Ritiro del 3/2/2002
1 - Evangelizzazione
2 - Testimonianza di piccole comunità
3 - Gesù che fa la sua prima predica
4 - Nessun profeta è accetto nella sua patria
5 - Abbiamo sentito che succede qualche cosa
6 - La gente non è contenta
7 - Gesù evangelizzatore fallito
8 - Il fallimento del predicatore
9 - La gente del suo paese
10 - Da una parte c'è una aspettativa
11 - Cosa gli dice Satana?
12 - Confrontarci con l'atteggiamento del Signore
13 - Abbiamo perso l'abitudine alla missionarietà
14 - Come tu ti poni nei confronti degli altri
15 - Cosa favorisce l'azione missionaria
16 - Che cosa ostacola l'azione missionaria
17 - Il fatto che ci siano degli ostacoli è normale
18 - La nostra fede non motivata
19 - Il secondo elemento che blocca è il peccato
20 - Modi di pensare che diventano idolatrie
Leandro mi ha chiesto di fare una riflessione sul tema della evangelizzazione, sul compito di ogni cristiano di portare Cristo al mondo.
Può sembrare strano che noi parliamo di un compito così grande e siamo quattro gatti, dobbiamo pensare alle folle, al mondo intero, eppure il Signore chiede anche a noi questa parte di evangelizzare.
Sempre dobbiamo ridarci le motivazioni del nostro evangelizzare: perché dobbiamo andare a scocciare gli altri, andare nelle culture diverse dalla nostra, scombussolare le tradizioni, le abitudini?
Perché andare a rovinare la tranquillità di chi comunque nel suo pacifico ateismo è più o meno tranquillo, con un po' di superstizione, un po' di magia?
Prima di tutto un compito che il cristiano ha, che dovrebbe nascere più che da un comando del Signore da un desiderio nostro di comunicare una notizia bella, perché è stata bella per la nostra vita.
Nella prima Chiesa non si sono fatti grandi programmi pastorali, ma noi vogliamo una evangelizzazione che passa attraverso il contagio, attraverso il passaparola, attraverso la testimonianza di piccole comunità.
Noi dobbiamo sempre immaginare le comunità, che noi troviamo riflesse già nel Nuovo Testamento: sono sempre piccoli gruppi, ma attraverso questo seme il Signore lavora nella storia.
Quindi il nostro compito, potremmo dire, non è quello di cambiare il mondo, ma almeno cambiare il nostro cuore e cominciare a vivere intorno a noi il Vangelo.
Non solo un Vangelo vissuto nella nostra vita privata; ma se è Vangelo è vissuto poi nella carità, cioè nella attenzione agli altri, nella trasmissione non di una dottrina o di alcune verità, ma nell'entusiasmo di amare il Signore, e allora qualche cosa passa, altrimenti passa ben poco.
Ecco, io ho scelto come riferimento un brano di Luca, che era stato un po' brano centrale dell'anno del Giubileo e lo leggiamo assieme.
Poi cerchiamo di ricavare qualche elemento, perché anche qui viene mostrato Gesù che fa la sua prima predica.
Ho preso un brano dove Gesù sembra fallire, ma è bene capire che questo è almeno secondo il Vangelo di Luca, il suo primo discorso, perché torna a Nazareth, il suo paese in Galilea, con la potenza dello Spirito.
Quindi Gesù è ormai pieno, ha già superato le tentazioni, è già come dire "pronto".
Gesù in Galilea a Nazareth, Gesù allora tornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutti i dintorni.
Egli insegnava nelle loro Sinagoghe, glorificando Dio e venne a Nazareth dove era stato allevato e di sabato, come era solito fare, entrò nella Sinagoga e si alzò in piedi a leggere.
Gli fu dato il Libro del Profeta Isaia e svoltolo trovò il passo dove stava scritto: "Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha unto, mi ha mandato a predicare ai poveri la Buona Novella, ad annunziare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi il ricupero della vista, a mettere in libertà gli oppressi, a promulgare un anno di grazia del Signore.
Arrotolò il volume, lo diede all'inserviente e sedette.
Gli occhi di tutti nella Sinagoga erano fissi su di lui, allora cominciò a dire loro: "Oggi si avvera questa Scrittura e tutti gli rendevano testimonianza e si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Dicevano: "Non è questi il figlio di Giuseppe?
