Il grande regno di Davide

La sconfitta sui monti di Gelboe, che provocò la fine della prima monarchia, rappresentò il punto più basso mai fino allora toccato nello sviluppo politico d'Israele.

Ad esso doveva però far seguito un'ascesa assolutamente sorprendente, che portò Israele, in brevissimo tempo, ad un livello di potenza mai raggiunto, ne prima ne dopo d'allora.

Tale ascesa è indissolubilmente legata alla persona di Davide.

Davide, il più giovane degli otto figli di un certo Iesse, della tribù di Giuda, abitava a Betlemme ( 8 km a sud di Gerusalemme ): era un uomo pieno di dinamismo e di energia, dotato di istinto politico e di capacità diplomatiche.

Perseguì i propri scopi con costanza e tenacia; senza nulla precipitare, seppe attendere il momento opportuno per la realizzazione dei propri piani.

Fece la sua comparsa sulla scena pubblica come scudiere di Saul ( 1 Sam 16,21 ); si acquistò meriti come soldato di professione, ma attirò presto su di sé l'odio e la gelosia di Saul, che vedeva in lui un temibile concorrente: Davide, infatti, andava sempre più guadagnandosi le simpatie dell'esercito e dal popolo ( 1 Sam 18,5-6.30 ), e aveva stretto un patto d'amicizia con Gionata, il figlio maggiore di Saul ( 1 Sam 18,1-4 ).

Per sottrarsi alle persecuzioni del re, Davide si ritirò fra i monti della Giudea meridionale, dove raccolse intorno a sé una banda armata composta in parte da elementi equivoci ( 1 Sam 22,2 ) e vivendo di razzie ( esempio: 1 Sam 25 ); entrò infine, come capo mercenario alla testa della sua schiera, al servizio di Achis, re della città filistea di Gat, che in cambio dell'impegno a servirlo nell'esercito gli diede in feudo la località di Zikiag ( 1 Sam 27 ).

Poco mancò che tale circostanza non mettesse Davide nella penosa situazione di dover combattere, nella battaglia decisiva fra gli Israeliti e i Filistei, al fianco dei nemici del suo popolo.

Egli poté sottrarsi all'imbarazzo solo per la diffidenza dei re filistei: temendo, diversamente dal suo feudatario, che Davide potesse tradirli, si erano infatti opposti a che questi prendesse parte allo scontro ( 1 Sam 29 ).

Subito dopo la sconfitta di Saul, Davide si recò col suo stuolo di mercenari a Ebron, il centro dei Calebiti, all'altezza dei monti della Giudea.

Alla tribù di Giuda e ai clan di Caleb, Otniel, Caino, Ierakmeel e Simeone, in essa incorporati, lo legavano molteplici rapporti: egli stesso era giudeo, e le sue due mogli, Achinoam e Abigail, erano kenite ( 1 Sam 25,42-43 ).

Durante il periodo trascorso nella Palestina meridionale era accorso a liberare la città di Keila assediata dai Filistei ( 1 Sam 23,1-5 ); passato al loro servizio in qualità di soldato mercenario, aveva inviato in dono parte del bottino fatto durante le razzie agli anziani di alcune località delle tribù meridionali, per conservare buoni rapporti e dimostrarsi uno dei loro nonostante militasse al servizio dei Filistei ( 1 Sam 30,26-31 ).

Subito dopo essersi trasferito a Ebron, « vennero gli uomini di Giuda e qui unsero Davide re sulla casa di Giuda » ( 2 Sam 2,4a ).

La denominazione « casa di Giuda » comprende qui, molto probabilmente, anche i clan legati ad essa o meglio in essa incorporati.

Si dovrà ammettere che questa iniziativa dei Giudei non sia avvenuta all'insaputa dei Filistei ne senza la loro approvazione, dal momento che questi avevano il controllo della regione.

Anche in seguito, evidentemente, essi considerarono Davide un loro vassallo, e il suo regno una monarchia sottoposta al loro potere.

Con l'ascesa di Davide al trono entrarono per la prima volta sulla scena politica le tribù meridionali: queste, che a differenza delle tribù settentrionali di Rachele conservarono sempre, in seno all'unione, una posizione in certo modo particolare, erano venute a costituire un organismo statale autonomo rispetto alle tribù del nord.

Con la fondazione dello stato di Giuda venne rinsaldata, dal punto di vista politico, l'autonomia delle tribù meridionali, condizionata in parte da fattori geografici.

Anche questa circostanza, che non doveva restare senza conseguenze sul corso della storia successiva, poté riuscire gradita ai Filistei per il semplice fatto che costituiva, per Israele, una spaccatura politica.

