27 Settembe 1972
Pare a noi che questo incontro privilegiato dell'udienza settimanale con i visitatori carissimi, rappresentanti per noi del Popolo di Dio, cioè della santa Chiesa di Cristo, nasconda nel suo silenzio introduttivo una domanda da parte vostra: come va la Chiesa?
che cosa ce ne può dire il Papa?
e un'altra domanda da parte nostra: conoscono questi visitatori i bisogni veri e maggiori della Chiesa?
e, così buoni e ben disposti, che cosa possono essi offrire per soddisfare questi bisogni?
Voi comprendete quale ampiezza di spirito conferiscano a voi ed a noi, rispettivamente simili interrogazioni, anche se non vengono proferite.
Ma noi vogliamo, questa volta, proferire subito una prima risposta, nel suo duplice contenuto, per voi e per noi.
Eccola. La Chiesa ha bisogno di fede.
E voi, che appunto vi definite fedeli, potete e dovete fare alla Chiesa questo fondamentale e indispensabile dono: la vostra fede.
Precisiamo. Parliamo d'un aumento di fede, come noi credenti, con le parole della liturgia, sempre auspichiamo ( Cfr. la colletta della XIII domenica dopo la Pentecoste, prima della recente riforma ), e come Gesù, spesso nel Vangelo, talvolta perfino con rimprovero, desidera avere dai suoi discepoli.
Un aumento di fede, questo, sembra a noi, il primo e grande bisogno della Chiesa, oggi; e questo è bisogno al quale voi, anzi ciascuno di noi, può portare rimedio.
E il discorso si farebbe immenso e complesso.
Siete anche voi convinti che la fede è il primo bisogno della Chiesa?
è la fede la radice della nostra religione; è il vincolo originario della coesione che ci fa Chiesa; è il principio della nostra unione salvifica a Cristo ( Cfr. S. TH. III, 62, 6 ); è la virtù teologale generatrice della speranza ( Eb 11,1 ) e della carità ( Gal 5,5-6 ).
E non possiamo non essere persuasi che la decadenza religiosa nel mondo contemporaneo, il suo progressivo disinteresse per Dio ( fino a dichiararlo assurdamente « morto » ),
il disinteresse abituale per le nostre relazioni con Lui, con la sua trascendenza ( vedi il materialismo e il radicale secolarismo, l'ateismo oggi dappertutto in via di diffusione ),
e con la sua immanenza ( vedi l'affievolirsi del senso della sua presenza, della responsabilità delle nostre azioni di fronte a Dio, donde deriva la coscienza morale religiosa, il bisogno di conversione, il rimorso autentico, la vera pace dell'anima, il bisogno e il dovere della preghiera, ecc. ),
tutto questo crollo spirituale deriva dalla mancanza di fede.
Può rimanere nel cuore dell'uomo, anche senza la fede, un innato, e, in fondo, incoercibile, orientamento verso il mondo divino, anche nell'uomo moderno, tanto profano, e quasi analfabeta per le cose spirituali e religiose;
sì, rimane un inconscio e quasi angoscioso bisogno di Colui che È, cioè di Dio creatore, di Dio provvido, di Dio giusto, di Dio Padre ( così ci diceva, proprio in questi giorni, uno dei più grandi industriali del mondo );
rimane a dispetto degli ateismi ufficiali, almeno come problema, come esigenza intrinseca, un riferimento religioso ( lo dice la celebre frase sintetica di S. Agostino: « Tu, [ o Dio ], ci hai fatti per Te, e è inquieto il nostro cuore finché non si riposi in Te » ( S. Aug. Conf. 1,1 );
rimane una religione naturale, nascente in noi, e poi da noi costruita, in tante maniere diverse, filosofiche, arbitrarie, e spesso superstiziose e false; ma che cosa vale questa religiosità, se non è sicura di sé?
e che cosa può dirci di vero e di solido, se non sa penetrare nella misteriosa Realtà del Dio vivo, personale e ineffabile, e finalmente garantirci che Egli È, e che si trova a noi vicino e a noi comunicato?
a noi rivelato? cioè che vale una religione, se pur sopravvive, senza la fede?
La fede è necessaria.
Ma questa affermazione, che non dobbiamo mai dimenticare, fa sorgere un altro formidabile problema, che è questo: ma è poi possibile la fede?
E non sono le difficoltà che la fede, come ce la offre tutt'oggi la Chiesa, presenta alla mentalità e al modo di vivere moderno che la scuotono, la fede, e che mettono in dubbio la concezione generale del mondo e della vita, quale il fedele credente deve avere e applicare al suo modo di vivere?
Non è questa fede vacillante e debole, che provoca anche fra noi membri della Chiesa, tante inquietudini, tante smanie di evadere dalla via, sempre aperta in avanti, della tradizione, e di tentare di « convertirci al mondo », e d'essere, perché cristiani, non più distinti dagli altri profani e areligiosi, ma come loro, anche nelle forme esteriori e nelle esperienze interiori, affrancati dalla obbligante comunione della Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica?
Cioè: non è una mancanza di fede all'origine del travaglio che fa soffrire la Chiesa, che le diminuisce il gaudio d'essere quello che è, la famiglia di Cristo locale e universale, l'umanità nuova, giusta e pacifica, la Chiesa di Dio?
Ecco perché mettiamo al centro dell'esame sulle condizioni della Chiesa oggi la fede; la fede oggi.
Ed ecco perché a voi, fratelli e figli carissimi, fidando sulla vostra intelligenza dei « segni dei tempi », e sulla vostra disponibilità ad aiutare, a far vostra la missione di Cristo nella storia, di costruire la Chiesa ( Mt 16,18 ), domandiamo una più viva, più cosciente, più concorde professione di fede.
Resta certamente aperta la domanda: come è possibile la fede?
A rispondervi vi aiuti l'istruzione religiosa, che certo già voi possedete, ovvero la riflessione che voi vi farete, con la nostra Benedizione Apostolica.