Sotto il dominio di Roma

Nel 66 a.C. Pompeo riuscì a consolidare il dominio romano in Asia minore e a sottomettere il re armeno Tigrane.

D'ora in avanti suo scopo fu quello di assoggettare al potere di Roma l'intera Asia anteriore.

Nel 65 a.C. Pompeo inviò in Siria, alla testa di un esercito, il suo legato M. Emilio Scauro, depose il re seleucida Antioco XIII e senza incontrare grosse difficoltà pose fine al regno dei Seleucidi.

Anche per la storia d'Israele iniziava così un'epoca nuova.

I due fratelli Aristobulo e Ircano, che si disputavano il potere, aspiravano entrambi al favore di Roma.

Dapprima essi si rivolsero con richieste d'aiuto a Scauro; nel 63 a.C., poi, si presentarono personalmente a Pompeo, che si trovava a Damasco, recando splendidi doni.

I circoli farisaici, a loro volta, inviarono a Pompeo una delegazione pregandolo di porre fine al dominio degli Asmonei e di restaurare nell'antica forma il potere sacerdotale.

Tardando Pompeo a prendere una decisione, dal momento che voleva portare a termine innanzitutto la campagna contro i Nabatei, Aristobulo, irritato, partì con l'intenzione di rinsaldare di suo pugno il proprio dominio.

Pompeo allora, messosi alla testa di un forte esercito, inseguì Aristobulo in Giudea e lo costrinse a consegnarli la fortezza di Alexandreion.

Quando infine Pompeo comparve davanti a Gerusalemme, Aristobulo si sottomise ai Romani.

I suoi partigiani, tuttavia, continuarono la resistenza, e Pompeo riuscì ad espugnare il settore fortificato del tempio solo dopo tre mesi di assedio.

Sui difensori si abbatté una terribile vendetta.

Suscitando l'indignazione degli Ebrei fedeli alla Legge, Pompeo entrò con la propria scorta nel « Santo dei Santi »; ordinò tuttavia che il giorno seguente fosse ripresa la celebrazione del culto, e confermò Ircano sommo sacerdote.

Condusse prigionieri a Roma Aristobulo e i figli di questi Alessandro e Antigono.

Il dominio degli Asmonei ebbe in tal modo una fine rapida e ingloriosa.

I circoli farisaici videro nella conquista di Gerusalemme e nella caduta della casa regnante un giusto giudizio divino sulla dissolutezza degli Asmonei.

« Nella sua sfrenatezza il peccatore ( Pompeo ) abbatte salde mura a colpi d'ariete, e tu non l'hai impedito.

Stranieri hanno salito l'altare, e spavaldamente lo hanno calpestato con gli zoccoli, poiché i figli di Gerusalemme contaminarono il santuario del Signore, profanarono il sacrificio divino trasformandolo in empietà » ( Sal 2,1-3 ).

« Dio portò i loro ( degli Asmonei ) peccati alla luce del giorno, così che il mondo intero poté conoscere come giusto il giudizio di Dio.

'Essi' non tralasciarono nessun peccato, che non commettessero peggio dei pagani» ( Sal 8,8-13 ).

Riunendo Siria e Palestina, Pompeo costituì la provincia romana di Siria e nominò Scauro governatore.

Sottopose al sommo sacerdote i territori la cui popolazione faceva parte della comunità religiosa di Gerusalemme, vale a dire la Giudea, l'Idumea, la Galilea e la Perea, in Transgiordania; separò dalla Giudea le città della costa conquistate un tempo dagli Asmonei.

Alle città ellenistiche della Transgiordania, che Alessandro Ianneo aveva sottoposto al dominio degli Asmonei e aveva costretto ad abbracciare la religione ebraica, Pompeo restituì l'indipendenza e le costituì libere città imperiali, direttamente dipendenti dal governatore.

Queste città si unirono nella libera lega della Decapoli ( « dieci città » ).

Ne facevano parte, fra le altre, Filadelfia ( Amman ), Gerasa, Polla, Gadara, Hippos, Abila e Scitopoli ( già Bet-Sea'n ) in Cisgiordania.

Riunì poi in una circoscrizione a parte, non soggetta alla giurisdizione del sommo sacerdote di Gerusalemme, la regione e la città di Samaria, la cui popolazione apparteneva alla comunità religiosa dei Samaritani, che si riunivano nel tempio costruito sul Garizim.

