capitare ad un discepolo di Cristo, cioè vedere come il seme di Cristo, la parola di Dio può crescere nascere, svilupparsi e diventare robusta nel cuore delle persone che gli sono state affidate.
Cominciamo pure a coltivare nel nostro cammino di preghiera personale quello stato di pastorato, sapete che cosa intendo per stato di pastorato? avere il cuore del pastore.
In fondo come chiamati nell'Unione Catechisti, ognuno di voi dovrebbe avvertire dentro di sé la stessa ansia che è del buon pastore, e cioè il desiderio che tutte le pecore siano dentro l'ovile.
Non si tratta di svolgere un compito o un lavoro che è stato semplicemente affidato, significa diventare partecipi dello stesso sogno, dello stesso desiderio e della stessa progettualità; non più un lavoro passivo: il Signore comanda ed io faccio, ma un lavoro attivo, cioè a dire: che cosa posso fare, Signore, per il tuo gregge, per il tuo ovile?
In tutto questo si inserisce il secondo punto: la confidenza.
Fede come confidenza come qualcuno di voi mi ha proprio detto questo: la fede è fiducia.
Evidentemente è la cosa più importante, la fiducia però sapete che è il risultato di una relazione tra persone: io mi fido di una persona quando la conosco personalmente, quando la conosco individualmente e riesco a conoscere questa persona se la frequento, se sto con lei.
È impossibile non appena per il Catechista, ma per ognuno che si voglia definire cristiano vero, avere la fede intesa come fiducia se non ha il tempo della preghiera personale.
È bene che ci sia la preghiera comunitaria, senza della quale non si costruisce l'amore fraterno, ma se manca poi la preghiera individuale, personale, quotidiana, silenziosa oppure gestita come più vi aggrada, è impossibile creare comunione nei membri di una stessa esperienza di fede, una esperienza spirituale perché ciò che si mette in comune sarebbe semplicemente la nostra umanità e non lo spirito di Dio.
Che cosa avviene durante la preghiera personale? lo sapete perché ne abbiamo già parlato altre volte.
C'è la preghiera di contemplazione in cui tu rimetti al centro della tua vita Gesù che è il Signore.
Se è il Signore di tutta la tua vita, allora tu, come io e come tutti gli altri, abbiamo bisogno ogni giorno di rimettere Lui al centro di tutte le nostre opere, di tutte le nostre imprese perché è evidente che hai molti impegni ed è molto facile perdere il centro e il senso di quello che stiamo facendo.
Il significato dunque della preghiera personale è quello di riporre al centro il Signore, ricondurre a Lui tutto quello che stiamo facendo e tutto quello che vorremmo fare.
Naturalmente in questo tempo di preghiera personale scaturisce come una normale e ovvia conseguenza la dipendenza da Dio, la sottomissione.
È evidente perché se tu riconosci Gesù come il tuo Signore e riconosci che il tuo Signore si è fatto crocifiggere per essere totalmente ubbidiente al Padre, cioè per aderire ai disegni del Padre, allora tu, contemplando il suo Volto sfigurato, capisci che cosa sei, che cosa Lui si aspetta da te.
Basta leggere i capitoli 14,15,16 e 17 del Vangelo di Giovanni, ( Gv 14-17 ) in cui Gesù sta dando le ultime istruzioni ai suoi apostoli e discepoli per poi concludere con la preghiera sacerdotale, per renderci conto che quello che Gesù voleva comunicare ai suoi apostoli e ai suoi discepoli non era una regola di vita, ma è un ben preciso stile di relazione tra gli uomini e Dio.
Credo che noi non potremmo dormire tranquillamente alla notte se non cercassimo in tutti modi, per quanto ne siamo capaci, di creare questo stile di adesione a Dio.
A qualcuno piace dire "sottomissione", a qualcuno piace dire "dipendenza", in questo caso noi sottolineiamo semplicemente il fatto che noi ubbidiamo a Dio, però voi sapete perché l'abbiamo trattato altre volte, che l'ubbidienza non è subire la volontà di un altro, l'ubbidienza cristiana non è subire la volontà di un altro, l'ubbidienza cristiana è invece condividere lo stesso progetto.
Non vuol dire che non sia faticoso, beninteso, l'ubbidienza è faticosa per tutti, anche Gesù faticò a ubbidire: "Padre, se puoi allontana da me questo calice, tuttavia non voglio fare la mia volontà, voglio fare la tua volontà", e qui esprime una decisione che era avvenuta molto tempo prima.
