6 Novembre 1968
Diletti Figli e Figlie!
La sciagura, che ha colpito in questi giorni una parte fertile, laboriosa e fiorente del Piemonte, trattiene la Nostra attenzione, ed obbliga l'animo Nostro, anche in questa sede, ad esprimere i Nostri sentimenti di profonda e paterna commiserazione, ben sapendo di essere in perfetta sintonia col dolore delle popolazioni afflitte da tanta disgrazia, con la compassione vostra e di quanti sentono ripercuotersi nel loro cuore la gravità dell'improvviso avvenimento devastatore.
Ancora una volta siamo tutti partecipi d'una sofferenza comune, che da locale si estende all'intera nazione italiana, e trova consenziente la pubblica sensibilità oltre ogni confine geografico.
A vero dire, il carattere universale della Nostra missione procura frequentemente a Noi questo dovere di condividere la pena di calamità, di cui soffrono località e popolazioni lontane; la lontananza non esiste per Noi; e Noi sentiamo con sempre acuta vivacità la passione di sventure remote, come di quelle vicine; e per tutte vorremmo Ci bastasse il cuore ad accoglierle ed a consolarle, come i mezzi per soccorrerle, almeno col segno se non con l'efficacia della Nostra carità.
Il mondo è sempre pieno di disgrazie e di tribolazioni; e Noi sperimentiamo che una delle caratteristiche del Nostro ministero pontificio è proprio quella della comunione con tutti i dolori dell'umanità.
Ma è naturale ed è doveroso che, dove la sofferenza è più grave e più prossima, la Nostra pietà sia più commossa e più sollecita.
Perciò vogliamo anche pubblicamente attestare la Nostra afflizione per il presente disastro, per comune conforto, per comune stimolo ad ogni possibile soccorso, per comune ammonimento a bene soffrire, a bene operare, a bene sperare.
Vada dunque il Nostro affettuoso e benedicente saluto alla provata gente piemontese;
vada alle famiglie colpite dalla perdita dei loro cari l'espressione del Nostro vivo e cristiano cordoglio;
vada alle vittime travolte dalla morte lo spirituale soccorso dei Nostri suffragi;
vada alle Autorità, subito sollecite di apportare aiuto e rimedio a così repentina e sconvolgente catastrofe, la espressione del Nostro compiacimento e del Nostro incoraggiamento;
vada ai volonterosi uomini ed Enti, che con generosa e audace prontezza si prodigano a prestare i non facili servizi richiesti dalla triste situazione;
vada ai giovani specialmente, che, anche in questa funesta occasione, hanno volontariamente offerto la vigorosa ed ordinata opera loro; e
vada al Nostro diletto Clero Piemontese l'encomio e lo stimolo per la carità di azione pratica e di spirituale ministero dispiegata in questa luttuosa circostanza.
La modesta, ma cordiale Nostra cooperazione, mediante la Pontificia Opera di Assistenza, e mediante qualche Nostro umile contributo, forse più simbolico che reale dinanzi alle proporzioni dei bisogni, inviato ai Vescovi delle Diocesi maggiormente danneggiate, dica la sincerità del Nostro sentimento e della Nostra paterna presenza.
Questo particolare riferimento al suddetto doloroso avvenimento ci richiama ad un insegnamento fondamentale della nostra educazione cristiana, quello che assume diversi nomi, come quello caro agli antichi di pietà, di commiserazione, di clemenza ( cfr. Seneca, De clementia, II ), o quello più comune di compassione, di condoglianza e oggi tanto usato di solidarietà, per tutti confluire in quello immensamente largo e significativo di carità.
Non sia vano per noi trarre motivo dalla presente amara con giuntura per una riflessione d'indole generale sul progresso del concetto di solidarietà nel mondo moderno.
Qualcuno ricorderà il discredito della parola e del sentimento della compassione ( Mideid ), diffuso dalle ideologie dominanti all'origine dell'ultima guerra mondiale; e tutti possiamo invece compiacerci, come d'un vero progresso dell'umanità, osservando che oggi il mondo è diventato molto sensibile alla solidarietà, per quanto assai variamente interpretata e applicata, che unisce gli uomini fra loro.