Con tale provvedimento la Galilea venne separata dalla Giudea e dalla Perea, regioni fra loro confinanti che dipendevano dal sommo sacerdote di Gerusalemme.

Nel 57 a.'C. il governatore Gabinio fece un ulteriore passo in questa direzione, togliendo al sommo sacerdote di Gerusalemme qualsiasi autorità politica e lasciandogli soltanto la sua carica religiosa.

Divise il territorio della comunità di Gerusalemme in cinque circoscrizioni amministrative: Gerusalemme, Gazara, Gerico, Amathus ( = Perea ) e Sefforis ( = Galilea ), direttamente dipendenti dal governatore della provincia.

Aristobulo e i suoi figli erano frattanto riusciti a fuggire dalla prigionia.

Nel loro tentativo di ribellarsi alla dominazione romana e di rimuovere Ircano dalle sue cariche, ebbero l'appoggio di larghi strati del popolo.

Quello stesso anno, tuttavia, Gabinio riuscì nuovamente a catturare Aristobulo e Antigono, e li rispedì prigionieri a Roma.

Anche Alessandro fu sconfitto da Gabinio.

Nel corso di queste lotte Gabinio fece abbattere le fortezze asmonee di Alexa'ndreion, Macheronte e Ircania, che costituivano i principali capisaldi di Aristobulo e dei suoi figli.

Per rafforzare contro li suoi connazionali il potere di Ircano, Gabinio abolì la divisione del territorio della comunità di Gerusalemme in cinque distretti, sottoponendo nuovamente al potere di Ircano l'intero territorio.

Come sommo sacerdote, egli sedeva al vertice del sinedrio: formato da alti sacerdoti, anziani e scribi, esso rappresentava la suprema autorità ebraica negli affari sia politici che religiosi.

Il sinedrio era anche il tribunale supremo, cui era affidata l'amministrazione della giustizia.

In seguito le rivalità tra la famiglia di Aristobulo da una parte e quella di Ircano e Antipatro dall'altra si intrecciarono con le lotte per il potere, all'interno dello stato romano, fra Pompeo e Cesare e fra Antonio e Ottaviano.

I partiti rivali del giudaismo si adoperarono per guadagnare alla propria causa i partiti romani che, nella lotta per il potere, risultavano di volta in volta i più forti.

Nel 49 a.C., quando fra Pompeo e Cesare si accese la lotta per il potere, quest'ultimo rimise in libertà Aristobulo e lo inviò in Siria con un contingente di truppe allo scopo di indebolire la posizione di Pompeo.

Aristobulo fu però avvelenato dai partigiani di Pompeo, mentre suo figlio Alessandro, che si trovava ad Antiochia, fu decapitato.

Nel 48 a.C. Pompeo fu sconfitto da Cesare a Farsalo, e poco dopo venne assassinato in Egitto.

Ircano e Antipatro, già partigiani di Pompeo, seppero guadagnarsi il favore del vincitore.

Allorché Cesare, che si trovava ad Alessandria, fu sottoposto a un duro assedio, Antipatro venne in suo aiuto con truppe ausiliarie, e Ircano ordinò agli Ebrei che si trovavano in Egitto di passare dalla parte di Cesare.

Quando, nel 47 a.C., Cesare passò in Siria, ricompensò Antipatro e Ircano per l'appoggio che gli avevano dato conferendo ad Ircano il titolo di etnarca e quello ereditario di sommo sacerdote, e concedendo ad Antipatro la cittadinanza romana e la carica di procuratore della Giudea.

Alla comunità religiosa di Gerusalemme diede una propria giurisdizione, restituì alla Giudea la città portuale di Giaffa e permise che fossero ricostruite le fortificazioni di Gerusalemme.

Antipatro, che andava sempre più aumentando il suo potere, affidò al figlio maggiore Fasaele il governo della Giudea e della Perea, mentre al figlio minore Erode affidò quello della Galilea.

Quando Erode, combattendo il brigantaggio in Galilea, si conquistò il favore non solo della popolazione ma anche di Sesto Cesare, governatore della Siria, l'Alto Consiglio di Gerusalemme cominciò a sentirsi minacciato dal suo crescente potere.

Per iniziativa degli ambienti più influenti di Gerusalemme, Ircano deferì Erode all'autorità giudiziaria, in quanto questi, giustiziando le bande dei briganti, aveva scavalcato la competenza della corte di giustizia di Gerusalemme e oltrepassato le proprie attribuzioni.

