Ritiro del 6/10/2002
1 - Il laico consacrato non appartiene più a sé
2 - Primato di Cristo nella nostra vita
3 - Ritornare alla Parola del Signore
4 - Incarnazione applicata alla vita
5 - Il Verbo si fa carne
6 - Siamo tutti chiamati alla santità
7 - Noi diciamo: "Signore, facci santi", ma non adesso
8 - Discorso individuale
9 - Che cosa comporta la santità?
10 - Considerare gli altri superiori a se stessi
11 - Se tu hai occhi che cercano il bene
12 - Adesso tu sei il Corpo di Cristo
13 - Quando decidemmo di seguire Gesù
14 - "Cristo vive in me"
15 - O vivi per Cristo o vivi per te stesso
16 - Attenzione solo su di Lui
17 - La rassegnazione
18 - Convinto di quello che fai
19 - Mistero della comunione dei santi
20 - Ama ciò che Dio ha amato
21 - Consacrare le realtà del mondo
22 - Signore, ti consacro il mio riposo
23 - Quando tu sarai santo
La misericordia di Dio si rivela nella sua Incarnazione e il laico consacrato non appartiene più a sé, ma a Colui che l'ha consacrato, per questo riflette nelle realtà secolari l'amore di Cristo per il mondo.
Quanto tempo abbiamo? due settimane? perché un tema di questo genere dovremmo parlare come minimo per due settimane e devo dire che Leandro certe volte lo fa un po' apposta a mettere dei temi così ricchi per cui c'è la possibilità di spaziare lungamente.
Ma noi sappiamo che siamo alla domenica pomeriggio, dopo un simpatico pranzetto che ci vede tutti affaticati e desiderosi di cogliere qualche frutto.
Quindi cerchiamo proprio di aiutarci a vicenda affinché questo tempo di meditazione possa essere fruttuoso.
Certo si potrebbe vivere questo tempo di riflessione affrontando i grandi temi sotto un ordine o un taglio prettamente filosofico-teologico, ma, sebbene questo sia importante e in qualche occasione abbiamo già potuto approfondire vari di questi temi e varie sottolineature, c'è da domandarsi se questo sia il modo più consono per avvicinarsi a temi di questo genere.
Io stesso in alcune occasioni mi domando veramente se i ritiri che noi viviamo insieme e il modo in cui noi viviamo questi ritiri abbiano una portata e una efficacia pari alle nostre aspettative, cioè a dire, c'è da domandarsi veramente se questi ritiri sono efficaci o non lo sono.
Probabilmente in tante occasioni noi sappiamo che dobbiamo vivere il tempo del ritiro, ma non sempre siamo così disposti a lasciarci permeare da questo lievito efficace che è la parola del Signore.
Forse tante volte ci parliamo sopra la testa, forse sappiamo che dobbiamo avere un discorso il più ricco possibile e in tanti casi anche dotto, ma con il risultato e il pericolo che tutte queste riflessioni, queste considerazioni sulla storia della teologia, sul magistero ci lascino tutto sommato insensibili.
Sarà forse che siamo saturati di verità, sarà forse il tempo in cui noi dobbiamo veramente dare più spazio al silenzio.
Non sarà forse il caso che noi si valuti seriamente la necessità di domandare individualmente a noi stessi se c'è un primato di Cristo nella nostra vita.
Dopo una frase di questo genere mi aspetto tutti i fulmini del mondo.
Ma meno male che questa domanda prima la faccio a me stesso ed è, come possiamo dire, la domanda fondamentale di ogni cammino che si dice autenticamente cristiano.
I Documenti della Chiesa, le riflessioni, i grandi spiritualisti ci spingono in tutti i modi a riflettere sul modo di applicare la vita cristiana nel concreto.
Sta di fatto che noi ci aspettiamo dei frutti e questi frutti a volte tardano a maturare, non che non ci siano, ma restano ancora acerbi.
Non sarà forse il caso che noi si ritorni un po' a rendere salde le fondamenta del nostro cammino?
Probabilmente la necessità di ritornare alla Parola del Signore dovrebbe essere da ciascuno di noi considerata come un qualche cosa di fondamentale.
Tornare alla genuinità e l'autorità della Parola del Signore indica ed esige principalmente che ci sia un atteggiamento nostro individuale che sia molto chiaro su questo punto.
Noi certamente possiamo parlare, riflettere, contemplare i maggiori misteri della vita di Cristo e quale rilevanza essi abbiano nella nostra vita individuale e comunitaria, ma prima di tutto è necessario che noi si abbia la chiarezza di quali sono i nostri intendimenti.
Per dirlo in un modo molto semplice: che cosa veramente vogliamo?