La separazione fra le tribù settentrionali e quelle meridionali si approfondì allorché Abner, comandante dell'esercito di Saul, fece proclamare « re su tutto Israele » ( 2 Sam 2,8-9 ), a Macanaim in Transgiordania, l'unico figlio ancora vivente di Saul, Is-Baal, un uomo manifestamente debole e a lui sottomesso.

Questo titolo intendeva esprimere il diritto alla sovranità su tutte le tribù.

Poiché tuttavia le tribù meridionali si erano alleate, sotto Davide, a formare un organismo statale autonomo, la «casa di Giuda», il potere di Is-Baal si estendeva soltanto alle tribù della Palestina centrale, orientale e settentrionale.

Da quel momento il termine «Israele» poté essere impiegato in due differenti significati: o ad indicare, com'era fino allora avvenuto, l'intera unione delle dodici tribù, o a designare un organismo politico determinato, vale a dire lo stato del nord di recente separatesi da Giuda.

Fra le truppe mercenarie dei due stati si ebbero ben presto scontri di confine di scarsa entità: in uno di questi Abner uccise Asael, fratello di Ioab, il capitano di Davide ( 2 Sam 2,12-32 ).

Quando, poco dopo, nacque un contrasto fra Is-Baal e Abner, questi strinse un patto con Davide, offrendosi di aiutarlo ad ottenere la sovranità anche sul regno del nord.

Abner si recò a Ebron per trattare; ma sulla via del ritorno venne ucciso da Ioab, che compiva in tal modo la vendetta del sangue e, insieme, si sbarazzava di un rivale ( 2 Sam 3 ).

Poco tempo dopo Is-Baal, al quale erano venute a mancare le basi su cui poggiava il proprio potere, cadde vittima di un attentato ad opera di due capi mercenari.

Davide venne a trovarsi in una situazione penosa quando gli uccisori del re, sperando evidentemente di ottenere una ricca ricompensa, si presentarono a Ebron con la testa di Is-Baal: Davide fece giustiziare gli assassini e diede una sepoltura onorevole al capo di Is-Baal, come in precedenza aveva fatto col cadavere di Abner.

In tal modo egli poté stornare da sé il sospetto - certamente infondato - di essere il mandante dell'uccisione di Abner e di Is-Baal ( 2 Sam 4 ): Davide non sarebbe mai stato tanto stolto da far gravare l'ombra di un assassinio proditorio sulle sue relazioni con lo stato del nord, compromettendo in tal modo il suo cammino futuro.

Fino ad allora egli aveva fatto tutto quanto era necessario per mantenere dei buoni rapporti con le tribù settentrionali.

Dopo la morte di Saul aveva fatto giustiziare il messaggero che si vantava di averlo ucciso ( 2 Sam 1 ), aveva intonato un commosso lamento per la morte di lui e dei suoi figli, e agli abitanti di Iabes aveva manifestato la sua benevolenza per l'onorevole sepoltura data al re morto ( 2 Sam 2,4b-7 ).

Sposando Mikal, la figlia di Saul, aveva stretto vincoli di parentela col primo re d'Israele.

Morto Is-Baai, le tribù settentrionali non furono in grado di presentare dalle loro file un successore all'altezza del compito.

Merib-Baal ( Mefiboset ), figlio di Gionata e unico discendente maschio della casa di Saul, era paralizzato, e non venne preso in considerazione quale possibile erede al trono.

A questo punto le tribù settentrionali non videro altra soluzione che quella di offrire la sovranità anche sul regno del nord a Davide, di cui già da tempo esse avevano un buon ricordo, e che era inoltre imparentato con la casa di Saul per aver sposato la figlia di questi Mikal.

Così gli anziani delle tribù settentrionaili strinsero con Davide un patto solenne sanzionato nel tempio, e lo unsero « re d'Israele » ( 2 Sam 5,1-3 ).

Non dobbiamo pensare, tuttavia, che Giuda e Israele venissero in tal modo a costituire un regno unitario: al contrario, essi restarono anche in seguito due stati fra loro indipendenti: erano infatti legati soltanto da un'unione personale, essendo Davide, al tempo stesso, re di Giuda e re d'Israele.

Esempi di simili doppie sovranità sono del resto documentate anche altrove nell'Asia anteriore.

In questa circostanza, se non voleva a lungo andare attirarsi la diffidenza delle tribù settentrionali, Davide non poteva mantenere la sua residenza a Ebron.

