14 Settembre 1977
A che serve la Chiesa?
Parliamo anche questa volta dell'aspetto operativo della Chiesa.
Ancora ci inseguono le parole fondamentali di Cristo, lasciate quasi statuto programmatico agli apostoli al momento del suo congedo dalla scena visibile di questa terra: « Andate …, insegnate … », Egli ordinò; e aggiunse: « battezzate » ( Mt 28,20 ).
La funzione degli Apostoli diventa così sacramentale.
Cosa saputa, ma importantissima.
L'attività della Chiesa si fa « divina e visibile »; aspetto questo che non sempre piace ai critici puritani della religione, che la vorrebbero solo interiore, spirituale, senza un ministero autorizzato e qualificato, senza segni sensibili, specialmente se giudicati operatori di effetti sacri, necessari e soprannaturali.
Noi ricorderemo, a difesa della verità religiosa cristiana questa prodigiosa e costituzionale parola del Signore: « andate e istruite tutte le genti, e battezzatele nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo … » ( Ibid. ).
Così nasce il cristianesimo, così si afferma e si manifesta ancora oggi la Chiesa, la quale si sa e si sente investita dalla più manifesta sua potestà, quella precisamente religiosa, operante per mandato divino, quando essa, la Chiesa, partecipe ministeriale del Sacerdozio di Cristo, opera a guisa di strumento attivo sì, ma per virtù non propria, ma per efficacia emanante dal Dio vivente.
E ciò che diciamo del battesimo si applica, con le debite distinzioni e cautele agli altri Sacramenti: « Ricevete lo Spirito Santo, dice Gesù Risorto; a coloro a cui rimetterete i peccati saranno rimessi, ed a coloro ai quali li riterrete, saranno ritenuti » ( Gv 20,23 ).
Che cosa dovremmo dire del Sacramento, il cui mistero si sta onorando con attenzione più che mai realista ed estatica in questi giorni nel Congresso Eucaristico Nazionale di Pescara?
Nell'Eucaristia gli elementi sensibili sacramentali, pane e vino, sono ridotti a semplici segni, privati della loro sostanza, quando questi cedono la loro realtà a quella vera e reale, ma ineffabile di Cristo stesso, reso presente come alimento sacrificale per la memoria e per la vita soprannaturale dei suoi ( Cfr. S. Thomae Summa Theologiae, III, 73, 5 ).
Non vogliamo qui andare oltre.
Ora basti a noi richiamare alla nostra coscienza religiosa questo aspetto sostanziale della nostra religione, cioè la sua vitalità sacramentale.
Essa non è una magia illusoria e fallace.
Essa reclama una Parola divina, come sua fonte indispensabile; Cristo solo è l'autore di questo inesauribile prodigio, la partecipazione vitale alla sua divinità.
Essa esige da noi un'adesione umana particolarmente qualificata dalla fede e dalla rettitudine morale, cosciente ed attuale ( Cfr. 1 Cor 11,28 ).
Essa esige un ministero, esige un rito preciso.
Essa associa la nostra fragile e passeggera esistenza temporale alla Vita di Cristo-Uomo, Dio, e prepara la nostra perfetta e futura esistenza nella rivelazione escatologica dell'eternità.
Essa non deprezza o avvilisce la nostra esperienza temporale, ché già piuttosto essa è integrata nella sua radicale insufficienza; essa è affrancata dalla voracità inesorabile del tempo, che genera e consuma la sua creatura; ed è elevata a scala d'ascensione propedeutica verso l'eterna stazione del cielo.
Non illudiamoci, Figli carissimi, di poter costruire la nostra vita senza l'ausilio della vera Religione, quale ci è aperta dalla Chiesa; né pensiamo che della Religione basti avere un concetto generico, e basti concederle un'adesione qualsiasi; essa è la verità insostituibile per la nostra esistenza, e la Chiesa soltanto ce ne offre oggi la garanzia, domani la pienezza.
Scolpire dobbiamo questo messaggio di Cristo nei nostri animi: « Io sono la risurrezione e la vita » ( Gv 11,23 ).
Così sia, con la nostra Benedizione Apostolica.