E disse loro: Certo, voi mi citerete quel proverbio "medico, cura te stesso".
Quanto abbiamo sentito che è accaduto a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria.
E soggiunse: In verità vi dico: "Nessun profeta è accetto nella sua patria"
In verità vi dico: "Molte vedove c'erano al tempo di Elia quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e vi fu una grande fame in tutto il paese, tuttavia a nessuno di essi fu mandato Elia, ma solo ad una vedova di Sidone.
E molti lebbrosi c'erano in Israele ai tempi del profeta Eliseo e a nessuno di essi fu mandato, ma solo a Sion".
A queste parole tutti nella Sinagoga furono pieni di ira e si alzarono e lo cacciarono fuori dalla città, lo condussero fìno al ciglio della collina sulla quale la loro città era edificata per buttarlo sotto, ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò. ( Lc 4,16-30 )
Avete sentito un brano decisivo che Luca mette all'inizio della vita pubblica di Gesù, brano un po' strano se vogliamo.
Gesù praticamente torna al suo paese e, come capita spesso quando si torna in casa propria, Gesù gioca una carta importante.
Penso al prete novello che è andato in giro per il mondo a studiare e poi torna al suo paese a fare la prima Messa, la gente è lì che aspetta, vediamo che cosa dice: c'è un'attesa, una curiosità.
E Gesù sa che in questo primo impatto, non dico che se sbaglia andrà male tutto, ma è un momento che è carico di conseguenze e soprattutto la gente sa che quest'uomo ha già iniziato a Cafarnao a fare dei miracoli, iniziato a fare dei prodigi, per cui c'è una doppia attesa.
Gesù parla, la gente legge il brano di Isaia, legge quel famoso brano dove applica per se stesso questa profezia: lo Spirito del Signore su di me, mi ha mandato a portare l'anno di misericordia, una lieta notizia, un anno denso di grazia.
E poi ripone il libro e li succede qualcosa che non si capisce bene.
Anche gli studiosi … ci sono quei due o tre versetti dove all'inizio sembra che la gente stupita dice: ma da dove arriva tutta questa sapienza?
Quindi lo coglie quasi in modo positivo, e poi cominciano le discussioni.
Sembra Gesù stesso a provocare la discussione: voi mi citerete … medico, cura te stesso, la gente sembra, come dire? non capire fino in fondo quest'uomo.
In fondo gli può dire: ma tu che hai fatto i miracoli altrove, li hai fatti a Cafarnao, falli prima nel tuo paese, sono aspettative molto concrete, quello che hai fatto altrove, fallo anche qui nella tua patria.
La gente non è contenta alla fine di come va il discorso e Gesù non cerca di tornare indietro, come faremmo noi, per correggere il tiro per dire: forse ho detto una frase che non è stata capita.
Gesù rincara la dose, anzi dice che molto spesso: la gente del posto non accetta il profeta.
E fa gli esempi di Nama, di Siro, quando c'erano molti lebbrosi ma il profeta Eliseo ha sanato solo questo Nama forestiero, veniva dalla Siria, conoscete l'episodio, e così c'erano molte vedove in Israele, ma Elia, ci fu una siccità di un anno e mezzo, fece questo miracolo, che noi leggiamo del profeta Elia, lo fece solo con una vedova straniera.
Gesù provoca, non aggiusta il tiro per addolcire la situazione per cui abbiamo capito che alla fine l'emozione raggiunge il colmo, c'è un crollo della audience e la gente addirittura prende Gesù, lo porta sul ciglio del monte e vuole buttato giù.
Prendono Gesù, noi siamo stati al suo paese, abbiamo visto, non c'è un grande monte, non ci sono grandi montagne, ma evidentemente da qualche parte ci si poteva buttare giù.
Cioè l'idea di prendere quest'uomo, buttarlo giù dal precipizio e ucciderlo.
Noi diciamo beh, sarebbe finita, la prima predica.
Gesù non fa nemmeno in tempo ad aprir bocca, finita tutta la sua missione, con tutto quello che Gesù doveva fare e dire.
È finito in una giornata, tutto il mistero dell'incarnazione è andato perché la gente del suo paese non l'ha capito.
Ecco, io penso che noi dobbiamo anche stupirci davanti a questi brani.
Se avessimo dovuto scrivere noi il Vangelo, avremmo messo sicuramente delle pagine un po' più, come dire, dalla parte di Gesù.
