Il conflitto con i Seleucidi (198-128 a.C.)

Fonti:

1 Mac e 2 libro dei Maccabei

Per tutto il III secolo a.C. Palestina e Siria furono sottoposte al dominio dei Tolomei.

Estendere su queste regioni il raggio del loro potere restava tuttavia la costante aspirazione dei Seleucidi.

Sotto Antioco III ( che regnò dal 223 al 187 a.C. ) questi toccarono il culmine della loro potenza.

Antioco riuscì a sottomettere al proprio dominio l'Asia minore: nella battaglia di Panea ( 198 a.C. ) egli inflisse a Tolomeo V Epifane una sconfitta decisiva, tale che i Tolomei dovettero cedere ai Seleucidi la Palestina e la Fenicia.

Nel corso di queste lotte la comunità religiosa di Gerusalemme era stata dalla parte dei Seleucidi.

Per questo motivo, in un decreto citato in Giuseppe Flavio, Antiquitates Judaicae, XII 3.3, Antioco III accordò ai suoi membri ampi privilegi: garantì loro, fra le altre cose, sovvenzioni statali per il reperimento del materiale sacrificale e la fornitura, esente da imposte, della legna per i sacrifici; concesse loro di vivere secondo le proprie leggi; assicurò l'esenzione fiscale completa a tutto il personale addetto al culto e l'esenzione per tre anni agli anziani, agli scribi - qui menzionati per la prima volta - e agli abitanti di Gerusalemme.

Verso la fine del suo regno Antioco III fu sconfitto dai Romani e dovette cedere loro, con la pace di Apamea del 189 a.C., il dominio sull'Asia minore.

Dopo la sua morte ebbe inizio la decadenza del regno seleucida.

Le offensive dei Romani, i conflitti coi Tolomei, le sollevazioni dei Parti in Oriente, ma soprattutto gli incessanti tumulti provocati dalle lotte per la successione al trono logorarono, con l'andar del tempo, la saldezza dello stato seleucida.

Il figlio e successore di Antioco III, Seleuco IV Filopatore, venne assassinato nel 175 a.C. dopo dodici anni di regno.

Gli successe Antioco IV Epifane, suo fratello, che salì al trono scavalcando il legittimo erede Demetrio, figlio di Seleuco IV, che viveva a Roma come ostaggio.

Sotto Antioco IV, fra i Seleucidi e la comunità di Gerusalemme si ebbe un conflitto gravido di conseguenze.

Su questi avvenimenti riferiscono i due libri dei Maccabei, che più tardi saranno inseriti nei Settanta.

Salito Antioco IV al potere, si inasprì, in seno alla comunità religiosa di Gerusalemme, il contrasto fra gli ambienti fedeli alla Legge e quelli aperti all'ellenismo.

A lungo andare la coesistenza fra i due gruppi non fu più possibile: prima o poi bisognava decidere quale dei due dovesse avere la supremazia.

In questi conflitti ebbe il suo peso anche la lotta per la carica di sommo sacerdote.

Ambienti filoellenistici tentarono, invano, di ottenere da Seleuco IV la destituzione del sommo sacerdote Onia, fedele alla Legge.

Raggiunsero però tale loro intento con Antioco IV: quando il fratello di Onia, il filoellenistico Giasone, offrì ad Antioco ricchi doni in denaro con l'assicurazione di favorire l'ellenizzazione della comunità di Gerusalemme, il re, destituito Onia, lo nominò al posto di questi sommo sacerdote.

Tre anni più tardi Antioco lo sostituì con Menelao, che aveva fatto offerte ancor più consistenti.

Che il monarca seleucida intervenisse nelle questioni più interne della comunità di Gerusalemme e nominasse a suo arbitrio, sia pure su iniziativa degli Ebrei, il sommo sacerdote per poi nuovamente deporlo; che addirittura, con Menelao, trasmettesse a uno che non era zadocita una carica che secondo la legge vigente questi non avrebbe mai potuto ricoprire, dovette apparire sacrilego ai fedeli alla Legge, ed esacerbare oltremodo gli animi.

La mentalità ellenistica dei sommi sacerdoti nominati da Antioco si manifestò chiaramente, fra l'altro, anche nel fatto che essi fecero erigere in Gerusalemme un ginnasio sul modello greco.

