Ritiro del 12/11/2000
1 - Tema vasto e profondo
2 - Innanzitutto, che cos'è la bellezza?
3 - Vuoto che deve essere colmato
4 - L'uomo ha perso il senso della bellezza
5 - Il cielo è vuoto, Dio è morto
6 - Il vuoto esistenziale si è trasformato in un vuoto strutturale
7 - La bellezza sta diventando parte di questa incognita
8 - Dio ha voluto comunicare la capacità di stupirsi
9 - L'essere umano tende alla ricerca della perfezione
10 - Armonia e concordia
11 - Senso della bellezza
12 - Esperienza spirituale
13 - Testi di filosofia antica
14 - Unum, Verum, Bonum et Pulchrum
15 - Si uniscono nella perfetta unità
16 - Bontà e verità
17 - C'è un progetto
18 - La bellezza è da individuare nella relazione
19 - Esito del canone estetico
20 - La bellezza come senso che dà il bello
21 - Il senso della bellezza risiede in Dio stesso
22 - Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza
23 - L'uomo di questo secolo è un uomo ferito
24 - Il bello è relazione di pienezza
25 - Fruizione del bello in cose concrete
26 - Il canone estetico fa parte della natura umana
Ci introduciamo in questo tema, credo che già questa mattina avrete avuto modo di apprendere alcune cose.
Non è affatto semplice e facile parlare di un tema così vasto e così profondo.
Abbiamo semplicemente qualche piccolo spunto di riflessione e qualche motivo per trovarsi sempre più inseriti in questo movimento concentrico di stupore, nei confronti di questo mistero che ci pervade.
Ebbene sì, il tema della bellezza di Dio è un tema centripeto, è come una grande calamita che ci attira al cuore stesso di tutto quello che è il mistero della gloria nel quale siamo inseriti.
In questo mistero della gloria troviamo sicuramente luci ed ombre che non costituiscono una incrinatura nello splendore della maestà di Dio, ma che costituiscono invece la necessaria profondità senza della quale non risalta lo splendore della gloria di Dio.
Naturalmente quando ci troviamo a dover affrontare il tema della bellezza, credo che noi, persone della fine del XX secolo, che ci troviamo in un tipo di cultura industriale e direi post-industriale, visto che tutto ciò che abbiamo intorno a noi è destinato ad essere buttato giù entro pochi anni, sappiamo di non avere facilitato l'approccio al tema della bellezza.
Forse per noi è molto più facile, con la mentalità occidentale che ci troviamo a esercitare quotidianamente, è più facile avere un approccio sull'utilità, sulla funzionalità, su una struttura che ci permetta di avere una visione un poco chiara dello splendore di Dio.
La bellezza è un canone che i filosofi definiscono un canone estetico, per questo motivo sembra quasi impercettibile oppure evanescente o molto difficilmente definibile.
Noi naturalmente non intendiamo fare una trattazione ampia o completa di quello che è il tema della bellezza, ma semplicemente averne qualche piccola evocazione, qualche spunto di riflessione.
È possibile averne una definizione intelleggibile per tutti?
Per noi persone della post-modernità è facile un approccio con la bellezza?
Cos'è che cos'è il canone estetico? Che cos'è che si può definire effettivamente bello?
Che cosa rende qualche cosa bello, oppure non bello?
È un'impresa titanica cercare di trovare una definizione univoca sul tema della bellezza, se voi notate siamo inseriti in una cultura in cui il bello non ha più diritto di cittadinanza esiste solo l'utile, l'utile quindi l'effimero, quindi semplicemente ciò che è affare.
Perfino nelle costruzioni o nelle architetture non si ricerca più tante volte neanche la funzionalità, ma semplicemente l'apparenza.
Tutto questo è semplicemente un segnale, un indice di qualche cosa che è venuto a mancare all'uomo in quest'ultima parte di questo millennio.
In effetti persino il modo in cui vengono concepite certe costruzioni ci fanno capire che è importante solo ciò che appare e non è importante la struttura.
Dunque c'è un grande vuoto che deve essere colmato, ma questo vuoto che deve essere colmato, non può essere colmato semplicemente con delle lezioni o con degli approfondimenti sulla estetica o sulla storia dell'arte, ma si tratta proprio di un vuoto esistenziale, di un qualche cosa che dovrebbe essere nel cuore, nell'animo dell'uomo e che purtroppo non c'è.
Sono sotto i nostri occhi le grandi realizzazioni anche architettoniche, per non parlare di quelle artistiche dei vari generi di arte, presenti intorno a noi, in cui sia veramente estremamente difficile cogliere quel "quid", quel qualche cosa che renda speciale, che renda affascinante, che renda attraente una qualsiasi produzione, che non è detto che debba essere per forza artistica.
Stiamo assistendo nella vecchia Europa a un periodo in cui si stanno moltiplicando per esempio gli archeologismi di vario genere, le riesumazioni, un attaccamento morboso a tutto ciò che era passato, a tutto ciò che era una volta.
In campo artistico noi vediamo il moltiplicarsi di iniziative di ricupero, di restauro, di scuole di restauro.