Avremmo iniziato la predicazione di Gesù con alcuni brani dove Gesù subito si fa amare dalla gente, dove Gesù fa dei miracoli, risolve delle situazioni, mostra delicatezza e dolcezza con le persone.
Quanti brani abbiamo nel Nuovo Testamento dove Gesù cresce in popolarità subito perché Gesù ci sa fare, compie dei gesti concreti.
Quindi un episodio bello e attraente dove Gesù evangelizza con successo, ma non tanto per il successo, attrae a seguirlo, quindi porta a Dio, e invece no. Luca comincia con un brano che indica fallimento completo.
Ecco, noi dobbiamo chiederci: perché Luca inizia proprio da un brano così? brano che noi potremmo intitolare: "Gesù evangelizzatore mancato".
Se noi ci fermassimo qui nel Vangelo potremmo dire: "Gesù evangelizzatore fallito".
Perché questi brani non sono stati tolti dal Vangelo quando si voleva, quando nella Patristica, nella Apologetica si voleva, o anche adesso in qualche modo, si vuole dimostrare una storicità dei Vangeli?
Molto spesso questo è uno degli elementi, se uno vuol fare della propaganda e vuole inventare una bella storia, toglie questi brani, non mette dei brani di fallimento.
Ecco, noi dobbiamo meditare su questa evangelizzazione non riuscita perché, in qualche modo, questo è il programma di Gesù, paradossalmente questo brano che ci indica qual è lo stile dell'evangelizzatore, più di quanto noi pensiamo.
Ecco, penso che sia importante riflettere sul versetto 30, dove ad un certo punto si dice che Gesù, uscito di mezzo a loro se ne andava, la gente cerca di buttarlo giù, ma ad un certo punto Gesù, con la sua autorità, con la sua presenza, si gira, non è giunta l'ora di farsi ammazzare, Gesù non viene preso.
Ecco, ma noi vediamo tutta la tristezza che dev'esserci stata nel volto e nel cuore di Gesù, con tutto l'amore non per della gente qualunque, Gesù ama tutti, ma per i suoi amici, i suoi paesani, con cui è cresciuto, amici di famiglia, immaginate.
Il Vangelo non entra mai in questi discorsi un po' affettivi, psicologici, però immaginate, ci sarà stata la mamma, i parenti, arriva questo figlio di cui si dicono grandi cose e alla prima uscita in paese fa questa figura.
Quindi immaginate anche quanta tristezza nel cuore di Gesù nel vedere questo rifiuto, ma c'è anche una potenza di Gesù: Gesù, uscito di mezzo a loro, se ne va: Gesù è più forte di questo fallimento, Gesù viene lasciato andare.
Ecco, questa è la prima immagine di Gesù.
Quando noi pensiamo a Gesù che evangelizza, cari fratelli, mettiamo, seguendo il vangelo di Luca, questa prima immagine Gesù, che "è" l'evangelizzatore, questo stupisce ancora di più perché non è uno qualunque, non è un apostolo, non è uno di noi che prova e fa quel che può, Gesù "è" il mandato dal Padre, eppure anche Lui comincia male.
Ecco, noi potremmo toccare tantissimi altri punti della Bibbia, dove vediamo il fallimento del predicatore, il fallimento dell'evangelizzatore, il fallimento di colui che porta una testimonianza, basta scorrere tutto il Nuovo Testamento e anche molti passi dell'Antico Testamento e vediamo dei fallimenti, dei buchi, delle giornate andate male.
Pensiamo quante volte Paolo deve scappare dalle città dove lancia il suo messaggio.
Pensiamo solo quando ad Antiochia si ferma tre sabati, perché anche Paolo, come Gesù, va di sabato nella Sinagoga dagli Ebrei: la prima volta lo accettano, fa un discorso magistrale che troviamo negli Atti degli Apostoli, fa tutta una presentazione del Mistero di Dio dall'Antico Testamento fino a Gesù, la gente rimane stupita.
La seconda volta ancora, alla terza volta deve scappare perché c'è l'invidia dei Giudei, e Paolo scappa e scappa amareggiato.
Ricordiamo quando Paolo va ad Atene subito dopo, si prepara un bel discorso da fare qui, nella città della cultura, nella città degli studi: Atene era un po' per eccellenza il punto di riferimento, e anche lì Paolo va predisposto.
