26 Maggio 1965

Le sublimi certezze dal Cristo trionfatore

Diletti Figli e Figlie!

Non possiamo dimenticare che oggi è la vigilia della festa della Ascensione di Nostro Signore al cielo, e cioè che noi abbiamo il dovere di preparare le nostre anime alla celebrazione di questo mistero, il quale trasferisce il nostro culto a Gesù Cristo dalla scena terrestre, che il Vangelo ci descrive, a quella celeste, dove il nostro sguardo si perde dietro le tracce luminose, che Egli ci ha lasciato del suo raggiante cammino, e che le ultime pagine del Nuovo Testamento ci fanno intravedere in immagini simboliche e profetiche, che esaltano e confondono le nostre menti tuttora inette alle visioni del regno dei cieli.

Dobbiamo ricordare, primo, che Cristo ora « siede alla destra del Padre »; cioè in uno stato di vita nuova, piena, gloriosa, potente; cioè al vertice trascendente delle gerarchie delle creature fisiche e spirituali, « al di sopra di ogni titolo che si possa dare, - come scrive San Paolo -, non solo nell'età presente, ma anche nella futura » ( Ef 1,21 ); infatti Egli ora dispiega in cielo tutta la maestà del suo essere: « Egli è l'immagine dell'invisibile Iddio, il primogenito d'ogni creazione, giacché in Lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra; le cose visibili e le invisibili …

Tutto per mezzo di Lui ed in vista di Lui fu creato; ed Egli è avanti a tutto, e tutto in Lui sussiste, ed è il Capo del corpo ( mistico ) ossia della Chiesa.

Egli è il principio e il primo dei risorti da morte, affinché in ogni cosa Egli tenga il primato … » ( Col 1,15-18 ).

È il Cristo glorioso, il Cristo Signore e centro del cosmo, l'Alfa e l'omega dell'universo, in cui sfolgora la conclusione dell'Incarnazione ( cfr. Cath. Rom. 1,7,4 ).

Sebbene una tale condizione di vita superi la nostra intelligenza e la nostra immaginazione ( cfr. 1 Cor 2,9 ), non dobbiamo stancarci mai di pensare a Cristo Signore, quale Egli ora è; dobbiamo lasciarci abbagliare della sua luce e ognuno di noi diventare un po' « contento ne' pensier contemplativi » ( cfr. Dante, Par. 21,117 ).

E allora dobbiamo ricordare una seconda cosa, fondamentale per la vita cristiana; e cioè: noi dobbiamo fissare pensiero e cuore là, dove è Cristo, oltre i confini della vita presente, e donde Egli un giorno, l'ultimo giorno della storia temporale dell'umanità, ritornerà, vincitore, giudice, instauratore d'un nuovo regno di vita e di felicità.

L'asse della nostra concezione della vita dev'essere rivolto là, a quel termine trascendente e supremo, nel suo cardine finale, che è appunto il Cristo glorioso.

Voi sapete come oggi si chiama questo modo di concepire la vita presente: escatologico, cioè finale, ultimo.

A differenza della mentalità dell'uomo privo della luce della fede, il quale cerca in questo mondo il senso della vita e la sua felicità, la mentalità del cristiano trasferisce al di là della scena presente il traguardo dei suoi desideri, e si considera viandante in questo mondo.

Di speranza si vive: il cristiano pone la sua speranza là, dove non fallisce; e verso questo mondo presente egli si sente vincolato da molti doveri, ma da nessuna definitiva speranza: il cuore del cristiano è già vicino a Cristo e pregusta il gaudio di quell'incontro finale con Lui.

Ed ecco un terzo pensiero, che la recente Costituzione conciliare sulla Chiesa mette in luminosa evidenza ( n. 48-49 ): è la Chiesa che c'insegna il significato vero della vita e ci dà i mezzi per conseguirla nella sua pienezza.

È la « Ecclesia peregrinans » che così ci guida e ci salva.

Voi non ignorate queste verità; ma a Noi piace annunciarle qui, ed a voi, affinché ascoltandole sulla tomba di San Pietro, ripetute dal suo ultimo e umile Successore, ne possiate gustare la forza meravigliosa, e possiate ricordare sempre meglio quanto esse devono penetrare nei nostri pensieri è determinare la nostra condotta.

Su questo tema si svolge grande parte dell'educazione e della predicazione cristiana.

Potete immaginare quante cose sarebbero allora da dire su questo disegno della vita, il quale, facendo arco sull'oscuro abisso della morte, fissa in Cristo il suo termine, il suo fondamento, la sua proiezione risolutiva e felice.

Basti a Noi, oggi, raccomandarvi, proprio con la voce di San Pietro, che abbiate a riflettere « quali conviene che voi siate, nel santo vivere e nella pietà, aspettando e correndo incontro alla venuta del giorno del Signore » ( 2 Pt 3,11-12 ).

E osservate: nella dottrina del Nuovo Testamento circa la risoluzione finale dei nostri destini non soltanto il corso della nostra vita mortale ci porta verso l'incontro con Cristo, ma Cristo stesso viene verso di noi: come il padrone che ritorna nella notte a casa sua e incontra i suoi servitori nella attesa e nella veglia; come lo sposo, ancora nella notte, che va incontro alla sposa.

Diremo allora tutto in una semplice parola, che le anime aperte comprenderanno: abbiate il desiderio di Cristo!

Il desiderio profondo di vederlo, d'incontrarlo e di viverlo pienamente ed eternamente.

Il desiderio del Cristo glorioso: ecco la lampada dei nostri passi nel cammino della vita.

Il desiderio del Cristo totale: ecco il conforto ad ogni nostra stanchezza, il sostegno d'ogni nostra speranza.

Il desiderio di Cristo: così ve lo accenda Egli nei cuori, come per voi auspica la Nostra Benedizione Apostolica.