Ritiro del 8/12/2000
1 - Motivi per ringraziare il Signore
2 - La bellezza
3 - Il bello in se stesso non esiste
4 - L'uomo diventa uno strumento
5 - La bellezza in se stessa
6 - Cosa dice la teologia
7 - L'esperienza estetica condiziona la nostra spiritualità
8 - L'Immacolata
9 - La religione cristiana esige l'esperienza mistica
10 - Il tema della bellezza ci interpella direttamente
11 - Parlare della "tota pulchra"
12 - Scrivere l'esperienza estetica
13 - Maria viene considerata "La tutta bella"
14 - La bellezza di Maria proviene da Dio
15 - La crisi dei valori
16 - La carità
17 - Condivisione di un amore ricevuto
18 - La piena di grazia
19 - Il Crocifisso
20 - L'esperienza estetica vera è comunicabile
21 - La bellezza sta nel motivo della croce
22 - L'esperienza estetica dev'essere contagiosa
23 - Lo Spirito di Dio con una persona docile fa un capolavoro
24 - È bello appartenere a Dio
Ci troviamo nuovamente insieme - è volato un anno! sembra l'anno scorso che ci siamo trovati insieme per il rinnovo delle consacrazioni e nuovamente ci troviamo insieme a ringraziare il Signore per quanto ha compiuto in questo anno.
Io credo che ciascuno di noi abbia molti motivi per ringraziare il Signore.
Infatti è una cosa divina riuscire a trovare, tanto per introdurci nel tema, la bellezza dell'opera di Dio in noi, e quanto è più bello, più interessante scorgere l'opera di Dio e scoprirne i suoi lati positivi nel contemplare la bellezza dell'opera di Dio in una sua creatura che è stata totalmente docile ai suoi disegni.
Naturalmente il mese scorso abbiamo introdotto il tema della bellezza e credo che noi tutti abbiamo potuto almeno cogliere una riflessione, e chi c'era sicuramente me lo confermerà, che parlare della bellezza non è affatto facile, è vero?
La bellezza è una forma di esperienza, però sembra troppo spesso che questo tipo di esperienza sia assolutamente soggettivo.
Cosa intendo dire per soggettivo? quella frase che è un luogo comune e si sente ripetere troppo spesso, cioè "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace".
Questo è un luogo comune perché, fermandosi su questa affermazione è come se noi negassimo ogni tipo di comunicabilità del concetto di bello e il bello in se stesso non esistesse è semplicemente il frutto di un gusto personale, di atteggiamenti personali di fronte alla medesima realtà.
È un atteggiamento molto diffuso, ce ne stiamo accorgendo tutti, che non produce l'apprezzamento del bello, ma semplicemente una forma deteriore di relativismo.
Il bello in se stesso non esiste, sapete perché? Perché l'ambiente culturale in cui ci troviamo è un ambiente culturale che nega la possibilità dell'esistenza della verità.
Ce ne siamo accorti, poi quanti di voi siete insegnanti, o siete impegnati in un modo più diretto con l'intelligenza delle persone, ad avere relazione quotidiana con il mondo del pensiero, oppure semplicemente leggendo i quotidiani o le pubblicazioni che oggi si moltiplicano, ci rendiamo conto che l'idea di fondo è proprio questa: che il concetto di verità non è più un concetto di verità assoluta, ma semplicemente relativa.
È come se noi stessimo vivendo in un rinnovato umanesimo e rinascimento, un neo rinascimento, mentre nell'epoca del XIV, XV, XVI secolo questa esperienza del Rinascimento vedeva certamente l'uomo al centro del creato, ma sempre in relazione con i principi assoluti di verità, di beltà, di bellezza.
Ora il nostro umanesimo, il nostro rinascimento neo-umanesimo, neo-rinascimento pone l'uomo sì al centro dell'universo e basta.
Cioè l'uomo diventa "causa sui", causa di se stesso, assolutamente liberato da ogni dipendenza, è diventato il vero metro di giudizio che condiziona non solo il proprio pensiero, ma condiziona anche la percezione di tutta la società e di tutta la cultura.
In parole povere: non esistono dei principi assoluti di fuori dalla persona umana.
Gli stessi valori assoluti non sono più intoccabili, inarrivabili, ma l'uomo si sente in grado di - come possiamo dire? - manipolare tutto ciò che fa parte della sua capacità di ragionare e di adattarlo alle necessità di quel momento.
La persona umana, che dovrebbe essere soggetto di grandi valori e condensare in sé le cose più assolute e più intoccabili, non viene altro che considerata un mezzo per soddisfare ogni necessità improvvisa e tanto breve quanto effervescente.