Gilberto potrebbe benissimo affrontare molto meglio di me questo tema nel dirci per esempio le interpretazioni in campo musicale nei vari generi della musica dei secoli passati, come quotidianamente si assiste ad un insistere su interpretazioni filologiche.
Che cosa si intende per interpretazioni filologiche di un brano musicale?
Sono quelle interpretazioni che, fino all'ossessione, cercano di ripetere tale e quale una ipotetica interpretazione di un autore dei secoli passati giungendo fino alla ricerca di strumenti originali d'epoca perché il suono deve essere in un certo modo.
È qui sotto i nostri occhi, voi sapete che qui in Italia possediamo il 75% delle opere d'arte di tutto il mondo?
Sono sotto i nostri occhi gli scempi che negli anni '50 e '60 sono stati fatti di grandi opere architettoniche dove, senza alcuno scrupolo, si è pensato di ritornare alle origini smentendo secoli di storia e abbattendo strutture che via via nei secoli si erano costruite sopra edifici sacri o di altro genere.
Tutto questo che cosa indica? Un profondo vuoto, che non è semplicemente un vuoto culturale, ma è proprio un vuoto esistenziale.
Dev'essere successo qualche cosa all'uomo di questo secolo: egli ha perso il senso della bellezza, questa bellezza che viene continuamente ricercata e continua ad essere ricercata e non è mai trovata, diversamente, se la bellezza fosse ritrovata, allora l'uomo non la cercherebbe più.
Che cos'è questa bellezza? Io penso che anche voi siete stati più volte perplessi nell'assistere per esempio a quelle esecuzioni di quella musica colta moderna, significa musica sinfonica, musica per orchestra moderna di cui è estremamente difficile cogliere il senso estetico.
Oppure credo che siamo stati tutti perplessi nel visitare mostre di arte moderna, visitando quadri di cui non si capisce il senso, che però stanno esprimendo qualche cosa, o sculture che di tanto in tanto appaiono nelle piazze, ma che durano la lunghezza di una stagione perché non sono comprese da nessuno, e neanche apprezzate da nessuno.
C'è da domandarsi: che cosa viene comunicato attraverso questo modo di comunicare così introverso che finisce con l'essere assolutamente individualistico?
Si sta comunicando la paura dell'uomo di essere solo.
E questa paura dell'uomo di essere solo si manifesta in produzioni artistiche - lasciatemi parlare in questo modo - che non fanno altro che manifestare degli stati d'animo interiori.
Viene espresso in quest'ultima parte di questo secolo, naturalmente sappiamo molto bene gli orrori che ci hanno toccato in questi decenni, si esprime più il vuoto e la paura che il cielo sia vuoto che non la speranza o la certezza della presenza del "'Dio con noi, dell'Emanuele".
Questi orrori che hanno toccato l'umanità in questo secolo hanno fortemente condizionato la ricerca dell'essere umano, la sua meditazione sulla trascendenza.
Il cielo appare vuoto, come dicevano negli anni '70 ciò che in teologia superato ormai da più di trent'anni nel mondo per così dire laico: è rimasto un assioma dal quale si fa fatica ad uscire.
Il cielo è vuoto, Dio è morto e non so perché io sto esistendo.
Dunque una nostalgia atematica, che viene espressa in tutte le produzioni del genio umano.
Questo ci fa capire per induzione, non per deduzione, da come ci comportiamo sappiamo che cosa c'è dentro, che effettivamente l'uomo ha perso ogni speranza.
Scopriamo dunque che la fede, la speranza sono alla base di ogni parte dell' agire umano, che si manifesta, che vorrebbe manifestarsi nella carità, ma che è incapace di mostrarsi nella carità proprio perché ha perso lo spessore, il senso dell'esistere.
L'uomo di questo secolo ha perso la gioia di esistere.
E viene manifestato in tutti i modi il disagio generazionale che è stato inaugurato con la contestazione negli anni '60-'70 e sfociato poi in un disagio più ampio, in una perdita dei valori anche semplicemente umani, un mettere in crisi tutte le verità a cui noi si faceva riferimento, senza nessuno scrupolo per verità indubitate fino a quel momento.
Il risultato non è stato una crisi edificante, un variare i valori per rifondarli, ma è stato semplicemente una perdita totale dell'identità umana.
Noi, ma soprattutto voi, che avete a che fare quotidianamente con i giovani, non potete fare altro che confermare questo assoluto disagio che è atematico, poiché non c'è neanche più il desiderio di approfondire i temi fondamentali dell'esistere umano: perché esisto, che cosa ci faccio qui?
Ci sono delle verità? Vale la pena che le approfondiamo, che non le approfondiamo?
Non esiste neanche più l'interesse perché? perché il vuoto esistenziale si è trasformato in un vuoto strutturale, ossia manca proprio la capacità di affrontare le grandi domande della vita.
Che cosa fare dunque all'uomo medio di queste generazioni?
Appare un grande punto interrogativo, un punto interrogativo di fronte al quale non si sa assolutamente che cosa scegliere e che cosa decidere, neanche come ragionare.
