8 Luglio 1992

1. Dagli Atti e dalle Lettere degli Apostoli viene documentato ciò che leggiamo nella costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II, cioè che gli Apostoli “ebbero vari collaboratori nel ministero” ( LG 20 ).

Infatti nella raggiera di comunità cristiane che ben presto si erano formate dopo i giorni della Pentecoste, risalta senza dubbio quella degli Apostoli e in particolare il gruppo di quelli che nella Comunità di Gerusalemme erano “ritenuti le colonne: Giacomo, Cefa e Giovanni …”, come attesta San Paolo nella Lettera ai Galati ( Gal 2,9 ).

Si tratta di Pietro, stabilito da Gesù come capo degli Apostoli e pastore supremo della Chiesa; di Giovanni, l’Apostolo prediletto; e di Giacomo, “fratello del Signore”, riconosciuto capo della Chiesa di Gerusalemme.

Ma, assieme agli Apostoli, gli Atti menzionano gli “anziani” ( cf. At 11,29-30; At 15,2.4 ), che con loro costituivano un primo grado subordinato di gerarchia.

Gli Apostoli inviano un loro rappresentante ad Antiochia, Barnaba, a motivo dei progressi dell’evangelizzazione in quel luogo ( At 11,22 ).

Gli Atti stessi ci dicono di Saulo ( San Paolo ), che, dopo la conversione e il primo lavoro missionario, si reca a Gerusalemme insieme con Barnaba ( al quale altrove viene attribuita la denominazione di “apostolo”: cf. At 14,14 ), come al centro dell’autorità ecclesiale, per conferire con gli Apostoli.

Nello stesso tempo porta un aiuto materiale per la comunità locale ( cf. At 11,29 ).

Nella Chiesa di Antiochia, accanto a Barnaba e Saulo, vengono menzionati come “profeti e dottori … Simeone, soprannominato Niger; Lucio di Cirene; Manaen” ( At 13,1 ).

Di lì vengono poi mandati in viaggio apostolico, “dopo l’imposizione delle mani” ( cf. At 13,2-3 ), Barnaba e Saulo.

Dal tempo di quel viaggio Saulo comincia a chiamarsi Paolo ( cf. At 13,9 ).

E ancora: man mano che sorgono le comunità, sentiamo parlare della “costituzione degli anziani” ( cf. At 14,23 ).

I compiti di questi anziani vengono definiti con precisione nelle Lettere pastorali a Tito e a Timoteo, costituiti da Paolo capi di comunità ( cf. Tt 1,5; 1 Tm 5,17 ).

Dopo il Concilio di Gerusalemme, gli Apostoli inviano ad Antiochia, insieme a Barnaba e a Paolo, altri due dirigenti: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, come persone “tenute in grande considerazione tra i fratelli” ( At 15,22 ).

Nelle Lettere paoline, oltre a Tito e a Timoteo, vengono nominati anche altri “collaboratori” e “compagni” dell’Apostolo ( cf. 1 Ts 1,1; 2 Cor 1,19; Rm 16,3-5.1 ).

2. A un certo momento si pose la necessità per la Chiesa di aver nuovi capi, successori degli Apostoli.

Il Concilio Vaticano II dice in proposito che gli Apostoli, “perché la missione loro affidata venisse continuata dopo la loro morte, lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori l’ufficio di completare e consolidare l’opera da essi iniziata, raccomandando loro di attendere a tutto il gregge, nel quale lo Spirito Santo li aveva posti a pascere la Chiesa di Dio ( cf. At 20,28 ).

Perciò si scelsero questi uomini e in seguito diedero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uomini esimi subentrassero al loro posto ( cf. S. Clemente Romano, Ep. ad Cor. 44,2 )” ( LG 20 ).

Questa successione è attestata dai primi autori cristiani extrabiblici, come San Clemente, Sant’Ireneo e Tertulliano, e costituisce il fondamento della trasmissione della autentica testimonianza apostolica di generazione in generazione.

Scrive il Concilio: “Così, come attesta Sant’Ireneo, per mezzo di coloro che gli Apostoli costituirono Vescovi e dei loro successori fino a noi, la tradizione apostolica in tutto il mondo è manifestata e custodita ( Sant’Ireneo, Adv. Haer., III,3,1; cf. Tertulliano, De Praescr,. 20, 4-8: PL 2, 32; CC 1, 202 )” ( LG 20 ).

3. Da quegli stessi testi risulta che la successione apostolica possiede due dimensioni correlative tra loro: quella pastorale e quella dottrinale, in continuità con la missione degli stessi Apostoli.

A questo proposito, si deve precisare in base ai testi ciò che a volte è stato detto, cioè che gli Apostoli non potevano avere dei successori, perché erano stati chiamati a una esperienza unica di amicizia con il Cristo durante la sua vita terrena e a un ruolo unico nell’inaugurazione dell’opera di salvezza.

È vero infatti che gli Apostoli hanno avuto un’esperienza eccezionale, incomunicabile ad altri come esperienza personale, e che hanno avuto un ruolo unico nella formazione della Chiesa, cioè la testimonianza e la trasmissione della parola e del mistero di Cristo in base alla loro diretta conoscenza, e la fondazione della Chiesa in Gerusalemme.

Ma essi hanno ricevuto, allo stesso tempo, una missione di magistero e di guida pastorale per lo sviluppo della Chiesa: e questa missione è trasmissibile, e doveva essere trasmessa, secondo l’intenzione di Gesù, a dei successori, per il compimento dell’evangelizzazione universale.

In questo secondo senso, dunque, gli Apostoli hanno avuto dei collaboratori e poi dei successori.

L’afferma a più riprese il Concilio ( LG 18, LG 20, LG 22 ).

4. I Vescovi adempiono la missione pastorale affidata agli Apostoli e possiedono tutti i poteri che essa comporta.

Inoltre, come gli Apostoli, la compiono con l’aiuto di cooperatori.

Leggiamo nella costituzione Lumen gentium: “I Vescovi assunsero il servizio della comunità con i loro collaboratori, sacerdoti e diaconi, presiedendo in luogo di Dio al gregge ( cf. S. Ignazio d’Antiochia, Philad., Praef.; 1, 1 ), di cui sono pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa” ( LG 20 ).

5. Il Concilio ha posto l’accento su questa successione apostolica dei Vescovi, affermando che la successione è di divina istituzione.

Leggiamo ancora nella Lumen gentium: “Il Sacro Concilio insegna che i Vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli, quali pastori della Chiesa, e chi li ascolta, ascolta Cristo; chi li disprezza, disprezza Cristo e Colui che ha mandato Cristo ( cf. Lc 10,16 )” ( LG 20 ).

In forza di questa divina istituzione, i Vescovi rappresentano Cristo, sicché ascoltarli è ascoltare Cristo.

Dunque non solo il successore di Pietro rappresenta Cristo Pastore, ma anche gli altri successori degli Apostoli.

Insegna infatti il Concilio: “Nella persona dei Vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo” ( LG 21 ).

Le parole di Gesù: “Chi ascolta voi, ascolta me” ( Lc 10,16 ), citate dal Concilio, hanno ancora un’applicazione più ampia, perché erano state rivolte ai settantadue discepoli.

E abbiamo visto nei testi degli Atti degli Apostoli, citati nei primi due paragrafi della presente catechesi, quale fioritura di cooperatori ci fosse intorno agli Apostoli, una gerarchia ben presto distinta in presbiteri ( Vescovi e loro collaboratori ) e diaconi, non senza il concorso di semplici fedeli, cooperatori del ministero pastorale.