Ritiro del 4/11/2001
1 - Problema della evangelizzazione
2 - Itinerario di crescita
3 - La superficialità delle popolazioni
4 - Fare esperienza
5 - Visione dei nostri "sì"
6 - La prima chiamata
7 - Non fare mai nulla se non insieme con noi
8 - La nostra esistenza costituisce una risposta
9 - La domanda è: "Vuoi essere?"
10 - Provocazioni di Dio
11 - Siamo dei battezzati
12 - Il sì fondamentale
13 - L'intimità
14 - Il tutto della nostra vita
15 - Siamo malati di egoismo
16 - La soluzione è la Comunione
17 - Il Signore ci chiede: sono importante per te?
18 - L'inizio del legame con il Signore
19 - Il genere umano non era in grado di rispondere "sì"
20 - Il centro della nostra vita è la figliolanza
21 - La nostra natura umana non è pronta a collaborare
22 - Docilità allo Spirito Santo
23 - L'Unione Catechisti è una porzione di Chiesa
24 - Griglia di interpretazione
25 - Libero da te stesso
26 - Aneddoto della vita di San Francesco
Una bella famiglia che, di tanto in tanto, per strade diverse, si trova nell'intimità del focolare dove l'amore del Signore ci fa essere una cosa sola; non è bello trovarsi di tanto in tanto?
Oggi pomeriggio avremo modo di riflettere brevemente su questo grande grande problema che diventa ogni giorno più pressante e che è quello della evangelizzazione, o meglio della rievangelizzazione del nostro popolo che ormai si trova a vivere in una situazione di post cristianesimo.
Certo non è che noi dobbiamo fermarci o soffermarci troppo ad esaminare le motivazioni, però ovviamente nella nostra riflessione confluiranno anche queste.
Il tema della riflessione, come avete ben potuto vedere, è la rievangelizzazione dei battezzati: un cammino con tanti sì.
Questo implica un approccio a questo tema, che giustamente, essendo un ritiro, non può che essere un approccio molto spirituale, per questo motivo sono stato contento di vedere che questo tema parte subito da una relazione personale.
Una interpellanza personale, un sì implica una domanda che non può essere comunicata semplicemente a una grande folla, o meglio, comunicata a una folla, ma in modo individuale per ciascuno di coloro che lo ricevono.
Quindi porre l'accento della nostra riflessione su questo cammino fatto di tanti sì indica subito che è un itinerario di avvicinamento, un itinerario di crescita e più che un periodo di studio particolare si tratta di intravvedere e di focalizzare un modo, un motivo di riscossa a quello che ci viene posto dinnanzi.
Quindi la prima cosa che viene alla nostra mente è che nel cammino di rievangelizzazione delle nostre terre non si tratta di dover inventare qualche cosa di nuovo, ma si tratta di "rispondere" a qualche cosa.
Certo potremo avere almeno due approcci diversi, si tratterebbe di dire: rispondiamo a che cosa?
A una obiettiva necessità che si rende di giorno in giorno più impellente, una necessità che fa parte del vivere quotidiano nella nostra società, una necessità che sta emergendo a livello di comunità ecclesiale, oppure una risposta che in primo luogo siamo chiamati, siamo interpellati a dare a livello personale, individuale, a una chiamata?
Quest'oggi pomeriggio preferirei soffermarmi più che altro su questo aspetto perché, è evidente, tutti noi facciamo parte di parrocchie, magari siamo attivi all'interno della parrocchia, facendo parte dei vari organismi di consiglio tipo Consiglio Pastorale, Consiglio economico, in ogni caso, sicuramente, ciascuno di noi è interpellato sui grandi problemi che muovono e che toccano le nostre comunità ecclesiali: la superficialità delle popolazioni.
Ma oggi non siamo chiamati a vedere obiettivamente i bisogni e le necessità concrete, siamo chiamati a interiorizzare prima di tutto il valore della nostra chiamata.
Quindi è importante che prima di tutto ce lo diciamo a vicenda, perché, dopo molto tempo che si cammina con il Signore, tutti si aspettano, e probabilmente anche noi stessi, ci aspettiamo da noi stessi un certo modo ed un certo tipo di adesione al Signore che lascia poco spazio a quella che è l'esperienza umana.
Quindi in primo luogo credo che ci troviamo qui oggi, tra le tante cose, sì sicuramente per ascoltare l'insegnamento del Signore, ma in ogni caso per fare una esperienza di chiesa , quindi una esperienza di comunità, una esperienza di persone che si vogliono bene, anzi, se voglio essere ancora più specifico, dirò questo: una esperienza di persone che vogliono volersi bene.
È necessaria questa specificazione? perché il volersi bene non è il frutto del sentimento, ma il frutto di una decisione: lo abbiamo già ripetuto in molte occasioni.