L'uomo diventa uno strumento, non è più una persona.
E questo nonostante che siamo in un'epoca in cui non si faccia altro che affermare la assoluta dignità della persona umana.
C'è però da domandarsi a quale persona umana si faccia riferimento.
Se non ci sono principi assoluti a cui fare riferimento, allora ci rendiamo conto che la nostra stessa cultura occidentale è fortemente in bilico, fortemente debilitata, fortemente demotivata e non è fondata: lo testimonia il fatto che faccia sempre più audience la notizia di persone importanti del mondo della cultura, dello spettacolo, dello sport che si recano a cercare la verità in filosofie di tipo orientale.
Questo significa che la nostra formazione del pensiero e la nostra "forma mentis" non trova quei supporti che dovrebbero invece condizionare un itinerario di pensiero.
So che sto parlando in un modo un po' complesso, ma, tanto per intenderci, noi tutti abbiamo dei principi a cui facciamo riferimento quando parliamo.
L'anarchia entra, in un ristretto cerchio di persone, quando ad un principio, che io ritengo assoluto, l'uditorio, su quella stessa idea ha un altro concetto.
Per questo nella nostra cultura e mentalità occidentale diventa un discorso, come possiamo dire, da "ufo" parlare della bellezza.
La bellezza, in se stessa, non è più considerata e non è neanche più colta come un valore in se stesso.
La bellezza è l'espressione interiore, individuale e quindi praticamente incomunicabile che l'artista trova nel produrre una sua opera estetica.
Ecco perché diventa anche difficile a livello teologico, parlare veramente di questa qualità di Dio che abbiamo accennato la volta scorsa , che è la qualità della bellezza, perché questa qualità della bellezza, non facendo più riferimento alla verità, ossia io ho la mia verità, tu hai la tua verità e ogni verità che noi proclamiamo per noi è assoluta, è intoccabile.
Diventa anche impossibile parlare delle altre cose.
Il discorso della teologia scolastica in un'epoca in cui i principi assoluti erano determinanti per il pensiero umano, il pensiero era questo: che verità, bontà e bellezza coincidono, sono praticamente la stessa cosa, assomigliano in pratica un po' a Dio stesso, che è uno solo, eterno, infinito, onnipotente, e Dio Padre è eterno, infinito, onnipotente Dio Spirito Santo è eterno, infinito, onnipotente, ma le tre persone non si confondono tra di loro.
In un certo senso coincidono: se tu ne pronunci una è come se tu coinvolgessi anche le altre due persone della Santissima Trinità.
Anche se però il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio in questo circolo di verità che viene affermata: unità ma non confusione, non fusione fra le tre Persone.
E in Dio sono presenti queste tre qualità assolute o coincidenti: verità, bontà e bellezza.
I teologi della Scolastica li chiamavano i trascendentali, cioè delle cose che noi possiamo intuire e in qualche modo capire, ma che nello stesso tempo trascendono la nostra capacità intellettiva di contenere queste verità.
Dunque, parlare della bellezza in Dio è già una impresa grande, riscontrare poi questo splendore di Dio in una creatura umana rischia di diventare davvero un'opera titanica, un'opera totalmente lontana dal nostro modo di ragionare adesso, specialmente qui, specialmente nella nostra città, che da sempre, almeno dal XIX secolo, è una città fortemente industrializzata, quindi abituata a ragionare con le cose materiali, un po' meno abituata a ragionare con le categorie dell'estetica: il bello, l'armonia, la verità.
Anche se, a onor del vero, noi siamo fortemente in colpa, perché sappiamo bene che la nostra città è una delle più belle che esistano al mondo, per esempio per quanto riguarda l'arte barocca.
Non esiste una città al mondo che contenga tanta arte barocca come Torino e noi siamo i primi a non conoscerla e neanche a valorizzarla.
Non era così nel XVII secolo, quando Torino era capitale di uno stato sabaudo che voleva dimostrare con la produzione artistica anche un primato di autorità, che si basava sui grandi principi di verità, armonia, ordine, bellezza.
Tutti questi tesori fanno parte della nostra storia e non li conosciamo e ci condizionano anche dal punto di vista religioso: cioè l'esperienza estetica condiziona la nostra spiritualità, dobbiamo essere molto concreti su questo, perché noi non siamo spiriti svolazzanti di qua e di là.