"Eccomi, manda me" dicono i profeti e noi possiamo immaginare che questa frase sia stata pronunciata dal Verbo prima ancora della incarnazione.
Ed eccomi, manda me, significa "Io voglio esattamente tutto ciò che vuoi tu, io sogno, desidero, immagino, mi piace tutto quello che piace a te".
In questo itinerario noi possiamo capire cos'è la differenza tra l'ubbidienza umana e l'ubbidienza cristiana.
La dipendenza da Dio non è semplicemente la sottomissione oppure l'accettazione di tutto ciò che il Signore prepara "nella nostra esistenza", ma è molto di più, è un cercare di prendere responsabilità dello stesso progetto.
Tanto per intenderci, la differenza che c'è tra il Figliol Prodigo e il primogenito che è rimasto a casa.
Il primogenito che è rimasto a casa non si è mai preso in mano le sorti della famiglia, ha sempre vissuto la famiglia come se fosse semplicemente un impiegato, tant'è che il padre si stupisce grandemente che il primogenito, che è sempre rimasto lì in casa, dicesse: "Tu non mi hai mai dato un capretto per far festa coi miei amici" e il padre dice: "Ma come, ma tu mi dici questo? ma tu non sei sempre con me?
Ma quello che è mio non è tuo? Non hai ancora capito che io e te siamo una cosa sola?
Ma tu hai i miei medesimi sentimenti? o non li hai?
Quando noi parliamo di fede come dipendenza da Dio non stiamo intendendo la fede come una sottomissione, come possiamo dire, pesante ad una volontà che non è la nostra ma invece quello che viene espresso da Paolo nella lettera ai Filippesi, cioè "Abbiate i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù".
Ora, per avere i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù , per avere confidenza con Dio e per avere fondatezza, cioè la certezza che tutto quello che Dio ci ha detto è per noi una realizzazione, non è sufficiente un ragionamento umano, non è sufficiente leggere la Bibbia e dire "Sì, voglio che sia così".
Cioè umanamente il massimo che riusciamo a fare è dire:"Spero che sia così".
Non per niente tra le tre virtù effuse al momento del Battesimo c'è sì la fede, c'è la speranza e c'è la carità.
Una senza le altre due non riesce a stare in piedi.
Possiamo dire che la speranza, quella cristiana, è l'accettazione delle promesse di Dio.
Dio ci fa delle promesse.
Non rallegratevi perché i demoni si sottopongono alla vostra predicazione, voi li cacciate ed essi ubbidiscono, ma rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
Questa è una promessa di Dio ed è la nostra speranza.
Questa speranza nutre e sostiene la fede, ma speranza e fede da sole non stanno in piedi.
La carità è un discorso amplissimo, ma , tanto per riassumere all'osso, per essere subito al centro, la carità, che è l'amore purissimo di Dio, che è la grazia di Dio, e l'amore donato da Dio per grazia, ha un nome proprio?
La carità, sì, è lo Spirito Santo.
Noi ci rendiamo conto che tutto ciò che l'essere umano è in grado di fare per esercitarsi nella fede e nella speranza risulterebbe molto faticoso se non fosse corroborato nel suo interno dalla grazia dell'amore purissimo che viene da Dio, amore donato direttamente da Dio, che si chiama Spirito Santo.
Ci rendiamo conto che non è possibile vivere la certezza sulle promesse di Dio nella fede, non è possibile avere confidenza con Dio nella fede e non è possibile avere dipendenza, docilità a Dio nella fede, se non grazie alla carità e cioè a dire all'amore che viene dentro di noi, ma noi lo sappiamo: l'amore è relazione, l'amore è fare felice l'altro.
Ora, se l'amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori, vuol dire che è l'amore di Dio dentro di noi che ama il prossimo.
Sì, dopo riesco ad avere i sentimenti che furono di Cristo Gesù, perché finalmente questo Spirito Santo, la Carità, abita dentro di me: la carità di Cristo mi spinge, non la mia; perché la mia non è una carità, solo amore umano, che potrebbe essere anche interessato, ma nella migliore delle ipotesi è amore umano.
È amore ascetico, la carità di Cristo che ti spinge a uscire da te stesso, che ti rende capace di dipendere da Dio.
Lo so perché io vado a predicare anche presso Istituti religiosi di suore, so che una delle difficoltà maggiori nelle comunità in cui si vive continuamente insieme è proprio l'ubbidienza, la sottomissione reciproca, perché questa sottomissione reciproca, se è vissuta solo con e forze umane, è impossibile da vivere.
