Nonostante tutto sperare |
11 settembre 2001. Due aerei impazziti a causa della pazzia degli uomini seminano morte a New York, distruggendo le Torri Gemelle, simbolo della potenza, dell'intelligenza e della creatività del popolo americano. Oltre 4.000 morti.
Persone che, intente a lavorare e a produrre benessere, neppure lontanamente pensavano ad una fine così tragica e improvvisa.
"Dalla terrazza della torre colpita per prima, un giovane uomo, che non ha trovato scampo lungo le scale perché un inferno ne sbarrava l'accesso, chiama con il cellulare il padre.
"Papà, vedi il fumo? Sotto non si passa più …".
Il padre, che era già alla finestra e s'interrogava su quella grande nuvola nera spuntata sopra Manhattan, gli grida: "Sei lì?".
E il figlio risponde: "Mi vedi? Sto morendo"" ( Sergio Zavoli, Jesus, Ottobre 2001 ).
Da quel giorno, si dice, nulla è più come prima.
L'avvenire ci sembra ancora più incerto e più fosco.
Guardiamo al futuro con più pessimismo.
Chi ha vissuto larga parte dell'ultimo secolo trascorso, ha sognato che il progresso sociale ed economico portasse tante possibilità mai avute.
E invece… Sono tanti i "segnali" che frantumano, poco per volta, quasi inavvertitamente, la nostra speranza e la nostra fede.
L'anziano sembra diventato un peso non solo per la società, ma molte volte anche per la famiglia e, capita, anche per sé stesso… per cui in molte persone nasce la paura di dar fastidio.
La solitudine genera stanchezza e ansia; intristisce le persone, per cui diventano pessimiste.
A poco a poco ti prende la sensazione di non contare più niente.
I giovani non ti capiscono, e tu non li sopporti più.
Anche i tuoi figli, così presi dal ritmo indiavolato che coinvolge la loro vita, sembrano dimenticarti…
Che senso ha ancora vivere? Almeno fosse chiaro e sereno l'ambiente in cui si vive.
Ma non è proprio così. Violenze, furti, droga, ingiustizie …
Un futuro veramente fosco.
È proprio la paura di un futuro senza speranza, che vede la qualità della propria vita "a rischio", che rende tristi e angosciati, che ci fa chiudere in noi stessi.
"Una sorte penosa è disposta per ogni uomo, un giogo pesante grava sui figli di Adamo, dal giorno della loro nascita dal grembo materno al giorno del loro ritorno alla madre comune.
Materia alle loro riflessioni e ansietà per il loro cuore offrono il pensiero di ciò che li attende e il giorno della fine.
Da chi siede su un trono glorioso fino al misero che giace sulla terra e sulla cenere; da chi indossa porpora e corona fino a chi è ricoperto di panno grossolano, non c'è che sdegno, invidia, spavento, agitazione, paura della morte, contese e liti." ( Sir 40,1-4 )
""Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto.
Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.
E del luogo dove io vado, voi conoscete la via".
Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?".
Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto"". ( Gv 14,1-7 )
La Parola di Dio ci suggerisce che la speranza, il "non abbiate timore", è sempre stata il sostegno dell'uomo, ma molte volte anche il tormento, perché sembra proporre soluzioni troppo semplicistiche.
Gli apostoli, che pure hanno vissuto a lungo con Gesù, di fronte all'annuncio della sua morte imminente sono entrati in crisi, sembrano aver perso la fiducia nelle parole di Gesù ( è successo così anche per i due discepoli di Emmaus, dopo la morte di Gesù ).
Gesù li rincuora: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? ( … )", perché chi ha fede in Lui trova la via, la verità e la vita.
Anche Gesù, di fronte alla sua morte, ha avuto momenti di tristezza e si è trovato solo; ma ha avuto fiducia nel Padre suo.
Significative le figure di Abramo e Sara ( Gen 18ss ).
Nella loro vecchiaia, la loro fede è stata premiata dalla nascita di un figlio.
Il miracolo vero non fu quello di avere un figlio da vecchi, ma il fatto che, benché vecchi, fossero ancora tanto giovani da desiderarlo.
Molte volte diventiamo tristi e miopi nel valutare la vita, solo perché non abbiamo abbastanza fede nel Signore e non sappiamo mettere a frutto la nostra esperienza di vita.
La vicenda di Gesù con i farisei e gli scribi del suo tempo, che non lo hanno riconosciuto come Messia perché non corrispondeva all'idea che se ne erano fatti, ci insegna a non sopravvalutare le tradizioni umane, il "si è sempre fatto così", tanto da chiudersi a tutte le novità: questo sarebbe un condizionamento.
Certo, bisogna saper discernere le novità che contano da quelle che non sono di aiuto alla società.
