8 Settembre 1976

« Costruire la Chiesa: disegno di Cristo, programma nostro »

Noi diremo ancora una parola sul tema che ultimamente ha occupato la nostra attenzione in questi incontri settimanali, il tema della costruzione della Chiesa, cioè dell'efficienza operativa, che deve essere impressa a quella parte di umanità, la quale si pone al seguito di Cristo: che cosa è?

una semplice corrente di pensiero, senza struttura sociale?

una Chiesa invisibile? ( Cfr. H. De Lubac, Méditations sur l'Eglise, III )

Questa opinione ha sedotto molti aberranti dall'autentico pensiero di Cristo, che ha voluto la Chiesa come suo Corpo, mistico sì, per l'animazione dello Spirito Santo ( Cfr. 1 Cor 12,3 ), che lo fa vivere, ma umano, visibile, sociale, organizzato altresì, che si colloca nella compagine dell'umanità e nella storia effettiva del mondo.

E questo secondo aspetto, quello di « società perfetta », se modellata solo secondo le strutture temporali, possiede anch'esso un suo quadro di verità, ma può portare però ad una concezione inesatta e incompleta della Chiesa, e quindi fallace, e costituire perciò una tentazione anche per molti, che abituati dalla mentalità razionalista del nostro tempo, vorrebbero trovare nella Chiesa una capacità d'azione determinante anche sul piano orizzontale, come oggi si dice, della vita sociale.

È vero, certamente, e lo ripeteremo, che la Chiesa ha bisogno e dovere di azione, oggi più che mai;

è vero che nell'elevazione stessa dell'uomo al livello della vita cristiana si include una vocazione all'apostolato;

è vero che la costruzione della Chiesa si compie nella realtà fenomenica della storia mediante l'operosità sapiente e paziente, devota e tenace fino al sacrificio, di ministri fedeli;

è vero che la carità di Cristo deve effondersi e dilatarsi nel mondo moderno nell'iniziativa sociale secondo pianificazioni ampie ed organiche, sollecite specialmente di rimediare alle deficienze delle categorie umane meno abbienti;

ed è vero che la stimolante domanda evangelica: « Perché ve ne state qui, tutta la giornata, inoperosi? » si rivolge anche a tanti cristiani, abituati a godere, o a soffrire di situazioni statiche della comunità sociale, senza accordarsi per promuovere condizioni più giuste e più umane di convivenza.

È vero.

Ma basta questa operosità esteriore a fare l'umanità più buona e più felice?

E, per quanto ci riguarda, basta la ricerca, pur doverosa, dei mezzi temporali a costruire la Chiesa?

cioè quell'umanità elevata ad una forma di vita partecipe della stessa vita divina, nel tempo e per l'eternità?

basta per la Chiesa la causalità umana, da sola, a garantire il raggiungimento dei veri, dei necessari, dei superiori destini della vita umana?

Eccoci davanti ad una prospettiva, che sembra contraddittoria: deludente ed esaltante.

Deludente, perché l'attivismo procedente dalle sole forze umane non raggiunge, anche nella sfera temporale, in misura felice i suoi pieni e veramente umani risultati; anzi i risultati stessi ch'esso raggiunge, ottimi e provvidi sotto tanti aspetti, non fanno che acuire, sotto altri aspetti, la fame e l'infelicità dell'uomo, ed in proporzioni spesso maggiori delle sventure a cui l'attivismo voleva portare rimedio ( si pensi, ad esempio, allo sviluppo dei mezzi bellici nucleari ).

È la tragedia eterna di Sisifo, che sfocia alla fine a conclusioni autolesive, e poi in pessimismo disperato.

Esaltante, perché è venuto Uno, è venuto Cristo ad assorbire in Sé tutto il fallimento umano, con la sua croce, e a ridare all'uomo una vera speranza, una risurrezione, una vita migliore;

è venuto Lui a costruire un ordine nuovo, soprannaturale, pieno e reale più di quello che l'uomo può godere nel tempo;

è venuto a fondare questa nuova costruzione, la Chiesa, facendo della Chiesa stessa il grande « sacramento », cioè, come si esprime il Concilio, « il segno e lo strumento » ( Cfr. Lumen Gentium, 1 et n. 48) della salvezza umana; è venuto Lui, Figlio del Dio vivente e Figlio dell'uomo, a noi fratello e maestro, Lui, Gesù il Cristo, a dire: « Io costruirò la mia Chiesa » ( Mt 16,18; et cfr. H. De Lubac, Méditations sur l'Eglise, p. 161 ).

Egli si pone come il vero, il solo costruttore effettivo, necessario, l'Alfa e l'omega universale.

Così che nell'operazione « Chiesa » la causalità di Cristo soverchia, anzi alimenta nella Chiesa ogni altra umana causalità: « senza di me voi non potete far nulla » ( Gv 15,5 ), Egli ci ricorda.

« Né colui che pianta, né colui che irriga è qualche cosa, ma Colui che fa crescere », dirà a sua volta S. Paolo, riferendosi egli pure all'efficienza dell'azione apostolica sempre in ordine alla Chiesa in via di formazione e di azione.

Questa realtà teologica è di estrema importanza per noi chiamati tutti a collaborare all'edificazione della Chiesa nel nostro tempo.

Essa ci ricorda che non siamo soli nell'impresa immensa e tanto sproporzionata alle nostre forze.

Tutta la dottrina della grazia, cioè dell'intervento misterioso, ma positivo dell'influsso divino nel circuito della nostra attività, sempre debole e fragile, ed in ogni caso sproporzionata agli effetti di salvezza che essa vorrebbe conseguire, ci si profila davanti: ricordi chi può la polemica agostiniana con i Pelagiani circa l'insufficienza delle virtù naturali; e così, ai nostri giorni la discussione circa le virtù passive e le virtù attive, quasi fosse valida questa distinzione per screditare le prime e esaltare le seconde ( Cfr. Denz-Schön., 3344 ).

E ciò con due basilari conclusioni per il tema che ora ci interessa circa la costruzione della Chiesa.

E son queste: la prima riguarda la necessità e l'utilità della preghiera, intesa come coefficiente indispensabile dell'azione apostolica.

Talvolta, nell'ansia operativa della nostra mentalità moderna noi siamo inclinati a considerare che l'una, la preghiera, sia ostacolo all'altra, l'azione, quasi che si contendano il tempo reso scarso e le forze rese più preziose dall'accelerazione della nostra polivalente attività, mentre sono e devono essere complementari, secondo l'antica sapienza benedettina:

ora et labora, prega e lavora;

e soprattutto secondo il mandato evangelico: « bisogna sempre pregare e non stancarsi mai » ( Lc 18,1 ).

E la seconda è la fiducia; la fiducia nella nostra umile, inadeguata attività, quando appunto essa è sostenuta dalla preghiera e rivolta all'edificazione di quella Chiesa che Cristo Signore amò, fondò e redense, e Lui stesso con noi vuole edificare.

Costruire la Chiesa: disegno di Cristo, programma nostro.

Ognuno lo ricordi, con la nostra Benedizione Apostolica.