Noi siamo spiriti che hanno un corpo e dunque il corpo soggetto alle leggi della natura coglie quegli aspetti di armonia o di non armonia, di disarmonia che costituiscono la proporzione o la sproporzione delle cose che ci sono intorno.
È un principio quasi innato, dico "quasi" perché non è totalmente innato, fa parte in gran misura del nostro vissuto, dell'ambiente in cui ci troviamo, della cultura, della educazione che abbiamo ricevuto.
Dunque non è un principio che chi ce l'ha bene e chi non ce l'ha peggio per lui; è un principio che si può acquisire, perché verità, bellezza, bontà sono doni che fanno riferimento anche alle tre virtù teologali: fede, speranza e carità.
Sono doni che il Signore concede ma, come tutti i doni di Dio essi non sono automaticamente efficaci senza bisogno del nostro intervento: fede speranza e carità sono per noi efficaci, nella nostra vita, soprattutto per il fatto che noi collaboriamo con questi doni di Dio, con questi dinamismi di Dio, questa potenza che entra dentro di noi.
In effetti oggi ci troviamo a riflettere nel giorno dedicato alla Mamma del Signore, il giorno in cui tutta la Chiesa la venera sotto il titolo di Immacolata Concezione.
Un dogma, qualche anno fa si era un po' allergici alla parola dogma, ricordate, negli anni '70? ma perché si intendeva per dogma qualche cosa di diverso: il dogmatismo, l'ermetismo, cioè qualche cosa che devi accettare per forza.
Ora per fortuna stiamo riacquistando la capacità di valutare l'esperienza mistica nella Chiesa Cattolica.
Il cristiano è un mistico prima di essere un attivo.
La religione cristiana non è semplicemente una religione: è una fede - cercate di intendermi su quello che intendo dire - esige l'esperienza mistica.
Non è sufficiente, assolvere a tutti i precetti generali della Chiesa se poi non esiste questa relazione affettiva tra Dio e te, (se questa esiste), ma tra te e Dio, come risposta alla sua chiamata.
In senso generale, io definisco questo come esperienza mistica, che non è forse l'esperienza mistica straordinaria che possiamo leggere nei testi di agiografia quando i santi parlano, si innalzano, vedono, ecc., ma l'esperienza mistica, di per sé, fondamentale per ogni cristiano, è questa relazione individuale personale con Dio, che è esibita dal semplice essere cristiani.
Credo che un primo punto di riflessione per intendere poi che cosa veramente vogliamo capire con la bellezza, che noi riscontriamo nella figura di Maria Immacolata Concezione è la bellezza che ci è posta dinnanzi come un "mysterium tremendum" che ci attrae e nello stesso tempo ci terrifica perché è talmente grande che quasi ci spaventa.
Questo tema della bellezza è qualche cosa che, in qualche modo, ci interpella direttamente.
In che modo io sto rispondendo alla chiamata di Dio che è uno, vero, buono e bello?
In che modo la bellezza di Dio sta entrando nella mia esperienza spirituale?
Nel mio modo di rispondere a Dio alla sua presenza. Lì c'è.
Mi pare la volta scorsa noi parlassimo facendo riferimento sia al Libro della Sapienza dal capitolo 13 in poi, anche nella Lettera ai Romani ( Rm 1,16s ), facevamo riferimento che le perfezioni invisibili di Dio si possono contemplare attraverso le opere che Lui stesso ha prodotto nella natura.
Questo mistero che ti affascina e che ti rimanda a qualche cosa di più importante.
Esattamente questo: è molto difficile da esprimere in un modo razionale, si può forse esprimere come una comunicazione di impressioni e di intuizioni: ognuno di noi dovrebbe cercare di ritornare in un momento particolare della propria vita che non dimenticherà mai, in quel momento speciale in cui ha fatto una esperienza estetica.
Un momento in cui la grazia del Signore ci ha toccati.
Noi contemplando qualche cosa intorno a noi siamo rimasti affascinati, questa è una buona cosa, ma non è sufficiente, e dalla contemplazione di ciò che ci ha affascinati noi spontaneamente siamo giunti alla contemplazione di Dio.
Quello è il momento estetico che io invito ciascuno di noi di riportare alla mente e di coltivare.
Esattamente quel tipo di esperienza che noi dobbiamo domandare a noi stessi se stiamo coltivandola oppure se fa parte semplicemente del nostro bagaglio della memoria antica, un ricordo come tanti ricordi, che però non ci coinvolge più.
Non possiamo parlare della "tota pulchra", la tutta bella, di Maria se non abbiamo in mente questo ricordo di quella che io dico l'esperienza estetica che trascende le parole.