D'altra parte, allorché aveva spostato la propria residenza nello stato del nord, a Sichem, situata in posizione grosso modo centrale, vi erano state delle difficoltà con le tribù meridionali.

Davide prese allora un'iniziativa accorta e lungimirante: conquistò, servendosi dei suoi mercenari, la città gebusea di Gerusalemme ( 2 Sam 5,6-9 ), situata all'altezza dei monti di Giuda, a circa 20 km dalla estremità settentrionale del mar Morto, e ne fece la propria residenza.

Gerusalemme non faceva parte ne del regno del nord me di quello del sud: era una città-stato cananea che stava come un corpo estraneo in un territorio neutrale, esattamente al confine fra la tribù di Giuda e quella di Beniamino, che faceva parte del regno settentrionale.

Conquistando Gerusalemme, Davide prese possesso dei diritti dei re di quella città: il suo territorio divenne proprietà personale del re, ciò che egli espresse anche nella denominazione di « città di Davide » data a Gerusalemme.

Qui egli si fece costruire un modesto palazzo, dove sistemò la famiglia e il seguito e alloggiò le truppe mercenarie.

Trasferì inoltre a Gerusalemme l'arca dell'alleanza, che a quel tempo si trovava a Kiriat-Iearim, collocandola sotto una tenda ( 2 Sam 6 ).

L'arca era connessa col culto di Yahweh Zebaot, il Dio che entra in guerra al fianco d'Israele ( 1 Sam 4,1; 2 Sam 6,2 ).

Essa era custodita, in origine, presso le tribù discendenti da Rachele stanziate nella Palestina centrale, ed era diventata, in occasione, al più tardi, delle guerre contro i Filistei, il santuario comune delle tribù centrali e meridionali.

Trasportando l'arca a Gerusalemme, Davide si professava fedele al Dio che entra in guerra al fianco d'Israele, e rinsaldava anche sul piano cultuale i rapporti con le tribù della Palestina centrale, presso cui era custodita l'arca, facendo di Gerusalemme il centro religioso di entrambi gli stati: in tal modo vennero gettate le basi dell'importanza capitale che Gerusalemme doveva in seguito rivestire.

In quanto re della città di Gerusalemme, Davide ne era anche la suprema autorità religiosa.

Per questo motivo, accanto ai sacerdoti Zadok e Abiatar, anche i suoi figli celebravano il servizio religioso; per questo anche i sacerdoti dell'arca rientravano nel novero dei funzionari di corte ( 2 Sam 8,17 ).

L'intenzione di Davide di erigere, a Gerusalemme, un tempio in cui alloggiare l'arca venne respinta dal profeta Natan sulla base di un oracolo divino, con la motivazione che « dal giorno in cui aveva tratto Israele dall'Egitto », Yahweh non aveva abitato in una casa solida, ma in una tenda.

Non Davide doveva costruire una casa a Yahweh: sarebbe stato questi, piuttosto, a « costruire una casa durevole » per Davide.

Era la promessa di un'esistenza duratura per la sua dinastia: colui che di volta in volta fosse asceso al trono di Davide sarebbe stato figlio adottivo di Dio ( 2 Sam 7 ).

Tale « profezia di Natan », come fu detta, costituì la legittimazione fondamentale della monarchia davidica: essa veniva annunciata ad ogni successore al trono di Davide ( Sal 2; Sal 132 ).

Nell'unione dei due stati sotto la sovranità di Davide i Filistei videro a ragione una minaccia al loro predominio sulla Palestina.

Essi fecero allora irruzione nella pianura di Refaim, ad ovest di Gerusalemme, allo scopo di operare uno sfondamento e incunearsi fra lo stato del nord e quello del sud.

In due battaglie, però, Davide sconfisse l'esercito dei Filistei così nettamente che il loro predominio sulla Palestina venne definitivamente spezzato, e il pericolo che questi rappresentavano fu sventato per sempre ( 2 Sam 5,17-25 ).

Con la vittoria sui Filistei, Davide si impadronì anche delle città-stato cananee che questi dominavano, e le incorporò nello stato del nord ( su questo punto, 2 Sam 24,7, dove si presuppone che le città dei Cananei erano incluse nel censimento di Davide; inoltre 1 Re 4,12, dove le città un tempo cananee di Taanach, Meghiddo, Bet-Sean compaiono fra i distretti amministrativi d'Israele ).

Con l'annessione delle città-stato cananee, Israele e Giuda avevano acquistato una notevole compattezza territoriale, ma avevano perduto la loro compattezza etnica, dal momento che adesso facevano parte dei due stati anche popolazioni cananee.