Solo se corroborata dalla grazia dello Spirito Santo tu riesci a viverla.
Da qui si inserisce il secondo discorso, che è quello della conversione come cambiamento della nostra vita con la vita di Gesù Cristo.
Ora, mi rendo benissimo conto che non abbiamo affatto approfondito questi temi, ho solo enucleato alcune scintille anche provocatorie, lo so molto bene, in modo tale che nel nostro tempo della preghiera personale nell' arco del mese noi abbiamo modo anche di interrogarci, per capire la nostra fede in che stato è, se la nostra fede è debole, se noi facciamo fatica ad avere la dipendenza reciproca, che è l'evidenza della nostra dipendenza da Dio. Mi sono spiegato?
La sottomissione reciproca è l'evidenza della nostra dipendenza totale da Dio.
Se io non dipendo da Dio farò molta fatica a sottomettermi agli altri perché io troverò tutte le scuse per dire: ma no, mi sta dicendo una cosa sbagliata, non mi capisce, non sa la mia situazione.
Potrei anche sapere benissimo che quello che mi viene comandato è stato detto e fatto apposta per colpire me, potrei saperlo, ma a questo punto mi si pone dinanzi una scelta: sono sottomesso agli uomini o sono sottomesso a Dio?
Se io sono già in uno stato di sottomissione a Dio per grazia di Spirito Santo, allora, anche se so che quello che è stato deciso nei miei confronti è una ripicca, una vendetta, tutto quello che vuoi, io sarò libero di accettare anche quella situazione difficile.
Questo ve lo dico, sappiatelo per esperienza personale, perché ciascuno di noi nell'arco della vita può essere frainteso, o anche pregiudicato, ma in quella occasione tu hai modo di capire se sei sottomesso a Dio o a te stesso.
Se preferisci mantenere le tue ragioni, oppure se hai un respiro o una visione più ampia che è quella di Dio, il quale "non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce.
Per questo Dio lo ha esaltato dandogli il nome che è al disopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù.
Sempre l'Inno della Lettera ai Filippesi ( Fil 2,9-11 ).
E credo che per chiunque stia compiendo un cammino di vita spirituale serio giunga presto o tardi il momento di scontrarsi con questa dura realtà e che cioè la comunità e la comunione perfetta esiste, ma si chiama Trinità.
Tutto ciò che non è Trinità può essere perfezionato, ciò vuol dire che non è perfetto, ciò vuol dire che può anche far soffrire gli altri.
È solo di oggi questo gesto profetico del Santo Padre che pubblicamente chiede perdono a nome dei componenti della Chiesa per tutte le volte che noi cristiani non abbiamo mostrato il Volto di Cristo al mondo, ma abbiamo mostrato il nostro volto.
Da qui che è necessario che ci sia una scelta personale.
Si possono scrivere delle Regole, si possono scrivere delle interpretazioni, dei commenti, su qualsiasi cosa, dei documenti magnifici, ben rilegati, con la copertina di pelle, messi in una splendida biblioteca, tutto quello che vuoi, ma finché tutte quelle belle parole non diventano "mia" vita vissuta non servono a niente e quindi la conversione come cambiamento della nostra vita con la vita di Gesù Cristo significa, in parole poverissime, decidere: "chi è Signore?"
Come Catechisti voi sapete che il primo annuncio kerigmatico è "Gesù è il Signore".
In questo anno giubilare io credo che sia bene che però facciamo seriamente questa domanda a noi stessi.
Gesù è il Signore di che cosa? Che egli sia il re dell'universo è fuori di dubbio, tutto è stato creato per mezzo di lui e nulla di tutto ciò che esiste è stato fatto senza di lui, dice il Prologo di Giovanni.
Che tutta la storia delle cose converga verso il suo significato, che è Gesù Cristo, è vero, ma che Gesù sia effettivamente il "mio" Signore, questo è ancora tutto da determinare.
Se Lui è il mio Signore, allora io ho da rivedere molti miei atteggiamenti, perché se il Maestro è così, il discepolo non è più del Maestro, se il Maestro è Crocifisso, il discepolo sa che sarà crocifisso, se il Maestro è stato crocifisso ingiustamente, il discepolo non può pensare di essere crocifisso, ma giustamente: sai già che sarà crocifisso ingiustamente.
L'ottava Beatitudine ci dice "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di malignità nei vostri confronti a causa mia".