Facciamo un esempio molto banale, sto inventando ovviamente, perché per ciascuno un momento estetico può essere determinato da qualche cos'altro.
Una persona la sera, in alta montagna, guarda il cielo e lo vede punteggiato di meravigliose stelle e rimane affascinato da questo spettacolo, che è effettivamente qualcosa di sconvolgente e di meraviglioso.
Questo è il primo momento. Se manca il secondo momento non è una vera esperienza estetica nel senso spirituale del termine: è semplicemente un momento emozionale.
Il secondo momento è questo: è stare stupiti dalla bellezza dell'universo, contemplare la sua perfezione visibile e da questa perfezione visibile pensare a Dio, rivolgersi a Lui con un "tu", un "tu" pieno di stupore, un "tu" pieno di ammirazione, un "tu" pieno di incapacità di dire qualche cosa.
È solo una comunicazione pura di amore in risposta all'amore di Dio, una comunicazione di amore che non può essere espresso con le parole perché le parole sarebbero troppo povere per esprimere questo tipo di stupore estetico che ti porta dalla creatura al creatore.
Questo è un tipo di esperienza estetica.
Tutti coloro che hanno fatto questa esperienza estetica devono cercare di ricordare in qualche modo in che cosa consista, detto in parole povere, che cosa avete provato.
Cercate di riportare alla mente e, se riuscite, provate a fare l'esperienza di scrivere questa esperienza estetica.
Ci accorgeremo ben presto che è un'impresa titanica perché, se è una vera esperienza estetica, cioè di vera risposta di amore puro all'amore puro che abbiamo ricevuto da Dio, allora ci rendiamo conto che è estremamente difficile comunicare con delle parole quello che si è vissuto.
Rendiamoci conto di questo ma cerchiamo di mantenere vivo dentro di noi il ricordo di questa esperienza, perché è direttamente questo tipo di esperienza che ci illumina sul tipo di relazione che intercorre tra il Creatore e la creatura nell'analisi della bellezza.
La bellezza è sì determinata da principi oggettivi, cosa possiamo dire? la preziosità del materiale, il suo aderire nel rispecchiare una particolare idea, che può essere un'idea umana, ma può anche essere un'idea spirituale, ma non è sufficiente.
Ciò che dà senso a quell'esperienza estetica viene prima.
Sto parlando troppo difficile? Lo so, il tema della bellezza non è così facile da accostare, è un tema da prendere a piccole dosi, ma purtroppo non abbiamo moltissimo tempo, mi dovete perdonare sotto questo aspetto, però gradirei che in qualche modo ogni tanto mi faceste sapere se avete bisogno di qualche delucidazione in più.
In che modo la bellezza la possiamo contemplare nell'Immacolata Concezione?
Intanto del dogma parleremo probabilmente durante l'omelia della Messa, anche se ne abbiamo già parlato gli altri anni: è importante però riportare sempre al controllo della nostra fede basata sulla verità.
Maria viene considerata da sempre dai Padri della Chiesa sia di Oriente che di Occidente "La tutta bella".
Ci sono inni antichi nella nostra Chiesa occidentale che ce la presentano come "La tutta bella".
Un inno della Chiesa orientale è proprio un inno che enfatizza le bellezze di Maria, ma sono bellezze di tipo spirituale, per questo è un pochino difficile intendere che cosa si pensa della bellezza di Maria.
I nostri autori, artisti dei secoli passati hanno sempre inteso la bellezza in un senso greco, ossia la proporzione della forma: calcoli matematici determinavano, che ne so, la grandezza, l'altezza, di una persona per determinare che essa era sufficientemente proporzionata per essere definita bella, però noi sappiamo che questo tipo di bellezza è semplicemente una bellezza esteriore.
L'esperienza della vita, in molti casi, ci ha fatto vedere come la bellezza esteriore che non corrisponde alla bellezza interiore è deleteria ed è dannosa.
Molte persone che forse abbiamo conosciuto, che a suo tempo potevano in qualche modo suscitare la nostra invidia per la loro proporzione e la loro figura estetica , hanno poi dimostrato che, essendo semplicemente un involucro, non essendoci una bellezza interiore spirituale, queste persone in realtà hanno determinato dei grandi fallimenti nella loro vita
Ma queste sono cose evidenti di cui non è neanche il caso di soffermarsi troppo a lungo.
La bellezza di Maria è una bellezza che proviene da Dio, è la bellezza di una argilla umana totalmente docile alla grazia di Dio, è il capolavoro dell'opera di Dio in cui Maria stessa collabora a questa formazione.