Più semplice di così io non saprei dirlo, perché credo che sia la cosa fondamentale per questo motivo ho preferito che oggi ci basassimo molto sulla Parola del Signore.
Ora, su quello che riguarda il mistero della Incarnazione di Cristo abbiamo già visto i molte occasioni la portata, la rilevanza lo splendore di questo mistero di un Dio che si china verso l'uomo fino al punto di assumere la natura umana.
Abbiamo considerato in varie occasioni le sfaccettature e i risvolti di questo meraviglioso mistero, ma c'è una seconda parte del titolo della riflessione di oggi che ci interpella in prima persona, in quanto dice: "Il laico consacrato non appartiene più a se stesso".
E ora forse la domanda sarebbe da porre in questi termini.
"Chi è il laico?" Il Diritto Canonico del'17 diceva su questo punto che sono laici tutti coloro che non sono consacrati, dicendo "consacrati" tutti coloro che hanno un ministero sacerdotale all'interno della Chiesa, quindi religiosi e secolari.
Però noi ci rendiamo conto che in questa prospettiva l'Unione Catechisti si pone in una situazione nuova prevista, voluta dalla Chiesa, pone il vostro essere consacrati nel mondo come laici consacrati.
Io direi, come giustamente Leonardo faceva un po' rilevare prima dall'impressione ricevuta a riguardo della canonizzazione del Beato Mons Escrivà de Balaguer, fondatore del'Opus Dei, io direi che il fatto che in questa domenica 6 ottobre ci sia stata questa canonizzazione e sempre in questa domenica si sia addivenuti alla necessità di trovarsi per un Ritiro e trovarci a riflettere su un tema di questo genere io penso sia più di una coincidenza.
Io penso che ci sia veramente un disegno della Provvidenza che ci invita a scoprire un aspetto importante tra la spiritualità presentata da questo nuovo Santo e la spiritualità che si vive all'interno dell'Unione Catechisti.
Non pensate che nella Chiesa si debba per forza trovare delle spiritualità nuove e diverse.
Si trovano sempre delle nuove personalità che applicano alla concretezza della vita l'unica spiritualità, che è quella della Incarnazione, vista in aspetti diversi, con sottolineature diverse, con sensibilità diverse, ma l'unico mistero che noi cerchiamo di incarnare quotidianamente è quello dell'Incarnazione.
Parlare del mistero dell'Incarnazione applicato alla vita del laico significa sicuramente prendere le mosse dal valore del nostro Battesimo.
Il nostro Battesimo ci rende dei consacrati, prima ancora di ogni altra consacrazione e non pretendo di dire delle cose nuove: fanno parte del catechismo, del Magistero della Chiesa, però abbiamo bisogno di confermare questa realtà con una visione con termini molto semplici.
Questo Battesimo che produce in noi questa consacrazione indelebile è ciò che dà la mossa a tutto il nostro agire cristiano, è ciò che ci dovrebbe far dire, insieme al Cottolengo, "Caritas Christi urget nos" è l'amore di Cristo che ci spinge, l'amore di Cristo che abita dentro di noi ci spinge, è l'Incarnazione.
Vedete, l'Incarnazione ha prodotto molti effetti e molti risvolti, ha sicuramente prodotto fisicamente la presenza del Verbo in mezzo agli uomini, nella storia degli uomini, ma è solo per questa Incarnazione che ha potuto incominciare ad esistere la Chiesa ed è solo per mezzo di questa Incarnazione che lo Spirito Santo ha potuto essere infuso negli uomini perché è lo Spirito di Cristo: Cristo si fa uomo, questo spirito abita nell'uomo.
Ci rendiamo conto che il mistero dell'Incarnazione non si conclude con la vicenda terrena di Gesù il Cristo, ma si inaugura con la sua vicenda terrena.
Il Verbo si fa carne per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria , da quel momento si inaugura il tempo della Incarnazione: Dio che abita nella carne dell'uomo.
Certo sarebbe molto riduttivo che noi ci fermassimo a considerare l'Incarnazione di Dio nella semplice persona fisica di Gesù il Cristo.
È bello invece poter ampliare l'orizzonte e considerare come la sua presenza misteriosa si estende di generazione in generazione non solo nell'adorabile mistero eucaristico, ma molto di più in questo mistero sconvolgente che si chiama Chiesa e di cui tutti noi facciamo parte.
E questo mistero che si chiama Chiesa, che è il Corpo di Cristo, è in realtà Gesù Cristo.
San Paolo spiegherà con l'immagine del corpo: Cristo è il capo e noi siamo le membra, ma dall'incarnazione fino alla fine dei secoli, di generazione in generazione, noi siamo Chiesa, cioè siamo il corpo di Cristo, cioè siamo Cristo.
