5 Agosto 1998

1. Il Nuovo Testamento ci attesta la presenza, nelle varie comunità cristiane, di carismi e ministeri suscitati dallo Spirito Santo.

Gli Atti degli Apostoli, ad esempio, così descrivono la comunità cristiana di Antiochia: "C'erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo" ( At 13,1 ).

La comunità di Antiochia appare così una realtà viva, in cui emergono due ruoli distinti: quello dei profeti, che discernono ed annunciano le vie di Dio, e quello dei dottori, cioè dei docenti, che approfondiscono ed espongono la fede in modo adeguato.

Si potrebbe ravvisare nel primo un carattere più carismatico, nel secondo una nota più istituzionale, ma nell'uno e nell'altro caso un'unica obbedienza allo Spirito di Dio.

Del resto, questo intreccio tra elemento carismatico ed istituzionale si può scorgere alle origini stesse della comunità di Antiochia - nata dopo la morte di Stefano in seguito alla dispersione dei cristiani - dove alcuni fratelli avevano predicato la buona novella anche ai pagani, suscitando molte conversioni.

Alla notizia di tale evento, la comunità madre di Gerusalemme aveva delegato Barnaba per una visita alla nuova comunità.

E questi - racconta Luca - costatando la grazia del Signore, "si rallegrò, e da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore" ( At 11,23-24 ).

In questo episodio appare chiaramente il duplice modo con cui lo Spirito di Dio regge la Chiesa: da una parte suscita direttamente l'attività dei credenti aprendo strade nuove e inedite all'annuncio del Vangelo, dall'altra provvede ad autenticare la loro opera attraverso l'intervento ufficiale della Chiesa, qui rappresentata dall'opera di Barnaba, inviato dalla comunità madre di Gerusalemme.

2. Soprattutto san Paolo svolge una profonda riflessione sui carismi e sui ministeri.

Egli la compie specialmente nei capitoli 12-14 della prima lettera ai Corinzi.

Sulla base di tale testo, si possono raccogliere alcuni elementi per impostare una corretta teologia dei carismi.

Innanzitutto viene fissato da Paolo il criterio fondamentale di discernimento, un criterio che si potrebbe definire “cristologico”: un carisma non è autentico se non conduce a proclamare che Gesù Cristo è il Signore ( cfr 1 Cor 12,1-3 ).

Subito dopo Paolo passa a sottolineare la varietà dei carismi e la loro unità di origine: "Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito" ( 1 Cor 12,4 ).

I doni dello Spirito, che Egli distribuisce "come vuole" ( 1 Cor 12,11 ), possono essere tanti e Paolo ne abbozza una lista ( 1 Cor 12,8-10 ), che evidentemente non ha la pretesa di essere completa.

L'Apostolo insegna poi che la diversità dei carismi non deve provocare divisioni e per questo sviluppa l'eloquente paragone delle varie membra nell’unico corpo ( 1 Cor 12,12-27 ).

L'unità della Chiesa è una unità dinamica ed organica, e tutti i doni dello Spirito sono importanti per la vitalità dell'intero corpo.

3. Paolo insegna, d'altra parte, che Dio ha stabilito una gerarchia di posizioni nella Chiesa ( cfr 1 Cor 12,28 ): ai primi posti vengono gli "apostoli", poi i "profeti", quindi i "maestri".

Queste prime tre posizioni sono fondamentali e vengono elencate secondo un ordine decrescente.

L’Apostolo poi avverte che la distribuzione dei doni è diversificata: non tutti hanno questo o quel carisma ( cfr 1 Cor 12,29-30 ); ciascuno ha il suo ( cfr 1 Cor 7,7 ) e lo deve accogliere con gratitudine, ponendolo generosamente al servizio della comunità.

Questa ricerca di comunione è dettata dalla carità, che resta la “via migliore” e il dono più grande ( cfr 1 Cor 13,13 ), senza il quale i carismi perdono ogni valore ( cfr 1 Cor 13,1-3 ).

4. I carismi sono dunque grazie concesse dallo Spirito Santo a certi fedeli per abilitarli a contribuire al bene comune della Chiesa.

La varietà dei carismi corrisponde alla varietà di servizi, che possono essere momentanei o duraturi, privati o pubblici.

I ministeri ordinati dei Vescovi, dei Presbiteri e dei Diaconi, sono servizi stabili e pubblicamente riconosciuti.

I ministeri laicali, fondati sul battesimo e sulla cresima, possono ricevere dalla Chiesa, attraverso il Vescovo, un riconoscimento ufficiale o soltanto di fatto.

Tra i ministeri laicali ricordiamo quelli istituiti con rito liturgico: il lettorato e l'accolitato.

Vengono poi i ministri straordinari della comunione eucaristica e quelli responsabili di attività ecclesiali, a cominciare dai catechisti, ma vanno ricordati anche “animatori della preghiera, del canto e della liturgia; capi di comunità ecclesiali di base e di gruppi biblici; incaricati delle opere caritative; amministratori dei beni della Chiesa; dirigenti dei vari sodalizi apostolici; insegnanti di religione nelle scuole” ( Enc. Redemptoris missio, 74 ).

5. Stando al messaggio di Paolo e dell'intero Nuovo Testamento, ampiamente ripreso ed illustrato dal Concilio Vaticano II ( cfr Lumen gentium, 12 ), non esiste una Chiesa a “modello carismatico” e un’altra a “modello istituzionale”.

Come ho avuto modo di ribadire in altra occasione, la contrapposizione tra carisma e istituzione è “deprecabile e deleteria” ( cfr Discorso ai partecipanti al II Colloquio internazionale dei movimenti ecclesiali, 2 marzo 1987, in Insegnamenti X/1 [1987], p. 478 ).

Tocca ai Pastori discernere l’autenticità dei carismi e di regolarne l’esercizio, in atteggiamento di umile obbedienza allo Spirito, di disinteressato amore al bene della Chiesa e di docile fedeltà alla legge suprema della salvezza delle anime.