Forse dovremmo ricordare che, dal punto di vista biblico, quando c'è l'Annunciazione, l'Angelo va da Maria, la saluta come la "piena di grazia", "gratia plena", cioè Colei che è stata riempita della grazia di Dio e rimane tale.
È molto importante che noi ricordiamo questa forma: come è stata tradotta questa parte della Annunciazione è un po' un tradimento, però è anche vero che in italiano era veramente difficile tradurre questo verbo greco in un italiano corrente e comprensibile.
Detto in parole povere, che cosa significa? Maria, la prima tra le redente, ha ricevuto la grazia di Dio in un modo totalmente libero, totalmente docile e questa grazia di Dio non è stata "subìta" da Maria, ma è stato qualcosa di richiesto, di desiderato e con cui Maria ha collaborato per tutto il resto della sua esistenza.
La bellezza dunque consiste in questa relazione tra colui che è veramente il senso della bellezza, e di questo abbiamo parlato il mese scorso, Dio è vero, buono e bello, oggi abbiamo ricordato che vero, buono e bello coincidono e quindi è anche vero, per analogia e per conseguenza ovvia, che tutto ciò che è Dio in se stesso, una volta che viene accolto liberamente in una creatura, produce la presenza di Dio in quella creatura.
La bellezza di Maria è una bellezza che viene determinata non tanto dai principi estetici o dai canoni estetici di proporzione, di armonia o di altre cose, ma da questa relazione individuale, da questa corrispondenza tra Dio che dona, tra Dio che si dona e questa creatura che riceve, ma collabora con ciò che dona, con colui che dona.
È un po' difficile come concetto, però è il nodo centrale.
La nostra difficoltà è determinata dalla crisi dei valori assoluti, è determinata dal punto di vista dell'esasperato relativismo privo di fondamento che ci sta condizionando da molto tempo.
Non è possibile pensare una verità assoluta, perché tutti hanno diritto di dire la loro.
Il problema è che si considera ogni cosa che viene detta come la verità assoluta.
La verità assoluta non viene più ricercata, perché il cielo è vuoto, perché noi siamo diventati Dio e quindi ciò che noi diciamo, ciò che noi determiniamo è assolutamente la verità.
Rischiamo veramente di fare le persone naufraghe su un'isola in cui ci siamo solo noi, possiamo davvero determinare la nostra volontà, però siamo privi di ogni tipo di relazione.
Che cosa produce, a breve termine e a lungo termine, la crisi di questi valori e di queste verità assolute?
Intanto produce la crisi della persona umana, perché se non c'è un punto di riferimento a cui riferirsi, un punto di vista a cui puntare, allora la persona è "causa sui", cioè deve bastare a se stessa, deve trarre da sé energie sufficienti per dare a se stessa il senso dell'esistere.
Volente o nolente, anche se le proposte cristiane dei grandi valori sembrano essere fortemente in crisi in questo tempo, non esiste un uomo sulla faccia della terra che non si domandi in qualche modo: "chi sono? da dove vengo? dove vado?"
Ora, se il cristianesimo sta perdendo la sua efficacia e la sua effervescenza, perché i cristiani non coltivano questa relazione individuale con Dio, è chiaro che tutti i principi di verità che in qualche modo hanno condizionato ed hanno guidato la nostra cultura, la nostra società da secoli vanno in crisi.
L'identità della persona ne subisce gravi ferite: è troppo semplice determinare tutto dallo stress della vita quotidiana.
Momenti di depressione o di malattia psichica o di esaurimenti nervosi sono spesso determinati da questa nebbia che avvolge queste domande sostanziali dell'individuo.
Io credo che come cristiani dovremmo parlare meno della carità e invece viverla e proporla un pochino di più.
Probabilmente noi stiamo parlando di carità semplicemente a un livello della persona umana, ma non stiamo parlando di carità a tutta la persona umana.
Limitiamo la nostra carità a tutto ciò che è esterno: mangiare, bere, dormire, coprirsi, tutte cose che sono cose ottime, sostanziali, ma che in ogni caso non rispondono ai veri perché profondi della vita.
Ho letto recentemente un libro, una intervista che una nota giornalista che scrive sulla Stampa ha pubblicato credo un paio di anni fa.
Questo libro è intitolato "Suore", è della Rizzoli, e mi ha colpito il capitolo che riguardava una particolare Casa religiosa di suore, la quale, intorno agli anni '80 , aveva fatto questa grande scelta: la condivisione.
Noi saremo povere tra i poveri, andremo tra i poveri, vivremo come loro, condivideremo tutte le loro esperienze.
