Ritiro del 14/5/2000
1 - Tre riconciliazioni
2 - Il valore dell'amore
3 - Mancanza di ascolto
4 - Un ascolto primordiale
5 - Ubbidienti al direttore spirituale
6 - Ascolto autentico
7 - Cosa vuol dire "pregare"?
8 - Se uno non sorride
9 - L'ascolto presuppone un certo tipo di disciplina
10 - Dio viene e ti invita
11 - "Ascolta Israele"
12 - Stare fermi davanti a Gesù
13 - Scrivi le distrazioni
14 - "Dove" ascoltare
15 - Non dobbiamo illuderci di essere la Beata Vergine Maria
16 - Ostacolo all'edificazione del Regno di Cristo
17 - Somigliare sempre più a Gesù
18 - Non deve essere una espressione ipocrita
19 - L'amore umano come l'ha voluto Dio
20 - Il nome proprio della carità è Spirito Santo
21 - Questa è la carità
22 - "Abbiate i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù"
23 - "Emisit spiritum"
Attraverso l'esperienza di salvezza, lo zelo dell'annuncio e la vita vissuta in coerenza con il messaggio dell'annuncio avendo come meta pasquale una concreta risposta alle sollecitazioni del Papa per:
- la riconciliazione con Dio
- la riconciliazione con noi stessi
- la riconciliazione con il nostro prossimo, a partire dai più prossimi
Si accostò uno degli Scribi e gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?"
Gesù rispose: " Il primo è "ascolta Israele, il Signore Dio nostro è l'unico Signore, amerai dunque il Signore tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e il secondo è questo "Amerai il prossimo tuo come te stesso", non c'è altro comandamento più importante di questi".
Nell' Anno Giubilare in cui da qualche tempo stiamo cercando di approfondire il valore dell'amore, dobbiamo cercare di interiorizzare sempre di più l'insegnamento che il Signore ci dà.
Quando si chiede; qual è il comandamento dell'amore? generalmente tutti rispondono: "Amerai … cosa? amerai il prossimo tuo ….. come? "Con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente …. e il secondo?
Molto bene, però dimentichiamo la parte più importante di tutte, che il primo comandamento non parte da "amerai", ma parte da "ascolta", e su questo tema noi avevamo avuto qualche mese fa un'intera meditazione su questo punto dell'ascolto.
Io credo che probabilmente il problema fondamentale della famiglia cristiana in questo tempo, di cui tutti noi facciamo parte in modi diversi, quindi questo significa anche dell'Unione Catechisti, che non vuol dire "solo" dell'Unione Catechisti beninteso.
Voi sapete che non è l'unica situazione in cui io vado a predicare, ho appena terminato ieri mattina un corso di Esercizi alle Religiose, quindi ricordatevi di non amareggiarvi per questo, però sappiate che il problema che adesso sta attraversando trasversalmente la Chiesa in occidente è questa assoluta mancanza di ascolto, non si è in grado di ascoltare, perché?
Ci possono essere tantissime cause, noi non possiamo fare una analisi, come possiamo dire, settoriale per capire quali siano tutte le cause, e io non credo neanche di essere chiamato tra di voi per fare una analisi o un giudizio di quali possono essere le cause che impediscono questo tipo di ascolto.
Il Signore può dare alcune luci, alcuni itinerari di riflessione per capire, però io penso di parlare a persone adulte, intelligenti, autonome e soprattutto, spero, motivate.
Io non posso dare motivazioni a nessuno, non posso accendere un fuoco se non c'è più la legna, non posso ravvivare un fuoco se non c'è la benzina, quindi io credo, do per scontato che siano delle motivazioni che vi spingono ad operare bene.
Attivamente, entusiasticamente all'interno della Chiesa, per il bene della Chiesa, a favore del Corpo mistico di Gesù Cristo, con il vostro specifico carisma, che è quello del bene dei Catechisti quindi è un carisma che è tutto apostolico, tutto a riferimento del bene della Chiesa, dell'approfondimento della conoscenza del mistero di Cristo.
Le idee concrete non sono io che debbo venire a suscitarle, è l'ubbidienza alle mozioni dello Spirito che vi deve rendere capaci di essere sempre giovani, sempre attivi anche se i tempi cambiano, anche se le modalità possono cambiare.