Tuttavia, poiché Erode godeva della protezione di Sesto Cesare e si era presentato davanti al tribunale accompagnato dalla sua guardia del corpo, non si giunse a condannarlo.

Quando poi Erode, spalleggiato da Sesto Cesare, si presentò in Giudea alla testa di un contingente di truppe per vendicarsi dell'affronto patito, poté dissuaderlo dal suo proposito soltanto l'energica opposizione di suo padre Antipatro e di suo fratello Fasaele.

Erode si accontentò di aver dato una dimostrazione della sua potenza.

Dopo l'uccisione di Cesare, nel marzo del 44 a.C., Cassie Longino, uno dei congiurati, divenne governatore della provincia di Siria.

Antipatro e i suoi figli si conquistarono presto il favore del nuovo governatore, riscuotendo con zelo le tasse che questi aveva imposto al paese.

Ciò, d'altra parte, comportò il sorgere nel popolo di una forte opposizione di cui cadde vittima Antipatro, che morì avvelenato.

Antigono, figlio di Aristobulo, cercò allora di impadronirsi del potere, ma fu sconfitto e scacciato da Erode.

Per consolidare la propria posizione, Erode sposò l'asmonea Mariamme, nipote di Aristobulo, e tale passo gli permise di imparentarsi con quella che era stata la dinastia regnante.

Quando, nel 43 a.C., gli uccisori di Cesare vennero sconfitti da Marco Antonio e C. Giulio Cesare Ottaviano presso Filippi, e Antonio ebbe assunto il dominio della parte orientale dell'impero, gli Ebrei gli inviarono delle legazioni per sollecitare la destituzione di Fasaele e di Erode.

Questi allora si presentò personalmente ad Antonio e riuscì a cattivarsi le sue simpatie, tanto più che il sommo sacerdote Ircano si era pronunciato a favore dei figli di Antipatro.

Antonio nominò tetrarchi Fasaele ed Erode, e affidò loro il governo della Giudea.

Antigono entrò ancora una volta in azione nel 40 a.C., quando i Partii, che con grandi promesse era riuscito a portare dalla sua parte, invasero la Siria.

Col loro appoggio mosse contro Gerusalemme, riuscendo a far prigionieri Fasaele e Ircano: a quest'ultimo fece tagliare le orecchie, allo scopo di renderlo per sempre inabile alla carica di sommo sacerdote, mentre Fasaele si diede la morte di suo pugno.

Antigono si fece quindi nominare dai Parti re e sommo sacerdote, e rivestì queste cariche per tre anni.

Quando Antigono ebbe ottenuto il predominio a Gerusalemme, Erode riuscì a fuggire.

Dopo aver messo al sicuro la sua famiglia a Masada, una roccaforte costruita su un'altura rocciosa, egli tentò di guadagnarsi l'appoggio del re dei Nabatei, ma venne bruscamente respinto.

A questo punto Erode si recò direttamente a Roma, per sostenere in prima persona la propria causa.

Poiché Antigono era salito al potere con l'aiuto dei Parti e in contrasto coi Romani, era inevitabile che questi, fin da principio, considerassero illegittimo il suo regno e parteggiassero quindi per il suo avversario Erode.

Per Erode costituiva naturalmente un vantaggio il fatto che le sue mire e gli interessi politici di Roma coincidessero.

Così, nel 40 a.C., su iniziativa di Antonio e Ottaviano e per decreto del Senato, Erode fu nominato re di Giudea.

Il primo compito che dovette assolvere fu quello di prendere possesso del regno che, ancora soggetto al potere di Antigono, gli era stato affidato.

Ciò, naturalmente, poté fare solo grazie all'aiuto di Roma.

Nel 39 a.C. riuscì a conquistare Giaffa e a liberare la sua famiglia assediata a Masada da Antigono.

Nel 38 i Romani furono impegnati a respingere un'incursione dei Parti: solo verso la fine dell'anno, e col loro aiuto, Erode fu quindi in grado di strappare ad Antigono la Galilea e le parti restanti del territorio assegnategli.

Soltanto nel 37 il governatore romano in Siria, Sosio, dopo un assedio piuttosto lungo, conquistò, per consegnarla ad Erode, la città di Gerusalemme.

Allorché Antigono fu fatto prigioniero dai Romani e venne giustiziato per desiderio di Erode, questi aveva raggiunto il suo obiettivo: di essere, d'ora in avanti, l'unico signore della Giudea, ufficialmente riconosciuto come tale da Roma.