Ecco dunque come in qualche modo il laico non è più laico, allora forse l'idea di laico va un pochino modificata, non più come una contrapposizione tra ministeri diversi, cioè il ministero sacerdotale ordinato che è il mio e il ministero ordinato battesimale che è il vostro.
Si tratta di vivere il sacerdozio che fa parte del nostro Battesimo in un modo autentico e completo.
Non c'è da stupirsi di tutto questo, non c'è da stupirsi che José Maria Escrivà de Balaguer non si facesse alcuno scrupolo nel proclamare questa assoluta verità, che non è mica sua, è di tutta la Chiesa, ed è proprio la verità su cui oggi torniamo a riflettere, sull'assoluta necessità e priorità della nostra salvezza, della nostra santità.
Una verità che il Concilio ha solennemente proclamato dicendo che tutti i fedeli cristiani sono chiamati alla santità.
Ma noi sottolineiamo ancora di più l'enunciato del Concilio dicendo: "Va bene, siamo tutti chiamati alla santità, siamo d'accordo, ma una cosa è la chiamata e l'altra cosa è la risposta".
Penso che in un giorno di Ritiro come il nostro il Signore non si aspetti da noi che semplicemente ci mettiamo a contemplare il suo enunciato, che Lui dica: "Siate santi perché io sono santo, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli".
Mi sta tanto bene e ci sta tanto bene che il Signore ci abbia detto questo e possiamo dirgli "Uh che bella frase che hai detto Signore", ma non risolviamo nulla finché ci fermiamo a questo punto, bisogna che a questa frase del Signore succeda una ulteriore frase nostra: dobbiamo deciderci per la santità.
Non è necessario che vengano cinquecento predicatori diversi uno dall' altro per dirci tutti la stessa cosa e cioè "È ora di farsi santi" perché lo sappiamo, lo sappiamo che dobbiamo farci santi, tutti siamo d'accordo, non trovo neanche una persona che non mi dica "è vero, dobbiamo farci santi", mentre troverò un sacco di persone che mi diranno "ma non subito".
Proprio come faceva Agostino quando chiedeva al Signore di essere liberato da un peccato o da un vizio e dentro di sé una vocina silenziosa, che sentiva solo il suo inconscio, diceva: "ma non subito Signore".
Quando un giorno si arrabbiò con il Signore "ma come, io voglio essere liberato da questa catena" e il Signore gli fece capire, ma come Agostino, non ti rendi conto di quello che mi dici tutte le volte che preghi in questo modo? e allora te lo faccio sentire, tu mi dici "Signore liberami" e subito dopo una vocina sottile mi dice "ma non subito".
Invece io mi devo domandare: ma perché non adesso, che cosa me lo impedisce? il passato, il presente? il futuro?
le altezze, le profondità, le creature, le malattie, la nudità, il pericolo, la spada?
direbbe San Paolo nella Lettera ai Romani. ( Rm 8,35 )
Tutte queste cose hanno potere su di me solo se io glielo lascio, solo se io do credito a tutte queste cose, ma sono io che decido, sono io che decido fino a che punto dare peso a tutte queste cose.
Invece il cammino del laico consacrato nel mondo, lo dice la parola, è uno che non appartiene più a sé il consacrato è uno che ha preso la propria libertà e l'ha nascosta nel cuore di Cristo.
È squarciato questo cuore perché esca sangue e acqua? sì, ma anche perché entri dentro quel cuore la nostra offerta.
Non credo che noi dobbiamo fare dei discorsi chissà quanto dotti per capire questa verità, invece è necessario che noi si abbia il coraggio e la freschezza e la giovinezza perenne dello spirito che ci spinge a dire:perché no?
Che cosa me lo impedisce? a che cosa io mi sottometterò? da chi o da che cosa io mi lascerò comandare?
Sempre Lettera ai Romani, ( Rm 8,16 ): Non sapete voi che se vi sottomettete a qualunque cosa siete sottomessi a quella cosa a cui vi sottomettete, allora il discorso che io sto impostando in questo momento non è principalmente un discorso di carattere comunitario.
Prima di essere comunitario deve essere un discorso individuale.
Individualmente davanti al Signore ti presenterai oggi: è il momento del silenzio, non del vuoto, è il momento del pieno, è il momento in cui tu vai da Lui e il tuo cuore trabocca, ma trabocca di che cosa?
Del tuo passato, del tuo presente, del tuo futuro, delle tue aspirazioni dei tuoi disagi, delle tue delusioni, di qualunque cosa, ma il momento del traboccamento. il momento del pieno, "effonde il mio cuore in liete parole, la tua bocca è come uno stilo di scriba veloce, tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia" recita il Salmo della domenica.
