Messa del povero

B104-A7

Opera di Redenzione dei Mendicanti

I vestiti dei nostri poveri, che pena!

Devo confessare che prima di recarmi in mezzo ad essi ho sempre sentito il bisogno di indossare un abito dimesso per senso di pudore, quasi per timore di insultare alla loro miseria con la mia ricercatezza.

Sono abiti che hanno tutte le tinte e tutti i colori, abiti che sanno di infiniti rammendi, che mal ricoprono le membra indolenzite e lasciano vedere attraverso le lacerazioni la deficienza di biancheria intima.

Spesso mostrano il petto villoso per meglio convincere dell'assoluta indigenza, e chiedono timorosi e supplichevoli una maglia, una camicia, un paio di mutande.

E questi miseri cenci mancano spesso di bottoni, fettucce che li mantengano assieme: la necessità aguzza l'ingegno e un pezzo di fil di ferro ripiegato alla meglio dalle mani callose fa da fermaglio e guarnizione insieme.

E qui aveva trovato campo ad esplicarsi la carità di un'ottima persona, la compianta zelatrice Signorina Boggio, che portava il suo contributo di gentilezza e abilità femminile, rammendando dove e come era possibile questi poveri vestiti.

Divenne un poco così - purtroppo oggi non c'è più - la mamma di questi poveri insieme con le buone Suore di S. Vincenzo che per missione hanno scelto di vivere facendo la carità, e portando ovunque il sorriso della loro bontà e pazienza.

I rattoppi fatti con virtuosismi di adattamenti dalle abili mani femminili possono prolungare di qualche giorno l'uso di questi abiti non rinnovarli perché sono giunti al limite estremo della loro utilizzazione.

Non è possibile rovistare in fondo agli armadi e trovare qualche cosa anche di usato, di rattoppato, di fuori moda, che serva a lenire tante miserie, a rendere meno crudo il gelido rovaio dell'inverno incipiente?

La guerra … le difficoltà dei tempi … buone ragioni; tutte però si vinceranno quando sapremo contrapporre la nostra carità.

Fr. L. delle S. C.