Il trovarsi qui insieme ha prima di tutto questo significato: fare esperienza di un gruppo di persone che, avendo in qualche modo incontrato il Signore, desiderano in qualche modo comunicarlo agli altri.
Poi abbiamo anche fatto l'esperienza di quanto ciò sia difficile, ognuno nel proprio campo, sia a livello parrocchiale che a livello familiare, che a livello professionale.
Questo campo che è la scuola in cui siamo ospitati, certamente è uno dei campi più emblematici e più a prova di battaglia.
Noi siamo qui posti proprio di fronte alle persone, che sono le prime persone che dovrebbero ricevere questo messaggio.
Siamo qui in primo luogo per incoraggiarci a vicenda e per scoprire vicendevolmente i doni che il Signore ha fatto a ciascuno di noi.
Perché questa sia una cosa vera è chiaro che dobbiamo imparare ad essere liberi da noi stessi: liberi dai giudizi, liberi dai condizionamenti, liberi dalle memorie, liberi anche dai dispiaceri o dalle ferite che possiamo avere ricevuto.
Ecco perché è come l'altro lato della medaglia importantissimo verificare la nostra risposta individuale a qualcuno che ha chiamato.
Dunque il nostro essere qui oggi è semplicemente la conseguenza di un sì che è stato detto tanti anni fa, ma per esperienza sappiamo che quel sì unico, isolato, non può essere così vincolante se non viene ogni giorno riconfermato da, come dice il titolo del tema, da tanti "sì".
Possiamo fare brevemente una visione di quelli che sono i nostri "sì".
I nostri sì si radicano prima di tutto su un sì unico e fondamentale che dà significato a tutte le nostre risposte.
Cioè a noi sembra, in qualche modo, di dare una grande risposta al Signore, grande risposta positiva al Signore che in qualche modo ci ha interpellati, ma in realtà la prima risposta e il primo a impegnarsi è stato il Signore.
Non solamente perché lo sappiamo dal Vangelo, il Vangelo di Giovanni: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi", ma proprio perché nell'ottica della creazione, nell'ottica della redenzione Dio ha fatto praticamente una grande scommessa.
È Lui il primo che ha dato grande fiducia a ciascuno di noi, perché prima ancora che noi sapessimo della sua esistenza lui aveva già scommesso su di noi, aveva già posto su ciascuno di noi la sua fiducia.
In primo luogo chiamandoci all'esistenza: il fatto che noi siamo stati concepiti e ora siamo qui insieme per lodare il Signore non è nient'altro che il risultato di un sì che Dio ha detto.
In quel giorno speciale Dio disse: "Sì, io voglio che tu esista" e quindi, secondo le leggi della natura, noi abbiamo avuto inizio nell'esistenza.
Quindi la prima chiamata è quella di Dio ed è la chiamata all'esistenza: dal nulla all'esserci.
Questo esserci nell'ordine della creazione, come pure nell'ordine della redenzione, non è sicuramente per noi un fatto casuale, è un fatto libero, voluto da Dio, mediante la collaborazione dell'essere umano.
Sin da quel primo istante fino a tutto il resto dell'eternità noi abbiamo modo di constatare, e forse anche modo di accorgerci in modo un po' emblematico, che il nostro Dio è un po' ostinato, ha un'ostinazione il Signore e la sua ostinazione è quella di voler fare qualunque cosa sempre in comunione.
Egli sicuramente potrebbe fare qualunque cosa sicuramente meglio che noi, da solo che non con noi, invece la sua decisione fondamentale è quella di essere sempre in comunione.
Questa grande verità, come sappiamo tutti molto bene, era già stata contemplata da molti santi, in particolare colui che lo esprime in modo più evidente, più chiaro, direi in modo anche poetico, lo sappiamo tutti, è Agostino, Vescovo di Ippona, il quale in una famosa frase dice: "Colui che ha fatto il cielo e i cieli dei cieli senza di te non salverà te senza di te".
Questo significa che se poniamo veramente attenzione a questa verità e la poniamo al centro della nostra esistenza non possiamo concludere che la nostra vita sia casuale.
Tutta la Scrittura ci ricorda questa grande verità.
S. Paolo nei suoi scritti ci ricorda: Nessuno di noi vive per se stesso, se noi viviamo viviamo per il Signore se noi moriamo, moriamo per il Signore, sia che viviamo, sia che moriamo siamo dunque del Signore.
Tutti questi piccoli flash, queste piccole provocazioni ci servono più che altro a prendere contatto e a prendere coscienza che tutta la nostra esistenza, sia nei momenti bui che nei momenti felici e gioiosi, costituisce una risposta.
Come possiamo dire? Facendo un esempio potremmo avere il classico esempio del mosaico.
Quando noi consideriamo una singola tessera del mosaico, la guardiamo, la osserviamo, ne vediamo le sfumature, potrà essere una tessera interessantissima, potrà avere una forma particolare, unica, tutto quello che volete, però rimane sempre da sola, il suo significato è limitato a se stessa, se noi consideriamo questa tessera da sola.
