Il Santo e le Scuole festive e serali

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Una domenica del 1699 nella casa del Noviziato che S. Giov. Battista de La Salle aveva aperta a Parigi, si svolse la inaugurazione di un corso di studi che, si sarebbe detto, doveva disturbare la tranquillità di quella casa di formazione religiosa.

Eppure S. Giov. Battista de La Salle, così geloso della formazione dei suoi " Fratelli ", aveva organizzato quel corso e ne faceva benedire l'inizio dall'abate de La Chétardie, parroco di S. Sulpizio, nella cui giurisdizione era sito il Noviziato.

Si trattava della Scuola domenicale per adulti, operai che non avevano potuto provvedere in alcun modo alla loro cultura intellettuale.

Una innovazione nel campo scolastico? Non intendo asserirlo!

Ma, certo, una attività molto ardimentosa in quello scorcio del '600 e all'inizio di quel '700 che, se da una parte reclamava la più assoluta libertà per gli intellettuali, dall'altra giudicava troppo incapace e primitivo il popolo lavoratore, per farlo partecipe della cultura, nonché delle possibilità di giungere a condividere di conseguenza, le civiche responsabilità.

La scuola festiva non era una novità; ma la scuola festiva professionale operaia lo era davvero.

Nelle parrocchie della Fiandra, fin dal principio del 1600, erano state organizzate e raccomandate insistentemente dal Concilio di Malines, le scuole catechistiche domenicali.

Mentre l'istruzione catechistica restava la parte essenziale dell'insegnamento i docenti compensavano i frequentatori e, ad un tempo, li attiravano con lezioni di lettura e di scrittura.

Leggere e scrivere era tutto quello che si pensava fosse possibile insegnare in dette scuole, oltre la seria istruzione catechistica.

Nella parrocchia dell'abate de la Chétardie c'erano molti operai giovani e vecchi, del tutto analfabeti, su cui l'istruzione religiosa non destava un interesse così vivo da indurii a sacrificare qualche ora del loro riposo, di cui proprio abbisognavano dopo sei giornate lavorative di dodici, quattordici ore e anche più, e tanto meno da rinunziare a quegli svaghi e divertimenti a cui si dedicavano.

D'altra parte anche queste pecorelle stavano a cuore allo zelante pastore il quale da tempo studiava che cosa avrebbe potuto fare per esse.

La presenza nella parrocchia del noviziato dei " Fratelli " e del Santo de La Salle, lo indusse a parlare con lui di questo suo cruccio.

Dalle conversazioni nacque l'idea di una scuola in modis che avesse una più potente forza di attrazione, proprio per i vantaggi che avrebbe recato agli operai, in modo da indurii a superare la naturale ripugnanza alle fatiche dello spirito, e da imporsi un'altra fatica nel giorno di riposo.

San Giovanni Battista de La Salle studiò un programma che tornasse di utilità immediata agli adulti e limitò le lezioni alla lettura e scrittura, all'aritmetica e al disegno.

Egli non aveva alcun ideale di primato o di innovazione: la scuola festiva era un apostolato in perfetto accordo con lo scopo della sua Congregazione, andava incontro ad un bisogno reale della società, gli dava occasione di catechizzare un maggior numero di individui non meno bisognosi dei fanciulli sottratti alla strada, ritraeva dal vizio, dal disordine ozioso e dalle occasioni di peccato i lavoratori di buona volontà, gli dava modo di educare comunicando il gusto per le arti, di suscitare una sana emulazione e di alimentare il lodevole desiderio di migliorare la propria condizione, e inoltre gli apriva la possibilità di alimentare in molte famiglie una vita più intensamente cristiana, per mezzo di istruzioni religiose adatte alla mentalità degli adulti già provati dai pericoli della vita e della società.

Il Santo destinò alla scuola domenicale che chiamò " Accademia cristiana " ( nome che ci pare ampolloso, ma che era assai comune a quei tempi in cui si andava all'Università degli studi, per cominciarvi la scuola di latino ) due dei Fratelli più preparati, e vide con gioia che la coraggiosa iniziativa riusciva gradita.

Infatti gli allievi salirono presto a oltre duecento e furono divisi in classi a seconda dell'età e delle loro capacità.

Le lezioni duravano due ore, seguiva una lezione di catechismo e tutti gli allievi venivano poi riuniti per una esortazione spirituale collettiva.

I vantaggi della scuola festiva non tardarono a vedersi: parecchi allievi cambiarono del tutto la loro vita, e portarono in famiglia, nel quartiere e nell'officina, con il loro lavoro più intelligente, uno spirito cristiano edificante e trascinatore.

Disgraziatamente la scuola festiva non durò che pochi anni.

Il trasferimento di essa fuori dalla casa del noviziato e altre difficoltà, portarono prima ad una sospensione di essa e poi alla impossibilità di riaprirla; ma intanto l'esperienza era stata fatta dal Santo de La Salle, e in tempi più propizi, un poco ovunque le scuole festive furono aperte e tenute dai " Fratelli ".

Di scuole serali propriamente dette non si parla nella vita del Santo.

I suoi tempi erano ancora quelli in cui la sera aveva qualcosa di sacro e di assolutamente familiare.

Non si poteva concepire che come un disordine l'uscire di casa la sera, e nessuno si permetteva di organizzare adunanze e riunioni che non fossero nell'ambito delle relazioni di famiglia.

Quando i tempi e le esigenze della società furono tali da giudicarle convenienti e vantaggiose, i " Fratelli " prolungarono ovunque nella notte il loro apostolato aprendo scuole serali.

A Torino essi le aprirono nel 1845 e il programma adottato fu tanto apprezzato dal pubblico e dalle autorità, che gli allievi salirono a oltre seicento, la R.O.M.I. provvide ed una nuova costruzione per incrementarle, e il Municipio di Torino con identico programma aperse le sue scuole serali municipali nel 1849 e le affidò tutte ai " Fratelli ".

Oggi i " Fratelli " hanno 73 scuole serali: 3 in Italia, 35 in Francia, 1 in Belgio, 25 in Spagna, 5 in America, 3 in Asia, 1 in Africa e 1 in Australia; e hanno 58 scuole domenicali: 3 in Italia, 7 in Francia, 6 in Belgio, 39 in Spagna, 2 in America e 1 in Africa.

Fr. Cecilio S. C.

Collegio S. Giuseppe - Torino