La solidarietà è il cemento che stringe le società moderne, siano esse particolari, che nazionali e internazionali.
E ciò che stupisce favorevolmente è l'osservare che ancor prima su l'identità di natura la solidarietà si fonda ordinariamente sopra un male altrui considerato comune, in realtà o in potenza; si basa cioè sopra un bisogno comune, sopra una condizione comune di pericolo, o di interesse, o di sofferenza.
Il dolore, più che il piacere, è diventato unitivo.
Nessuno oggi si vergogna di nutrire sentimenti di compassione per chi è nel dolore, nella indigenza, nell'incapacità di sopperire a se stesso, di vivere e sopravvivere; anzi i grandi ideali operativi del mondo moderno si gloriano di muoversi da un senso di rispetto e di giustizia verso l'ammalato, verso l'affamato, verso il povero, verso il sottosviluppato, verso l'uomo insomma privo della sufficienza di mezzi alla vita e della pienezza di diritti, che l'eguaglianza di natura e la comunanza di destini dovrebbero assicurare ad ogni essere umano e ad ogni gruppo familiare o sociale legittimamente costituito.
Questa generale disposizione dello spirito moderno e dell'opinione pubblica è molto lodevole e promettente.
Essa lascia bene sperare dell'avvenire dell'umanità; e noi dobbiamo, come cristiani, farla nostra e favorirla.
Si potrebbe fare uno studio sull'influsso che il cristianesimo ha avuto e tuttora esercita sopra il progresso del sentimento e del costume della solidarietà umana.
Ma lasciamo questo studio alle indagini dei dotti. Del resto a noi deve premere di più che la solidarietà umana si allarghi, si sviluppi, si fortifichi, che non di identificare i meriti specifici della nostra religione a tale riguardo.
A noi basterà osservare sommariamente che il concetto universale della natura e del destino umano, dal quale concetto nasce quello della più larga solidarietà, sia concetto tipicamente cristiano, e che a farlo capire, a suffragarlo di motivi superiori e inoppugnabili, ad applicarlo con la fecondità e con l'efficacia che solo la carità può generare, è il cristianesimo.
Il cristianesimo nella sua espressione prima e genuina, cioè il cattolicesimo.
Chi sa cogliere le idee informatrici del recente Concilio non dura fatica ad avvertire il ricorrente pensiero della comunione fra gli uomini, sia che si parli del vincolo comunitario che unisce i fedeli, sia che lo si estenda in più larghe applicazioni alle realtà e alle speranze ecumeniche, e sia infine che si consideri il rapporto esistente e dinamico fra la Chiesa ed il mondo.
Tutti ricordiamo l'inizio della grande Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo, magnifico preludio d'un concerto che la storia presente e futura farà risuonare nei nomi benedetti di servizio, di collaborazione, di fratellanza e di pace.
Ecco come si apre la solenne e magnifica parola conciliare: « Gaudium et spes », cioè: « Le gioie e le speranze, le tristezze e le sofferenze degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di quanti sono nell'afflizione, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le sofferenze dei seguaci di Cristo; e nulla vi è di genuinamente umano, che non trovi eco nel loro cuore ».
Dobbiamo approfondire questa lezione della Chiesa nei nostri animi, specialmente dove e quando le condizioni dell'umano consorzio sono nel bisogno e nella sofferenza; e dobbiamo dare al mondo la testimonianza della carità propria della Chiesa, cioè della presenza continuata ed operante di Cristo sulla terra, con la nostra sincera solidarietà.
Solidarietà di sentimenti, condividendo la sofferenza e l'attesa del prossimo; solidarietà di servizio, offrendo adesione, opera ed obolo alle iniziative benefiche, che sono in atto, vicine o lontane che siano; solidarietà di spirito, confortando con affettuosa e virile gentilezza i deboli ed i bisognosi ed invocando l'intervento misterioso, ma reale e sovranamente efficace di quella Provvidenza che sa convertire anche i nostri mali a nostro superiore vantaggio, e disporre le vie per i migliori e spesso imprevisti soccorsi e conforti.
Facciamone anche noi l'esperienza dimostrando come la nostra fede sappia operare mediante la carità ( Gal 5,6 ).
Con la Nostra Benedizione Apostolica.