L'apertura del ginnasio suscitò un'opposizione quanto mai violenta da parte degli ambienti fedeli alla Legge, per il fatto soprattutto che le competizioni sportive e il culto degli dèi greci erano strettamente collegati fra loro.

Mentre Antioco era coinvolto, in Egitto, nelle lotte con i Tolomei, Giasone scacciò il suo rivale Menelao e si riprese la carica di sommo sacerdote.

Antioco dovette vedere in ciò un atto di ribellione al proprio potere: venne allora personalmente a Gerusalemme per rimettere in carica Menelao, e in tale circostanza confiscò il tesoro del tempio e mise piede addirittura nel « Santo dei Santi ».

A parte il fatto che Antioco era a corto di denaro a causa della guerra che combatteva in Egitto e desiderava ricostituire le proprie riserve finanziarie, con tale azione egli intendeva intimorire gli Ebrei e dar loro una chiara dimostrazione della sua potenza.

Tutti questi provvedimenti suscitarono la più profonda indignazione da parte dei fedeli alla Legge, e accrebbero oltremodo la tensione.

Nell'atteggiamento dei fedeli alla Legge, nello statuto speciale della comunità ebraica, nella tensione tra coloro che, in seno alla comunità religiosa, si mantenevano fedeli alla tradizione e coloro che invece erano aperti all'ellenismo, Antioco vide d'ora in avanti una grave minaccia.

Per stornare il pericolo una volta per tutte, Antioco passò ad un'estrema azione di forza: conquistò Gerusalemme, abbatte le fortificazioni e consolidò il colle sud-orientale, dove sorgeva, immediatamente sottostante l'area del tempio, l'antica città di Davide.

A protezione della guarnigione seleucida vi insediò degli Ebrei ellenizzanti.

Vietò infine il culto di Yahweh nella sua forma tradizionale; proibì, sotto pena di morte, l'osservanza del sabato, la circoncisione e l'offerta a Yahweh; fece bruciare le Sacre Scritture; provvide a far rivestire l'altare di Yahweh, nel santuario di Gerusalemme, trasformandolo in un altare consacrato a Zeus Olimpio.

Consacrò a Zeus Xenio il santuario che sorgeva sul Garizim; fece erigere in diverse località del paese altari dedicati a Zeus, e obbligò la popolazione a prendere parte al nuovo culto.

Una tale ellenizzazione forzata corrispondeva alle abitudini di un monarca ellenistico, e basta a spiegarla la considerazione della situazione politica dello stato seleucida: in occasione delle tensioni fra Tolomeì e Seleucidi Antioco IV voleva creare, per mezzo delle sue misure coercitive, i presupposti perché nella pericolosa parte meridionale del suo dominio regnasse l'ordine.

Ma sortì l'effetto opposto.

Alla comunità di Gerusalemme venivano infatti a mancare i presupposti della sua stessa esistenza.

Per gli Ebrei fedeli alla Legge era dato lo « status confessionis ».

Non restava loro, quindi, che la possibilità o del martirio o dell'aperta ribellione.

Il segnale della rivolta venne da Modin, una località ad est di Lod, dove un sacerdote di nome Mattatia ( Mattatyah ) si era ribellato all'obbligo del sacrificio e aveva ucciso un ufficiale giudiziario seleucida e un ebreo che presentava la sua offerta a Zeus.

Mattatia si era poi ritirato nel deserto con la sua famiglia e uno stuolo di suoi partigiani, cui si unirono membri dei Chassidim.

I rivoltosi intrapresero dapprima attacchi di scarso rilievo: abbattevano altari pagani, uccidevano ebrei apostati e imponevano la circoncisione dei bambini.

Per non esporsi inermi agli attacchi nemici, gli insorti decisero che era lecito difendersi anche in giorno di sabato.

Nel 166 a.C., dopo la morte di Mattatia, il comando passò al figlio terzogenito di questi.

Giuda detto il Maccabeo, vale a dire il « martello ».

Mentre l'attività di Mattatia si era limitata ad azioni contro ebrei apostati, sotto Giuda si giunse ad un conflitto decisivo con l'esercito seleuoida.

In due scontri minori Giuda riuscì a respingere con successo l'attacco nemico.