Se dovessimo ragionare per immagini molto fantasiose, è come se noi, ad un certo momento, nel giardino di casa, trovassimo un'astronave.
Sì, vediamo che c'è un'astronave, ma è una presenza inquietante che non sappiamo né che cos'è, né come funziona, né se è bene che la tenga lì.
Se la sposti, come fare, che cosa fare: siamo completamente spiazzati di fronte a qualche cosa che risulta essere diventato totalmente estraneo.
Posso immaginare l'emozione che può avere provato un esploratore quando per la prima volta approdò nell'isola di Pasqua, dove vede questi enormi visi scolpiti nella pietra di cui nessuno ancora adesso è riuscito a capirne il significato.
È un po' una cosa di questo genere, come se noi ci trovassimo di fronte a dei reperti archeologici senza sapere che cosa siano.
La bellezza sta diventando parte di questa incognita, ma non perché la bellezza sia incognita, è perché noi non siamo più in grado di coglierla e di appropriarcene.
Tuttavia questo grande anelito, questa grande nostalgia interiore, che deve essere colmata, che si manifesta nella voglia di anestetizzare il non senso della quotidianità.
Le nostre generazioni preferiscono assumere delle sostanze chimiche, anche tossiche, pur di avere qualche cosa che impedisca loro di ragionare e di riflettere.
Non è neanche più valido quell'assioma, questa affermazione che però ha lo stesso peso di un luogo comune: "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace".
Il problema è che se questo si poteva dire vent'anni fa, ora non si è neanche più in grado di dire questo, perché è un problema definire ciò che piace.
Che cos'è che piace? Allora, se voi ricordate quando avevamo affrontato lo schema antropologico, vi ricordate che avevamo immaginato, secondo la rivelazione biblica, l'essere umano come tre sfere concentriche la cui sfera più esterna individua la nostra corporeità, e vi ricordate molto bene che noi avevamo detto che il nostro corpo ha un linguaggio che è simile a quello del computer, cioè binario.
Il linguaggio del nostro corpo si chiama "sensazione" e le sensazioni sono di due tipi: piacevoli o spiacevoli.
Tutto questo movimento in cui affrontare il tema della bellezza diventa qualcosa di arduo, diventa difficile come chiedere a un computer se una statua di Fidia è bella o non lo è.
Un computer non è in grado di dare la risposta, l'unica cosa, ammesso che potesse farlo, (qui dovrebbe essere Roggero a spiegarci se può farlo o no) sarebbe calcolarne le proporzioni, il peso, il materiale con cui è fatto, vedere se la riproduzione assomiglia veramente a qualche cosa di naturale, ma quanto a esprimere un giudizio, questo non può essere fatto da altri se non da persone che siano in grado di autodeterminarsi, cioè esseri che siano in grado di individuarsi, in una parola un essere che è in grado di dire "io".
Scopriamo che nell'ordine della creazione Dio ha veramente voluto comunicare a tutti gli esseri personali questa parte di se stesso che è la capacità di stupirsi.
Quando leggiamo nel Libro della Gen 1,31 ciò che Dio fa dopo aver creato tutto quanto, noi vediamo che c'è scritto: "E Dio guardò e vide che tutto quanto era cosa molto buona.
Non ci dobbiamo stupire che non si trovi - a meno che le traduzioni non possano essere diverse e siano state adattate al linguaggio filosofico che noi abbiamo - ma non dobbiamo dimenticare che nell'ambiente ebraico la parola "bello" non esisteva.
Il canone estetico della bellezza non veniva considerato per molte ragioni, dopo gli insegnamenti di Mosè e dei profeti si temeva sempre che l'accostarsi alle produzioni artistiche potesse in qualche modo allontanare il popolo oppure gettarlo in pasto alla idolatria.
In realtà nell'epoca regale ci furono diversi re che si occuparono di questo problema e il popolo non fu molto fedele a questi insegnamenti di Mosè e dei profeti, infatti ci furono dei re, mi pare Giosìa, che dovettero darsi un gran da fare per togliere persino dal tempio di Gerusalemme statuette o amuleti che nel passare del tempo erano stati messi dentro.
Quindi vedete che delle semplici regole non erano state sufficienti a colmare questa assoluta sete di bellezza che tocca l'essere umano quando è veramente come quando Dio lo ha progettato.
L'essere umano è un essere che tende sempre alla ricerca della perfezione
Questo è un punto fondamentale: la ricerca della perfezione è qualche cosa di tipico solo degli esseri personali, che vuol dire naturalmente gli esseri umani ma anche gli esseri angelici.
La ricerca della perfezione, semplificando al massimo la nostra riflessione, potrebbe essere considerata questo: la ricerca della piena realizzazione di sé, del pieno appagamento di sé.
Il pieno appagamento di sé costituisce, per l'essere personale, uno stato di armonia.
Che cosa vuol dire "armonia"? Se noi dovessimo trovare dei sinonimi potremmo accostarlo al termine "concordia", un qualche cosa che è integrato, un insieme di realtà che costituiscono e che insieme costituiscono l'armonia di un essere, di una persona o di una cosa.