Qui urge veramente una presa di coscienza forte per tante, tante, tante ragioni, forse anche per il colore dei nostri capelli, che ci fa pensare a questa profezia.
Questo albero magistrale che sta crescendo, che ha tanti rami, che non può seccare proprio dalla sua radice, è impossibile che secchi oppure che si estingua dalla radice.
È necessario invece essere così convinti dell'amore che Cristo ha avuto per ciascuno di noi, da dare una svolta così radicale alla nostra vita, da renderci completamente santi.
Quando la vita di un laico consacrato diviene così santa da essere tutta ripiena di lui, contemplato e adorato nelle sue cinque Piaghe, con la sua promessa di salvezza, con la sua Resurrezione e con tutto ciò che essa comporta e fa parte della spiritualità della Chiesa Cattolica in cui noi tutti siamo inseriti, è chiaro che dove c'è una personalità fortemente spirituale, fortemente innamorata di Cristo, cioè una personalità santa, attira attorno a sé un grande seguito.
Non c'è necessità prioritaria, o che venga prima di questa necessità.
Aldilà di tutte le efficienze che possiamo avere o possiamo non più avere nell'esercizio della nostra carità apostolica nella scuola, nella catechesi, in qualsiasi esperienza, prima di tutto questo è necessario che noi si sia persone fortemente spirituali, santi.
Comporta una decisione ferma, il primato è quello della carità, il primato della carità mi impone di fare delle scelte, mi impone di fare delle rinunce, mi impone di fare dei cambiamenti, mi impone di essere aperto, mi impone tante cose.
Ci sono tante cose che si potrebbero riflettere, si può leggere l'Inno alla carità, in questo tempo di silenzio pieno di Dio.
Se il primato è quello della carità, vuol dire che è il primato di Dio dentro di te.
Che cosa vi potrei suggerire da leggere, guardate un po' qui nella Lettera ai Filippesi, ( Fil 2,1 ) sentite solo che parola: "Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo".
Sentite Paolo con quale amore sta parlando ai suoi cristiani di Filippi: "Se c'è conforto derivante dalla carità ( la carità porta conforto, edificazione vicendevole, la gioia di vedersi, di non dirsi niente, ma di essere insieme, la comunione profonda che proviene da Dio, quindi il conforto derivante dalla carità, pensate che bello ).
Se c'è qualche comunanza di spirito, e notate che qui spirito è scritto con la "s" minuscola perché non si tratta del divino Spirito Santo, ma si tratta dello spirito di ciascuno di noi,c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, quindi aspetto umano, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti.
Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso".
Non significa affatto che io debbo cadere in un senso di inferiorità perché qui dice chiaramente "con tutta umiltà", cosa significa "con tutta umiltà" considerare gli altri superiori a se stessi?
Semplice: guardare il bello che c'è nel fratello o nella sorella, che è accanto a te e restarne affascinato, e poi dire: "ma che bell'atteggiamento, ma guarda come ha agito bene, guarda come ragiona bene, ma guarda come si sforza, voglio fare la stessa cosa".
Questo vuol dire in tutta umiltà considerare gli altri superiori a se stesso.
Non avere paura di tutto o sentirsi umiliato, perché l'altro è migliore di te, non sei umile se pensi questo.
Invece devi gioire dell'esempio bello che una persona che è intorno a te ti sta dando perché è un aiuto che il Signore ti sta dando, ti dice: "Ecco, per aiutarti ti metto vicino questa persona che ti dà un esempio bello, apri gli occhi, impara e fai anche tu la medesima cosa."
La vita spirituale non si improvvisa, la vita spirituale si scruta e si costruisce faticosamente perché si tratta di lavorare su noi stessi e in tanti casi contro la tendenza della natura umana che è quella di non sforzarsi mai.
La tendenza della natura umana è quella di dire che va sempre tutto bene, che non hai bisogno di sforzarti per cambiare.
Invece la giovinezza dello Spirito Santo ci invita a essere sempre pronti e attenti, a scrutare intorno a noi.
Ho sentito qualche volta un proverbio, non so se è un proverbio o qualche cosa del genere in cui si diceva: "Guarda che il lavoro lo si ruba con gli occhi", lo conoscete meglio di me sicuramente, si impara guardando.
La santità la si ruba con gli occhi, non è necessario che tu dinnanzi a te abbia un santo, è sufficiente che tu abbia gli occhi, perché se tu hai gli occhi, e sono gli occhi che cercano il bene, allora tu intorno a te riuscirai a vedere il bene, anche in una persona che tutti disprezzano.