Non fa un discorsetto come viene viene, forse si è scritto anche lui tutto per non sbagliare, per usare un linguaggio comprensibile, all'altezza.
E appena tocca il tasto della Resurrezione, lo sapete, gli dicono, ti ascolteremo un altro giorno, non abbiamo tempo adesso di ascoltare queste storielle.
E Paolo rimane umiliato, forse non deve scappare rincorso da chi lo vuole uccidere, ma è una delusione profonda.
Anche lui evangelizza, appena tocca il nocciolo della fede che è la Resurrezione, nessuno gli crede.
Tanto è vero che da quel giorno Paolo si propone fermamente: d'ora in poi
predicherò Cristo Crocifisso, nel senso che nella mia predicazione non
cercherò mai di presentare la fede cristiana, evitando determinati argomenti
più difficili, come è la croce del figlio di Dio, la morte d Gesù.
Non
cercherò discorsi popolari per avere successo, andrò al nocciolo pur sapendo
che non sarò accettato.
Abbiamo un altro passo di Paolo dove scrive, nella 2° Corinzi, dice: non voglio fratelli che ignoriate come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura aldilà delle nostre forze. ( 2 Cor 1,8 )
Deve esserci stata una persecuzione dove Paolo si è vista ormai la morte di fronte.
La pena di morte, la condanna a morte era già stata decretata, quindi si è visto alla fine, ha toccato il fondo.
Immaginiamo la tristezza, la fatica di quest'uomo, ma noi abbiamo ricordato Paolo, ma è la situazione di tanti Santi, di tanti missionari, di tanti cristiani nei momenti della vita, lo sperimentiamo tutti.
Ecco, tornando a Gesù, noi vogliamo ancora notare che la gente del suo paese forse si aspettava qualche cosa di più da Lui, quando noi parliamo dobbiamo sempre tenere presente che ci sono delle aspettative.
Cosa si aspettava forse la gente del suo paese? Beh, la gente si aspettava forse qualche miracolo, in fondo, il Vangelo non lo dice, ma, vi faccio un esempio, così capite al volo.
San Giovanni Rotondo qualche decennio fa era un insieme di case vecchie, di baracche, adesso se andate a San Giovanni Rotondo trovate una selva di gru per costruire case nuove, alberghi, ristoranti.
Cosa vuol dire questo? colpa di Padre Pio? no, ma comunque la gente del suo paese lo sa che, se Gesù fa miracoli, porta benessere tanto già nei miracolati.
La gente arriva, e quelli del suo paese possono gestire queste dimensioni.
Non pensiamo che sono solo cose di oggi, perché dovunque c'è uno che attira, un miracolo, una presenza del divino e dello straordinario, la gente corre: è sempre stato così.
Quindi la gente può dire: ma perché l'hai fatto a Cafarnao, fallo qua, sei cresciuto qua con noi….
Ecco, quindi la gente si aspetta, potremmo dire, di accaparrarsi Gesù e quel tentativo è quello di dire: tu sei uno dei nostri, se lanci dei messaggi è perché sei qui con noi.
Gesù non accetta questo, Gesù non accetta di essere inscatolato dalla gente del suo paese per le aspettative che hanno loro, magari buone, ma anche egoistiche, Gesù è libero.
Da una parte c'è una aspettativa molto meschina della gente, che si aspetta chissà che cosa, dall'altra c'è una libertà infinita di Gesù, che ha il coraggio di dire picche agli abitanti del suo paese, e quando dico 'paese' non dico Torino.
Conosceva tutti nome e cognome, vita, morte e miracoli, è vissuto lì per trent'anni e sono quattro case in tutto.
Quindi Gesù non si lascia catturare dalle loro aspettative, è talmente libero che non ha paura di un fallimento, perché comunque ha una missione più grande.
Gesù non accetta di annacquare il messaggio del Vangelo pur di avere la popolarità, Gesù è uomo libero.
Quando parliamo della libertà di Gesù dobbiamo fare attenzione, perché anche noi qualche volta abbiamo una cosa da dire e la diciamo dritta fino in fondo, perché siamo liberi.
Ma qualche volta il nostro opporci con arroganza o con fermezza non è dettato da una libertà interiore, è dettato magari da una presunzione o da una voglia di presentarci e di sorpassare l'idea dell'altro.
