6 Giugno 1973

Nel Cenacolo troviamo il Dono dell'Amore e la società dei « Santi »

Come sapete, domenica prossima, 10 giugno, è la festa di Pentecoste, quella che commemora e tende a rinnovare la discesa dello Spirito Santo, animatore, santificatore, unificatore della Chiesa, corpo mistico di Cristo.

E come parimente sapete, in questa prossima solennità avrà inizio nelle Chiese locali, cioè nelle comunità ecclesiali presiedute ciascuna dal proprio Vescovo, quell'avvenimento religioso, anzi quel movimento spirituale, che chiamiamo « Anno Santo », e che sarà poi propriamente celebrato al terzo quarto del nostro secolo, cioè nel 1975.

Ne sentirete parlare ancora, e molto, e dappertutto; disponetevi a comprenderlo, a viverlo; e proprio nei suoi scopi generali, che sono quelli d'un rinnovamento della vita cristiana, quale è reclamato e dev'essere possibile nel profondo e tempestoso processo di metamorfosi del nostro tempo, e d'una riconciliazione di animi e di cose, alla quale pensiamo dobbiamo tendere se vogliamo ricomporre in noi e fuori di noi quell'ordinamento superiore, quel « regno di Dio », dal quale pendono i destini presenti e futuri dell'umanità.

Rinnovamento e riconciliazione: a noi pare che queste debbano essere le conseguenze logiche e generali, nella storia della Chiesa e dell'umanità, derivanti dal Concilio, come fiume di salvezza e di civiltà dalla sua generatrice sorgente.

Perché tale fatto prende le mosse dalla Pentecoste?

Perché non soltanto questa bellissima festa, che possiamo definire il natale storico della Chiesa, offre una occasione ispiratrice propizia, ma soprattutto perché noi speriamo, noi supplichiamo che lo Spirito Santo, del quale festeggiamo a Pentecoste la sua misteriosa e sensibile missione, voglia essere l'operatore principale dei frutti auspicati dall'Anno Santo.

Anche questo sarà uno dei temi più impegnativi e fecondi della spiritualità propria dell'Anno Santo: alla Cristologia e specialmente alla Ecclesiologia del Concilio deve succedere uno studio nuovo ed un culto nuovo sullo Spirito Santo, proprio come complemento immancabile all'insegnamento conciliare.

Speriamo che il Signore ci aiuti ad essere discepoli e maestri di questa sua successiva scuola: Gesù, lasciando la scena visibile di questo mondo, ha lasciato due fattori perché si compia la sua opera salvatrice nel mondo: i suoi Apostoli ed il suo Spirito ( Cfr. Congar, Esquisses du mystère de l'Eglise, pp. 129 ss. ).

Noi non vogliamo entrare ora in questo magnifico campo teologico.

Per gli scopi elementari di questo breve sermone preparatorio ci basta osservare, innanzitutto, che l'azione dello Spirito, nell'economia ordinaria del disegno divino si compie negli animi nostri nel rispetto della nostra libertà, anzi nel gioco stesso della nostra cooperazione, non foss'altro colme condizione dell'azione divina in noi.

Dobbiamo almeno aprire la finestra all'ingresso del soffio e della luce dello Spirito.

Diciamo una parola su questa apertura, cioè su questa disponibilità nostra alla misteriosa azione dello Spirito.

Domandiamoci quali devono essere gli stati psicologici e morali delle nostre anime, affinché queste siano ricettive del « dulcis Hospes animae ».

Tanto basterebbe per tesservi interminabili trattati di vita spirituale, ascetica e mistica.

Riduciamoli ora a due soltanto questi stati, almeno per semplificazione mnemonica, facendoli corrispondere ai campi preferiti dall'azione del Paraclito, cioè dello Spirito Santo che si fa nostro assistente, consolatore, avvocato.

Il primo campo è il « cuore » dell'uomo.

È vero che l'azione della grazia può prescindere dalla rispondenza soggettiva di chi la riceve ( un bambino ad esempio, un infermo, un morente ), ma normalmente la coscienza dell'uomo deve essere in fase consenziente, almeno subito dopo l'impulso dell'azione soprannaturale della grazia.

Lo Spirito Santo ha la sua cella preferita nell'essere umano, il cuore ( Cfr. Rm 5,5 ).

Che cosa significhi la parola « cuore » nel linguaggio biblico sarebbe lungo dire.

Contentiamoci ora di qualificare il cuore come il centro intimo, libero, profondo, personale della nostra vita interiore.

Chi non ha una propria vita interiore manca della capacità ordinaria di ricevere lo Spirito Santo, di ascoltare la sua voce tenue e dolce, di subire le sue ispirazioni, di fruire dei suoi carismi.

La diagnosi dell'uomo moderno ci porta a ravvisare in lui un essere estroflesso, che vive assai fuori di sé e poco in se stesso, come uno strumento più ricettivo del linguaggio dei sensi, e meno di quello del pensiero, della coscienza.

La conclusione pratica subito ci esorta all'apologia del silenzio, non del silenzio incosciente, ozioso ed afono, ma di quello che impone di tacere ai rumori e ai clamori esteriori, e che sa ascoltare; ascoltare in profondità le voci, sì, sincere della coscienza, e a quelle nascenti nel raccoglimento della preghiera, a quelle ineffabili della contemplazione.

Questo è il primo campo dell'azione dello Spirito Santo.

Sarà bene che ce ne ricordiamo.

E l'altro, qual è? L'altro è la « communio », cioè la società dei fratelli collegati dalla fede e dalla carità in un unico organismo divino-umano, il Corpo mistico di Cristo.

È la Chiesa.

È l'adesione a quel Corpo mistico, animato appunto dallo Spirito Santo, che ha nella comunità dei fedeli, gerarchicamente uniti, autenticamente compaginati nel nome e nell'autorità degli Apostoli, il suo cenacolo pentecostale.

Così che dovremo riflettere se certe nostre ricerche dello Spirito, le quali preferiscono isolarsi per evitare e il ministero direttivo della Chiesa e la ressa impersonale di sconosciuti fratelli, siano sulla buona strada.

Una comunione egoista, che nascesse da una fuga dalla vera comunione della carità ecclesiale, quale Spirito potrebbe incontrare?

quali esperienze, quali carismi potrebbero colmare il vuoto dell'unità, supremo incontro con Dio?

Ecco allora che il programma dell'Anno Santo, inaugurato nella festa dello Spirito Santo, subito ci colloca sul buon cammino:

quello della vita interiore, dove Egli, il Dono dell'Amore, abita e sveglia e forma e santifica la nostra individuale personalità;

e quello della società dei « santi », cioé della Chiesa dei fedeli, costruita a tempio dello Spirito, dove la salvezza è in festa continua e per tutti.

Sul buon cammino vi indirizza, Figli e Fratelli, e vi segue la nostra Benedizione Apostolica.