18 marzo 2022

Domenica 3° Quaresima anno C ( Lc 13,1-9 )

Dio ci dà il tempo della conversione.

Coltivare per essere coltivati.

1 - Gesù ci insegna a leggere gli avvenimenti, ci insegna a leggere il giornale.

Sulla bocca della gente ci sono due fatti di cronaca: una strage della polizia di Pilato all'interno del tempio e il dramma di diciotto persone schiacciate dal crollo della torre di Siloe.

Gesù prende le distanze dalla posizione di chi ama vedere le disgrazie come mandate da Dio giudice.

È ai superstiti che è rivolto il messaggio di Dio.

Come reagisce la gente di fronte alle cose che capitano?

Quali sono i commenti?

Qual è il commento di Gesù a questi fatti di cronaca?

Cambiate vita!

Davanti a un terremoto, a una strage, a un incidente, il monito severo è unico: "Convertitevi!".

L'invito alla conversione è per tutti, non per i presunti colpevoli ( "Ben gli sta", "Se l'è voluta"… ).

Di fronte alla tragica e misteriosa realtà del male, documentata anche dalla cronaca quotidiana, Gesù non lancia degli avvertimenti ( l'avvertimento appartiene allo stile mafioso ).

Preferisce lanciare degli inviti.

Sarà bene ricordare che conversione significa, prima di tutto, cambiamento di mentalità.

E quindi capacità di leggere i fatti, anche i più inquietanti della cronaca, non attraverso l'ottica della disumanità, ma della pietà.

Capacità di pensare diverso.

Diverso dalle persone di buonsenso e dei moralisti.

Ditemi voi se non è di estrema attualità!

2 - Due piante incorniciano la liturgia della Parola in questa terza domenica di quaresima: il roveto ardente ( 1° lettura ) e il fico sterile.

Si tratta di immagini paraboliche che ci consegnano due tratti del volto di Dio: la compassione e la misericordia.

La compassione anzitutto.

Il Deuteronomio definisce Dio come "colui che abita nel roveto".

Il roveto, dunque, non è un elemento secondario, ma entra nell'identità stessa di Dio.

È costitutivo della sua manifestazione, al pari del Nome rivelato a Mosè.

Commenta la tradizione rabbinica: il roveto è l'albero dei dolori e Dio soffre quando soffrono gli ebrei.

"Ti rendi conto di come partecipo alle sofferenze di Israele?

Io ti parlo circondato da spine come se partecipassi direttamente al tuo dolore".

Dio oltre ad ascoltare il grido, soffre con il suo popolo.

Alla luce del Nuovo Testamento il simbolo del roveto si carica di suggestioni ulteriori.

Come Mosè ha incontrato Dio nel roveto, così noi sappiamo di poter contemplare la gloria di Dio nel volto di Gesù, incoronato di spine e innalzato sulla croce.

Per la nostra fede, il roveto ardente in cui contemplare il volto di Dio è ora Gesù crocifisso: in quel capo incoronato di spine come un roveto, si manifesta pienamente l'amore compassionevole di Dio, che prende su di sé il dolore del mondo, liberandoci da ogni male.

3 - Questo volto di Dio torna a rivelarsi - ed è il suo secondo tratto fondamentale - nella misericordia con cui il vignaiolo della piccola parabola decide di accordare ancora un anno al fico sterile, "finché gli avrò zappato attorno e vi avrò messo il concime".

Con il suo tipico sguardo, Luca rilegge in questo modo l'immagine del fico senza frutti della tradizione sinottica.

Anziché maledetto, come accade in Marco e Matteo, il fico viene benedetto per un anno ancora dalla cura del vignaiolo, figura emblematica di Gesù, il quale, se nei suoi tre anni di ministero pubblico ha cercato inutilmente di raccogliere frutti da questa pianta sterile, non per questo si arrende o si scoraggia.

Ancora qualcosa può e deve essere tentato, e ciò che il vignaiolo farà sarà proprio concimare il fico con il dono stesso della propria vita.

Sarà il suo sangue versato per tutti a fecondare il terreno e a consentire al fico di portare finalmente il frutto sperato.

Come già accadeva per il roveto dell'Esodo, anche dietro al fico si profila un terzo albero, quello della croce, manifestazione piena di quella compassione e di quella misericordia che il roveto e il fico preannunciano, anche se da lontano.

4 - Compassione e misericordia sono due tratti del volto di Dio, pienamente manifestati in Gesù Crocifisso, che rischiarano ogni nostro cammino nel deserto, ogni passaggio attraverso l'oscurità della storia.

Come i tempi di Gesù, anche i nostri giorni sono segnati dall'assurdità del male: tanto quello che patiamo dalla violenza degli uomini ( il sangue dei Galilei che Pilato mescola a quello dei loro sacrifici ), quanto a quello che subiamo dai cataclismi inspiegabili della natura e della storia ( la torre di Siloe che nel suo crollo uccide 18 cittadini di Gerusalemme ).

Di fronte al male rimaniamo senza spiegazioni.

Del resto se fossimo in grado di spiegare l'assurdo, esso non sarebbe più tale, non sarebbe più il male, che è senza senso.

Tuttavia, ci ricorda Gesù, anche se non abbiamo spiegazioni, possiamo comunque non rimanere senza parole.