Certo bisogna avere gli occhi di Gesù, Gesù andò in quella casa di quello scriba, di quel dottore della legge e quello scriba e quel dottore della legge non vedeva una donna pentita, vedeva una pubblica peccatrice, ma Gesù aveva altri occhi e non vedeva la pubblica peccatrice, vedeva il cuore di quella donna a tal punto che costrinse il dottore della legge a guardare in un altro modo.
"Ho da dirti una cosa, tu non mi hai accolto con amore, lei sì, lei mi cerca con amore, non con passionalità, con amore, per questo a lei sono perdonati i peccati.
Impara Simone, non è l'esterno, è l'interno quello che conta e devi avere gli occhi per renderti conto dove passa l'azione discreta e potentissima dello Spirito, allora capisci che tutto diventa grazia, che tutto diventa la possibilità per te di una autentica santificazione e tu diventi veramente il prolungamento della incarnazione di Cristo nella storia degli uomini.
Gesù Cristo sulla terra adesso ha solo le tue mani, i tuoi piedi, i tuoi occhi, la tua bocca, quando tornerà lo vedremo, ma per adesso tu sei il Corpo di Cristo, sia come comunità ecclesiale, religiosa sia come singolo individuo, tu sei il Cristo.
È fondamentale che si ritorni a considerare la forza di questa affermazione.
Non lo so, può darsi che questa affermazione, magari anche espressa in modo diverso, sia stata all'origine della vostra vocazione, poi ognuno ha la sua storia personale.
Però è innegabile che una affermazione di questo genere, quando viene presa autenticamente, ha una forza dirompente, è capace di schiodarti dai tuoi limiti, dalle tue debolezze, dalla tua condizione concreta ed è capace di scagliarti a delle altezze vertiginose.
Ora, l'incontro di oggi non è fatto perché noi ci maceriamo nel dolore del rimorso per tutte le volte che non siamo stati in grado di rispondere a questa vocazione.
L'incontro di oggi io vorrei che fosse invece un incontro di speranza, un incontro in cui, lontani dal tran tran della settimana, in questo luogo silenzioso, con la possibilità della cappella, della meditazione, del deserto, di tutto quello che si vuole, si abbia veramente il coraggio di ritornare indietro nel tempo e di rinfrescare l'autorità di questa parola che è stata così forte nella nostra vita da darci il coraggio di desiderare delle altezze vertiginose, notate bene, nonostante noi stessi.
Quando quel giorno decidemmo di seguire Gesù Cristo nella sua divina umanità, nella sua crocifissione, in tutto ciò che esso comporta, noi abbiamo visto la nostra debolezza forse con una grande chiarezza.
Ma questo non ci ha affatto impedito di uscire da noi stessi e dai limiti che noi conosciamo bene su noi stessi e ci ha scagliati con l'entusiasmo che è l'amore di Cristo a seguirlo così come siamo: sarà poi Lui e la sua grazia a fare di noi quello che Lui vorrà, nella misura in cui noi desidereremo rispondere al suo appellativo che ci dice "Ho sete".
Il Ritiro di oggi non è il solito Ritiro mensile, è la rifondazione.
Non sto parlando della rifondazione dell'Unione Catechisti, sto parlando della rifondazione della tua vocazione, il rinsaldarla, il rinvigorirla, quindi questo è un momento che prelude a grandi speranze.
"Quando sono debole è allora che sono forte" diceva Paolo quando in catene veniva trascinato da una parte all'altra dell'impero, in attesa di essere giudicato.
E allora non si può cedere alla tentazione dello sconforto, bisogna essere invece autenticamente convinti della nostra condizione profetica.
Il profeta è colui che fissa lo sguardo in Gesù e da questo sguardo interpreta tutto il resto della realtà, non in modo rassegnato dicendo: "eh, ormai è così", ma in un modo autenticamente efficace, straordinariamente potente.
Come fare concretamente? Beh, qui ognuno per sé deve valutare nella propria giornata, negli impegni che ha, il modo più semplice e concreto per non dimenticare questa verità: "Cristo vive in me".
Questa è la realtà. La seconda parte: "Io vivo in Cristo". Allora non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me.
Primo esercizio: cercare e stanare per combatterli, per eliminarli da noi, tutti i nostri attaccamenti: il Signore ci vuole delle persone libere, persone che non sono condizionate da niente.
Uno potrebbe dire "facile dirlo, prova a farlo, quando la malattia ti tocca, quando hai delle difficoltà", credete che io sia esente da tutte queste cose?
C'è forse qualcuno che è esente da queste realtà, che fanno parte della vita umana?
Nessuno, ma tu decidi, Io decido, noi decidiamo a chi mettere la corona in testa. Chi mi comanda?
Lo sappiamo, il cammino di fede non è un cammino impulsivo, non è un cammino emotivo, il cammino di fede è un cammino di volontà, una volontà ordinata ad un fine da raggiungere.