Antioco, che era impegnato in Persia in una campagna contro i Parti, affidò il compito di reprimere la rivolta a Lista, governatore della Siria e della Palestina.

Giuda riuscì a battere l'esercito siriano al comando del generale Gorgia presso Emmaus, e l'anno seguente a sconfiggere Lisia presso Bet-Zur.

I sorprendenti successi degli insorti contro un nemico numericamente superiore e meglio equipaggiato sono da attribuire in parte all'abilità tattica e di manovra di Giuda, che aveva sui Siriani il vantaggio di una migliore conoscenza del terreno, ma soprattutto all'impegno estremo dei suoi seguaci, per i quali era in gioco la vita.

Dopo le vittorie presso Emmaus e Bet-Zur la Giudea era sotto il controllo di Giuda, il quale poteva ormai pensare alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme.

Verso la fine del 165 circondò la guarnigione siriana nella fortezza di Aera, sul colle sud-orientale di Gerusalemme, abbatte l'altare profanato e ne fece erigere uno nuovo; fece fabbricare nuovi arredi cultuali e rafforzò il settore del tempio.

Il 25 del mese di kisiew, nel dicembre del 165 a. C., anniversario della profanazione, il tempio poté essere riconsacrato e il legittimo culto sacrificale ripreso dopo un'interruzione di tre anni.

A ricordo di questo avvenimento venne introdotta la festa della Hanukkah, della consacrazione del tempio, che da allora in poi si celebra ogni anno, in dicembre, per otto giorni.

In Giudea gli Ebrei poterono d'allora in poi praticare indisturbati il culto di Yahweh nella forma tradizionale.

Gli Ebrei fedeli alla Legge che abitavano in Galilea e in Transgiordania, tuttavia, restavano ancora sotto l'oppressione dell'editto seleucida sulla religione.

Giuda inviò allora in Galilea suo fratello Simone, e si recò lui stesso in Transgiordania insieme con Gionata, il fratello più giovane, allo scopo di radunare gli Ebrei fedeli alla Legge e condurli in Giudea.

Giuda fece inoltre delle incursioni e degli attacchi in direzione dell'Idumea e della Filistea.

Per avere completamente mano libera a Gerusalemme, Giuda si accinse ad assediare la guarnigione siriana ad Aera.

Nel 164, frattanto, era morto Antioco IV e gli era succeduto, sotto la tutela del reggente imperiale Lista, suo figlio Antioco V Eupatore, di appena 8 anni.

Nel 163, in seguito ad una richiesta di aiuto da parte della guarnigione siriana in Gerusalemme e degli ambienti filoellenistici del giudaismo, Antioco V e Lisia scesero in campo contro Giuda alla testa di un forte esercito, conquistarono la fortezza di confine di Bet-Zur, sconfissero Giuda nella battaglia di Bet Zaccaria e lo assediarono in Gerusalemme.

A questo punto intervenne un fatto insperato, che salvò Giuda da una situazione senza vie d'uscita: in Persia, nel tentativo di impadronirsi del potere, era insorto Filippo, che Antioco IV aveva nominato tutore del figlio.

A questo punto non rimaneva a Lisia che concludere la pace con gli Ebrei.

Seguendo il suo consiglio, quindi, Antioco V abrogò l'editto sulla religione emanato da suo padre, e concesse ufficialmente la libera pratica del culto di Yahweh.

Nel 162 Demetrio, figlio di Seleuco IV, che un tempo era stato scavalcato da Antioco IV nella successione al trono, fece valere gli antichi diritti, ordinò l'uccisione di Antioco V e di Lisia e salì al trono col nome di Demetrio I Solere.

Anche Demetrio cercò di concludere la pace coi Giudei.

Egli nominò sommo sacerdote Alcimo, appartenente a un'antica famiglia sacerdotale, e promise alla comunità di Gerusalemme il diritto di praticare liberamente il culto di Yahweh secondo la tradizione.

I Chassidim, che avevano raggiunto così lo scopo della loro lotta, erano disposti alla pace coi Seleucidi.

I Maccabei e i partigiani di questi, invece, aspiravano adesso anche all'indipendenza politica dai Seleucidi, ed erano decisi a portare avanti la lotta fino al raggiungimento della mèta.

Si giunse così alla spaccatura fra Chassidim e Maccabei, ciò che naturalmente comportò un notevole indebolimento di questi ultimi.