Comunque sappiamo molto bene che uno dei problemi principali è l'assoluta mancanza di ascolto, e l'ascolto a 360°, che non è semplicemente quel tipo di ascolto che contraddistingue i gruppi di revisione di vita.
Ci troviamo insieme e mettiamo sul tavolino le cose che vanno e quelle che non vanno, cerchiamo di ascoltarci.
Questo modo di ascolto, a mio avviso, è una conseguenza di un ascolto primordiale, fondamentale, che deve essere la base della nostra vita cristiana individuale.
Se manca il vero ascolto individuale di quell'unica voce che dà senso a tutte le altre voci, allora sapete che cosa accade molto facilmente? che persino in una comunità, che sia grande, che sia piccola, o che sia perfetta o che sia imperfetta, cominciano a nascere le discrepanze.
Comincia a nascere l'incomprensione, comincia a nascere la disistima gli uni degli altri, comincia a essere nutrito - come possiamo definirlo? - il piccolo orticello che ognuno si sta creando con tutte le palizzate, con tutti i muretti, messi apposta per difendere una malintesa autonomia.
Perché tutto questo? perché l'ascolto fondamentale prioritario, quello che dà il senso a tutto il resto, non è più autentico.
Io vi esorto a essere molto ubbidienti al vostro direttore spirituale, ammesso che l'abbiate, e ammesso che sia abbastanza severo e coraggioso da dirvi quando non va una cosa e dirvi: "Ma, mi dispiace, così non va e devi cambiare".
Un direttore spirituale che mi dice sempre che va tutto bene io lo cambio, perché io non sono Dio incarnato, quindi non è possibile che io vada sempre tutto bene e che io abbia sempre ragione.
Quindi fate un discernimento anche su questo punto, cercatevi una guida spirituale con la quale sarete assolutamente schietti e onesti, che siate disposti sentirvi dire "no", non va bene, perché solo quando il direttore spirituale è giusto, non esagerato, non deve creare dentro di voi un senso di insoddisfazione, di frustrazione.
Il direttore spirituale incoraggia, ma ha anche il coraggio di dire "no".
A quel punto il direttore spirituale non si sostituisce al tuo cammino spirituale, ti dà una luce, ti dà un itinerario e ti dà un suggerimento, poi sei tu che decidi.
L'ascolto autentico, è inevitabile, che ti porta a vivere integralmente, oserei dire radicalmente, l'insegnamento di Gesù, quanto più, questo potrei dirlo di qualsiasi congregazione, di questa Unione Catechisti in tutte le sue forme, in tutti i suoi ordini, in tutti i suoi gradi.
Quanto più quando noi poniamo di fronte ai nostri occhi Gesù che è Crocifisso e che quindi ha vissuto la radicalità in modo estremo.
L'amore di Gesù per il Padre è ciò che viene prima di qualsiasi altra cosa.
Non c'è assolutamente niente che si frapponga tra Lui e il Padre, tra il Padre e Lui.
Gesù vive costantemente in una unione sostanziale con il Padre, passa le notti in comunione con Dio Padre, all'ascolto.
Quando dice il Vangelo "Gesù stava di notte a pregare il Padre" cosa vuol dire "pregare"?, in orazione , in latino si dice "orare", cioè un lavoro della bocca, Os oris è la bocca, allora un lavoro della bocca significa dire che lui parla, parlare significa dire "gettare un ponte", avere una relazione.
Io ho paura delle relazioni che mi guardano e non parlano, quasi la stessa paura, un po' di meno dir la verità, delle persone che non sono capaci di sorridere.
Le persone incapaci di sorridere mi fanno terrore e fatene l'esperienza.
Quando voi vedete dei giovani che sono tristi e che sono incapaci di sorridere dovete andare vicino a loro e dovete ascoltarli.
Dovete fare in modo che aprano la bocca, dovete farli parlare, perché quella è la situazione più pericolosa che si può immaginare.
Se uno non sorride vuol dire che dentro non ha la vita, ma la morte, e quando questo è più vero che non oggi, quando la morte è in vendita ad ogni angolo delle strade.
Quanto dovrebbe essere più urgente, impellente questo appello per voi che, come Catechisti e in più, voglio sottolineare questo "in più", perché non è la condizione sine qua non, siete anche insegnanti, per di più insegnanti cristiani con un certo messaggio da trasmettere ai vostri allievi.