Un sistema di realtà che contribuiscono a creare stupore.
Lo stupore non è un qualche cosa di visibile non è un oggetto, ma è uno stato d'animo.
Scopriamo, meglio riscopriamo o approfondiamo che il canone estetico della bellezza è qualche cosa che esiste, ma che ha un legame profondo anche con la seconda sfera,che è quella psichica, vi ricordate?
La sfera esterna è quella corporea: sensazioni piacevoli o sensazioni spiacevoli, la seconda sfera quella più centrale, è la sfera della psiche, dove troviamo tutte le espressioni della psiche: quindi l'intelligenza, la razionalità, l'immaginazione, la fantasia, la memoria.
Tutte queste facoltà sono attivate dalla sfera esterna, che sono quelle del corpo, con le sensazioni piacevoli e spiacevoli e producono nella sfera interna, quella psichica, una sensazione di (come possiamo dire?) completezza, di armonia.
Fino qui ci siamo, ma che cos'è che dà il senso dell'armonia a tutto ciò che i nostri sensi possono constatare? La concordia?
Armonia e concordia ci indicano un itinerario che non è un itinerario materiale, però è ciò che dà senso alle nostre esperienze materiali, è ciò che ci permette di avere una relazione tra le cose e ciò che esse producono nella nostra mente.
Se tu vedi un palazzo storto, anche se tutti i particolari di questo palazzo fossero veramente splendidi, accuratissimi, meravigliosi, ma tu vedi che è storto: un piano è alto quattro metri, l'altro è alto 2 metri e 70, e poi una finestra è più larga o più stretta, le pareti non sono molto dritte, tu capisci che i singoli particolari che costituiscono l'insieme producono una sensazione: una sensazione psichica, che può non essere la sensazione piacevole, può anche essere una sensazione spiacevole, allora tu capisci che la relazione tra la materialità e la intelleggibilità produce questa presenza o assenza di armonia, ma è questa armonia che deve essere definita.
Abbiamo prima intuito che armonia e concordia viaggiano sullo stesso binario: concordia nel senso di completezza, un elemento che completa l'altro.
Ma che cos'è che dà senso all'armonia perché essa sia piacevole oppure non lo sia? Evidentemente c'è un qualche cosa di profondo che non è né psicologico né materiale che dà il senso della bellezza.
Ora questo senso della bellezza vediamo che non risiede completamente nelle cose.
Persino tutto l'itinerario biblico sull'approfondimento del tema della bellezza è un itinerario che voi lo potete constatare benissimo nei Salmi - ci fanno riflettere su come nel popolo ebraico la bellezza non era mai considerata all'inizio applicata alle opere dell'uomo, ma era sempre una contemplazione dell' opera di Dio.
Quindi troviamo questo in tutti i libri dei Salmi, lo troviamo nei Libri della Sapienza, troviamo nell'opera della Creazione, lo troviamo anche nel Nuovo Testamento, dove i temi vengono ripresi.
Vediamo dunque che nella contemplazione del creato si vede lo splendore dell'azione di Dio.
Che cos'è dunque che rende bello tutto ciò che esiste? È evidente: un'esperienza spirituale.
Ecco perché possiamo constatare amaramente che in questa parte del mondo, in questa parte del tempo, noi ci troviamo spiazzati di fronte alla bellezza.
È molto, molto difficile trovare produzioni artistiche che creino un senso di splendore.
Possiamo avere produzioni artistiche di vario genere che provochino un senso di turbamento, molto facilmente proviamo questo.
Oppure proviamo un senso di grandezza, non di grandiosità, non di maestà, è molto difficile dover trasmettere il bello nel senso del bello, perché il bello non è una cosa, è una persona.
Noi sappiamo molto bene che sin per esempio dall'epoca della Scolastica, quando la teologia si basava di più sulla filosofia che non sulla Scrittura, perché ormai i padri della Chiesa, l'epoca patristica era ornai terminata, era iniziata l'epoca Scolastica; cioè l'epoca delle università, l'epoca del ragionamento, che avrebbe poi introdotto il Rinascimento.
In questa epoca allora si dà molta importanza alla speculazione filosofica, cioè al pensiero dell'uomo.
Erano stati scoperti testi di filosofia antica e nell'analisi di questi testi di filosofia antica primo fra tutti eccelleva il nome di Aristotele.
Aristotele aveva avuto delle teorie molto interessanti che furono prese e applicate in ambito cristiano e nella sua visione cosmologica era considerato l'essere perfettissimo.
Vi è familiare questa espressione? cosa vi ricorda? il Catechismo?
In realtà non c'è nulla di male, è evidente che Dio è l'essere perfettissimo.
Il Catechismo diceva: creatore e signore del cielo e della terra, quindi è evidente, come possiamo dire, l'interpretazione cristiana di questo concetto di "essere", ma in realtà, al tempo del filosofo Aristotele.
