Confessione e direzione

B71-A3

( Continuazione v. num. precedente )

Come condursi in pratica riguardo alla Direzione.

In primo luogo conservare il desiderio di trovare chi ce la doni, essendo questa la via ordinaria per cui il Signore si rivela alle anime, per il loro particolare e spirituale profitto.

Quindi pregare il Cuor di Gesù a voler concedere tanta grazia, cercando in pari tempo di meritarsela, almeno un poco, col tosto avvezzarsi al raccoglimento esterno e interno, alla presenza e unione con Dio, e specialmente colla fedeltà ai propri doveri.

Intanto per la Confessione presentarsi semplicemente a quel Confessore che è proposto alla Comunità, o di cui si ha o si procura la comodità, però sempre inteso che ogni volta che si va a confessarsi, da qualunque l'anima si presenti, non si vada per altri motivi che
per la mondezza della propria coscienza, per attingere forza dal Sacramento, senza cercare la propria soddisfazione, o di farsi compatire e dare ragione nei torti, veri o fittizi che si crede aver ricevuti.

Si fa l'accusa di quanto rimorde dall'ultima Confessione in qua, concludendo sempre, come fu detto, con l'accusa generale complessiva di tutta la vita passata e si va in pace a far la penitenza ricevuta.

Intanto per la Direzione, l'anima segua le norme avute dalla Guida o dalle varie Guide che prima aveva, e caso mai, si rimanesse incerti o dubbiosi su qualche punto, finita la Confessione, si chieda in proposito qualche schiarimento allo stesso Confessore, fosse anche la prima volta che si va dal medesimo.

Chissà, ripetiamo, che anche in questo modo provvisorio non si venga a trovare un Direttore?

Questo si verifica qualora l'anima si vede compresa, si sente aiutata e trova riposo.

Se, invece, come accade per lo più, non si ha bisogno di schiarimenti, limitarsi alla semplice Confessione, prendere quello che il Confessore dà e andarsene in pace a ringraziare Gesù del grande beneficio ricevuto nel Sacramento, seguitando quanto alla Direzione a mangiar il pane spirituale delle norme ricevute in tempo anteriore.

S. Paolo, scrivendo ai cristiani di Filippi, i quali avevano ripigliato la pratica di mandargli soccorsi materiali nella sua prigionia, mentre ne li ringrazia della loro carità, dice loro: « Io ho imparato ad esser contento di quello che io mi trovo.

So essere dimenticato, so anche essere nell'abbondanza; ( dappertutto e a tutte le cose sono stato avvezzato ) ad esser satollo e a patir la fame e avere copia e patire inopia.

Tutte le cose mi sono possibili in Colui che e mio confortavi ( Fil 4,12-13 ).

Ma, sopratutto, si eviti l'errore di tante anime che sotto lo specioso nome della Direziono, vanno in cerca di un Confessore che faccia loro ogni volta un fervorino, che le trattenga molto al confessionale, cercando esse stesse, con mille miserabili astuzie, di occuparlo inutilmente di se, non fosse altro che, col volersi sempre far ripetere le norme, gli avvisi già ricevuti più volte.

Questo significa non capire niente di Direzione, di perfezione, questa è leggerezza, alimento frequentissimo di pettegolezzi innumerevoli.

Posta poi la facoltà riconosciuta dal Codice canonico, di potersi ognuno rivolgere a quel Confessore che più si desidera, a scopo di crescer nella perfezione, è puerilità imperdonabile quella di certe anime le quali, venendo a sapere che qualche loro conoscente si rivolge di quando in quando a qualche Confessore straordinario, si creano, senza fondamento, il bisogno di far esse pure altrettanto.

Che serietà sarebbe questa? Che sincero desiderio di perfezione? È tutt'altro! … perdono e fanno perdere tempo.

Stando in questa disposizione di volere tutto quanto un'altra ha, perché non si fa così in tutto?

Ad es.: quando un'altra prende l'olio di ricino, prendetelo anche voi!

Quando un'altra deve sottoporsi ad una operazione, fatevi operare anche voi! …

Possibile che a gente adulta si debbano dare questi ammonimenti?

Data questa frequente debolezza, la prudenza suggerisce a chi ricorre a Confessori straordinari, di tacere in proposito e di non parlarne con alcuno.

Invece no: l'anima retta e pura, è contenta di sapere che altri cercano per questa via la loro maggior santificazione, senza perciò
subito volere fare altrettanto; segue la propria via ordinaria, che è poi sempre la più semplice e sicura, onde scansare le singolarità ( non giustificate ), fonti, frequentissime di illusioni: mentre frattanto, non rinuncia a valersi dello stesso diritto qualora venga nel caso di abbisognarne, senza cercare di anticipare, neanco un istante, il momento di ricorrere anche lei ad altro Confessore.

Coloro invece che cadono nei difetti sopra biasimati, dimostrano anzitutto che non hanno seria volontà di attender alla perfezione, la loro mentalità non è innalzata verso il cielo, ma curva sopra di loro stesse, ravvolgentesi in un labirinto inestricabile di giri e raggiri, i quali il minor danno che producono è il far loro perdere un tempo immenso, e inoltre di farlo perdere a chi volesse loro dare udienza.

La pietà vera è semplice, pura, retta, schiva delle ricerche di se stessa, bramosa unicamente di piacere a quel Gesù che intimo a quanti sinceramente intendono di mettersi alla sua sequela: il rinnegamento totale di se stessi, sia nelle cose del tempo, come in quelle dell'eternità, abbandonandosi in Lui con pace costante.

Dice lo Spirito Santo: Il Signore è buono specialmente con le anime che lo cercano con semplicità e sincerità.

Questa assicurazione si verifica in tutte le nostre relazioni con Dio, ma specialmente nel Sacramento della Penitenza, in qualunque circostanza di luogo, di tempo e di persone la sua Provvidenza ci faccia passare.

Abbandonandoci a questa filialmente, Gesù ci provvederà abbondantemente di quanto ci occorre, specialmente per l'anima, e non è mai a temere che ci perdiamo in alcun modo.

Atteniamoci sempre a queste regole di vita, esse ci manterranno sempre nel cuore la vera pace di Gesù.

Can. Luigi Boccardo.