Non ci si può limitare alla lezione di matematica, di elettronica o quello che volete, voi prima di questo siete Catechisti, la vostra vera ontologia, la vostra vera qualità è proprio questa: che voi esercitate "anche nella professione", ma non solo nella professione.
L'ascolto vero di Colui che parla con una voce lieve, come lieve era la brezza che passava vicino alla grotta di Elia.
Questo ascolto è un frutto di un impegno personale, di una ricerca personale.
Lo posso dire per dieci giorni di seguito: bisogna ascoltare, dobbiamo fare di tutto per ascoltare, ascoltare è importante, Signore parla a noi, potrei dirlo centomila volte in modi diversi, ma questo non servirebbe a nulla finché una persona individualmente non decide di cominciare a farlo.
L'ascolto presuppone per noi un certo tipo di disciplina, ed è la disciplina del corpo, la disciplina della mente per vivere la comunione nello spirito.
Certo che la disciplina del corpo e la disciplina della mente potranno essere faticose, specialmente all'inizio, ma se non si decide non si parte mai.
Questo "Ascolta Israele", questo "Ascolta" è Dio che si mette al nostro livello, come dice il profeta Geremia, venite, discutiamo insieme, su, mettiamoci allo stesso tavolo delle trattative, se anche le tue defezioni, i tuoi peccati fossero rossi.
Bisogna che io rompa ogni tanto la concentrazione perché non diventi solo più mistica, ma sia anche qualche cosa di solido da masticare, diventeranno candidi come la lana.
Quindi significa che Dio non se ne sta assiso sul suo trono e dice: "Ah, hai voluto così! arrangiati, non me ne importa niente, lui viene e ti invita, cioè a dire, mentre lui viene verso di te, ti innalza verso di sé perché ti mette al tavolo delle trattative.
Come dopo una guerra c'è il tavolo della pace, dove si mettono d'accordo i vincitori; è una cosa strana che dopo la guerra chi è che fa il tavolo della pace? i vincitori, non i vinti: quelli devono solo subire le decisioni degli altri.
Ma Dio ragiona in un modo diverso: noi siamo i vinti e Lui è il vincitore, però lui ci chiama al suo cospetto.
Poi dice "Israele", e dicendo Israele dice "figlio della benedizione".
Certo Israele, e Giacobbe prima di Israele, era un grande ingannatore, lui ha rubato la benedizione che spettava a suo fratello Esaù, però la benedizione l'ha avuta lui.
Per la massima parte della sua esistenza Giacobbe fu un ingannatore e fu ripagato su questa moneta, per quanti anni dovette vivere come uno schiavo presso suo suocero per poter finalmente sposare la donna che lui voleva.
Però ingannò anche per poter avere più bestiame, vi ricordate? mettendo a bagno i rami del salice (e ora mi piacerebbe provarlo per vedere se succede veramente così, ma comunque …) lui ottenne tutto il bestiame con il manto maculato.
Solo verso la fine della sua vita Giacobbe cambiò, dopo cioè quella famosa notte in cui lui lottò con Dio.
Quindi dire "ascolta Israele" significa avere una relazione in cui sia noi che lui abbiamo diritto di parola e diritto di ascolto.
Credo che noi siamo molto capaci a vantare il nostro diritto che Dio ascolti noi e la nostra idea, forse siamo meno disposti ad ascoltare Lui e la sua idea.
Quindi se noi scaviamo ….. non posso fermarmi tutta la meditazione a parlare di "ascolta Israele" , io voglio lasciare tutto questo alla vostra meditazione personale, della quale poi io aspetto delle riflessioni da mettere in comune.
Vorrei tanto sentire almeno una volta in questi quattro anni che ad un certo momento si dice "sì", dopo l'insegnamento ho meditato su questo, ho capito questo, questo e quest'altro, cosa ne dite? ho sbagliato tutto oppure è un'idea che è quadrata?
Fino adesso non ho ancora avuto la gioia di sentire una cosa di questo genere, ma transeat……
Israele, il figlio della benedizione, sullo stesso piano l'ascolto.
L'ascolto è dunque la disciplina di stare fermi davanti a Gesù e di disciplinare il nostro corpo a stare fermi e a stare in attesa, cioè che tutto di noi sia pronto a sentire quello che lui dice, unitamente alla disciplina del corpo che quindi non dev'essere una situazione difficile da vivere.