Non appena questa tessera viene inserita nel luogo in cui l'artista l'ha immaginata e l'ha pensata, ecco che non solo intuiamo il senso dell'opera che viene prodotta, ma anche il senso della tessera in se stessa.
Noi, quando consideriamo noi stessi, probabilmente in alcuni casi siamo caduti nell'errore di o sopravvalutarci o anche di sottovalutarci, perché commettiamo l'errore di avere come unico punto di riferimento noi stessi.
Si può cadere anche nell'altro eccesso, di avere come punto di riferimento gli altri, come faceva il fariseo nei confronti del pubblicano, quando si trovavano nel famoso tempio.
Invece il nostro unico punto di riferimento sono né quello che pensano gli altri, né ciò che pensiamo noi di noi stessi, ma è il pensiero di Dio.
In realtà una tessera in un mosaico potrebbe restare in un raccoglitore o potrebbe essere posta nell'opera, in ogni caso tutto dipende solo dall'artista.
Tutto questo ci fa intuire dunque che il nostro sì deve essere radicato e deve essere collegato a un senso di una grande verità, di un grande progetto che non è nelle nostre mani, che ci è dato probabilmente di intuire, ma che in ogni caso dipende solamente da Colui che ci ha posto questa domanda.
Questa è una risposta che non sembra poi così scontata, così facile perché alla prima chiamata all'esistenza di Dio: esisti, ne seguono molte altre a livello individuale.
C'è la nostra chiamata per esempio ad essere parte del corpo di Cristo attraverso il Battesimo.
Certo noi riceviamo il Battesimo in tenera età: questo in tanti casi rende difficile la concretezza e la consapevolezza di quello che è la nostra risposta che ci salva.
Ma sappiamo anche che il cammino della vita cristiana non è una illuminazione, ma è un itinerario di crescita in cui noi, come veri discepoli, siamo chiamati a trasformarci di giorno in giorno sempre più assomigliando a quell'immagine di Dio sulla quale noi siamo stati creati.
Dunque, ci sono questi sì, che costituiscono il nostro itinerario, sono sì che sono stimolati in noi dalla nostra natura, sono stimolati anche dall'ambiente in cui ci troviamo.
Ed è proprio in questo scenario costituito dall'ambiente in cui siamo e da noi stessi, che si inserisce questa voce discreta di Dio che si fa presente in ciascuno di noi ogni giorno.
Ora, tutti gli eventi che costituiscono la nostra vita sono in qualche modo delle provocazioni di cui Dio si serve per farci dare una risposta.
Egli continuamente sta alla porta del nostro cuore e bussa per sapere se noi ci siamo e se noi vogliamo aprirgli, se vogliamo ascoltarlo, e si serve di tante cose.
Certamente per noi, che diciamo di essere persone che stanno facendo un cammino spirituale, è molto importante quello che Dio dice attraverso la Scrittura, la consideriamo molto importante; però io non credo che noi in questo momento dobbiamo fare una riflessione che si basi semplicemente e unicamente su questa parola di Dio.
Anche se è dato per scontato che per noi è fondamentale, perché questa risposta a questi sì che il Signore si aspetta che noi diamo, ci vengono anche dall'esterno di noi.
Ciò è anche da persone che fanno un cammino molto tiepido nei confronti di Dio, perché forse proprio per questo motivo sono un ulteriore momento di provocazione alla genuinità della nostra risposta nei confronti di Dio.
In sostanza, il fatto che noi siamo dei battezzati che cosa produce nella nostra esistenza?
Dio ha dato a noi questo dono del Battesimo mediante il quale noi siamo divenuti realmente "i figli di Dio".
Questo dovrebbe comportare per noi uno stato di consapevolezza che ci porta ad affrettare tutto ciò che è di Dio così tanto da sentirlo nostro.
Però tutte le persone che sono intorno a noi e le situazioni che gli uomini di questo tempo stanno affrontando e stanno vivendo sono delle ulteriori provocazioni, che ci spingono a ritornare alla fonte, ritornare alla famosa sorgente per verificare continuamente se i nostri "sì" sono genuini oppure sono dei sì che abbiamo detto quasi inconsapevolmente, trascinati da un'abitudine e da una formazione che abbiamo ricevuto per molto tempo.
In sostanza un cammino fatto di molti sì significa un sì che deve essere rinnovato ogni giorno sempre in una piena crescente consapevolezza di questo valore di sì.
Questo sì che siamo chiamati a compiere nella nostra vita non è certo semplicemente una risposta apostolica, è anche quella, ma prima di essere questo è un sì che ci interpella nel nostro essere, diciamo una parola difficile, nella nostra essenza, e cioè siamo veramente i discepoli di Cristo.