Gesù ti ha affascinato, "Per le sue piaghe sei stato guarito", il Suo sangue ti ha lavato, la Sua risurrezione ti ha spalancato le porte di casa?
Bene, fissa su questo tema, su questa realtà il significato di tutto quello che tu fai, poi, che gli altri ti capiscano, non ti capiscano, ti mettano al centro su un piedistallo agli onori degli altari, ti nascondano, ti denigrino, questo non ti deve proprio più importare perché la realtà è questa: o vivi per Cristo o vivi per te stesso.
Come insegnanti, voi sapete molto bene anche nella pedagogia e nella pedagogia spirituale, sapete molto bene che gli allievi che avete avuto per molti anni, che avete ancora adesso nell'età adolescenziale, sono capaci di avere dei grandi slanci.
In questo periodo un po' di meno perché pare che la capacità di maturazione si sia protratta nel tempo ben oltre i trent'anni ma insomma, se le cose fossero secondo la norma, l'età adolescenziale è l'età in cui uno si slancia, perché tutta la vita si presenta dinnanzi con tutte le sue promesse e quindi i grandi ideali fanno parte della natura umana, di quel particolare periodo della vita.
Poi che ne è di questi slanci, che ne è stato dello slancio che ha dato l'impulso iniziale alla nostra "Sequela Christi"?
È rimasto come un ricordo fondamentale del nostro cammino oppure l'inerzia di quell'impulso continua a spingermi con rinnovato entusiasmo?
Per spiegarmi con una immagine: il carro che è stato spinto quella volta, sta piano piano rallentando perché l'impulso iniziale sta esaurendo l'inerzia? oppure questo impulso continua a essere prodotto e aumentato ogni giorno che passa?
Quello che noi dobbiamo domandarci è veramente se stiamo collaborando in tutto, focalizzando la nostra attenzione solo su di Lui, affinché questo impulso di santità non sia stata una pia esortazione di quell'epoca che noi ricordiamo con tanta poesia, tanto sentimento "Eh,quegli anni sì che avevo tanto entusiasmo, ma poi l'esperienza della vita, le ferite, le delusioni hanno contribuito a frenare l'impulso iniziale".
Ma cosa credete, cosa dice la Scrittura? Se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione, non è una novità, anzi, io avrei paura di una persona che è sempre entusiasta e che non trova e non ha intorno a sé nessun tipo di difficoltà, o vuoi anche di persecuzione.
José Maria Escrivà de Balaguer non ha forse avuto opposizioni, perplessità, contraddizioni, accuse gravi e infamanti?
Trovatemi qualsiasi grande personaggio che sia un esempio per la cristianità, un santo, ma ditemi se non ha mai avuto delle opposizioni.
Ma quanti Fondatori di Ordini religiosi, di esperienze spirituali sono stati cacciati via dalla Congregazione che avevano fondato.
Mi pare che me lo dicessi tu sabato, stavamo facendo delle considerazioni su questo genere.
È normale che nel cammino umano possano esserci delle difficoltà.
Invece è nel cammino divino che, nonostante queste difficoltà non si perda la gioia, che la gioia non ceda mai il passo alla rassegnazione.
La rassegnazione non dovrebbe neanche chiamarsi rassegnazione, dovrebbe chiamarsi accettazione, condivisione, significherebbe "portare su di sé quello che manca alla Passione di Cristo" direbbe Paolo, nel senso che anch'io porto la mia parte di sofferenza a favore del corpo di Cristo.
La sofferenza, le opposizioni, le difficoltà fanno parte della esperienza cristiana di tutti, però ci sono almeno due modi per accogliere o per vivere il tempo della sofferenza con amarezza e con sospetto e invece misticamente con partecipazione, significa nell'umiltà e nel nascondimento essere felici di poter portare con Gesù una parte di fatica nell''essere fedele a Lui, o nell'altro caso significa subire, come il Cireneo, la croce che tu non senti come tua.
Io credo che veramente, sotto questo aspetto, se noi prendessimo sul serio una visione di questo genere, penso che la prima cosa che potrebbe sorgere su di noi sarebbe il sorriso perché, se noi crediamo autenticamente a tutto quello che abbiamo condiviso, allora noi non possiamo essere delle persone che si lasciano condizionare dalla storia propria personale.
Gesù non si è lasciato condizionare da noi stessi per chiamarci, Gesù non è rimasto limitato nel dire "Eh, io ti vorrei chiamare, però sei limitato, sei debole, sei fragile, sei peccatore, non ti posso chiamare, mi dispiace".
Il Signore non si è lasciato spaventare da questo, quando tu gli hai detto "sì" Signore neanche tu ti eri lasciato spaventare da questo.