Gesù non è così. Io penso che ciascuno di noi deve in qualche modo, pensando al proprio modo di parlare di Gesù, di annunciare Gesù, mettersi con la libertà di Gesù a fianco, cioè in fondo noi non siamo chiamati a fare, ma ad avere Gesù nel nostro cuore e sapere che questo Gesù ha questa libertà profonda.
Cosa vuol dire libertà? che Gesù ha dentro di sé il cuore di Dio, Gesù sa di stare dalla parte di Dio, Gesù non cerca il miracolo, siamo usciti dalle tentazioni e le tentazioni di Gesù sono proprio questo desiderio: converti la gente facendo dei miracoli.
Converti, cioè fai dei segni, fa' sì che queste pietre diventino pane per dare pane, cioè fai dei miracoli, usa la bacchetta magica, i tuoi poteri che hai come Figlio di Dio per convincere, per strafare, la gente non può che credere.
Gesù mai accetta il ricatto di fare il miracolo, perché la gente gli creda.
Sembra davvero così, ma di solito non è così.
Gesù compie dei segni perché capiscano che il tempo del Messia è arrivato, ha mandato a predicare ai poveri la Buona Novella: i ciechi ricuperare la vista, dà la libertà agli oppressi.
Quando Gesù guarisce un cieco lo fa prima di tutto pensando che questo è un segno che Lui è il Messia, perché nel tempo del Messia i ciechi devono guarire, gli zoppi camminano attraverso la presenza del Messia.
Ma Gesù di solito chiede la fede, tanto è vero che al suo paese perché non fa miracoli? perché non gli credono.
Il motivo fondamentale perché Gesù non fa i miracoli è perché la gente non gli crede.
Allora potremmo dire: ma come? fa i miracoli perché gli credano?
Si, Gesù chiede almeno un po' di fiducia, non chiede una fede completa, ma almeno di fidarsi di lui, e sempre quando Gesù compie dei miracoli trova qualcuno che comunque gli chiede una guarigione materiale, attraverso quella il Signore lancia anche una guarigione spirituale, che in fondo è fidarsi di lui.
Ecco, noi vogliamo confrontarci allora con questo atteggiamento del Signore.
Forse voi pensavate che nel Vangelo ci fossero tutte pagine di un Gesù che porta avanti il suo Vangelo, la sua notizia, il suo messaggio.
E invece poi a Cafarnao guarisce un indemoniato, guarisce la suocera di Simone.
Comincia a fare delle guarigioni collettive, c'è la pesca miracolosa.
Un po' cambia la situazione, ma la prima predica di Gesù, quella che ci dice il comportamento tipico di Gesù è un fallimento.
Noi potremmo dire: ma la vita di Gesù nel senso della predicazione del Regno, è un fallimento?
Umanamente parlando si, noi guardiamo quanta gente c'è sotto la Croce a difenderlo, la vita di Gesù è un fallimento come predicatore, come annunciatore, nonostante tutti i miracoli, nonostante tutte le prediche, tutti i miracoli.
Alla fine comunque, finché non arriva la Resurrezione e il dono dello Spirito Santo, la Chiesa non nasce, la fedeltà a Gesù non può nemmeno partire.
Ecco, questo è lo stimolo che troviamo nel Vangelo, io poi volevo, per poter concretizzare un pochino, riprendere qualche spunto dalla Lettera Pastorale che già avete anche intravisto: il nostro Cardinale ha lanciato dei messaggi, tutto sommato anche molto semplici, non dice niente di nuovo, il Cardinale ci invita comunque a ripensare al nostro atteggiamento missionario.
Diciamo subito che forse noi, come cristiani in questo secolo, abbiamo perso l'abitudine alla missionarietà, cioè non rientra nel nostro modo di essere cristiani.
Mentre per gli Apostoli e tutte le prime comunità cristiane, essere cristiani significava comunque, fare seguaci per aumentare la gente in chiesa.
Fare cristiani è ben diverso, ma per un bisogno trasmesso, di aiutare gli altri ad arrivare alla verità.
Noi abbiamo perso questa abitudine, Perché l'abbiamo persa? perché in fondo ci siamo ritenuti parte di un paese dove tutti sono cristiani.
