Tradizione e storia

«Mio padre era un arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa.

Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù.

Allora gridammo a Yahweh, al Dio dei nostri padri, e Yahweh ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; Yahweh ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele» ( Dt 26,5-9 ).

Era questa la professione di fede, risalente a un'antica tradizione, che l'israelita pronunciava quando, ogni anno, deponeva dinanzi all'altare l'offerta delle primizie.

I temi del Credo deuteronomico - i padri, l'uscita dall'Egitto, la conquista del Kulturland - ritornano sia nella proclamazione di Giosué davanti all'assemblea di Sichem ( Gs 24,2-13 ) sia in alcuni canti cultuali d'Israele ( Sal 105; Sal 106; Sal 134; Sal 135 ).

La professione di fede, la proclamazione e la lode sono le forme in cui Israele diede originariamente testimonianza degli eventi decisivi del passato, nei quali è posto il fondamento del suo rapporto con Yahweh.

Israele parlava del proprio passato non col distacco dello spettatore, non con disinteressata «oggettività», ma in un diretto coinvolgimento.

Non esisteva, per Israele, un confine assoluto fra la storia passata e quella presente, poiché il Dio davanti al quale Israele si vide posto noi presente e nel presente dimostrò la propria potenza, era lo stesso che in passato si era manifestato ai padri attraverso gli eventi salvifici fondamentali.

Ogni generazione si sapeva perciò immediatamente coinvolta negli eventi salvifici del passato e viceversa, nel trasmettere alle generazioni successive quegli stessi avvenimenti, poteva immettere nella tradizione la propria esperienza di fede.

La forma e i modi in cui, nell'antico Israele, la storia veniva presentata, raccontata, tramandata e testimoniata, si differenzia per molti riguardi dai modi in cui essa viene presentata oggi.

Come altri popoli dell'antichità, neppure Israele conobbe in origine la legge dell'esclusività degli eventi storici.

Non si poteva parlare del passato senza ricomprendervi il presente: avvenimenti, istituzioni e situazioni di epoche successive si potevano proiettare con disinvoltura nel passato.

Nelle narrazioni riguardanti l'epoca dei patriarchi si presuppone, ad esempio:

l'uso del cammello come cavalcatura, mentre sappiamo che esso venne addomesticato dai Moabiti soltanto nella prima età del ferro;

i Filistei, che migrarono in Palestina all'incirca nella stessa epoca degli Israeliti, vi compaiono come contemporanei dei patriarchi ( Gen 26,14 ss. ).

Singoli personaggi appaiono spesso, nelle antiche tradizioni, come personificazioni dei gruppi cui appartengono.

Così, in uno strato del racconto di Giacobbe ed Esaù ( Gen 25,27-34 ) si rispecchiano i rapporti fra Israeliti ed Edomiti.

Dietro il racconto dell'oltraggio di Dina ( Gen 34 ) scorgiamo i conflitti fra la città-stato di Sichem, personificata nel personaggio omonimo, e le tribù di Simeone e di Levi, che compaiono nella persona dei rispettivi progenitori Simeone e Levi.

Gli accordi fra Israeliti e Aramei si riflettono nel racconto del patto stipulato tra Giacobbe e Labano ( Gen 31,44.51-54 ).

Viceversa, avvenimenti di cui furono protagonisti singoli gruppi possono essere estesi, nel corso del processo di formazione della tradizione, alla generalità delle tribù.

Nella redazione finale del Pentateuco, protagonista degli eventi dell'Esodo, del Sinai e della conquista di Canaan è infatti la totalità delle tribù, mentre sono molti gli indizi che rivelano come le tribù d'Israele si siano riunite in una confederazione soltanto nel Kulturland, vale a dire a conquista avvenuta; che anzi soltanto dopo l'abbandono del nomadismo alcune delle tribù siano venute costituendosi come tali da semplici gruppi di clan quali erano.

Ciò significa, però, che non la totalità delle tribù, ma solo gruppi di clan poterono prender parte all'uscita dall'Egitto e all'evento del Sinai: si trattò, tuttavia, di eventi di tale importanza per la fede in Yahweh che vennero in seguito a costituire un patrimonio di fede comune a tutte le tribù.

La fusione delle varie tribù in una lega più vasta portò alla formazione di una tradizione comune, e fece sì che tutte le tribù che si riunirono nel Kulturland appaiano, nella tradizione, protagoniste degli eventi che risalgono alla preistoria d'Israele.

