14 Maggio 2016
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Non sembra tanto buona, la giornata [ piove ], ma voi siete coraggiosi e siete venuti con la pioggia. Grazie!
Questa udienza si fa in due posti: gli ammalati sono nell'Aula Paolo VI, per la pioggia: sono più comodi lì e ci seguono con il maxischermo; e noi, qui.
Siamo uniti, noi e loro, e vi faccio la proposta di salutarli con un applauso.
Non è facile fare l'applauso con l'ombrello in mano!
Tra i tanti aspetti della misericordia, ve ne è uno che consiste nel provare pietà o impietosirsi nei confronti di quanti hanno bisogno di amore.
La pietas – la pietà – è un concetto presente nel mondo greco-romano, dove però indicava un atto di sottomissione ai superiori: anzitutto la devozione dovuta agli dei, poi il rispetto dei figli verso i genitori, soprattutto anziani.
Oggi, invece, dobbiamo stare attenti a non identificare la pietà con quel pietismo, piuttosto diffuso, che è solo un'emozione superficiale e offende la dignità dell'altro.
Allo stesso modo, la pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli.
Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiutare il vicino, la vicina che ha bisogno …
Così non va.
La pietà di cui vogliamo parlare è una manifestazione della misericordia di Dio.
É uno dei sette doni dello Spirito Santo che il Signore offre ai suoi discepoli per renderli « docili ad obbedire alle ispirazioni divine » ( Catechismo della Chiesa Cattolica, 1830 ).
Tante volte nei Vangeli è riportato il grido spontaneo che persone malate, indemoniate, povere o afflitte rivolgevano a Gesù: "Abbi pietà" ( cfr Mc 10,47-48; Mt 15,22; Mt 17,15 ).
A tutti Gesù rispondeva con lo sguardo della misericordia e il conforto della sua presenza.
In tali invocazioni di aiuto o richieste di pietà, ognuno esprimeva anche la sua fede in Gesù, chiamandolo "Maestro", "Figlio di Davide" e "Signore".
Intuivano che in Lui c'era qualcosa di straordinario, che li poteva aiutare ad uscire dalla condizione di tristezza in cui si trovavano.
Percepivano in Lui l'amore di Dio stesso.
E anche se la folla si accalcava, Gesù si accorgeva di quelle invocazioni di pietà e si impietosiva, soprattutto quando vedeva persone sofferenti e ferite nella loro dignità, come nel caso dell'emorroissa ( cfr Mc 5,32 ).
Egli le chiamava ad avere fiducia in Lui e nella sua Parola ( cfr Gv 6,48-55 ).
Per Gesù provare pietà equivale a condividere la tristezza di chi incontra, ma nello stesso tempo a operare in prima persona per trasformarla in gioia.
Anche noi siamo chiamati a coltivare in noi atteggiamenti di pietà davanti a tante situazioni della vita, scuotendoci di dosso l'indifferenza che impedisce di riconoscere le esigenze dei fratelli che ci circondano e liberandoci dalla schiavitù del benessere materiale ( cfr 1 Tm 6,3-8 ).
Guardiamo l'esempio della Vergine Maria, che si prende cura di ciascuno dei suoi figli ed è per noi credenti l'icona della pietà.
Dante Alighieri lo esprime nella preghiera alla Madonna posta al culmine del Paradiso: « In te misericordia, in te pietate, [ … ] in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate" ( XXXIII, 19-21 ).
Grazie.