Insomma, la modernità non è da buttare; ma non tutto ciò che passa per "moderno" è sempre un progresso.
Ci consola che nel regno di Dio ci siano molti posti.
Vuol dire che ognuno, nella sua diversità, è molto importante di fronte a Dio.
Sant'Ireneo ricorda che "la gloria di Dio è l'uomo vivente".
Questo ci invita all'impegno di far fruttificare le nostre capacità, a renderci utili per quello che possiamo, a continuare a dare il nostro contributo per migliorare la nostra società, la nostra comunità parrocchiale.
"Ridiamo voce alla speranza.
È speranza, se cerchiamo di essere sorpresa, amore e gioia per gli altri.
È speranza, se invece di ripetere temi del passato, sappiamo cercare il nostro futuro.
È speranza, se desideriamo ritrovarci con le persone e sappiamo godere della loro vicinanza.
È speranza, se sappiamo fare del tempo un canto di gioia, di gratitudine, di congratulazioni, di valutazione del nostro vivere, di contentezza per un regalo così grande.
È speranza, se, attraverso il dialogo, lasciamo il nostro posto centrale a Dio Padre che non smette di sorridere per le nostre gioie semplici e durature.
Se è così, non è l'orologio a segnare la nostra speranza, ma l'amore" ( da Emeterio Sorazu, Per la "bella età" , Elledici 2000 ).
- Ci capita qualche volta di accusare Dio di averci dimenticati?
- Nella situazione attuale del mondo, della mia vita, della società, ha ancora senso per me sperare?
O è un'illusione?
- Che cosa si intende per speranza cristiana?
La speranza non è frutto di immaginazione, come se qualcuno desiderasse inventarsi dei giorni migliori, dato che l'oggi è difficile.
Al contrario, la speranza poggia sulla certezza che la felicità e tutto ciò che Dio ha promesso si realizzerà.
La speranza senza la fede è illusoria e pericolosa, perché si fonda solo su possibilità umane che possono fallire.
"Essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli ( … ).
Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità" ( Cat. Chiesa Cat. 1818 ).
- Che cosa rispondere a chi, di fronte al male, sostiene che Dio non esiste?
È vero che i lager, i gulag, le pulizie etniche, la morte di persone giovani, la violenza verso i bambini ci fanno pensare che Dio non esista o che non ascolti la nostra preghiera, per cui siamo tentati di dire che è senza cuore.
Ma tutta la Bibbia vuol ricordarci che Dio non ci abbandona mai.
Un padre non sempre dà ai figli tutto quello che chiedono: il suo sguardo vede più lontano.
"Nelle prove, anche nelle più terribili, la sola via possibile per il credente è quella di conservare la fiducia in Dio; accettare di non capire, ma non accusare Dio.
D'altra parte se la Bibbia conserva le grida di angoscia e anche i rimproveri fatti a Dio, vuol dire che un credente può gridare la sua angoscia, la sua impazienza di vedere cessare la violenza che lo schiaccia" ( M. N. Thabut ).
Fin dai primi anni dopo la risurrezione di Cristo le comunità cristiane si sono dette: siate saldi nella speranza. Cosa sperano i discepoli di Gesù?
Sperano di realizzare il desiderio di vivere.
Per attuare tale desiderio si appoggiano a Dio che, rivelando la sua parola, ha promesso di realizzare la SALVEZZA.
È questa la parola chiave, oggi non di facile comprensione.
La fede ce la spiega come piena realizzazione del progetto per cui siamo stati pensati da Dio: essere, cioè, come Dio ha voluto.
Ideale difficile da raggiungere, perché il male e i nostri limiti ci condizionano.
Dio ci dona la forza e realizza lui stesso questa realtà poco alla volta nella nostra vita, già nella storia.
La salvezza avrà, però, pieno compimento dopo la morte fisica, quando il nostro corpo, riunendosi all'anima, risorgerà in quella situazione di visione di Dio che comunemente chiamiamo paradiso.
Preghiera per il buon umore
Signore, donami una buona digestione:
e anche qualcosa da digerire.
Donami la salute del corpo
e il buon umore necessario per mantenerla.
Donami, Signore, un'anima semplice
che sappia far tesoro
di tutto ciò che è buono
e non si spaventi alla vista del male,
ma piuttosto trovi sempre il modo
di rimettere le cose a posto.
Dammi un'anima che non conosca la noia,
i brontolamenti, i sospiri, i lamenti,
e non permettere
che mi crucci eccessivamente
per quella cosa troppo ingombrante
che si chiama "io".
Dammi, Signore, il senso del buon umore.
Concedimi la grazia
di comprendere uno scherzo
per scoprire nella vita un po' di gioia
e farne parte anche agli altri. Amen.
S. Tommaso Moro (1477-1535)
Cancelliere del re d'Inghilterra