Lodevole, assolutamente meraviglioso, il problema è che poi dopo proprio queste suore, nell'intervista che è stata rilasciata loro, hanno raccontato la loro esperienza ed era questa: si accorgevano queste suore che condividendo la vita dei poveri erano certamente accolte in tutte le famiglie, non venivano considerate un po' lontane, ma nonostante che esse fossero presenti, piangessero al loro funerale, si occupassero di tutte le disavventure, i bambini che muoiono e così via, effettivamente non c'era nessuno in quel villaggio che si è avvicinato un pochino di più al Signore, alla sua vita spirituale.
Anzi, succedeva la cosa inversa: queste Suore stesse dicevano: io non capisco come mai tutte queste persone stanno diventando tutte protestanti.
Una volta presero il coraggio a quattro mani e cominciarono a parlare a queste persone: "Ma perché, dopo tutto il tempo che noi vi abbiamo donato, stiamo condividendo la vostra vita, siamo con voi, uno di voi, perché allora voi, invece di accettare il messaggio di verità vi state rivolgendo a un'altra confessione sempre cristiana, va bene, però, in ogni caso, la nostra testimonianza allora non è servita proprio a niente?
E con un candore divino queste persone hanno semplicemente detto: "È vero che voi siete con noi, siete uno di noi, però loro ci parlano di Gesù e voi no.
Qual'è la vera carità? Soprattutto nella nostra società in cui i poveri che muoiono di fame non ci sono, ci sono coloro che ricevono delle sovvenzioni ma qui, adesso, dove ci siamo, ci sono altre povertà.
La carità vera è questa condivisione di un amore che dovremmo avere ricevuto, che si dovrebbe rispecchiare su di noi.
Come nell' Apocalisse Maria viene considerata "vestita di sole".
"Vestita", non è lei il sole, il sole di giustizia che trasfigura e accende è evidentemente Gesù Cristo, però lei è "vestita" di sole.
Come lei è rivestita di sole e per questo è considerata la "tutta bella", allora credo che lo stesso mistero della bellezza sia qualche cosa che noi dovremmo desiderare grandemente.
Certo che avrà tanti altri risvolti la bellezza, persino in campo sociale, urbanistico, tutto quello che volete, ma tutto deve partire da dentro, e partire da dentro significa prima di tutto ricercare e volere questa relazione individuale potente, essenziale che fa di un cristiano un vero cristiano.
C'è veramente un cambiamento qualitativo. Io non sto dicendo tutte queste cose presumendo che queste esperienze non si stiano facendo, tutt'altro.
Sono ben contento di sapere che si sta in qualche modo riflettendo e volendo riflettere su questo tema così difficile, così profondo, ma è chiaro che questo è un anelito che sentite dentro di voi.
Il ricercare questa bellezza è la nostalgia della bellezza di Dio, sarebbe grave che noi ricercassimo solo la funzionalità e non ricercassimo questa bellezza che è il riflesso della magnanimità del Signore.
L'esperienza estetica che vi ho descritto prima semplicemente per riportare alla mente ciò che noi possiamo aver vissuto in un'epoca o in un momento speciale della nostra esistenza non può essere considerata "una tantum".
Se diciamo che il cristiano è un mistico, allora l'esperienza estetica dev'essere il nostro pane quotidiano, questo stupore che ti trascende, lo stupore della bellezza di Dio, lo stupore che faceva dire al profeta Isaia, l'autore della terza parte del libro di Isaia "non ha figura, non ha apparenza" perché noi possiamo restare attratti.
In ogni caso è qualche cosa che ti affascina "Affascinare vuole dire che ti coinvolge, che ti trascina verso quella cosa.
Credo che per prima cosa noi dovremmo intanto coltivare questo desiderio, questo affascinarsi, questo "mysterium tremendum et fascinans": la bellezza di Dio che cambia totalmente la persona.
Maria è la prima tra le redente, la più grande tra le redente perché il suo sì è stato totale.
Non credo che noi siamo preclusi nel nostro sì, non credo che Dio abbia preferenza di persona nel senso che ad alcune persone dia più grazia, ad altre ne dia di meno.
Io credo che l'itinerario della bellezza sia un itinerario molto importante, un discorso difficile da affrontare perché ti coinvolge nel tuo essere veramente al cospetto di Dio, non solo dei suoi vestiti, non solo delle sue apparenze.
È qualche cosa del quale non si può fare a meno.