Se tu hai bisogno di stare in ascolto con il Signore, allora potrai avere quel momento breve in cui, per rispetto e per adorazione ti metti in ginocchio, poi, se tu sei comodo in quella posizione, stai pure così, ma se dopo un po' ti fanno male le ginocchia, ti fanno male i reni, smettila! mettiti in una posizione tale per cui non ci sia assolutamente niente che ti impedisca di stare lì, alla sua presenza; perché il fine non è quello di avere un atteggiamento religioso pieno di dignità, il fine è che tu abbia un vero incontro con Dio.
Sono cose che io dico e qualcuno dirà: ma queste sono delle ovvietà, non sono poi così ovvie, ricordatevi bene: non sono poi così ovvie.
L'esperienza mi ha fatto capire tante volte che non erano cose ovvie
C'è la disciplina della mente, le distrazioni, le preoccupazioni, la fretta, l'agitazione, la stanchezza, perché no, anche la salute.
Cosa fai in quella situazione lì? Usa l'intelligenza, usa l'intelligenza, non cominciare subito nel dire "adesso io starò qui per tre quarti d'ora", se non sei ancora capace, comincia con meno tempo, però essendo sempre disposto a restare di più se capisci che riesci a starci, poi ti prendi un foglio di carta, io non so se l'ho già detto a voi o se l'ho detto da altre parti, e su quel foglio di carta tu, con una biro, ti scrivi tutte le distrazioni.
Sembra una cosa strana, vero? Scrivi le distrazioni, perché sono quelle cose che in quel momento stanno portando lontano la tua mente e tu dici: "Mi devo ricordare di fare questo, uh! quest'altra cosa…, appena ho finito qui devo andare lì a prendere quel foglio, devo fare quella telefonata.
Sono tutte distrazioni della tua mente, che non riesce a stare docile, non ha disciplina, devi allenare la tua mente a non preoccuparsi per tante cose, deve fare della tua mente non una Marta, ma una Maria, ferma ad ascoltare Gesù.
Quando avrai finito la tua ora di adorazione, che sia davanti al SS.mo o che sia davanti al Crocifisso non cambia, perché noi sappiamo bene, come cattolici, che facciamo genuflessione non solo al SS.mo, ma possiamo farla anche davanti al Crocifisso, perché ha il valore di presenza: una è la presenza eucaristica, una è la presenza misteriosa, ma è sempre la presenza.
Finito il tuo tempo, tu ti prendi il tuo foglio e vedrai tutte le cose che devi fare.
Quando le hai messe sul foglio non ti devi più preoccupare dicendo "mi devo ricordare di questo" e sei libero di stare davanti al Signore.
Inoltre secondo effetto: ti rendi conto delle cose inutili che passano nella tua mente.
Terzo effetto: riesci a fare una gerarchia delle cose importanti della tua vita: questa è una cosa essenziale, questa è una cosa importante, questa è una cosa media, questa è proprio una cosa inutile.
Alla fine del tempo di disciplina tu stai cominciando a mettere in ordine la tua mente, dopo un po' di tempo ti accorgi che quando tu vai a fare silenzio e ascolto davanti al Signore, allora solo le cose importanti resteranno lì, le altre le lascerai andare via perché piano piano la tua mente si sarà allenata a questo tipo di ascolto, fino al punto che finalmente riuscirai a mettere su quel foglio non solo le tue preoccupazioni, ma anche i suggerimenti di Dio, l'ascolto.
Finché tu non sei arrivato a trovare su questo foglio i suggerimenti di Dio non venirmi a dire che stai ascoltando, può darsi che tu stai ascoltando te stesso, ma non Lui.
Il comandamento parla chiaro cari amici, conta Israele, e poi dice "dove" ascoltare, con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze.
Ora tutto questo discorso dovrebbe giù uscirvi dagli occhi, da quante volte l'abbiamo fatto, cioè a dire: l'ascolto a livello del corpo, della mente e dello spirito, cuore = spirito, mente, è evidente, forze = corpo.
L'ascolto non è semplicemente un ascolto intellettuale, tu devi volere l'ascolto, a livello spirituale, tu vuoi veramente sentire che cosa ne pensa Dio.