Quindi il sì fondamentale su cui si basano tutti gli altri è questo: "Sì, accetto di essere tuo discepolo, sì, sono tuo figlio"; non faccio il discepolo oppure faccio l'amministratore dei tuoi beni, come faceva il figlio maggiore della parabola del Figliol prodigo.
Quindi la genuinità si radica evidentemente sull'esperienza cristiana autentica, che non ho timore di definire "mistica", perché è evidente che la vita cristiana non può che essere una vita mistica.
I teologi del XX secolo, o alcuni di essi, vedendo la situazione disastrosa in cui si veniva a trovare l'umanità, giunsero, nelle loro riflessioni, per esempio Bart, proprio a dire questo: "O il cristiano del XX secolo (ormai siamo già nel XXI, comunque vale ancora adesso, forse più ancora adesso che non prima) o il cristiano di questo secolo sarà un mistico oppure non sarà un vero cristiano.
Nel senso che a noi non possono più bastare semplicemente delle formule, ma dobbiamo intrattenere con il Signore un tipo di relazione che è più della conoscenza sua: è quel tipo di relazione che viene chiamata l'intimità.
Ora questo tema dell'intimità credo che per tutti i fratelli dell'Unione Catechisti sia tutto meno che estraneo.
Il tema dell'intimità credo che sia qualche cosa di veramente forte, perché, diciamolo francamente, tutta l'esperienza dell'Unione Catechisti nasce proprio da una esperienza mistica di intimità con il Crocifisso, dove per Crocifisso si intende veramente "il redentore dei secoli".
Questo straordinario messaggio, che ha in sé una potenza sconvolgente, credo che debba essere riscoperto e rivalutato molto, certo da tutta la Chiesa, ma - che gioia - a maggior ragione per tutti noi e per tutti voi cari fratelli che avete questo specifico.
La vostra storia è segnata in modo diretto ed emblematico da questa che è l'esperienza mistica da cui ovviamente deve scaturire una attività apostolica che però è ricca di umanità perché, in teoria, sulla carta, ogni membro non solo dell'Unione Catechisti, ma soprattutto della Chiesa è chiamato a vivere questa intimità con il Signore Gesù.
Ora questa intimità con il Signore Gesù esige la verità, esige la libertà da noi stessi, esige il desiderio di uscire da noi stessi, il desiderio di crescere, il desiderio di dilatarsi, il desiderio di incontrare, incontrare chi? incontrare il senso dell'esistenza.
Certo io sto dicendo delle frasi che sembrano ad effetto, delle frasi molto pompose, ma se noi ci fermiamo a riflettere sulle cose semplici che vengono dette, noi ci rendiamo conto che tutto questo esige un serio lavoro di purificazione delle nostre intenzioni.
Perché, per voler incontrare il Signore, a ben guardare, noi dovremmo anche domandarci se questo incontro con il Signore siamo disposti che avvenga nella possibilità che Lui ci avverta dei doni che noi stiamo continuando ad avere nella nostra vita.
In realtà l'intimità con il Signore, lo sappiamo, ci porterà a un serio esame su noi stessi, cioè se Lui è veramente il tutto della nostra vita.
Non uso la parola Signore, perché noi dobbiamo dire qualche cosa di più affettuoso e cioè dire se questo signore Gesù è veramente il nostro innamorato: lui innamorato di noi lo è, ma a maggior ragione, noi rispondiamo a questo suo amore con il nostro sì?
È come se lui venisse e dicesse a ciascuno di noi: ma io ti amo, e tu mi ami?
È un po' come l'incontro di Gesù risorto che chiama Pietro, il quale non osa tirare sù gli occhi perché sa benissimo che lo ha rinnegato e lo ha tradito.
Ma Gesù non dà retta a quello che l'uomo nella debolezza ha fatto, Gesù vuole vedere se c'è un legame affettivo con lui.
È evidente che quando questo legame affettivo cresce, si instaura e si consolida nella vita di una persona, se questo legame è autentico, produce dei frutti autentici e duraturi.
Ho voluto sottolineare il "se" perché è un criterio di discernimento, cioè a dire: vuoi sapere se il tuo legame con Gesù è autentico? allora controlla i frutti che ci sono nella tua vita.
Però non solo nella tua vita, poiché tu probabilmente fai parte a vario titolo di un'Unione, quindi di una unità; allora questi frutti che dovrebbero esserci nella tua vita in qualche modo devono portare nutrimento e vita anche all'intera Unione, all'intera unità, dico unità per dire i vari gradi di appartenenza dell'Unione.
Se c'è veramente questa intimità con il Signore Gesù, intimità con il Crocifisso, allora ci sono i frutti di questa intimità, frutti che sono elencati nella Scrittura, di cui abbiamo già ampiamente parlato in tanti incontri che sono quelli in Gal 5,22ss, il frutto dello Spirito: Amore, Gioia, Pace, Pazienza, Bontà, Mitezza, Benevolenza, Dominio di sé.