L'essere Dio era sì perfettissimo, ma proprio perché era perfettissimo non era né creatore né signore dell'universo perché, per dirla con parole povere, non avrebbe mai potuto l'essere perfettissimo sporcarsi le mani con le cose materiali.
La materialità era qualche cosa di deleterio, era considerata il motore immobile, cioè colui che dava il movimento a tutti gli astri e con la sua semplice esistenza, senza nulla fare, imprimeva l'energia dell'essere a tutto ciò che esisteva.
Tutto questo avrebbe creato questa armonia in un cosmo assolutamente perfetto, imperturbabile e imperturbato.
In questa visione dell'essere c'erano alcune caratteristiche che furono prese, ampliate e approfondite nell'ambito della Scolastica ed erano le famose quattro caratteristiche fondamentali di Dio.
Queste caratteristiche fondamentali di Dio sono: "Unum, Verum, Bonum et Pulchrum".
Nell'ambito della teologia cristiana questi venivano chiamati i quattro trascendentali, cioè quelle caratteristiche che rendono assolutamente, totalmente altro l'essere.
Per la nostra riflessione noi potremmo individuare almeno due grandi blocchi: Verum, Bonum et Pulchrum da una parte et Unum dall'altra.
Traducendo in italiano: vero, buono e bello da una parte, uno dall'altra perché potremmo dire che nel movimento, nell'ottica della Trinità noi possiamo individuare facilmente nell'essere di Dio queste tre caratteristiche dell'unità, che è per così dire il prodotto della verità, della bontà e della bellezza.
Queste tre caratteristiche essenziali sono nel mistero trinitario della visione cristiana condensati, lasciatemi parlare in un modo molto semplice in modo tale che riusciamo a capirci.
Si condensano, si contemperano, si uniscono nella perfetta unità che da noi è conosciuta come la Trinità: un solo Dio in tre Persone.
Possiamo dunque vedere che il canone della bellezza che fa parte dell'essenza di Dio non può essere distinto dalla bontà e dalla verità.
La bellezza ci viene come intuizione da questa comunione perfetta inscindibile tra la bontà e la verità.
Naturalmente voi vedete che parlare di questi concetti necessiterebbe per ciascuno di essi di una lunga trattazione e io vi ho detto che non sarebbe stato possibile fare una lunga trattazione su questo.
Vi chiedo di accettare per adesso le cose così come sono, se avremo modo di incontrarci altre volte si potrà in qualche modo, non so, mi fate qualche domanda e cercheremo di andare avanti, perché qui si stanno condensando mesi e mesi di corsi di teologia e di filosofia.
Quindi accettate le cose così come sono per adesso, io cerco di essere più semplice possibile.
Bontà e verità vanno riferite all'essenza stessa non solo di Dio, ma anche di tutto ciò che esiste.
Una realtà veramente buona è una realtà che aderisce a ciò che è in se stessa.
Il principio di non contraddizione "ha" e non può essere "non ha".
Ci siamo? Quindi la bontà di qualsiasi realtà è costituita dal suo essere veramente se stessa, dal suo essere aderente al suo progetto.
Facciamo un esempio molto semplice: se tu fai un progetto di un macchinario, allora tu riconosci che quel macchinario è vero se quando è stato realizzato ha seguito alla lettera ciò che tu hai progettato.
Se esso è stato variato tu non lo riconosci più come il tuo macchinario, non è roba tua, è una cosa non vera, perché non aderisce al progetto che tu hai fatto.
E così è di ogni realtà che noi amiamo: c'è un progetto che noi cristiani individuiamo nell'amore provvidente di Dio per ogni cosa che esiste, ogni cosa è nella verità e nella bontà di se stessa se aderisce a questo progetto di Dio.
Ora, questo progetto di Dio che è frutto dell'amore provvidente di Dio, e la sua realizzazione, hanno tra di loro una loro relazione, che è una relazione di identità, cioè questo è il progetto e questa è la realizzazione.
Se progetto e realizzazione aderiscono, noi diciamo che è cosa buona, questa consonanza, questa relazione di identità tra le due cose produce quello che noi chiamiamo il canone estetico.
La capacità di individuare qualche cosa di armonico non semplicemente dalle proporzioni geometriche che questa cosa ha, ma per il fatto che aderisce al progetto di se stessa.
Naturalmente questa è una definizione molto ampia, ma noi dobbiamo partire da definizioni molto ampie se poi dopo vogliamo giungere a qualche tipo di concretizzazione odi applicazione, ma questo sarà il compito individuale di ciascuno di noi.
Esiste questo principio di identità che può costituire il movimento estetico, il movimento di bellezza.
Questo principio di identità è espresso nelle Scritture, quando per esempio gli scrittori sacri dei vari testi ci fanno presente come tutta la realtà sia un riflesso dello splendore della gloria di Dio, dunque ci fanno intuire che tutto ciò che esiste in realtà non è qualche cosa di distaccato dall' essenza stessa di Dio, ma è qualche cosa che la rispecchia.
Gli Scrittori Sacri, anche nel Libro della Sapienza.