A livello psicologico tu desideri la verità, oppure ti fa più comodo non sapere nulla, perché così almeno rimani nella tua idea.
A livello "forze", cioè il tuo corpo, una volta che tu sai la verità che cosa intendi fare? tutto questo è praticamente un preambolo.
Ci fermiamo cinque minuti? Sì, ci fermiamo cinque minuti, c'è qualcosa che ce lo impedisce?
Qualche volta si sente fare nei canti: non è assolutamente né un ponticello, né un artificio musicale che fa parte della composizione moderna, è un passaggio che può permettere dei cambi di tonalità.
Sì può anche essere questo, ma si riallaccia direttamente alla tradizione della musica ebraica, dove il "Giubilo", su cui poi si inserisce il Giubilo cristiano è simboleggiato da questo "lai lai"; che esprime la gioia di quello che il Signore ha fatto per te, e tu stai facendo per il Signore, cioè la lode.
"Lai lai" indica questa lode che viene innalzata a Dio, un po' come se fosse alleluia, sono delle acclamazioni o delle sintetizzazioni che sono delle lettere che sono state messe apposta per indicare Dio.
Anche "lai lai" è una acclamazione di lode, che però non ha un significato concreto, ma è lode.
Quindi se sentite di tanto in tanto questo intermezzo non è "la la la", invece è veramente un momento di lode che si esprime ( lode e gioia sono la stessa cosa, vorrei vedere uno che loda il Signore nella tristezza sarei proprio curioso di conoscerlo ).
Si può lodare Dio anche nella disfatta, ma la lode apre sicuramente il cuore alla gioia.
Possiamo andare avanti allora? Allora, è sintomatico il fatto che Gesù quando dà questo insegnamento sull'amore lo fa precedere prima dall'ascolto e a conclusione di questo itinerario, che abbiamo compiuto insieme in questo tempo, credo che sia veramente importante che noi ci poniamo dei punti fermi, affinché questo amore si concretizzi in qualche cosa.
È molto facile parlare dell'amore e più difficile che questo amore si concretizzi.
Ora questa concretizzazione non dipende da un documento che può essere stilato, il documento può mettere in luce alcuni aspetti da sottolineare oppure - come potremmo dire ? - il guard-rail, le protezioni affinché il nostro itinerario sia sempre su una strada giusta.
Un documento, per quanto possa essere perfetto, può rischiare di essere una lettera sterile, se all'origine di esso non c'è questo tipo di relazione personale.
Non possiamo immaginarci di fare comunione tra di noi, se prima non siamo in una profonda unione con Lui.
Però, è evidente, perché ci sia l'ascolto bisogna che ci sia qualcuno che ascolti.
Ora, non dobbiamo illuderci di essere la Beata Vergine Maria completamente libera perché redenta allo stesso istante del suo concepimento e avere un ascolto perfetto e docile come fu il suo, che venne definita dall'angelo Gabriele la piena di grazia, cioè la totalmente docile alla grazia dello Spirito Santo.
Beata lei! Purtroppo noi non siamo con questo tipo di docilità, però almeno, fratelli e sorelle, diventiamone consapevoli.
Cioè, mi fa tanto piacere che Lei fosse beata, io non lo sono, allora devo capire quali sono gli impedimenti che mi impediscono ovviamente di essere a questo ascolto.
L'impedimento più grave di tutti è l'orgoglio e la superbia.
Queste sono delle cose che sono molto comuni in tutte le comunità, e mica da oggi, e neanche da ieri, da sempre.
Voi sapete chiaramente quell'aneddoto che si riferisce al XVII secolo, quando il filosofo e pensatore spirituale Pascal si era ritirato per un certo tempo in un monastero dove c'erano delle religiose: erano perfette nell'adempimento di tutte le pratiche religiose, ma voi vi ricordate come lui le aveva definite, vero, perché ne ho parlato anche a voi, e di questo me ne ricordo.
Egli diceva: "Sono pure come angeli e superbe come demoni".
Noi possiamo essere pieni di ogni virtù e rischiare gravemente per la nostra vita spirituale se siamo gonfi e tronfi di tutta la nostra giustizia, di tutta la nostra santità.
Questo è un pericolo molto grave perché è assenzio: dolcissimo al palato, però avvelena dopo, lentamente, silenziosamente.