Se sono presenti questi frutti allora vuol dire che l'intimità con il Crocifisso gode di ottima salute.
Se mancano questi frutti, allora bisogna andare a ricercare quali sono le cause della frattura.
Bisogna vedere perché questo cuore di Cristo continua a essere lacerato e trafitto, da che cosa? dal nostro "Io".
Perché, diciamolo per tranquillizzarci, ma non per dormire sugli allori, cari fratelli e care sorelle, ognuno di noi continua a conservare fino all'ultimo giorno della sua vita un ambito in cui troneggia il proprio ""io".
Siamo d'accordo? Lo vogliamo ammettere una volte per tutte?
Dobbiamo essere coscienti che siamo malati, siamo malati di egoismo.
Il peccato originale ha sfregiato la natura umana, per cui la natura umana adesso è malata di egoismo, l'antidoto a questa malattia si chiama Sangue di Gesù.
Più questo Sangue di Gesù confluisce in noi, cioè noi abbiamo questa trasfusione del sangue divino in noi e più questo veleno è neutralizzato; ma è un veleno sostanziale, e cioè un veleno che è, come possiamo dire? genetico, attacca il nostro DNA.
Questo che cosa significa? significa che per tutto il resto della nostra vita noi siamo chiamati a neutralizzare il nostro "io", che si è gonfiato fino ad assomigliare a Dio.
Come nella famosa favola di Esopo "La rana e il bue", la rana voleva essere come il bue e si è gonfiata fino ad assumere le stesse dimensioni, però dentro aveva solo aria e ad un dato momento questa rana scoppiò.
Il nostro "io", se lasciato a se stesso, se non è tenuto d'occhio, e cioè se non è neutralizzato dal Sangue di Gesù, rischia di produrre dentro di noi questo tipo di effetto: una enfiagione.
Ora perché dico "il Sangue di Gesù è l'antidoto di questa nostra malattia di egoismo sostanziale"?
Perché il modo per ottenere questo antidoto è la soluzione del problema, è la Comunione che diciamo Eucaristica, della quale abbiamo parlato in tante occasioni: non si può concludere la comunione con Dio solo con la Comunione Eucaristica.
Potremo dire in un itinerario: l'Eucarestia, come dicono i Documenti del Concilio, è il culmine ma anche la fonte della vita della Chiesa, quindi della vita del cristiano.
Questo vuole anche dire, dal punto di vista spirituale individuale per ciascuno di noi, che non è possibile immaginare una Comunione Eucaristica che sia priva della comunione spirituale con il Signore; ossia, se io non sono in comunione con il Signore, che razza di Comunione Eucaristica vado a fare?
Ma io come posso essere in comunione con il Signore, se non mi intrattengo con Lui? non ho con Lui relazione?
Vedete che il segreto dell'intimità con Cristo è dato dalla comunione e la comunione, lo dice la parola "comune unione" è, se volessimo averne una immagine, è quella tensione di due persone che vogliono incontrarsi e che quindi si muovono reciprocamente l'uno verso l'altro per stare insieme.
Ora, Dio questo movimento l'ha già compiuto in tutti i modi possibili e immaginabili, sia dall'Incarnazione in poi che anche in modo spirituale nella sua vicinanza a ciascuno di noi nella preghiera, nella spiritualità, nella meditazione, nell'adorazione.
Ora, che Dio abbia già fatto la sua parte noi siamo contenti e l'abbiamo già meditato molte volte.
Comporta però ora capire se c'è la controparte, cioè se c'è la famosa risposta, se c'è questo "sì".
Ecco perché il Signore viene per dirci: io sono così interessato e così innamorato di te che ho scavalcato i secoli, che ho fatto esistere l'universo, che ho creato tutto quello che vedi intorno a te, che mi sono fatto uomo, mi sono fatto crocifiggere, tutto per essere con te.
E dopo che il Signore ci ha fatto tutto l'elenco di quello che lui ha fatto per noi, ci chiede: ma io sono importante per te? tu veramente ti stai muovendo in questa stessa direzione?
Or proviamo ad immaginare un fidanzato oppure un ragazzo che è follemente innamorato di una ragazza a cui scrive una lettera carica di sentimento, di tenerezza, di tutto quello che vuoi, esprimendo con parole dolcissime, auliche, tutto questo desiderio, questo sentimento bello e la ragazza, dopo aver ricevuto il foglio in cui è espresso tutto il desiderio dell'anima di quest'altra persona, dicesse: "Ah, sì, va bene", tutto lì.
Rischiamo tante volte di dare per scontate certe cose, però di non dare il giusto peso a ciò che Dio ha fatto per ciascuno di noi.
Dunque, da una parte il memoriale: ricorda che cosa ho fatto per te popolo mio, dall'altra dobbiamo trasformare questo cuore di pietra in un famoso cuore di carne.