Se ciò che può frenare il tuo anelito di santità si chiama esperienza,si chiama malattia, si chiama sofferenza, si chiama in qualunque modo tu dai il nome alla tua esperienza, tu devi andare di fronte al Signore e come si dice che non furono i chiodi a tenere Gesù sulla croce, così bisogna anche dire di noi stessi: se noi stiamo a seguire Gesù, perché non possiamo fare nient'altro oppure perché ne siamo convinti.
E se tu sei convinto, se sei veramente convinto di quello che fai, allora che cosa ti può togliere la gioia?
Quando sai che Gesù Cristo ti dice "I vostri nomi sono scritti nei cieli, rallegratevi di questo, tutto il resto viene dopo.
Se tu vivi di questa gioia, della speranza cristiana, che è la gioia di cui tutti hanno bisogno in questa epoca, in questa città grigia che ha perso ogni slancio, ogni prospettiva, in questa città che sta intravedendo vicino un periodo di depressione e di crisi economica, allora tu devi essere un testimone della gioia e della speranza.
Chi ti da questa gioia, questa speranza? Colui che ha dato tutto per te.
Colui che nel mistero dell'incarnazione ha condiviso la sua natura umana con te, di più ancora, ti ha fatto partecipare alla sua natura divina, per cui tu vivi sulla terra, ma già proiettato nei cieli, la tua speranza non si conclude con i limiti della esistenza umana.
La tua speranza è tutta piena di immortalità, tu vivi già nella prospettiva di quello che Dio ha già fatto per te e in te, per cui è proprio lontano da te il riattaccarti a qualche cosa, la soddisfazione ad avere ragione oppure a tante cose che ti sono successe nella vita. Basta, noi siamo liberi in Cristo, liberi e fedeli in Cristo.
Questo vuol dire che la decisione sta nelle nostre mani.
Gesù l'ha già fatto quello che doveva fare, ha già detto quello che ci doveva dire, si tratta di rinfrescare ciò che noi crediamo.
Poi dopo in questa Lettera ai Filippesi, ( Fil 2,4 ) dice delle cose stupende: "Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
Come mai "anche" quello degli altri? vuol dire che cerchi anche il tuo?
No, semplicemente per farti capire che quando tu cerchi l'interesse dell'altro, automaticamente ne ricevi un beneficio tu, perché il Corpo di Cristo è uno solo, se tu benefici il tuo fratello, la grazia che fai entrare nel cuore e nella vita del tuo fratello o della tua sorella giunge anche a te, un po' come nel principio dei vasi comunicanti.
Questo è il mistero della comunione dei santi, il mistero della Chiesa: che tutto ciò che gli altri ricevono lo ricevi anche tu.
"Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù".
Ci pare poco come programma? Direi che è grandioso, ma poi ci sarebbero altri motivi di riflessione.
Pensate nella Lettera agli Efesini, vi leggo qualche stralcio, fatene tesoro nella vostra preghiera personale, abbiate il tempo di leggervi queste frasi: "Di lasciarvi trafiggere dalla potenza della parola di Dio" "Il tempo del silenzio"
"Sia veramente un silenzio pieno di Dio, un tu per tu con il Signore"
Ed ecco che ci parla della nostra situazione, come dice qui: "Il laico consacrato non appartiene più a sé, ma a Colui che l'ha consacrato".
"Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo" dice Paolo agli Efesini.( Ef 2,1 )
"Ma Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere in Cristo".
"Per grazia infatti siete stati salvati." "Con Lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo Gesù per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia, mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Leggetevi questo capitolo 2 della Lettera agli Efesini: c'è tutto il programma.
"Non appartiene più a sé ma a colui che l'ha consacrato" Consacrato per che cosa?
Consacrato vuol dire "reso sacro", ma non da solo, "reso sacro con" vuol dire che Dio viene ad abitare dentro di te, ti rende sacro perché Lui abita dentro di te e questo abitare dentro di te è già una missione: mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della Sua grazia Questo si riflette nella realtà secolare e riflette l'amore di Cristo per il mondo.
L'amore di Cristo per il mondo: tu ami il mondo, non nel senso di attaccati alle cose del mondo.
Ama ciò che Dio ha amato nel mondo e in questo realizzi il valore della tua consacrazione, il tuo sacerdozio di battezzato.
Cosa significa? Consacra a Dio tutto quello che tu vivi. Vivi nella malattia? consacra a Dio questo.
Vivi la solitudine? consacra a Dio la solitudine.
Come faccio a spiegare? dirò questo: Signore, ti offro la mia solitudine al posto di tutti coloro che invece la rifiutano e si ribellano, e mentre gli altri ti maledicono per questa situazione di sofferenza, io invece, che ti amo, te la offro e ti benedico e ti dico "grazie".