A lungo andare, non potevano non manifestarsi grosse difficoltà sul piano religioso.

Oltre a sconfiggere i Filistei, Davide riuscì a sottomettere tutti gli stati vicini: divenne re di Ammon, fece di Moab uno stato vassallo soggetto a tributo, impose un proprio governatore agli Edomiti e ai regni aramei di Tob, Maaca, Bet-Recob e Damasco, i cui territori incorporò nel suo regno in qualità di province.

Adad-Ezer, il potente re di Soba che dominava sulle tribù aramee, dovette riconoscere la sua supremazia e versargli un pesante tributo ( 2 Sam 8; 2 Sam 10; 2 Sam 12,26-31 ).

Davide dominava così su un vasto regno composto da elementi quanto mai disparati, che si estendeva dal golfo di Aqaba fino all'Oronte, e che solo una forte personalità era in grado di tenere unito.

Egli esercitò la sua sovranità sull'intera Palestina e sulla Siria, succedendo, nel dominio di queste regioni, ai faraoni egiziani.

Il regno hittita aveva perduto da molto tempo la sua unità frazionandosi in tanti piccoli stati; Egitto e Assiria avevano toccato uno dei punti più bassi della loro parabola storica: il grande regno di Davide costituiva pertanto lo stato più potente del tempo.

Rapporti diplomatici legavano Davide col re di Camat, il vicino settentrionale degli stati aramei subordinati a Davide, e con gli stati fenici della costa, in particolare con Chiram di Tiro, che gli fornì legno di cedro e gli procurò operai specializzati per la costruzione dei palazzi ( 2 Sam 5,11 ).

L'apparato burocratico di Davide non era molto vasto se commisurato all'ampiezza del suo regno.

Nei due elenchi dei suoi più alti funzionari ( 2 Sam 8,16-18; 2 Sam 20,23-26 ) vengono menzionati, fra gli altri, Ioab, comandante dell'esercito, e Benaia, capo dei soldati mercenari ( detti « Cretei e Peletei »), appellativi in cui ritornano i nomi di Creta e Filistea.

Da questi e dalle indicazioni sui « 30 prodi di Davide » ( 2 Sam 23,8-39 ) risulta che fra i suoi mercenari, accanto a Giudei e Israeliti, vi erano anche degli stranieri, cosa del resto normale negli eserciti mercenari.

Questo reparto, ben equipaggiato e ben esercitato, organizzato sul modello filisteo, era alle dirette dipendenze di Davide: esso costituì fin da principio ) il nerbo della sua potenza, e l'arma decisiva nelle sue azioni di guerra.

Accanto ai guerrieri di professione vi erano poi i soliti chiamati alle armi temporaneamente, come avveniva in Israele fin dall'antichità.

Le guerre di Davide conservavano ancora alcuni dei caratteri tipici della guerra santa: consultazione di Yahweh e promessa di vittoria ( 2 Sam 5,19 ), completa fiducia nel suo aiuto ( 2 Sam 10,12 ), trasporto in battaglia dell'arca dell'alleanza, astensioni rituali ( 2 Sam 11,11 ).

Divergenze fra i precetti di carattere sacro propri della guerra di Yahweh, che restavano vivi fra quanti rispondevano alla chiamata alle armi, e le direttive « mondane » del comandante dell'esercito, che venivano adottate in base a considerazioni strategiche, affiorano evidenti nel racconto del censimento della popolazione effettuato da Davide ( 2 Sam 24 ): il sobrio conteggio numerico e la coscrizione di quanti erano tenuti a militare nell'esercito contrastano col fatto che fino ad allora il servizio militare era volontario, e con l'incondizionata fiducia nell'aiuto di Yahweh.

Un grande regno, composto da elementi tanto eterogenei e tenuto insieme unicamente dalla persona del re, poteva sperare di sopravvivere a condizione che si fosse trovato un successore all'altezza del compito.

I torbidi scoppiati per la successione al trono, che misero in grave crisi il regno di Davide, erano strettamente connessi con i tragici fatti avvenuti in seno alla sua famiglia.

Amnon, il figlio primogenito del re ritenuto il sicuro erede al trono, per aver violentato la sorellastra Tamar, era stato ucciso da Assalonne, fratello di questa e terzogenito di Davide.

La rottura, che ne seguì, fra il re e Assalonne non venne mai del tutto sanata, nonostante la riconciliazione ufficiale ( 2 Sam 13-14 ).