Ora tutto questo non è semplice nel senso che dipenda unicamente da noi attraverso delle tecniche o degli sforzi di ascesi, ma tutto dipende da noi unicamente per il fatto che noi siamo chiamati a dare un giusto peso alla risposta che diamo.
Perché, dato che noi siamo un tutto unico: spirito, anima e corpo, ciò che noi diciamo deve avere un valore che ci coinvolge e deve avere un valore così forte da essere una risposta che è come una bomba atomica, inizia un processo a catena.
Il sì è nello stesso tempo il culmine, ma anche l'inizio di questo legame con il Signore.
Certamente le parole del Vangelo, le parole della Scrittura vengono a noi in questo itinerario in cui siamo chiamati ad incontrarci.
Vi ricordate l'immagine di Gesù Risorto che interpella Pietro su questo tema del primato di Pietro: Pietro, mi ami tu? vi ricordate sulle rive del lago di Galilea? e avevamo detto che l'evangelista usa due tipi di verbi, in greco questo è comprensibile, in italiano non si vede, però abbiamo cercato di darne la spiegazione.
Quando Gesù si rivolge a Pietro usa il verbo greco che vuol dire una comunione perfetta, una comunione totale, proprio un legame profondissimo, invece quando Pietro deve rispondere usa il verbo greco "fileo", che vuol dire amicizia, quindi un legame di amicizia profondo finché volete, però non totalizzante, come viene espresso nel concetto del verbo greco " ".
Che cosa vuol dire? che il Signore per tre volte dice a Pietro: io ti amo al di sopra di qualunque cosa e ho fatto tutto quello che ho fatto per amore tuo: "Mi ami tu allo stesso modo? , verso di me?
E Pietro è ben consapevole che una risposta di questo genere esige una libertà totale da se stessi e Pietro purtroppo non è ancora capace di dirlo.
Signore, ti voglio bene, non dice ti amo al disopra di qualunque cosa, persino della stessa vita, ti amo più di me stesso, gli dice ti voglio bene.
E così per tre volte. Questo non fa retrocedere Dio nella sua decisione di affidare a Pietro un compito di amministrazione e di pastorato così fondamentale, così importante, anche perché Dio sapeva molto bene che più di così il genere umano, da se stesso, non era in grado di fare.
Il Vangelo poi ci narrerà e si concluderà nel momento fondamentale, che costituisce per noi veramente la speranza e la liberazione da tutte le nostre paure, che si trova poi negli Atti degli Apostoli, At 2, e che è l'evento della Pentecoste.
È chiaro che il genere umano da solo non era in grado di rispondere un "sì" così totale e così pieno a Dio, che ha dato un sì e che ha chiesto una risposta così totalizzante e coinvolgente perché l'uomo di sua natura semplicemente umana, più di tanto non è in grado di fare.
Ci voleva poi la forza della grazia dello Spirito Santo che trasformava la creatura umana in Figlio di Dio e che quindi immetteva il genere umano da una situazione all'altra, dalla situazione di creaturalità, che può contemplare Dio come lo contemplava Mosè sul Monte Oreb, alla situazione di figliolanza, cioè di colui che dà del "tu" a Dio perché è suo padre.
Per noi questo non è più sconvolgente, primo perché ci siamo abituati, poi perché per tanti anni noi stiamo vivendo la nostra spiritualità in un certo modo.
Però se noi ci fossimo trovati in quel periodo a dover vivere il prima e il dopo la discesa dello Spirito Santo, avremmo notato un cambiamento esorbitante nella nostra natura umana.
Come mai questo non accade più? semplice, perché noi non ci aspettiamo che accada.
Questo vuol dire che la nostra natura umana non è pronta a collaborare all'azione dello Spirito Santo.
Il quale Spirito Santo non fa altro che trasformare la nostra creaturalità in figliolanza, perché, non dimentichiamoci mai che il centro della nostra vita da cristiani è la figliolanza, perché il centro di tutto è il Padre.
Certo che Gesù Cristo è il Signore dell'universo, ma Gesù Cristo è il Figlio e, nell'ottica della Trinità, tutto ruota per un incontro personale affettivo non con il Figlio, ma con il Padre.
Nel Figlio noi diventiamo capaci di avere un rapporto con il Padre, quindi vuol dire che il fine di tutto è questa relazione affettiva tra Padre e Figlio.
Credo che qui ci sia un ambito che veramente giunge a noi come un fulmine a ciel sereno: è una verità che la Chiesa conosce da millenni, sulla quale però non ci siamo abbastanza soffermati a riflettere.
Ora, il compito dello Spirito Santo è proprio questo: di introdurci in questa intimità tra Padre e Figlio.
Ora questa intimità tra Padre e Figlio non può avvenire se non nel Figlio, per questo lo spirito di Dio ci fa figli di Dio per adozione ( Rm 8,32 ).
Voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per cadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito di adozione mediante il quale voi gridate "Abbà, Padre".
Tutta l'ottica della Trinità nei nostri confronti è proprio questa: discendere dentro di noi con la potenza dello Spirito Santo per farci assomigliare ed essere realmente figli di Dio.
In questo modo finalmente abbiamo una relazione tra Padre e Figlio con l'onnipotente Padre.
Ora, ho accennato prima, come mai tutto questo non avviene? perché la nostra natura umana non è pronta a collaborare con lo Spirito di Dio.
Lo Spirito di Dio "esige" in ciascuno di noi il desiderio di lasciarsi cambiare, di lasciarsi trasformare.
Lo Spirito Santo non è una ulteriore devozione che si può assumere o si può aggiungere alle nostre già tante pratiche di pietà.
Poiché adesso ci sono questi nuovi movimenti, allora tutta la Chiesa ne è attraversata, allora anche noi dobbiamo un po' fare i moderni, dobbiamo accettare anche questa cosa qui.
Se noi pensiamo una cosa di questo genere noi non abbiamo capito niente della Trinità, non che la Trinità si possa capire, però intuire il movimento in cui ci pone in essere, questo è evidente.
Se noi veramente vogliamo avere una comunione con Dio Padre, lo possiamo fare solo essendo figli nel Figlio e per questo è necessario passare attraverso, la docilità allo Spirito Santo.
È solo lo Spirito Santo che è in grado di farci essere quel Gesù, che dice il sì totale al Padre e che dice il sì totale all'umanità.
Ora, se noi vogliamo essere tra quelli che in qualche modo portano la parola di Dio, quindi, come dice il tema della nostra riflessione, coloro che operano per la ri-evangelizzazione in tutti modi possibili e immaginabili, perché non ce n'è una sola di rievangelizzazione.
Tutto quello che tu fai lo puoi fare semplicemente perché è un tuo dovere, oppure lo puoi fare per portare il lieto annuncio alle persone che incontri: tutto può avvenire e avviene nella misura in cui la tua natura umana collabora con lo Spirito di Dio.
La grazia non fa quello che deve fare la natura, lo porta solo a compimento, però è chiaro che se nella mia natura io continuo a conservare le mie rigidità, le mie idee, le mie abitudini e io continuo a dire: "ma io ormai ho i capelli bianchi, cosa vuoi che cambi idee adesso o che mi metta a fare delle altre cose"
Cosa significa? significa che la tua natura umana è vincolata ai tuoi schemi mentali e se continui ad avere i tuoi schemi mentali come delle mura rigidissime lo Spirito Santo dentro questi schemi mentali potrà fare solo nella misura in cui tu gli darai spazio di fare.
Lo Spirito Santo non farà cose nuove, lo Spirito Santo rende nuove le cose che tu gli dai a disposizione, però se tu gli dai a disposizione poco con te potrai fare poco.
Questo vuol dire che la tua comunione con il Padre in Gesù Cristo sarà limitata allo spazio che tu dai di azione allo Spirito di Dio.
In ultima analisi, risulta evidente che il nostro "sì" a Dio Padre è vincolato al "sì", cioè alla docilità che diamo allo Spirito di Dio.
Da questo poi scaturisce tutta la nostra operatività apostolica di ognuno nell'Unione Catechisti di vario grado e a vario titolo, ma non solo lì.
L'Unione Catechisti è una porzione di Chiesa, quindi vuol dire essere attivi nella Chiesa, il che vuol dire essere delle cellule viventi nel corpo di Cristo che è la Chiesa.
Le cellule staminali, sono quelle cellule che hanno scoperto che sono presenti nel midollo delle ossa piatte del nostro organismo e che prelevate e messe in una coltivazione particolare possono diventare qualunque cosa, qualunque tipo di tessuto del nostro organismo: quindi può essere una cellula del fegato, come può essere una cellula del pancreas, oppure una cellula della retina.
Stanno facendo esperimenti di questo genere, proprio perché ci sono queste cellule totopotenziali.
Noi dobbiamo capire se noi siamo una cellula sclerotizzata, cioè ormai ottusa dalle abitudini del tempo, se siamo una cellula funzionante nell'organismo, o se siamo totalmente liberi da noi stessi come una cellula staminale e siamo così docili allo Spirito Santo.
Se lo Spirito Santo ci suggerisce di fare questo o di fare quell'altro, noi siamo così liberi, così semplici, così genuini, così nelle mani di Dio, così abbandonati alla fiducia del Signore, così in intimità con Dio che non ci preoccupiamo per nulla: se il Signore ci chiede di fare una cosa la facciamo.
Per capire se questo sta succedendo o no, non c'è che questa piccola, semplicissima, sotto gli chi di tutti, griglia di interpretazione.