Cosa potevamo annunciare di nuovo? dovrò coltivare la catechesi, dovrò nutrire la formazione, la crescita delle nuove generazioni, ma si trattava forse solo di introdurre in una vita cristiana che comunque già c'era, ma non come idea missionaria.
Missionario chi era o chi è per tanta gente? È ancora quello che parte e che va col crocifisso oltre oceano, lascia la propria casa.
Quindi la parola "missionario" era relegata per qualcuno.
Oggi ormai per principio la Chiesa ci ricorda, soprattutto nella nostra cultura europea occidentale, che l'elemento missionario dev'essere l'elemento stesso della vita cristiana, quasi puoi misurare il tuo essere cristiano in base a quanto tu riesci a trasmettere.
Non dico quante persone riesci a convertire nell'arco della tua vita: questi sono i risultati, lasciamoli al Signore, ma comunque come tu ti poni nei confronti degli altri.
Noi abbiamo perso questa abitudine. Dovessimo dire a dieci cristiani presi a caso: "andate e evangelizzate", come facciamo? cosa facciamo? prendiamo il catechismo, la Bibbia? cosa facciamo? lo fanno i Testimoni di Jehova, noi abbiamo perso questa abitudine, che deve essere nostra, non dei Testimoni di Jehova.
Ecco, il Cardinale dice innanzitutto che bisogna evangelizzare con un nuovo stile: lo stile specifico dei santi piemontesi tutti legati, sembra una costante, alla carità, alla concretezza del messaggio, quindi lo stile deve essere un entusiasmo che produce questa luce, questa azione concreta verso le persone, verso l'umanità.
In due capitoletti, dice: "che cosa favorisce l'azione missionaria della Chiesa?" e dopo che cosa la ostacola? richiama un attimino questi punti che penso ci danno delle indicazioni concrete.
Dice che l'azione missionaria della Chiesa è favorita soprattutto ed essenzialmente dalla fede viva ed autentica, quella che San Paolo chiama "la fede che opera per mezzo della carità".
Quindi la fede è, secondo il Cardinale "affidamento al Dio di Gesù Cristo" da parte del credente e nello stesso tempo è assenso convinto e totale a ciò che la Rivelazione divina ci propone.
Quindi c'è un affidamento a Gesù e c'è un assenso interno ed esterno a ciò che la Rivelazione propone.
Quindi la fede cristiana, prima di essere, come abbiamo già detto, una dottrina, prima che essere una religione, prima che essere un insieme di norme morali, è , prima di tutto, una fede, cioè una relazione personale con una persona, è fiducia in una persona, che è Gesù Cristo e attraverso Lui alla Trinità intera, a Gesù Cristo che rivela il Padre e ci dona lo Spirito Santo.
Quindi dice: il primo modo di essere missionari è quello di rafforzare la propria fede, la fede va nutrita, il Cardinale lo ricorda, con la Parola di Dio, con la preghiera assidua, con i sacramenti, col tentativo di tradurre in una vita coerente ciò che si professa.
Quindi sono le solite cose che conosciamo, non c'è niente di nuovo su questo punto.
Ecco, poi, nel punto 7, dice: "Che cosa ostacola l'azione missionaria della Chiesa?
Perché non riusciamo a convincere, non riusciamo a portare i nostri ragazzi ad un rapporto personale con il Signore?
Perché non riusciamo a coinvolgere altri adulti, altre famiglie, perché?
I nostri gruppi si restringono sempre più, perché?
Prima di tutto, dice, non dobbiamo stupirci se siamo partiti da questo per non stupirci, in fondo è normale che sia così.
Oggi leggeremo nel Vangelo una frase in questo senso anche molto paradossale.
Lo stesso Gesù che dice: "Andate in tutto il mondo, fate discepoli tutte le genti, dice anche: "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo, quindi c'è una menzogna, mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi.
Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Cioè Gesù dice: Beati voi quando vi metteranno i piedi in testa e vi non riuscirete neanche a portare il vostro messaggio.
Gesù dice: fortunati voi, beati voi.
Quindi il fatto che ci siano degli ostacoli è normale: hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi.
Voi sapete che una delle caratteristiche della Chiesa, che Paolo VI voleva aggiungere anche nel Credo mi sembra: la Chiesa è una, santa , cattolica, apostolica, la Chiesa, se è Chiesa, è perseguitata.
Quindi "Guai a noi" quando non siamo perseguitati, Gesù dice: "Beati voi quando siete perseguitati".