L'ostacolo che si frappone con più efficacia all'edificazione del Regno di Cristo in noi e nella comunità è questo "non ascolto"; in fondo la persona superba e orgogliosa è una persona che non ascolta nessun altro se non se stessa.
È una persona che non lo dirà mai, però è convinta che tutti gli altri hanno torto e invece questa persona non ha mai torto, non ha mai bisogno di cambiare le proprie idee e non ha neanche mai voglia di dire: "Bene, io mi sottometto" .
Gesù aveva tutte le ragioni di questo mondo per condannare il Sinedrio e per condannare Ponzio Pilato e gli invasori romani e tutto quello che volete e gli scribi e i farisei: aveva ragione, ma non uscì dalla sua bocca mai una più piccola parola di condanna, anzi, egli disse totalmente quello che poi dopo è proclamato a chiare lettere nel capitolo 2 della Lettera ai Filippesi: "L'umiltà è la sottomissione".
Ma quella vera, sottomissione fino ad accettare di perdere totalmente se stesso.
Noi dobbiamo essere consapevoli che in primo luogo, facendo parte della Chiesa, Dio si aspetta che noi siamo umili.
Quindi io non sto mica parlando di fare parte di una certa congregazione, di un Istituto Secolare, quello che volete.
No, questo è un discorso che viene poi dopo, che si inserisce dopo, è il discorso della grazia e della vocazione specifica, che ognuno ha ricevuto.
Questa grazia si inserisce su quello che dovrebbe esserci prima, ma se prima c'è niente ditemi su che cosa si inserisce la grazia?
Uno che fa parte della Chiesa dovrebbe già aver formato se stesso nel voler, come possiamo dire? somigliare sempre più a Gesù, ma non nell'ambito dell'imitazione, come dal Medio Evo in poi si è insistito troppo, diremo, imitazione di Cristo semplicemente dal punto di vista dei costumi, imitazione di Cristo ha due ambiti: uno è quello dell'imitazione degli atti e l'altro dell'imitazione della grazia.
Non si tratta di fare le stesse cose che ha fatto Gesù, ma si tratta, come insegna S. Paolo nella Lettera ai Romani, di rivestirsi di Cristo, non di fare come fece Lui, ma avere dentro di noi l'anelito ad "essere" come Lui, Gesù il Crocifisso Risorto.
Il nostro anelito è essere come Lui, non semplicemente la virtù morale della sottomissione: io posso farlo esteriormente.
Se noi prendiamo sempre la Lettera ai Romani, capitolo 12, lì c'è un punto molto importante per la meditazione di oggi, Rm 12,9: "La carità non abbia finzioni".
In greco c'è questa parola che viene usata rarissimamente, solo nel Nuovo Testamento: tre volte: Lettera ai Romani, Lettera ai Colossesi prima Lettera di Pietro "A…….nipocritos", quindi che questo amore non sia ipocrita.
Cosa significa ipocrita? che all'esterno si manifesta come un atto d'amore, ma che non corrisponde a un vero atto di amore.
Nel capitolo 12, 13 e 14 ci sono di tanto in tanto dei richiami su come deve essere vissuta la carità, ma Paolo insite molto che non deve essere una espressione ipocrita, cioè falsa.
Non dice ovviamente che fare un gesto di carità non perfetto non giovi al fratello, il problema è che non giova a te.
Sto riassumendo tanti temi di cui abbiamo trattato lungamente in questo tempo in cui ci siamo visti, sto riprendendo per avere la sintesi finale, e la sintesi finale è questa: che l'amore consta almeno di due livelli: amore umano, l'avevamo riassunto quando dicevamo "cos'è l'amore?" volere il bene dell'altro, l'insegnamento di Gesù: con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze.
Il primo altro è Dio, il secondo altro sono gli altri, il prossimo.
Ora, sarebbe troppo riduttivo pensare che l'amore sia semplicemente il frutto di un nostro sforzo di volontà.
L'amore cristiano di cui si parla, che deve essere il centro, specialmente di un Istituto Secolare come questo, che ha tra le sue glorie più splendenti l'Adorazione a Gesù Crocifisso, che è una vera gloria e una vera bomba spirituale, io penso che ci debba essere il duplice aspetto dell'amore.