A noi è molto familiare la Lettera ai Romani perché l'abbiamo già approfondita varie volte, ci indicano chiaramente che lo splendore della gloria di Dio è contemplabile nelle opere che Lui ha prodotto.
Significa che tutto ciò che esiste conserva in sé un 'impronta della bellezza di Dio perché, non essendo opera dell'uomo, direttamente rimanda a Colui che l'ha creata o colui che la fa esistere questa realtà.
Dunque noi vediamo che tutto ciò che troviamo di bello intorno a noi non è nient'altro che il riflesso di questa unità, di questa unione tra Dio, che fa esistere quella realtà e la realtà che esiste.
La bellezza dunque non è da individuare immediatamente nella realtà, ma nella relazione che ha questa realtà con colui che la fa esistere.
Ma quando esiste l'uomo sulla terra allora voi vedete subito, noi vediamo subito come si inserisce un terzo interlocutore: "I cieli narrano la gloria di Dio, la notte annunzia la notizia, il firmamento, così ci parlano i Salmi, e ci sono due interlocutori il Creato apersonale.
Si inserisce però nell'esistenza dell'uomo, ma in generale di tutti gli esseri personali, quindi intendo dire anche gli esseri angelici, un terzo interlocutore, cioè colui che è chiamato a cogliere questa relazione.
Punto di domanda:che sia proprio questa una delle caratteristiche fondamentali che individuano gli esseri personali e che danno modo agli esseri personali di esprimere la loro libertà? Potrebbe essere.
Infatti tutti gli esseri personali sono stati posti alla prova di scoprire qual'è l'origine e qual è invece il prodotto.
Se vogliamo essere molto generici, se vogliamo essere molto specifici diremo:sono stati posti nell'occasione di dover scoprire chi è Dio, se Dio o se la Creazione.
In realtà noi sappiamo dai Libri di Daniele, da Libro dell'Apocalisse che persino gli esseri angelici furono posti nella possibilità e nel dovere, nella necessità di fare una scelta perché, posti di fronte al progetto di Dio e alla visione della realizzazione del progetto di Dio gli esseri angelici furono posti nella situazione di dover scegliere e di dover decidere se scoprire la bellezza del progetto di Dio o se lasciarsi trascinare dalla concretezza del progetto di Dio.
Scoprire il Creatore attraverso la creatura.
E noi sappiamo molto bene l'esito di questa domanda, l'esito del canone estetico è dunque un esito comunionale, una necessità relazionale.
È molto difficile cogliere la bellezza di tutto quello che ci circonda se manca la relazione con Colui che è il senso di tutto ciò che esiste.
Colui che dà lo spessore, il profumo, lo splendore a tutto ciò che noi diciamo essere "bello".
Noi sappiamo Lucifero che credeva essere lui il senso di tutto ciò che esiste e per quello non è stato in grado di comprendere che lo splendore del progetto di Dio non aveva il suo fulcro in Lucifero, ma in Dio Padre, nella paternità eterna e infinita di Dio.
Se lui avesse colto in quell'istante che la bellezza del progetto di Dio non era semplicemente l'incarnazione, ma la paternità di Dio, probabilmente non avrebbe fatto l'errore più grave di tutta la sua esistenza e cioè di scegliere la creatura piuttosto che il senso della creatura.
Ma tutti noi siamo posti nello stesso itinerario, nello stesso cammino di ricerca.
In realtà noi possiamo benissimo vedere il cammino cristiano sotto il profilo estetico, cioè a dire non semplicemente la bellezza intesa come la cosa bella, ma la bellezza come senso che dà il bello in ciò che noi diciamo bello, e il senso di questo.
Come dicevo prima, la soluzione del bello, è poi una normale conseguenza, perché il senso del bello, prima di essere in una cosa, è nell'essenza di quella cosa, cioè nel motivo di quella cosa, nella causa di quella cosa.
Il senso della bellezza risiede in Dio.
Ecco perché gli Scolastici ci dicevano che una delle caratteristiche fondamentali di Dio è la bellezza perché la bellezza è lo splendore, la bellezza è la gloria, la bellezza è la magnificenza: di questa verità ci si incarna nella bontà.
Verità e bontà si baciano e producono la bellezza, lo splendore, la gloria.
Dicendo la parola "gloria", che non ho detto a caso, voglio semplicemente annunciare che ci sono teologi di fama che hanno dedicato tutto il loro studio proprio alla speculazione sul mistero della gloria con opere ponderose, il nome che voglio ricordare a tutti voi, anche se non ne affrontiamo l'opera perché è molto complessa, è quella del teologo svizzero Hans Von Baltasar, il quale ha scritto proprio "Herrichheit", la sua opera di teologia "Gloria" per una estetica teologica.
Dunque, se noi veramente volessimo approfondire il tema della bellezza e dell'estetica teologica, forse sarebbe interessante che noi analizzassimo Herrichheit, ma direi che non è proprio il caso perché è un'opera veramente ponderosa, veramente grande.
Noi non abbiamo bisogno di fare dei corsi di teologia, abbiamo bisogno di lasciarci trasportare da questo mistero.