Beh certo che se dicono tutte queste cose perché tu ti sei comportato bene o ti sei comportato male non è a causa del Signore, ma se siamo in qualche modo perseguitati, emarginati, incompresi, umiliati, offesi dagli altri, a causa di Dio, allora rallegriamoci e gioiamo grandemente: non è il tempo del lutto, non è il tempo del fermarsi, è invece il tempo di dimostrare questa dipendenza da Dio: quando tutto il mondo ti dice "no" e tu continui a dire "sì".
Io credo che questo sia veramente il nodo centrale che può dare un tono diverso agli individui che condividono uno stesso cammino spirituale.
È molto facile produrre dei documenti in cui si dice dobbiamo fare questo, dobbiamo fare quell'altro.
Sì, esternamente lo possiamo fare, ma se tutto non parte dall'interno è inutile, cioè se io non sono disposto a lasciar perdere le mie idee e ad accettare un'altra visione, un'altra comunione, allora sono vani tutti i ragionamenti perché io sto già smentendo la dipendenza da Dio.
In fondo questi grandi discorsi ci portano sempre di fronte a delle domande esistenziali tremende.
Sono domande essenziali, fondamentali, semplici, ma insomma, ma chi comanda dentro di te?
Comando io, dice Gesù, o comandi tu? Da questo dipende tutto.
Se io non ho fiducia - chi è che mi ha detto "fiducia" prima, qualcuno di voi mi ha detto fiducia - se io non ho fiducia in Dio allora comanderò io, non mi fido di Lui, non so dove mi porta e se poi mi porta dove io non voglio?
Se io non voglio allora vuol dire che sto comandando io, che sto scegliendo io, che sto facendo quel che piace al mio io, invece la fiducia è tutt'altra cosa.
Poiché ti conosco, poiché io sto con te tutti i giorni, poiché io ti ho messo il mio cuore ai piedi, poiché io ti ho detto: Signore cambia il mio cuore, cambia i miei desideri, fa' che io desideri le stesse cose che desideri tu, poiché io tutti i giorni faccio tutto questo, allora non uscirà dalla mia bocca: "Signore, dove mi puoi mandare? mi mandi dove a me non piace? Mi fai fare cose che a me non piacciono?"
Tu capisci subito che nel tuo cuore c'è un altro Dio, c'è un altro comandante, c'è una diatriba.
Questo in ogni caso non ci deve spaventare, perché anche Paolo fece questa stessa esperienza: vedo il bene che vorrei e faccio ….. Questo non ci deve spaventare.
Però la chiarezza sull'itinerario e sulla direzione che dobbiamo prendere dev'essere una scelta voluta, non semplicemente un corpo trascinato dalla corrente.
Bene, credo che si potrebbero dire ancora molte cose, però non vorrei che poi diventasse una stratificazione tropo grande, so che già avete avuto una giornata ricca di insegnamenti impegnativi, importanti, quindi io direi che sia sufficiente soffermarci su questi due piani: la fede nasce da una relazione personale e individuale, certo, mi direte, è una virtù infusa, è un dono di Dio.
Sì, e voglio concludere dicendo questo: certo la fede, speranza, carità sono virtù infuse, cioè doni che riceviamo al momento del Battesimo, sì, ma che cosa significa? che è un pacco regalo già bell'e che pronto? eccoti la fede.
No, non è questo, è un po' come se fosse una disposizione che il Signore apre dentro i i nostri cuor per avere una relazione intima e personale con Lui.
Più semplice di così non saprei come esprimerlo, ci sarebbe la parabola del seminatore, è un seme che Dio mette nel nostro cuore, se questo seme viene conservato dentro una custodia stagna non germoglierà mai, nessuno potrà dire che tu non hai ricevuto questo seme, lo hai ricevuto, però lo hai tenuto in una situazione in cui era impossibile che crescesse.
La fede, virtù infusa al momento del Battesimo, è questa predisposizione che Dio apre dentro di noi, però poi Dio non verrà a credere dentro di noi se noi non gli chiederemo che lo faccia.
Quando tu chiedi l'aumento della fede per essere capace di dipendere per essere docile a Dio, devi chiedere così: "Signore onnipotente, nel nome di Gesù, mandami lo Spirito di Fede perché io possa avere i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù, imparare ad essere ubbidiente fino alla mia stessa crocifissione, perché nel nome di Gesù il tuo nome, o Padre, sia conosciuto da tutte le genti".
Sia lodato Gesù Cristo.