Suggerimenti che dobbiamo tenere nel nostro cuore per vedere se noi siamo tra quelli che possono farne a meno oppure che non possono fare a meno della bellezza di Dio.
La "piena di grazia": è questo il senso della bellezza, quando ciò che significa coincide con la manifestazione, ecco il concetto difficile della bellezza.
La bellezza a sé stante non ha senso, se io avessi su questo tavolino un'opera d'arte, però la tenessi chiusa in questa stanza dove nessuno può entrare: ha senso possedere un oggetto che richiami il canone della bellezza? Non ha senso.
Ciò che è bello è fatto per la comunicazione. Dio è bello perché è comunicazione, perché Dio si diffonde.
Vi ho detto prima: verità, bontà e bellezza coincidono.
Dunque Dio vuole rivestire di bellezza non solo Maria, ma tutti i suoi figli.
Il contemplare l'Immacolata Concezione oggi, non è per noi semplicemente un motivo di venerazione importante, ma velata di un senso di rassegnazione per cui diciamo "ah, sì" lei, la benedetta, la tutta bella, la tutta santa.
È invece uno stimolo, è un punzecchiamento che il Signore ci lascia per dire: "Ecco, l'Immacolata Concezione, la prima fra le redente, la tutta bella, colei che ha collaborato a pieno titolo alla grazia del Signore, perché tu possa fare la stessa cosa.
Credo che il Signore possa davvero guidare le nostre vite fintanto che noi desideriamo o vogliamo desiderare che questa esperienza di Dio sia per noi qualcosa di affascinante e di tremendo.
Come è importante che noi ricordiamo alcune cose che vi guidano in questo cammino all'interno dell'Unione Catechisti.
Il mistero è affascinante, cioè è di una bellezza che supera la nostra capacità di intendere e di volere, non che la esclude, ma che la supera sì.
È l'esperienza estetica dei Monaci del Medioevo che facevano meditazione, contemplando.
Il Crocifisso è qualche cosa che, in un'estetica puramente carnale, è qualche cosa che noi fuggiamo. È vero o non è vero?
Che cos'ha di bello un uomo crocifisso sputacchiato, tutto flagellato, ripieno di sangue, che sta morendo, che cos'ha di bello?
Niente. Allora che cosa giustifica questa contemplazione, questa adorazione che attraversa tutta la storia della Chiesa, ma che ha il suo apice nell'Alto Medioevo con l'adorazione della Santa Croce e è rimasto nella liturgia Romana alla liturgia del Venerdì Santo, l'Adorazione della Santa Croce.
Dunque questo è il primo stimolo, il primo punto su cui riflettere: che cos'è quel qualcosa che affascina?
È un'esperienza visiva o è un' esperienza emotiva? È solo emotiva, è solo visiva? È anche spirituale?
L'esperienza estetica è un'esperienza che deve colpire il tuo corpo, la tua mente e il tuo spirito.
Se colpisce solo il tuo corpo, nel senso che tu provi ribrezzo, oppure che provi dispiacere, che provi pena, allora questo riguarda solo i due lati esterni: corpo e psiche.
L'esperienza estetica deve coinvolgere anche ciò che è più prezioso e più profondo in te: il tuo spirito, dove Dio dentro di te ti comunica il significato di quello.
Certo questo discorso non riusciamo a capirlo se non abbiamo nella nostra mente lo schema antropologico del quale ho già parlato tanto e tanto che è fin troppo.
Dobbiamo ricordare che la persona umana in questi tre settori essenziali dev'essere toccata trasversale mente se no non è una esperienza estetica, non è l'esperienza della bellezza di Dio, è solo l'esperienza fisica oppure psichica.
Quando è una esperienza estetica vera è anche comunicabile.
Provate a pensare alle icone: esteticamente non hanno né proporzione né colori accattivanti né forme particolarmente suscettibili di attenzione, ma costituiscono sicuramente una esperienza estetica, perché il mistero che viene celebrato diventa comunicabile: è una esperienza spirituale che tocca la tua mente e tocca il tuo corpo.
Questo è il momento importante: esperienza estetica come contemplazione, come adorazione in un modo che supera di gran lunga la nostra capacità di intendere e di volere.
Secondo momento della esperienza estetica è la risposta efficace a questo mistero di Dio che ti ha affascinato e che ti ha portato di fronte all'intera gloria di Dio.
L'intera gloria di Dio non significa semplicemente splendore, significa capire che è un mistero, e che è tanto più grande di te e della tua capacità di intendere e di volere, ma che lo stai in qualche modo contemplando.
Questi due momenti ti producono il terzo movimento: il contagiare.