Non fermiamoci semplicemente all'amore umano, che è splendido ed è voluto da Dio, ma questo amore umano è limitato, se è frutto semplicemente della nostra volontà: io voglio il bene dell'altro con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, voglio il bene di Dio, lo metto al primo posto: però sei sempre tu al centro di tutto, invece no, fai una rivoluzione copernicana, non devi essere tu al centro di tutto.
Per questo Paolo ci parla e parlerà diffusamente e soprattutto nella Lettera ai Corinzi ( 1 Cor 12,28 ), della carità, e guarda caso, quando Paolo parla di carità lo fa subito dopo aver parlato dei carismi, cioè dell'azione dello spirito.
Diciamo la parola teologica: la grazia, come se carismi non fosse teologico, ma in alcuni casi c'è qualcuno che ha li'rritazione nel sentir parlare di questa parola, non me ne importa niente, perché è dottrina della Chiesa Lumen Gentium 12, quindi la Chiesa è carismatica.
L'amore come Dio lo immagina e come dovrebbe essere consta di questi due aspetti, perché noi siamo, come persona umana, spiriti incarnati e la nostra situazione normale è e sarà sempre questa: credo nella resurrezione della carne diciamo ogni domenica, questo vuol dire che la nostra situazione di persone umane è quella di essere spiriti utili a Dio, creati da Dio, ma come legati indissolubilmente alla materia.
Noi siamo spiriti incarnati, mentre gli angeli sono spiriti personali, non incarnati.
Quello che mi preme sottolineare è che l'amore umano come l'ha voluto Dio è un amore che proviene da Dio, per questo egli parla di carità, dove carità ha come radice "caris", cioè "grazia", e quando noi diciamo grazia non diciamo impegno personale, sforzo ascetico personale, frutto della mia volontà.
La mia volontà, quando si tratta di grazia, consiste in una sola cosa, nel dire allo spirito che è lì, ti lascio venire, ti lascio agire, ti apro la porta.
Questa è la grande fatica che io chiedo agli uomini. Pensa che fatica, fa tutto lui!
La nostra fatica è quella di prendere il nostro orgoglio e tutta la nostra vanagloria, metterla sotto i piedi e dire: "Basta così, comandi tu e non comando più io".
Ora, quando c'è la difficoltà di sentirsi al centro di tutto noi capiamo che è molto difficile mettere il nostro io sotto i piedi e accettare la disciplina dello spirito, la sottomissione reciproca e soprattutto il gareggiare nello stimarsi a vicenda.
Perché è chiaro, evidente, se sono io che devo comandare, allora è chiaro che io avrò paura di perdere la corona e lo scettro, ma se è Dio che comanda che cosa ho da perdere? niente, posso allora soltanto guadagnare.
La carità dunque ha la stessa radice di grazia: dono gratuito.
Il nome proprio della carità, dicevamo i mesi passati, è Spirito Santo, non possiamo amare Dio con il nostro amore, perché, ditemi, che cosa noi abbiamo che non ci abbia dato Dio? c'è qualcosa che noi abbiamo che Dio non ci abbia dato prima? non c'è una sola cosa che ci componga che non abbiamo ricevuto da Lui.
Non possiamo pensare di amare Dio con un amore che Lui non abbia, ma se vogliamo veramente amare, vuol dire che la gioia di Dio, la felicità per Dio, se vogliamo avere quella definizione dell'amore semplicemente umano, consiste nel rendere Lui felice.
Noi amiamo Dio se facciamo di tutto perché Lui sia felice.
Qual è la felicità di Dio nei nostri confronti? È che noi ci offriamo a Lui, noi siamo per Lui, senza smettere di essere noi stessi, che noi ci dirigiamo verso di Lui, ma questo non può essere uno sforzo umano, vi ricordate la Torre di Babele? vi ricordate del sogno della Scala di Giacobbe?
Chi di noi può raggiungere Dio con la propria volontà? nessuno.
Questo significa che per amare Dio dobbiamo essere disposti a lasciare che l'amore di Dio venga dentro di noi.
È Dio che viene dentro di noi a dilatare il nostro amore umano affinché siamo sempre più in contatto con Lui, in comunione con Lui, in ascolto di Lui e la prova che questo è autentico sia con i fratelli.
Quanto più il mio ascolto e la mia comunione con il Signore è vera ed è autentica, sincera, cristallina e più evidente dal modo in cui io ho di vivere con i fratelli.