Nell'antico Israele, inoltre, non si distingueva in maniera rigorosa fra tradizione ed interpretazione.

Le antiche tradizioni non erano semplicemente riprodotte, senza apportarvi modifiche, da coloro che le trasmettevano alle generazioni successive.

Mediante rifacimenti che avevano lo scopo di rendere attuali gli antichi racconti, e attraverso rielaborazioni che li interpretavano, le antiche tradizioni erano messe in rapporto col presente, e se ne attestava così il significato attuale.

Quanto più una tradizione era decisiva per la fede d'Israele, tanto più spesso e tanto più profondamente essa veniva rielaborata.

Le tradizioni d'Israele che hanno come contenuto gli eventi che vanno dall'epoca nomade in avanti, e che rispecchiano le condizioni di quel periodo, sono contenute nel Pentateuco, i cosiddetti «cinque libri» di Mos: Il Pentateuco è un'opera complessa: la storia, estremamente complicata, della sua formazione va dagli inizi della storia d'Israele fino al periodo successivo all'esilio.

È compito della critica letteraria, della storia delle forme e delle tradizioni, in una fase di lavoro analitica, staccare l'una dall'altra, partendo dalla forma definitiva del Pentateuco, le varie stratificazioni che differiscono fra loro dal punto di vista della critica letteraria e della storia delle tradizioni; loro compito è poi di ordinare storicamente tali stratificazioni e di ricomporre, in una fase di lavoro sintetica, i diversi stadi della formazione del Pentateuco, dagli inizi fino alla sua forma finale.

La critica letteraria è giunta al risultato che il Pentateuco è costituito dall'intreccio di tre filoni narrativi:

il jahvista, così detto perché usa in prevalenza il nome divino di Yahweh, risalente al primo periodo monarchico ( X secolo a.C .),

l'elohista, del IX secolo circa, che usa prevalentemente il nome divino Elohim e

il codice sacerdotale ( VI e V secolo a.C. ), che proviene dagli ambienti sacerdotali del periodo esilico e di quello immediatamente successivo.

A questi va aggiunto il Deuteronomio, il cosiddetto V libro di Mosé, composto nel VII secolo a.C. e rielaborato all'epoca dell'esilio.

Il documento sacerdotale si basa su tradizioni risalenti all'epoca precedente l'esilio; il Deuteronomio, il jahvista e l'elohista risalgono a tradizioni del periodo anteriore alla formazione dello stato.

Scopo della storia della tradizione è di indagare ciò che sta alla base delle fonti scritte, di studiare la precedente storia orale, l'evoluzione e lo sviluppo sia delle tradizioni singole che del più ampio complesso della tradizione.

L'attribuzione dei vari strati delle fonti o delle varie parti della tradizione del Pentateuco ad un periodo più recente non implica affatto, però, una loro svalutazione, ne dal punto di vista storico ne da quello teologico.

La verità teologica di una tradizione non dipende dalla sua antichità: anche le tradizioni più recenti possono comunicarci verità profonde.

Nel rifacimento e nell'aggiornamento delle vecchie tradizioni lo spirito delle varie epoche diede la propria impronta alle antiche narrazioni, e le esperienze religiose e le convinzioni di fede delle varie generazioni vennero inserite negli antichi racconti.

Grazie alla critica letteraria e all'analisi di storia della tradizione, gli strati del Pentateuco sono spiegati nella loro composita formazione, e posti nel contesto storico in cui vennero redatti e in cui furono enunciati.

Solo a partire da questo contesto storico ci si svela il senso di una tradizione, e diventa per noi intelligibile la sua intenzione teologica.

Per avere un quadro di un determinato periodo della storia d'Israele si consulteranno, in particolare, le testimonianze scritte o le tradizioni risalenti all'epoca in esame o a quella immediatamente successiva.

Così, ad esempio, il documento sacerdotale ci consente di ricavare notizie sulla situazione storica dell'epoca esilica e di farci un'idea delle concezioni religiose della comunità di Gerusalemme nel periodo dell'esilio e in quello immediatamente successivo.

Per il periodo precedente l'abbandono del nomadismo si ricorrerà alle tradizioni del periodo anteriore alla formazione dello stato, che ricaviamo soprattutto dal jahvista e dall'elohista.

Si aggiungono singole tradizioni ( racconti, elenchi, inni, locuzioni fissate in formule ) diverse fra loro dal punto di vista della storia delle forme, all'interno e al di fuori del Pentateuco, la cui origine si fa risalire, verosimilmente, al periodo anteriore alla formazione dello stato.