Lo scisma samaritano

Fonti:

Opera storica del Cronista ( 1 Cr, 2 Cr, Esdra e Neemia ).

Verso la fine del IV secolo, o nel corso del III, ebbe luogo un evento di grande importanza, vale a dire il distacco dei Samaritani dalla comunità religiosa di Gerusalemme, e la conseguente costruzione di un nuovo santuario sul Garizim, presso Sichem.

Non ci è nota l'esatta collocazione cronologica di questo avvenimento.

È tuttavia improbabile che abbia avuto luogo all'epoca della dominazione persiana: dal momento che favorivano il culto di Gerusalemme, è difficile che i Persiani abbiano tollerato l'istituzione di un culto rivale.

Il passaggio dal dominio persiano a quello ellenistico, al contrario, era propizio all'iniziiativa samaritana.

Del culto celebrato sul Garizim viene fatta per la prima volta menzione in 2 Mac 6,2, cioè al tempo di Antioco IV ( 175 - 163 ): questo passo presuppone che a quell'epoca tale culto si fosse già abbastanza consolidato e avesse dietro di sé una storia piuttosto lunga.

Lo scisma samaritano rappresentò la fase conclusiva delle incessanti rivalità, sul piano sia religioso che politico, fra nord e sud.

Le tribù settentrionali e quelle meridionali avevano ciascuna una propria storia, ed erano depositarle di proprie tradizioni religiose, che tuttavia furono intrecciate fra loro nelle tradizioni del Pentateuco.

I due stati d'Israele e di Giuda, spesso in attrito fra loro, avevano ciascuno un proprio luogo di culto.

Nell'epoca successiva all'esilio la Giudea faceva parte della Samaria: ciò, tuttavia, non eliminò la tensione fra le due parti, bensì diede ai Giudei motivo di continuo scontento.

Allorché gli abitanti di Samaria si offrirono di collaborare alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme, mostrando in tal modo di avere a cuore l'unità religiosa, vennero respinti come « impuri » dagli abitanti di Gerusalemme.

Quando, con la nascita della provincia di Giuda, si determinò la separazione politica, questa crebbe fino all'aperta ostilità.

L'istituzione del culto samaritano non fu altro, dunque, che una conseguenza estrema della separazione politica e spirituale avvenuta da tempo.

Dalla comunità di Gerusalemme i Samaritani accolsero come libro sacro il Pentateuco, che già allora era considerato un testo canonico.

All'interno della comunità di Gerusalemme e della diaspora ebraica gli altri libri dell'Antico Testamento divennero testi canonici solo dopo lo scisma, ma non furono riconosciuti come tali dai Samaritani: ciò contribuì in maniera decisiva al progressivo distacco spirituale e all'opposizione fra le due comunità religiose.

Il culto praticato sul Garizim dovette essere ovviamente respinto come illegittimo dalla comunità di Gerusalemme.

Il confronto fra quest'ultima e la comunità samaritana è contenuto nell'opera storica del Cronista.

Tale opera, che comprende sia i due libri delle Cronache sia quelli di Esdra e di Neemia, ci dà un quadro della storia religiosa del tempio di Gerusalemme dalla sua fondazione sotto Davide fino alla ricostruzione avvenuta, sotto Esdra e Neemia, nel periodo successivo all'esilio.

Come fonti per l'epoca monarchica, oltre a singoli documenti ( riguardanti costruzioni di fortificazioni, piani difensivi, l'amministrazione dei beni della corona, città dei Leviti eccetera ) risalenti al tempo di Giosia, il Cronista utilizza specialmente l'opera storica deuteronomistica.

Per il periodo successivo all'esilio, oltre che di elenchi e genealogie, poteva disporre, in particolare, delle memorie di Neemia.

Nel presentare la storia della comunità di Gerusalemme, il Cronista vuoi dare la certezza dell'esclusiva legittimità del santuario di Gerusalemme e del culto che vi era praticato, allo scopo di condurre la comunità alla gioia del servizio divino e ad una vita ispirata alla giustizia e al timore di Dio.

A tale intenzione è interamente finalizzato il modo in cui il Cronista ci presenta i fatti: così egli omette l'intera storia del regno settentrionale, poiché qui veniva praticato il culto illegittimo.

Nei libri di Neemia e di Esdra possiamo seguire passo passo la polemica contro Samaria.

Per mostrare come l'ingiustizia attiri su di sé il giudizio di Dio, e la giustizia la sua benedizione, il Cronista fa iniziare l'opera dei re che hanno regnato a lungo e felicemente con una riforma del culto, mentre presuppone una qualche colpa per i re che hanno regnato per breve tempo.

Ad indicare con quale forza il Cronista sappia plasmare la materia di cui dispone per utilizzarla ai propri scopi vale un confronto tra i libri dei Re e di Samuele e quelli delle Cronache.

Così, per esempio, egli sorvola su tutti i fatti negativi della vita di Davide e di Salomone; per spiegare la lunga durata del regno di Manasse narra di una sua conversione, mentre l'inizio sfortunato del regno di Giosia viene spiegato col fatto che questi aveva trascurato un ispirato ammonimento del faraone Necao.

L'intenzione teologica del Cronista si manifesta poi in tutta chiarezza, come del resto accade per il deuteronomista, nei discorsi, nelle prediche e nelle preghiere inserite nel racconto.