Questo è un criterio imprescindibile: fammi vedere con i fatti l'amore che hai per Dio, amando i tuoi fratelli, io capirò se tu ami Dio.
Su questo noi possiamo avere tante idee diverse, possiamo avere tante scuse diverse.
Voi sapete che nel capitolo 12 della lettera ai Romani sono previste delle situazioni un po' offuscate, ma questo non ci deve assolutamente spaventare, perché da che mondo è mondo l'uomo deve sempre lottare contro il proprio amor proprio, amor di sé e deve sempre decidere sotto chi ricevere il comando.
Ora questo è quello che ci deve contraddistinguere, non posso dire che amo Dio se non sono in grado di amare il prossimo.
Non posso dire che sono capace di ascoltare Dio se fino adesso io sto ascoltando solo le mie idee.
E per concludere vorrei riprendere il capitolo 2 della Lettera ai Filippesi dove si dice: "Abbiate i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù". ( Fil 2,5 )
È un'esortazione? no, è un imperativo, cercate di avere i medesimi sentimenti, non "su vogliatevi bene", no, non è così, per la verità in cui voi dovete essere, cioè per essere veramente discepoli di Gesù, ricordatevi, dovete avere i medesimi sentimenti di Cristo Gesù, che non vuol dire i sentimenti di Don Mauro o di chiunque altro.
Qui posso avere i miei sentimenti e posso desiderare i sentimenti che aveva Gesù.
Come ricevere i sentimenti che furono di Cristo Gesù?
Che cos'è che costituiva questo legame fondamentale tra il Padre e Gesù e tra Gesù e il Padre?
Questo continuo ascolto reciproco? questa comunione continua, da che cosa era costituita?
È evidente, dallo Spirito di Dio. È evidente, Egli è fuoco, che da un'unica fiamma si divide sul capo di tutti gli apostoli.
Cosa significa fuoco, caris calore irradiamte, unità calore che fonde tutto in un'unica cosa.
L'amore che c'è tra Gesù e il Padre non è l'amore dell'uomo Gesù, è l'amore dell'uomo Gesù su cui lo spirito può agire liberamente.
Quali strumenti stiamo dando in mano allo Spirito Santo perché lui in noi ci permetta di amare Dio e il prossimo?
Vi ricordo che l'ultima Piaga che si adora durante l'adorazione delle cinque Piaghe è quella del Costato, da cui uscì sangue e acqua, simbolo dell'amore oblativo e della vita dello spirito.
Vi ricordo che l'ultima cosa che Gesù ha fatto prima di lasciare questo mondo, quando era in croce, è "emisit spiritum", perché non aveva più bisogno in quel momento dello spirito che costituisce questa unità fondamentale, ormai lui andava al Padre.
Mandò lo Spirito perché noi potessimo avere questa comunione con Gesù, in Gesù con il Padre.
Io credo che questi fatti non possono essere casuali, non sono semplicemente: le cose andarono così, è veramente quello che il Signore ci vuole dire, non possiamo amare gli altri, neanche Dio, con il nostro povero, fragile, ferito e umiliato amore umano.
"Quindi, abbiate i medesimi sentimenti che furono di Cristo Gesù, questi sentimenti provengono dall'amore di Dio, questi sentimenti che vi dà lo Spirito di Dio.
Lo Spirito di Dio non potrà fare niente dentro di te se tu sei pieno di te, se tu sei sicuro delle tue idee, se tu non stai cercando il meglio, solo ciò che dà adito a sostenere le tue idee.
Sono semplicemente delle provocazioni, sono delle luci, sono dei piccoli semi che sono gettati, spero nel campo di Dio e non sulla terra o tra le spine, tra le pietre.
Confido molto che l'azione dello Spirito, ma soprattutto l'onesta ricerca e il desiderio serio di essere al servizio di Dio spinga ciascuno di noi a una revisione di vita che non è sufficiente da sola, a un itinerario di decisioni, una decisionalità che ci faccia produrre veramente il frutto dello Spirito ( Gal 5,22 ).
L'anno scorso abbiamo meditato su questo; "Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza, dominio di sé: una inclusione: non ci può essere amore se non c'è dominio di sé, se il sé domina non hai l'amore, se l'amore domina tu domini.
Sia lodato Gesù Cristo.