I Chassidim riconobbero Alcimo sommo sacerdote, poiché discendeva da una famiglia sacerdotale ed era intenzionato ad impegnarsi a favore del culto di Yahweh nella sua forma tradizionale; i Maccabei al contrario lo rifiutavano per motivi politici, essendo stato nominato sotto la copertura militare di una potenza straniera.

L'atteggiamento ostile dei Maccabei costrinse Alcimo a chiedere l'aiuto di Demetrio.

Questi inviò allora contro Giuda, alla testa di un forte contingente di truppe, il suo generale Nicanore.

Giuda riuscì vittorioso nella battaglia di Cafarsalama ( 10 km a nord-ovest di Gerusalemme ) e quindi, nel marzo del 161, nella battaglia di Adasa ( 7 km a nord di Gerusalemme ), in cui Nicanore trovò la morte.

Per rafforzare la propria posizione e dare una dimensione internazionale alla sua lotta, Giuda tentò un avvicinamento coi Romani, nemici mortali dei Seleucidi, riuscendo a concludere con essi un accordo.

Nell'aprile del 160 a.C. Giuda fu sconfitto da Bacchide nella battaglia di Elasa ( la cui posizione geografica ci è sconosciuta ), restando ucciso sul campo.

Il più giovane dei suoi fratelli, Gionata, si pose allora alla testa dei rivoltosi, il cui numero si andava sempre più assottigliando e che si trovavano, dopo la battaglia di Elasa, in una situazione pressoché disperata.

Bacchide aveva in pugno la situazione. Per consolidare la propria posizione di potere fece costruire delle fortezze un po' ovunque nel paese.

Gionata dovette nuovamente ritirarsi nel deserto, e poté molestare i Siriani solo con sporadiche azioni di disturbo.

I suoi tentativi di stringere alleanza con i Nabatei fallirono.

Una svolta insperata si ebbe allorché nello stato seleucida divamparono nuovamente i conflitti per la successione al trono.

Un certo Alessandro Baia, spacciandosi per figlio di Antioco IV, tentò di contendere il trono a Demetrio.

Nello sforzo di trovare alleati, entrambi i partiti cercarono l'appoggio di Gionata; e Gionata, cui erano gradite le dimostrazioni di benevolenza di entrambi i partiti, seppe trarre vantaggio dalla situazione.

Ricollegandosi ad un'antica tradizione, Gionata, che in quel periodo risiedeva a Micmas, si diede il titolo di « giudice ».

Demetrio permise a Gionata di stabilirsi a Gerusalemme, di mantenere truppe armate e di rafforzare il settore del tempio.

Nell'autunno del 152 Gionata si fece conferire da Alessandro Baia la carica di sommo sacerdote, che dalla morte di Alcimo ( 159 ), per sette anni, era rimasta vacante.

Questa misura dovette aggravare la spaccatura fra Chassidim e Maccabei, dal momento che, non essendo Gionata zadocita, secondo la legge vigente non avrebbe mai potuto diventare sommo sacerdote.

Nel 150 a.C. Demetrio morì combattendo contro Alessandro Baia: Alessandro rimaneva così padrone incontrastato della situazione.

Come segno di gratitudine per la fedeltà dimostrata nei suoi confronti conferì a Gionata l'ufficio e il titolo di « generale » e di « coreggente ».

In tal modo venne ufficialmente riconosciuto dallo stato seleucida il dominio del maccabeo perseguitato un tempo come rivoltoso.

Nel 147, quando Demetrio, il figlio di Demetrio I, si ribellò ad Alessandro, Gionata gli restò invece fedele.

Nel 145, dopo che Alessandro venne sconfitto, Gionata seppe conquistarsi, per mezzo di ricchi doni, il favore di Demetrio II.

Demetrio confermò Gionata nelle sue cariche e rinnovò i privilegi già accordati alla comunità religiosa di Gerusalemme; incorporò inoltre nel territorio governato da Gionata i tre distretti di Aferema, Ramataim e Lod, che fino ad allora appartenevano alla Samaria, poiché gli abitanti di questi distretti erano legati non al culto praticato sul Garizim, ma a quello della comunità di Gerusalemme.

