Neemia (dal 445)

Fonti:

memorie di Neemia ( Ne 1,1-7,5; Ne 11,1s; Ne 13,4-31 ).

Ritenendo a buon diritto che una situazione in cui regni il disordine reca in sé il germe della rivolta, ma che, d'altra parte, un ordine imposto dall'esterno, producendo malcontento, cela in sé un pericolo analogo, i Persiani promuovevano tutti quei provvedimenti che giudicavano idonei a ristabilire l'ordine fra i popoli sottoposti al loro potere, inserendo tali misure nella tradizione di ciascun popolo e rendendo in tal modo giustizia alle caratteristiche delle varie nazioni soggette al loro dominio.

In questo contesto va inquadrata la missione di Neemia e di Esdra.

Nei primi decenni della dominazione persiana la Giudea non aveva una sua autonomia amministrativa; dal momento che non costituiva una provincia a sé, ma faceva parte della Samaria, essa era sottoposta al governatore di quest'ultima.

Tale situazione, sopravvivendo l'antica rivalità fra quelli che erano stati un tempo lo Stato del nord e quello del sud, fu causa di continue tensioni e contrasti.

Le tensioni erano poi inasprite dal fatto che nella Samaria la classe dominante era costituita da elementi stranieri che, trapiantati in questa regione dagli Assiri, si erano fusi con la popolazione locale.

Per poter costituirle una provincia dotata di una propria autonomia amministrativa, la Giudea aveva bisogno di una capitale fortificata.

Ma Gerusalemme era in rovina e in gran parte spopolata; le sue fortificazioni erano distrutte.

A rimediare a questa situazione valsero gli sforzi di Neemia.

Sulla sua attività possediamo una fonte di prima mano, cioè il suo stesso resoconto, le « memorie di Neemia » ( Ne 1,1-7,5; Ne 11,1s; Ne 13,4-31 ).

Neemia rivestiva l'ufficio di coppiere a Susa, alla corte del re Artaserse I ( 465-424 ).

Riuscì a persuadere il re della necessità di ristabilire l'ordine in Giudea; così, nel 20° anno di regno di Artaserse, vale a dire nel 445, investito dei pieni poteri conferitigli dal re, Neemia venne inviato a Gerusalemme come « governatore di Giuda » ( Ne 5,14 ) per ricostruire e fortificare la città.

La nomina di Neemia a governatore significava che Giuda era elevata al rango di provincia autonoma.

La ricostruzione delle mura non aveva quindi semplicemente un'importanza militare, bensì anche politica: Gerusalemme diventava in tal modo la capitale di una provincia.

Nell'adempiere il proprio mandato, Neemia ebbe fin da principio a scontrarsi con l'ostilità del governatore della Samaria Sanballat, che fino a quel momento aveva governato anche su Giuda e il cui potere veniva ad essere limitato dal costituirsi di questa in provincia autonoma.

Questi trovò un alleato in Tobia, governatore della Transgiordania, che si sentiva evidentemente minacciato dalla provincia che sorgeva nelle sue immediate vicinanze.

Per portare a termine nel più breve tempo possibile la costruzione delle mura, Neemia impiegò nei lavori anche la popolazione della campagna, e divise in numerose sezioni la cinta muraria, alla cui costruzione si lavorava contemporaneamente ( Ne 3 ).

Quando venne informato che Sanballat e Tobia progettavano in segreto di attaccare Gerusalemme, per impedire con la forza il rapido procedere della costruzione, Neemia seppe adottare tempestivamente adeguate contromisure, organizzando un efficace sistema difensivo e tenendo in costante stato d'allarme una parte dei costruttori ( Ne 4 ).

Un tentativo di Sanballat di attirare Neemia in una trappola per toglierlo di mezzo fallì, come pure mancò il suo scopo la minaccia di accusarlo di ribellione presso il re.

Così l'opera fu portata a termine, nonostante ogni ostacolo, nel breve giro di 52 giorni.

Adesso, Gerusalemme non era più semplicemente il centro cultuale della comunità: come residenza fortificata del governatore, essa era anche il centro politico della provincia di Giuda.

La città rovinosamente distrutta nella catastrofe del 587 aveva però subito gravi perdite, e il numero dei suoi abitanti era ancora scarso: Neemia dispose allora che la decima parte della popolazione delle città e dei villaggi di Giuda si trasferisse a Gerusalemme ( Ne 7,4s; Ne 11,1s ).

Fin dall'inizio del suo mandato di governatore, Neemia prese dei provvedimenti per eliminare le ingiustizie in campo sociale.

Dopo la deportazione delle classi più elevate, fra coloro che erano rimasti in patria si erano assai presto prodotti nuovi contrasti sociali.

Quando, a causa di cattivi raccolti, si verificavano delle carestie, accadeva che gli appartenenti alle classi più povere fossero costretti a impegnare o addirittura a vendere i propri campi, e infine, spesso insieme ai propri figli, a farsi schiavi per debiti.

La situazione doveva essere poi complicata dai reduci, che pretendevano fossero loro restituite le terre nel frattempo occupate da altri.

Questo deplorevole stato di cose minacciava seriamente la stabilità economica della nuova provincia.

Neemia ordinò allora una remissione generale dei debiti e obbligò i creditori a restituire i terreni ricevuti in pegno o già caduti in prescrizione e a ridare la libertà agli schiavi per debiti.

Neemia stesso rinunciò alle rendite che gli spettavano in quanto governatore, e che avrebbero dovuto essere raccolte imponendo tributi alla popolazione ( Ne 5 ).

Neemia fu governatore di Giuda per quasi dodici anni.

Nel 433, scaduto il mandato, fece ritorno a Babilonia.

Più tardi si recò nuovamente a Gerusalemme, per eliminare alcuni inconvenienti che si erano prodotti durante la sua assenza.

Il sommo sacerdote Eliasih, imparentato alla lontana col governatore della Samaria Sanballat e congiunto di Tobia, governatore della « Transgiordania », aveva concesso a quest'ultimo l'uso di un locale nel tempio di Gerusalemme.

La popolazione adempiva con molta negligenza il suo obbligo di versare la decima al tempio; il personale addetto al culto era perciò costretto, talora, a provvedere personalmente al proprio sostentamento, trascurando così i suoi doveri cultuali.

Si negoziava in giorno di sabato con commercianti forestieri; matrimoni misti con gente straniera erano all'ordine del giorno.

Neemia pretese allora dal popolo l'impegno di rispettare puntualmente il proprio obbligo tributario nei confronti del tempio, di osservare le prescrizioni relative al sabato e di evitare che i propri figli sposassero gente straniera, e fissò tale impegno in un documento scritto.

Egli adottò inoltre una rigida regolamentazione circa la consegna del tributo cultuale e il rifornimento di legna per il tempio.

Per garantire l'osservanza del riposo del sabato ordinò che in tale giorno le porte della città restassero chiuse ( Ne 13; documento di obbligazione Ne 10 ).

Uno zio del sommo sacerdote Eliasib, che era sposato con una figlia di Sanballat, governatore della Samaria, venne da Neemia bandito dal paese.