La parola più autentica da pronunciare è quella della conversione personale, che ci consente sempre di prendere le distanze dal male per aderire con maggiore radicalità al bene.

Prendere le distanze dal male significa riaffermare la propria adesione al volto del Dio della misericordia e della compassione.

Al Dio che non punisce i peccatori ma abita il dolore degli uomini come tra le spine di un roveto, e accorda ancora un anno santo di grazia persino al fico sterile.

5 - Di fronte al male rimaniamo senza spiegazioni perché il male non ha senso.

Possiamo tuttavia viverlo conferendogli un significato: quello della nostra conversione al vero volto del Dio della vita e della risurrezione.

Il Dio che nel suo Figlio patisce il male fino alla croce, per riscattare dal non senso tanto i Galilei fatti uccidere da Pilato, quanto i Gerosolimitani schiacciati dal crollo della torre.

E con loro tutte le vittime del peccato degli uomini e del male del mondo.

Le vittime di ogni tempo, perché il nome di Dio si rivela sempre attraverso l'opera che egli compie nella storia, per condurla ai cieli nuovi e alla terra nuova della sua promessa.

6 - Il Padre vuole che portiamo frutti.

Non ammette piante parassitarie.

I tralci che non fanno uva li taglia e li getta nel fuoco.

Così nel Vangelo di Giovanni.

Anche tu, Gesù, non sei tenero con chi sfrutta egoisticamente il terreno.

Il Vangelo di Marco racconta che hai fatto seccare un fico senza frutti.

Ce lo ripeti nella parabola dei talenti: chi li sotterra e non li traffica sarà punito con rigore.

Per fortuna c'è anche il Vangelo di Luca: tu preghi il Padre per noi, perché abbia misericordia e pazienza.

Se tu metti mano all'opera, se tu ti prendi veramente cura di noi, chissà …

Anche noi, quando vediamo persone od opere che non portano frutto, dovremmo metterci dalla loro parte, con misericordia e amore, e lavorare perché rifioriscano e siano feconde?

Forse è proprio questa la conversione che ci chiedi, capace di allontanarci da quel "perirete tutti allo stesso modo".

Ci salviamo se salviamo gli altri.

7 - Questa è la parabola dei due punti di vista.

Di fronte alle cose ci sono sempre posizioni diverse.

C'è chi ha fretta e chi ha pazienza,

chi è sempre pessimista e chi sa guardare il positivo,

chi taglia corto e chi sa aspettare,

chi crede solo ai suoi tempi e chi invece fa spazio anche a quelli degli altri, che possono essere diversi e magari più lunghi.

Il Vangelo non ci dice come va a finire la storia.

Noi immaginiamo che abbia prevalso la tesi del contadino paziente.

Questi non ha voluto tagliare quell'albero avaro di frutti.

Ha deciso di lavorargli attorno, di dargli un'altra possibilità.

Pensiamo per un po' ai nostri rapporti: noi facciamo presto a catalogare la gente, siamo intolleranti, inflessibili, duri.

Pretendiamo il rispetto della regola del dare e dell'avere, conosciamo più lo scambio che il dono.

Cerchiamo i risultati e vogliamo averli in tempi utili, che rigidamente stabiliamo.

Non ci piace perdere tempo, né usarne più del dovuto.

Depenniamo tante persone perché non ci sembrano all'altezza delle nostre aspettative.

Quante volte rapporti anche belli finiscono proprio perché non abbiamo avuto il coraggio di aver pazienza.

Le cose importanti richiedono sempre tempo, amore e fatica.

Ma poi si vedono i frutti.

Ognuno è sempre migliore di come appare ed è al nocciolo dolce e tenero, non alla scorza esterna, dura, che dobbiamo guardare.

Impariamo a non fermarci mai alle apparenze, ma a scendere sempre più in profondità.

Dio fa così con noi.

Non guarda alle apparenze, ma guarda il cuore.

Qualche rapporto da coltivare o da recuperare ce l'hai anche tu.

Stai per tagliare qualcuno?

Oggi Gesù ti dice di fermarti, ma non di aspettare soltanto, passivamente.

Metti un buon concime, togli le erbacce, elimina gli insetti nocivi … i pregiudizi, le chiacchere malevole, le pretese.

E pure se hai dato già tutto, non dire mai basta.

Da' sempre una nuova possibilità a chi ti sta vicino e dalla pure a te.

È così che crescono i frutti, e tu pure, se avrai pazienza, li vedrai.

8 - Tu sei un Dio paziente, Signore!

Non hai fretta, sai attendere.

Tu sei buono e non ti stanchi mai di me, nonostante i pochi frutti.

Tu mi dai sempre un'altra possibilità per cambiare e per amarti di più, e lo fai amandomi per primo.

Spesso io sono duro, mi lego tutto al dito e sono invece lento alla comprensione e al perdono.

Abbi ancora pazienza con me, Signore!

Non allontanarmi da te come un ramo secco, anche se non riesco ancora a dare frutti degni di te.

Il tuo amore fedele e paziente mi dia forza e fiducia e faccia fiorire tutti i semi che da tempo mi hai piantato nel cuore.

Non ti deluderò, Signore, te lo prometto.

Don Osvaldo