Certo non è possibile all'uomo, è possibile a Dio.
Ciò che nasce dalla carne è carne, ma ciò che nasce dallo spirito è spirito, tu puoi fare questo se sei innamorato di Cristo.
Ed ecco la tua opera di consacrazione e il tuo essere laico nel mondo: il consacrare le realtà del mondo, le realtà dell'uomo, tutte le situazioni in cui l'uomo si viene a trovare.
Il sacerdozio comune dei fedeli riguarda questo, il sacerdozio ministeriale riguarda il campo dello spirito ed è un ministero diverso del quale non stiamo parlando, ora stiamo parlando del sacerdozio comune dei fedeli, il laico consacrato è colui che prende sul serio il proprio Battesimo.
"Per le piaghe di Gesù fai passare le realtà del mondo,Vivi in famiglia perché questa è la tua consacrazione, santifica il tuo vivere in famiglia al posto di tutte quelle famiglie che non lo fanno.
Lavori in fabbrica, lavori nella professione, nella sanità, in tutto questo ambito? e chi si ricorda di consacrare a Dio questo ambito?
Signore, ti offro la professione medica, riempila della potenza del tuo Spirito perché qui tu devi anche regnare e io mi faccio canale della tua grazia lì dove vivo.
E così ognuno deve rendersi disponibile e docile all'azione dello Spirito nelle più diverse situazioni che sono sia quelle nell'ambito lavorativo, ma anche quando c'è il tempo libero quando siete a casa, quando siete a riposare.
Signore, ti consacro il mio riposo, tu hai dato agli uomini il tempo del riposo, io ti benedico al posto di tutti quegli altri che invece di benedirti nel tempo del riposo si ribellano a te peccando.
Cioè non c'è più assolutamente niente che possa tenerci lontano dal vivere in Cristo, ma questo fa parte della Dottrina Cristiana, è la teologia di Paolo, è la lettera ai Romani, la lettera agli Efesini.
Tutto è di una realtà disarmante, di una semplicità che non ha pari.
Bisogna che, come dicevo all'inizio, ci sia tra di noi non chi ascolta questa voce del Signore e dice "Uh che bella questa parola, è proprio meravigliosa, mi fa tanto pensare a cose belle".
Invece è necessario che ci sia qualcuno che dica "Bene, lo voglio fare, partiamo, cominciamo dal piccolo, un passettino dopo l'altro, è questa la strada della santità.
Quando tu sarai santo, attirerai dietro di te tante persone che saranno affascinate dalla bellezza dello stare insieme.
La bellezza dello stare insieme è una pallida prova, un pallido assaggio di quella che è la comunione trinitaria.
Come è dolce e soave che i fratelli vivano insieme, è come olio profumato.
Quando tu cerchi veramente, autenticamente Dio dentro di te e ti avvicini sempre più verso di Lui, lasciando perdere tutto ciò che non assomiglia a Lui, non dando peso alle altre cose, ma dando peso solamente a Lui, allora ti accadrà di avere intorno a te tante persone che, sente il profumo di Cristo.
Cercheranno Cristo insieme con te e allora l'esperienza sarà condivisa e quelli che seguiranno Gesù Crocifisso Risorto si moltiplicheranno, ma tutto dipende dall'autenticità della tua vocazione e la prova di questa autenticità è il desiderio della santità.
Se non desideri la santità forse devi purificare la tua vocazione, forse devi domandarti seriamente che cosa vuoi fare della tua vita perché adesso è il tempo di decidere, se aggiungere la ciliegina sulla torta oppure lasciarla incompleta.
Il Signore ci accompagni in questa riflessione, avremo modo durante l'omelia di sentirci dire dal Signore delle parole serie, parole profetiche che vanno bene per gli uomini di tutti i tempi e forse abbiamo anche bisogno di sentirci tirare le orecchie dal Signore perché la nostra autenticità assuma uno spessore più forte, più convinto.
In questo tempo adesso mi pare che ci sia un tempo dedicato all'approfondimento.
Non dimenticate di volervi un pochino bene e quindi non dimenticate che il tempo del silenzio non è un tempo da riempire facendo altre cose, è il tempo in cui veramente voi volete bene a voi stessi perché dite: Adesso basta, adesso finalmente me ne vado un pochino con il mio Dio e me ne sto con Lui e con nessun altro e gli racconto tutto e da Lui voglio ricevere veramente una spinta, un impulso maggiore per rendere effervescente il "sì" che gli ho detto quella volta e renderlo un "sì" attuale tutti i giorni.
Sia lodato Gesù Cristo.