"Sei nella pace?" cioè a dire, il Signore potrebbe chiederti qualunque cosa, potrebbe farti venire nella mente qualsiasi ispirazione, potrebbe anche farti venire in mente di fare una cosa molto difficile, allora domandati:"Sei nella pace?, oppure questo ti getta nella preoccupazione, nella agitazione"
Se c'è preoccupazione o agitazione hai capito che c'è un vincolo che ti lega: cosa farai da quel momento in poi?
Io spero che tu sia così occupato nel tuo desiderio di aderire al Signore che tu voglia capire perché tu hai questa paura e perché hai questo vincolo, devi essere libero.
"Se il Figlio vi farà liberi, dice il Vangelo di Giovanni, voi sarete liberi davvero".
Se ti rendi conto che ci sono delle cose che ti spaventano, quello potrebbe essere un tuo vincolo, un tuo muro che hai costruito o che hai lasciato che si costruisse, in ogni caso è un muro che c'è e che il Signore ti fa vedere che esiste e che potrebbe in qualche modo limitare la tua risposta alla grazia che interpella.
Quando tu scopri che qualche evento o qualche situazione ti toglie la pace, fermati e domandati: "Come mai questo evento mi sta togliendo la pace?
Che cos'è che mi impedisce di stare tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre? ( Sal 131 )
Che cosa me lo impedisce? il fatto che quella persona quella volta mi abbia risposto male, se mi ha risposto male mi sono sentito ferito, allora se mi sono sentito ferito io non oso più alzare gli occhi, perché quella persona ne sa più di me e io dopo non posso parlare e mi sento umiliato; che non vuol dire sentirsi umili, non vuol dire essere umili sentirsi umiliati.
Quindi io non dirò più niente per paura di quello che potrebbe non essere della mia idea e quindi mi potrebbe aggredire.
E se anche ti aggredisse tu per amore del tuo Signore che dici tanto di avere nella tua intimità del cuore non saresti capace di accettare questa umiliazione?
Se tu sei libero da te stesso e dai tuoi vincoli piano piano, non dico che deve avvenire dall'oggi al domani, ma che tu ti renda conto che ci possono essere dei limiti questo sì.
Allora se tu diventi libero e scopri quali sono i tuoi limiti, piano piano ti accorgerai che consegnando a Dio i tuoi limiti dicendo "Signore, ho visto che c'è dell'orgoglio in me perché ho paura di fare brutta figura e allora piuttosto che fare brutta figura io non mi espongo" e quindi sono vittima del rispetto umano.
È comodo fare così, e il Signore ti dice: "Va bene, che cosa vuoi fare di questo tuo rispetto umano, di questa tua eccessiva timidezza che limita il tuo essere un evangelizzatore?" dico, tutto sommato è più comodo non emergere mai, mimetizzarsi sempre, non farsi mai vedere da nessuno.
Oppure "no Signore, io voglio essere una persona libera, perché se io non sono una persona libera umanamente come faccio a collaborare con lo Spirito di Dio, che mi suggerisce di fare il bene sempre e ovunque e con tutti?
Perché se lo spirito di Dio mi dice ad un certo momento: "parla a quella persona che è sul tram che sta dicendo una baggianata dopo l'altra o che sta bestemmiando" e io invece sono vittima del rispetto umano, allora io non sono docile allo spirito di Dio, che mi dice in quel momento: "Parla a quella persona con parole di Dio".
Sto facendo degli esempi molto banali, molto semplici, ma perché il concetto possa essere compreso e comprensibile per tutti noi.
Bene, allora con questo io vorrei concludere questa semplice meditazione costituita, come sempre, tanto mi conoscete già, da molte provocazioni.
Queste provocazioni, ben lungi dalla essere pungenti, servono per ciascuno di noi per essere nella verità davanti alla luce del Signore, perché egli ci vuole liberi, e quindi quando Lui accende la luce nella nostra anima, noi ci rendiamo conto se ci sono delle catene che ci impediscono di dargli un "sì" pieno e totale, libero , sereno, gioioso.
Concludo con questo aneddoto che si riferisce ai Fioretti, alla vita di San Francesco.
Un giorno Francesco disse a Fratel Leone: "Andiamo a predicare" e Fratel Leone era tutto contente dice "bene, andiamo andiamo".
Subito poco dopo uscirono dal convento e fecero un giro per la piazza, poi ritornarono e Fratel Leone si domandava: insomma, che cosa stiamo facendo, quand'è che andiamo a predicare?
E Francesco rispose: "l'abbiamo appena fatto perché se noi veramente assomigliamo a Gesù è bastato che ci vedessero nella piazza per aver ricevuto un insegnamento".
Sia questo l'augurio che ci scambiamo reciprocamente, a volte le parole sono superflue, è molto più essenziale e molto più efficace, come sempre, la parola di Dio che è ineccepibile.
"Guardate come si amano e come vi amerete essi crederanno".
Sia lodato Gesù Cristo.