Quando non siamo perseguitati da nessuno, vuol dire che forse, non dico che non stiamo aggredendo con la radicalità del Vangelo, ma forse abbiamo annacquato anche il nostro presentare la fede, per cui presentiamo o qualche cosa che va bene a tutti, abbiamo già scremato i punti che possono dar fastidio, per cui presentiamo un messaggio che non disturba le coscienze, non invita a cambiare vita.
Quindi qual è il primo punto, dice il Cardinale, che ostacola l'azione missionaria della Chiesa?
Dice: bisogna convincerci che il primo punto, il primo ostacolo non è all'esterno, ma è all'interno delle nostre comunità, spesso la nostra fede non è sufficientemente fondata.
Quindi il primo punto che ostacola è proprio la nostra fede non motivata e non fondata: c'è una carenza di formazione e di spiritualità biblica.
È impressionante in alcuni casi la forte dissonanza fra fede e vita: ci si professa cristiani e nello stesso tempo ci si adagia su stili di vita chiaramente in contrasto col Vangelo.
Molti poi inducono la fede, e questo lo sappiamo bene, almeno in parrocchia, alla partecipazione saltuaria a qualche pratica religiosa, mentre poi l'orientamento della vita è in tutt'altra direzione.
Quindi le nostre controtestimonianze di cristiani di questo tipo non potranno mai sfociare in evangelizzazione e conversione.
Il secondo elemento che blocca è il peccato, sono i nostri peccati, i peccati degli uomini che pesano come elemento negativo nella storia, soprattutto i peccati dei credenti. è ancora una controtestimonianza dei credenti stessi.
I problemi non sono in chi non ci ascolta, il problema siamo noi, sto parlando a credenti, ma dal punto di vista del cristiano noi dobbiamo saperlo: il problema non è mai la chiusura dell'altro, ma il fatto che io non sono ancora così santo da poter trasmettere il mio amore al Signore.
Quindi il Cardinale ricorda i tanti modi di pensare dei cristiani che diventano idolatrie del mondo, idolatrie del profitto ad ogni costo, il guadagno, il potere, la affermazione di sé, il farsi largo nella vita schiacciando gli altri, la ricerca del piacere in sostituzione dell'amore.
Ecco, penso che abbiamo già parecchi punti per verificare la nostra testimonianza, penso sia importante sempre sapere il perché.
Perché io devo parlare di Gesù Cristo? tanto ci salva tutti alla fine lui, perché io devo andare a insegnare, a scombussolare l'esistenza, tanto il Signore sa, c'è l'ignoranza, c'è il sacramento, c'è la buona fede: perché io devo annunciare, non posso star zitto, come dice Paolo, "Guai a me se non predicassi Cristo".
Fondamentalmente perché noi sappiamo che Cristo è la verità dell'uomo e non solo, come dice il papa, ha la verità, la parola giusta sull'uomo e sappiamo che l'uomo è stato creato sin dall'eternità ad immagine di Gesù Cristo.
Noi siamo stati creati e predestinati sin dall'eternità per essere ad immagine del Figlio, per essere seguaci del Figlio, quindi quello è il progetto di Dio , che io lo sappia o non lo sappia quello è il progetto di Do per l'umanità.
Il fatto che io sappia o non sappia questo deve riempirmi di responsabilità e deve in fondo farmi realizzare ciò che Paolo dice nella frase che noi abbiamo nella nostra chiesa lì ai piedi dell'altare: "instaurare omnia in Cristo", il compito del cristiano è "ricapitolare".
I capitoli sono quelle assicelle che avvolgono i papiri, le pergamene, quando la pergamena viene avvolta nei rotoli, viene ricapitolata.
Quindi cosa vuol dire "ricapitolare tutto in Cristo"?
Vuol dire riavvolgere la nostra vita, le situazioni che ci coinvolgono, la cultura, il pensiero e avvolgerlo sempre più intorno al Cristo perché comunque la fine della storia sarà Cristo, che non sarà solo giudice della storia, ma tutta la storia sarà ricondotta a Cristo.
Il Signore ci chiede, proprio perché siamo consapevoli di questo progetto di Dio, ci chiede di sentirci corresponsabili di questo annuncio, il Signore ha questo progetto, ma chiede all'uomo la collaborazione, non fa nulla senza la nostra cooperazione.