Solo se tu sei ripieno di questa esperienza individuale, che è prima di tutto spirituale, poi psicologica, allora tu diventi veramente discepolo, efficace "Allorché sarò innalzato da terra attirerò tutti a me".
Ma come fa il Signore ad attirare tutti a sé? non vedi che umanamente sei orrendo, che fai spavento?
Sei qualche cosa di pazzesco, eppure Gesù sulla Croce attira a sé popoli di ogni lingua, cultura, nazione di ogni tempo attratti da questo mistero tremendo e affascinante della bellezza.
La bellezza non sta sulla croce, la bellezza sta nel motivo della croce, il significato della croce.
Non è solo un significato soteriologico, è molto di più, è qualcosa che viene prima della salvezza: è questa donazione, questo amore incondizionato.
La bellezza viene colta non in questa uccisione cruenta e terrificante, ma viene colta in questa donazione totale, questa donazione con un motivo, non senza motivo. Perché? Che poi dopo si conclude.
Primo momento è la donazione: "Attirerò…"
Mistero che ti affascina, mistero che ti coinvolge e suggerimento di Dio, perché tu dia una risposta.
"Dio parla al posto tuo affinché tu dia una risposta".
Dio mistero dell'incarnazione, anche di questo abbiamo parlato lungamente,assume su di sé la natura umana: tutti gli uomini, di tutti i tempi, nella loro condizione concreta e dà loro voce.
Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo parla a nome dell'umanità e a Dio Padre grida. "Ho sete di te!"
Questi sono i momenti dell'esperienza estetica di questo mistero tremendo e affascinante che non puoi contenere, che puoi contemplare, che ti attraversa completamente, ma che non si può fermare dentro di te, dev'essere contagioso, deve andare a toccare altri, e questo è il punto difficile che ci è posto dinnanzi come una sfida nella nuova evangelizzazione: comunicare la bellezza del mistero di Dio.
Maria comunica questa bellezza del mistero di Dio.
Chiunque si avvicini a Maria coglie che c'è una bellezza che trascende questa creatura.
Questa bellezza le è data da questo suo essere docile, totalmente docile, questo suo non possedersi.
E se l'esperienza estetica dei nostri fratelli dipendesse proprio dal nostro non possederci?
Se Maria è la tutta bella perché chi opera in lei è la grazia di Dio liberamente, mai senza di lei in ogni caso, allora forse si gioca la nuova evangelizzazione sulla capacità che noi abbiamo di lasciarci usare da Dio, nel senso di non possederci più, di non porre limiti, di non dire più "ma io.. ma qua…, insomma …"
Quando lo Spirito di Dio trova una persona totalmente docile a Lui, fa di questa persona un capolavoro.
Nessuno di noi dica "è troppo tardi" oppure "non sono capace, non ce la faccio".
Dio non ci chiede di fare delle cose impossibili, ci chiede di fare delle cose.
L'onnipotente è Lui, il Vangelo di oggi lo dice, nulla è impossibile a Dio, a noi chiede di fare tutto ciò che è in nostro potere, non ciò che non è in nostro potere.
Con tutte queste provocazioni, con tutte queste riflessioni, con tutti questi temi che ci parlano di una bellezza che è sempre presente in noi, ma che nello stesso tempo non può essere posseduta, ma solo contemplata, anzi più è contemplata e più viene diffusa, credo che possiamo davvero innalzare al Signore un ringraziamento per quello che Lui ci ha permesso di compiere in questo anno, da un anno all'altro.
Oggi c'è il rinnovo delle consacrazioni, quindi nessuno rinnoverebbe la propria consacrazione, la propria donazione al Signore se non ne avesse fatto una esperienza estetica di bellezza.
"È bello appartenere a Dio!" È così o no?
Però se io vi facessi questa domanda sareste in crisi: ditemi perché è bello appartenere a Dio? Però non è facile.
Lo sapete che è bello, lo sappiamo che è bello, ma è difficile da comunicare, perché è una esperienza intima che ti coinvolge direttamente con la persona stessa di Dio.
Più ti lasci coinvolgere dalla persona stessa di Dio e più tu sei una persona bella perché la bellezza di Dio ti pervade , ti trasfigura, ti riaccende.
Vi ricordate quando la Messa era in latino, si iniziava così: "Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat juventutem meam".
È Dio che ti riveste di giovinezza, è Dio che ti riveste di sole e che i raggi dello splendore della gloria di Dio si riflettono su di te perché il mondo creda che Lui ci ha amati.
Sia lodato Gesù Cristo.