Il dominio di Demetrio venne contestato, nel 145, da un certo Diodoto Trifone, che patrocinava a suo dire la causa di Antioco, il figlio minorenne d'i Alessandro Baia, ma ambiva in realtà ad un potere personale.

Poiché Demetrio aveva respinto la richiesta, avanzata da Gionata, di ritirare le truppe seleucide da Aera e dalla fortezza di Bet-Zur, Gionata passò dalla parte di Tritone e intraprese varie campagne militari per assoggettare l'intera Palestina e la Siria meridionale al dominio di questi.

Da questo momento Tritone cominciò a temere la concorrenza di Gionata, che si era alquanto rafforzato, tanto più che questi cercava di stringere rapporti con Roma e Sparta, rafforzava le opere di difesa di Gerusalemme e costruiva fortezze qua e là nella regione.

Tritone attirò Gionata in un tranello, lo imprigionò e lo fece infine uccidere nel 143.

Dopo che Gionata era stato fatto prigioniero, la guida venne assunta da suo fratello Simone, figlio secondogenito di Mattatia.

Questi ruppe i rapporti con Tritone e passò dalla parte di Demetrio, che da allora fece ampie concessioni agli Ebrei accordando loro, fra l'altro, il completo esonero fiscale.

In tal modo egli rinunciava del tutto a rendere effettivo il suo predominio sulla Giudea, predominio che si conservò nominalmente anche in seguito, ma senza alcuna pratica conseguenza.

Simone, infatti, regnò praticamente come un sovrano autonomo.

Col consenso popolare, assunse il titolo di « grande e sommo sacerdote, generale e capo degli Ebrei ».

Nel 142, quando costrinse la guarnigione seleucida a ritirarsi dalla fortezza di Aera, sul colle sudorientale di Gerusalemme, scomparve finanche l'ultimo segno dell'egemonia seleucida.

Simone rafforzò le opere di fortificazione del settore del tempio, costruì altre fortezze nel paese e allargò il territorio posto sotto il suo dominio; con la conquista della città portuale di Iato ( Giaffa ) ottenne anche un accesso al mare.

Mantenne inoltre i rapporti stretti con Roma e con Sparta sotto Giuda e Gionata.

Simone aveva così raggiunto lo scopo politico che i Maccabei si erano prefissi, vale a dire l'indipendenza dai Seleucidi.

Batte moneta e diede inizio, dall'anno del suo ingresso al potere ( 143/42 ), ad una nuova cronologia.

Simone divenne il fondatore della dinastia degli Asmonei, il cui nome deriva da quello del loro capostipite Asmoneo.

Sul luogo del tempio fece installare delle tavole in ferro che davano notizia delle imprese dei Maccabei, e in particolare delle proprie.

All'inizio del 135 a.C. venne assassinato, coi suoi figli Mattatia e Giuda, da suo genero Tolomeo, che ambiva ad un potere personale e a stringere rapporti con Antioco VII.

Prima però che Tolomeo conseguisse il proprio scopo, Giovanni, figlio di Simone, venne elevato al trono dal popolo e prese il potere col nome di Giovanni Ircano I.

Antioco VII tentò nuovamente di rendere effettivo il proprio predominio sulla Giudea: riuscì ad occupare il paese e a chiudere Giovanni Ircano in Gerusalemme.

Incalzato a oriente dalla minaccia dei Parti, Antioco dovette però concludere l'impresa giudaica per vie diplomatiche: si accontentò che Giovanni Ircano pagasse una forte somma in cambio dei territori conquistati da Simone, soprattutto di Iato, riconoscendo così ufficialmente la legittima appartenenza di tali territori alla Giudea.

Nel 128, quando Antioco VII trovò la morte in una campagna contro i Parti, ricominciarono nello stato seleucida le lotte per la successione, destinate a non aver più fine.

Lo stato seleucida venne a trovarsi in una condizione di continua crisi e debolezza.

Per questo motivo, fino all'entrata in scena nell'Asia anteriore della potenza romana, la sovranità dei sovrani asmonei non fu più contestata.

I sovrani seleucidi in Palestina:

Antioco III
223-187
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Seleuco IV
187-175
Antioco IV
175-163
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Demetrio I
162-150
Antioco V
Alessandro Bala
150-145
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|-- --| |
Demetrio II
145-138
129-125
Antioco VII
138-128
Antioco VI