Assalonne tentò alla fine di rovesciare Davide e di impadronirsi del potere: si fece proclamare re a Ebron, e riuscì a trarre dalla sua parte un gran numero di Israeliti ( « ...Assalonne si cattivò l'affetto degli Israeliti », 2 Sam 15,6 ).

Ciò mostra quanto Davide, col tempo, avesse perduto in popolarità, e quale opposizione avesse suscitato in gran parte del popolo, sia che si disapprovasse la sua politica di grande potenza e l'obbligatorietà del servizio militare che sempre accompagna una tale politica, sia che si fosse scontenti dei suoi provvedimenti di politica interna.

L'opposizione era così forte che Davide si vide costretto ad abbandonare Gerusalemme e a cercar rifugio in Transgiordania con le sue truppe mercenarie.

Qui, nella « foresta di Efraim », si ebbe uno scontro decisivo fra le truppe ribelli di Assalonne e quelle mercenarie di Davide.

I mercenari del re riuscirono vincitori, e Assalonne venne ucciso contro la volontà del padre.

Dopo la sconfitta degli insorti Davide commise un errore politico: si fece riaccompagnare trionfalmente dagli anziani della tribù di Giuda e volle che il suo dominio fosse riconfermato presso il santuario di Galgala.

Evidentemente egli era certo di trovare, presso i membri della sua tribù, un immediato sostegno nell'opera di restaurazione del proprio potere.

A motivo però di questa preferenza per Giuda, gli appartenenti allo stato d'Israele si sentirono messi da parte.

L'irritazione delle tribù settentrionali fu sfruttata dal beniaminiita Seba, che chiamò il popolo a insorgere contro Davide.

Con l'esercito di Giuda e le sue truppe mercenarie, tuttavia, questi riuscì in breve a soffocare la rivolta di Seba.

L'episodio mostra però con quanta rapidità potesse scoppiare, fra Israele e Giuda, un contrasto abbastanza grave da aprire una spaccatura nelle basi stesse del grande regno davidico ( 2 Sam 15-20 ).

Davide fu alla fine costretto a prendere una decisione circa il problema della successione al trono allorché Adonta, il più vecchio dei suoi figli ancora in vita, e Salomone, figlio di Betsabea, vennero a scontrarsi per la conquista del potere, e si giunse di conseguenza alla formazione, a corte, di due opposti partiti.

Partigiani di Adonia erano il comandante dell'esercito Ioab e il sacerdote Abiatar; dalla parte di Salomone stavano invece sua madre Betsabea, il capo dei mercenari Benaia, il sacerdote Zadok e il profeta Natan.

Allorché Adonia si fece proclamare arbitrariamente re, Natan e Betsabea protestarono presso Davide e ottennero che Salomone venisse pubblicamente unto re per suo ordine, fosse destinato a succedergli sul trono e fosse nominato co-reggente fino alla morte di Davide ( 1 Re 1 ): con ciò il problema della successione veniva definitivamente risolto.

L'importanza storica di Davide va al di là del suo tempo.

Sebbene il grande regno da lui fondato si disgregasse già durante il regno di suo nipote, la sua discendenza, tuttavia, sedette sul trono dello stato di Giuda per quattro secoli, risultando in tal modo la dinastia che, nell'antico Oriente, riuscì a conservare il potere più a lungo di qualunque altra.

Nonostante tutta la stima di cui Davide godette sia nella tradizione sia nella storiografia, non si giunse però ad una sua apoteosi.

Non ne vennero taciuti gli errori, le debolezze e le mancanze ( adulterio con Betsabea e perfida uccisione del marito di lei: 2 Sam 11-12; arrendevolezza verso i figli e sua fatale indecisione circa la successione al trono ).

Alla tradizione d'Israele preme molto testimoniare, in passi decisivi, che le imprese di Davide furono coronate da successo solo perché « Yahweh era con lui » ( 1 Sam 18,14; 2 Sam 5,10; 2 Sam 8,6.14 ) e che la sua dinastia deve la propria esistenza alla promessa divina ( 2 Sam 7 ).

Nella profezia di Natan, che prometteva eterna durata alla stirpe di Davide e che veniva annunciata ad ogni nuovo successore al suo trono ( Sal 2; Sal 132 ), hanno la loro origine le aspettazioni messianiche del tempo finale che si collegarono con la dinastia davidica ( Is 8,23-9,6; Is 11,1-6; Mic 5,1 ).

Così la figura di Davide divenne il modello dei re di Giuda e, infine, il prototipo del re messianico del tempo finale ( Ger 30,9; Ez 34,23 ss.; Ez 37,24 ).