Dunque, il senso della bellezza del creato e della fruizione di questa bellezza non risiede semplicemente negli oggetti ma risiede, come sempre accade, prima di tutto in Dio stesso, ma Dio stesso è una relazione perché abbiamo detto prima che è "uno" ed è "trino", ma è uno perché vi è una relazione di carità così totale e così pregnante per cui uno è per l'altro.
Ciò che costituisce Dio "uno" è questa relazione di donazione reciproca: noi con una parola diciamo "relazione di amore": Dio è amore, cioè vuol dire donazione reciproca. Dio è bello perché vi è questo amore.
Cos'è che costituisce la bellezza: costituisce la bellezza questo senso spirituale che coinvolge tutto l'essere e che noi definiamo come esperienza di comunione totale.
Questo produce lo splendore della gloria, questo poter condividere in modo totale e assoluto l'esperienza della pienezza, della piena realizzazione, della piena riuscita.
Questo è gloria: la manifestazione della piena realizzazione di Dio e delle sue creature.
In Dio c'è gloria perché? perché tutto ciò che esiste in Dio Padre esiste in Dio Figlio! ma esiste anche in Dio Spirito Santo!
Vi è una condivisione totale: tutto ciò che c'è nel Figlio esiste nello Spirito ed esiste nel Padre.
Tutto ciò che c'è nello Spirito esiste nel Padre ed esiste nel Figlio.
Una condivisione totale, che noi definiamo amore perché per l'altro, in cui si concorre alla piena realizzazione di sé per gli altri e degli altri per sé.
È un po' come se il Padre dovesse in qualche modo esprimere il massimo di se stesso affinché il Figlio e lo Spirito Santo ricevano il massimo della realizzazione e di conseguenza il Figlio esprime il massimo di se stesso perché il Padre e lo Spirito ricevano il massimo della realizzazione della pienezza e così lo Spirito esprime il massimo di se stesso, perché il Padre, il Figlio e lo Spirito ricevano il massimo della realizzazione.
Dunque è un continuo donare per la continua, piena realizzazione.
Questo canone si trasmette all'uomo attraverso la creazione, perché tutto ciò che esiste è stato voluto da Dio come espressione della massima realizzazione.
Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, cioè in grado di ricevere la massima realizzazione.
Voglio che l'uomo sia pienamente realizzato, pienamente armonico, che lo spirito dell'uomo, la mente dell'uomo, il corpo dell'uomo siano in comunione tale tra di loro da tutti e tre concorrere alla piena realizzazione dell'uomo, in una parola all'eternità: quello che noi diciamo il Paradiso.
Il corpo, la mente, lo spirito concorrono alla piena realizzazione dell'uomo, cioè concorrono alla ricerca e alla realizzazione del Paradiso per ciascuno di noi.
E tutto questo non in un in modo atematico, ma nella relazione di bellezza, cioè attraverso ciò che Dio ha creato, perché ciò che Dio ha creato è un riflesso della sua gloria, quindi anche attraverso questo riflesso della gloria l'uomo riceve la sua vocazione primordiale: "Ti ho chiamato perché tu sia con me".
Tu sei uomo, cosa vuol dire? tu sei a mia immagine e somiglianza, tu sei chiamato di passare dalla somiglianza alla immagine, dallo specchio alla gloria, dal riflesso alla luce, tu sei chiamato a diventare parte della luce, tu sei bello.
Quando Dio guarda la creazione pronuncia: "Vide che era cosa molto buona" per dire "cosa bella".
Capite che in tutto questo, come possiamo dire, breve itinerario che abbiamo tracciato sul tema della bellezza ci risulta più chiaro probabilmente il problema di come mai nel tempo odierno sia così difficile trovare ciò che sia veramente bello, perché la bellezza non è un oggetto, ma è la relazione che ha questo oggetto con la bontà e con la verità.
Purtroppo l'uomo di questo secolo è un uomo molto ferito dalla paura, dall'angoscia, l'angoscia esistenziale, come dicevo prima, che il cielo sia vuoto.
Dopo le bombe atomiche, diceva Von Baltasar, è molto difficile per l'uomo pensare che il cielo sia pieno di Dio, sembra che il suono della esplosione della bomba abbia distrutto l'eco della voce di Dio e questo ha creato una angoscia esistenziale nel genere umano, per cui vi è una continua ricerca dell'analisi della nostalgia di Dio.
La produzione artistica di questo secolo è una produzione malinconica, è una produzione nostalgica è una produzione che è il grido dell'uomo al cielo che crede essere vuoto.
Quanto è importante quindi l'annuncio del vero credente che sa che il cielo non è vuoto e che specialmente voi, cara Unione Catechisti, sentite gridare dall'alto dei cieli "Allorché sarò innalzato da terra attirerò tutti a me".
Il cielo non è vuoto, sospeso tra cielo e terra c'è Dio, che con le braccia allargate inchiodate sul legno di una croce, sta cercando l'uomo per abbracciarlo e per dirgli "io sono con te".
