2 Febbraio 1977
Questa solennità festiva, che conclude il tempo natalizio, è designata da diversi nomi e da diversi significati:
Purificazione di Maria, in relazione con il rito dell'antica Legge ( Cfr. Es 13,2.12.15; Nm 8,17; Lv 2,6.8 );
Presentazione di Gesù al Tempio ( Lc 2,22ss );
Incontro, in Greco Hypapante, di Gesù col vecchio Simeone e con la profetessa ultra ottogenaria Anna, cioè l'incontro dell'antico Testamento col Nuovo, inaugurato dal natale di Gesù ( Ibid. );
Candelora, dalla processione che a Gerusalemme si faceva alla fine del secolo quarto, e che ci è ricordata dalla celebre relazione sulle liturgie locali della pellegrina Eteria ( Cfr. Duchesne, Origines du culte chrétien, p. 519 );
e a Roma, a quel tempo stesso, ma con differente significato, penitenziale e purificatore con una processione luminaria ( Cfr. PL 96, 277; Polycarps Radò, Enchir. Litur., II, 1139 );
a Milano, con la letania, che dalla chiesa di S. Maria Beltrade alla cattedrale, accompagnava la processione recante un portatorium con l'idea, cioè con l'immagine della Madonna avente in braccio Cristo Bambino ( Cfr. Mario Righetti, Manuale di St. lit., II, 87 ).
Bellissima collezione di riti vari e devoti, i quali alla fine trovano nella liturgia odierna, che possiamo ritenere autentica e centrale rispetto alle altre, il suo punto focale, fisso nell'oblazione biblica di Gesù a Dio, Padre e padrone della vita umana, nell'espressione finalmente messianica che si pone al centro della storia dell'umanità e del contrastato destino della salvezza, quale « bersaglio di contraddizione » ( Lc 2,34 ).
Ce lo commenta Bossuet: « Noi sappiamo che il primo atto di Gesù entrando nel mondo, fu di darsi a Dio e di mettersi al posto di tutte le vittime, di qualsiasi natura esse fossero, per compiere la volontà di Lui, qualunque fosse » ( Bossuet, Elévations sur les mystères, « Œuvres », II, 336 ).
Vi è in questo episodio evangelico la professione religiosa fondamentale: la filosofia della vita comincia così: l'uomo non è da sé; egli è creatura; egli nasce libero, ma nella sfera d'un disegno divino che coinvolge il suo destino e il suo dovere radicale ( Cfr. Ef 1,3ss ).
Parola ben nota a chi ha scoperto la chiave dell'umana vocazione, ch'è quella di Cristo stesso: « Ecco, io vengo a fare, o Dio, la tua volontà » ( Eb 10,7.9; cfr. Sal 40,8; Is 53,7 ).
Di qui tutto il rapporto fra l'uomo e Dio si snoda in una serie di passi ascensionali che si fanno orazione, dialogo, obbedienza, amore, oblazione; si fanno sacrificio anche, ma destinato a sfociare nell'oceano della vita e della beatitudine.
Questo impegno iniziale, questa nostra offerta alla volontà di Dio merita la grande meditazione di questa particolare festività, della nostra fede in Dio e in Cristo nostro maestro e nostro salvatore.
Popolo di Dio noi siamo; e quasi trasportati da un costume storico, di cui non avremo mai abbastanza riconosciuto e benedetto la gratuita fortuna, noi siamo arrivati all'incontro col mondo religioso, col regno della fede e della luce.
Abbiamo noi compreso la nostra sorte meravigliosa?
abbiamo corrisposto alla dignità di questa elezione comunitaria, che incorpora la nostra microscopica esistenza a quella universale del Cristo totale, che si chiama il suo Corpo mistico, la Chiesa?
Abbiamo noi avvertito che in questa smisurata comunione, che ci fa tutti-uno in Cristo, la nostra minima vita, lungi dal perdere la sua personalità, l'acquista e la magnifica?
Il nostro lo prende proporzioni incalcolabili, e si vale di questa trasfigurante « società dello spirito » ( Fil 2,1 ) per giungere a quella pienezza che invano cerchiamo nel possesso del regno della terra, della natura, dei sensi, del pensiero stesso; e che profondamente, inconsciamente forse, desideriamo, ch'è il possesso infinito del Dio vivente?
Offrirsi a Cristo è riceverlo.
Rievocare Cristo è conquistare l'infinito Iddio.
O beati noi, se questa offerta, derivante dal nostro battesimo, si è mantenuta fedele, se si è approfondita nella coscienza della sua iperbolica proporzione; e se invece di irradiarsi nello sforzo di rendersi minima ed avara, si è fatta più generosa ed operosa!
Si è fatta piena e cristiana!
Ci soccorre, in questo momento, quasi ad inondarci di gaudio che oggi, proprio oggi, trent'anni or sono, un avvenimento è stato celebrato nella Chiesa cattolica, che ha comunicato a molti suoi figli il carisma di questa festività della Presentazione di Gesù al Tempio, cioè dell'oblazione di Cristo alla volontà del Padre.
Vogliamo infatti ricordare un anniversario che ricorre oggi: trent'anni fa, il 2 febbraio 1947, la Chiesa riconobbe una forma nuova di vita consacrata, quando il Nostro Predecessore Pio XII promulgò la Costituzione Apostolica « Provida Mater ».
Una forma nuova, diversa da quella della vita religiosa non solo per una diversità di attuazione della « sequela Christi », ma anche per un diverso modo di assumere il rapporto Chiesa-mondo, che pure è essenziale ad ogni vocazione cristiana ( Cfr. Gaudium et Spes, 1 ).
Trent'anni non sono molti, ma la presenza degli Istituti secolari è già significativa nella Chiesa, e noi vi chiediamo di unirvi a noi nel ringraziare il Padre dei cieli per questo Suo dono.
E vogliamo mandare a tutti ed a ciascuno, uomo o donna che sia, un nostro benedicente saluto, che naturalmente estendiamo a quanti ci portano oggi il loro cero benedetto, simbolo della loro vita e di quella dei loro rispettivi fratelli e sorelle associati in una simile oblazione al Signore; e che ben di cuore allarghiamo a tutto il Popolo di Dio fedele alla propria oblazione al nome e alla professione cristiana.