Sincerità

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La vita mondana fra le molte complicazioni, tra le molte raffinatezze che mette a servizio degli uomini, ha anche portato, purtroppo, questo frutto selvatico: le convenienze, le riserve mentali, la doppiezza di chi parla in un modo e la pensa in un altro, depreca pubblicamente quello che forse mentalmente approva, plaude a quello che nel suo intimo ritiene di dubbio valore e viceversa.

È una constatazione doverosa da parte dei buoni, di tutti i buoni: si rifugge dal parlare sincero, chiaro, accessibile a tutti.

Si preferiscono le frasi reticenti che non lasciano mai comprendere fino in fondo e interamente il nostro pensiero.

È un brutto vezzo, una tabe che distrugge talora la reputazione di un individuo, quando, solo a mezze parole si dà un giudizio su una persona: "Ah! quello si che è … in gamba! - è proprio … buono!" oppure: "è un pezzettino!", ed altre frasi del genere, che talora fanno pensare di un individuo molto peggio di quanto egli non meriti.

La doppiezza, l'insincerità, è una malattia gravissima nelle relazioni fra gli uomini.

Infatti crea illusioni pericolose negli uomini talora falsamente adulati, mette la divisione fra gli individui, danneggia gravemente il corpo sociale.

Ho detto che mette la divisione fra gli individui: infatti quanti uomini preferiscono un rimprovero detto con tutta sincerità ad un giro di frasi ambiguo che apre la strada ad antipatiche interpretazioni.

Ma se produce gravi conseguenze negli uomini, quando la doppiezza entra nella società, nei circoli, nelle congregazioni, entra senza far rumore, ma vi semina un male immenso, vi turba profondamente la pace.

Il machiavellismo distrugge in tutti i membri la carità fraterna ed il buon odore di Cristo, crea divisione di gruppetti o chiesuole, deleterie sempre, ma specialmente detestabili quando queste avvengono in organismi che hanno per scopo la santificazione dei propri membri, tenuti ad osservare lo stesso regolamento, ad ubbidire agli stessi superiori, ad usare gli stessi mezzi.

Allora allontana i giovani dalle istituzioni stesse, creando il deserto, facendo fuggire le vocazioni.

Cerchiamo quindi di usare la massima sincerità reciproca; adoperiamoci, perché la vita nostra sia resa più semplice, più sincera, più genuina, meno machiavellica, più umile, dato che l'umiltà ben si assimila con la verità.

Se non altro siamo almeno sinceri con noi stessi, abituandoci a penetrare nell'intimo della nostra coscienza, mettendoci veramente all'ultimo posto, riconoscendo le nostre debolezze.

Così facendo comprenderemo meglio i nostri fratelli, avendo misericordia di loro quando li vedremo caduti, deboli, malati nei fisico o nell'anima.

Adoperiamoci, perché il nostro prossimo, non si scosti mai dalla verità, e quel Gesù che ha detto: "Se la vostra giustizia non sarà migliore di quella degli scribi o dei farisei, non entrerete nel regno dei Cieli", siamo sicuri che benedirà i nostri sforzi e ci darà la consolazione promessa ai famelici e sitibondi di giustizia.

Nel giorno della, nostra morte, beati noi se potremo dire: "nella mia vita non ho cercato altro che la verità, ora vado ad unirmi alla verità stessa, a quel Gesù che è Via, Verità, Vita".