Ecco perché Dio è stato crocifisso, perché non fosse né del cielo né della terra, ma fosse tra cielo e terra quel ponte che unisce e che dà il senso della bellezza, quella bellezza che non è una cosa perché il profeta Isaia ci dice: "Non ha apparenza, non ha bellezza che possa attrarre lo sguardo degli uomini, "uomo dei dolori che ben conosce il patire".
Eppure nessun uomo è salvato se non passa attraverso queste piaghe sanguinanti e gloriose che sono il segno della bellezza di Dio, che sono realmente il senso di tutto ciò che è assolutamente bello.
Perché il bello è questa relazione di pienezza, pienezza di amore, pienezza di donazione, da cui scaturiscono tutte le alte produzioni artistiche, ma il senso passa di lì: non è una cosa stravagante che possiamo semplicemente deputare alla moda del tempo, che le produzioni artistiche più grandiose e più belle si ebbero in tempi in cui la spiritualità era grandemente forte e radicata nel cuore degli uomini.
Possiamo benissimo pensare se volete all'epoca romanica le più grandi costruzioni che ore non esistono più, pensate all'Abbazia di che era l'esempio del romanico più grandioso esistente nell'Alto Medioevo, distrutto da Napoleone ovviamente, espressine di una armonia, di una tensione della fortezza della fede.
Il romanico esprime il fondamento della fede, quasi la protezione, quindi la paternità di Dio.
Nel Medioevo abbiamo le grandi espressioni del gotico fiammeggiante, quindi tutto questo anelito verso il cielo, questo splendore di luce che trasfigura ed accende l 'universo intero, e abbiamo dunque la vivacità dello spirito, la sua presenza quasi inconsistente e sconvolgente: parete intere fatte solo di luce.
E abbiamo in un'altra epoca che forse gli storici, ma noi sappiamo in queste settimane che i problema della storiografia comincia a mostrare i suoi vari difetti, e abbiamo un'altra epoca che è quella della contro riforma, l'epoca del'600 e '700.
L'epoca barocca, un periodo straordinario per la storia della Chiesa: siamo influenzati dalla storia delle nazioni e dell'ambiente dei governi, ma attenzione, noi stiamo facendo storia della spiritualità della Chiesa: non esiste nella storia della Chiesa un periodo più ricco e più florido nell'esplosione di tutte le attività del laicato all'interno della Chiesa.
Tutte le Confraternite ebbero uno sviluppo enorme nel periodo del Barocco e dunque è espressione di una fede cristiana veramente vissuta, una fede dinamica, una fede incarnata, una fede attiva, un po' come la presenza di Gesù in mezzo al suo popolo che dinamicamente è attivo e in molti modi prodigato verso il suo popolo.
Dunque noi possiamo intuire in queste grandi espressioni un momento in cui l'umanità è in una relazione tale con Dio che gli permette la fruizione del bello in cose concrete.
I tempi successivi vedono apparire altre difficoltà.
Quando l'uomo comincia a prendere il centro, il centro, prende il posto di Dio.
Certo in un ambiente culturale tutti esaltano il momento del '500: l'Umanesimo e il Rinascimento, ma è un periodo in cui la spiritualità è molto decaduta, non per niente è il periodo delle grandi divisioni all'interno della cristianità.
Abbiamo nell' '800 il Romanticismo con tutte le sue espressionista di nuovo è ciò che sente l'uomo al centro di tutto quello che è la sua produzione anche artistica, dunque espressione del sentimento umano, non di una relazione, ma semplicemente di se stessi e noi stiamo vivendo in questa parte di questo secolo di nuovo un rinnovato umanesimo, in cui Dio è stato messo da parte e l'uomo è il centro dell'universo.
All'inizio di questo secolo, fine dell' '800 e inizio del '900 abbiamo avuto il periodo eclettico in cui c'era una ricerca, ma che non si riusciva più a tematizzare, dovuto ai grandi sistemi filosofici dell'idealismo, che ha prodotto grandi menti ma anche grandi disastri con i grandi totalitarismi: pensate a Nietzche, pensate all'idealismo tedesco che cosa non hanno prodotto in questo secolo: le grandi guerre di conquista, le guerre mondiali con tutto ciò che è derivato.
L'uomo è impastato di bellezza e sta cercando la bellezza con tutte le sue forze, il suo grido è: "Voglio la bellezza" e la bellezza appare di fronte a noi trasfigurata, trasfigurata in un modo incomprensibile perché la bellezza non è una cosa, ma una relazione, la relazione di amore e di donazione che Dio ha per il suo popolo.
Finché l'uomo non scoprirà, meglio non riscoprirà questa intima relazione che dà il senso a tutto ciò che noi possiamo definire adesso bello perché armonico e armonico perché aderisce alla verità, dunque buono.
Finché noi non scopriamo o non riscopriamo che tutto ciò che è veramente buono lo è perché è vero ed è bello ed è uno, noi ci troveremo a vivere in una società che è sempre più pragmatica, cioè utile, ma che non darà respiro e non darà colore all'esperienza umana: l'uomo ha bisogno della bellezza perché l'uomo ha bisogno di Dio.
Sia lodato Gesù Cristo.