Catechista, ossia maestro

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1) « Giacché molti si sono sforzati di stendere il racconto delle cose avvenute tra noi, come riferirono a noi quelli che sin da principio le videro, e furono ministri della parola » …

Con queste parole S. Luca ( Lc 1,1 ) inizia la narrazione del suo Vangelo.

Egli enuncia così il concetto di catechesi cristiana, come « ministero della parola » ( S. Paolo, Col 1,23, si presenta quale ministro della buona novella ) e poi anche come insegnamento scritto della dottrina di Gesù.

La precedenza l'ebbe dunque l'insegnamento parlato, « risuonante », come dice la parola « catechèsi » ( in gr. katechéo = faccio risuonare e anche istruisco, ammaestro ).

Come spiega il Ricciotti, per alcuni anni dopo la morte di Gesù, la diffusione della « buona novella » avvenne in maniera esclusivamente orale …

Era il metodo chiamato dai cristiani « catechesi », ossia « risonanza », poiché consisteva nel far risuonare, la voce alla presenza dei discepoli, di guisa che il discepolo, che avesse compiuto la sua istruzione, ara il « risonato », ossia il catechizzato ( Vedi G. Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Torino. S.E.I., 19° ediz. 1941, p. 118 ).

Così leggiamo in S. Paolo ( Gal 6,6 ): « Communicet autem is qui catechizatur verbo, ei qui se catechizat, in omnibus bonis » ( 1 ).

Maestro ed allievo devono partecipare di ogni bene: è stabilita così la « caritas », che deve presiedere ad ogni azione di magistero …

2) La parola latina « catechizo » è dunque una derivazione del verbo greco corrispondente: essa viene adattata dai Cristiani al loro uso, e si trova in S. Gerolamo. in Terlulliano. e poi anche in S. Agostino, di cui e nato il trattato

De catechizandis rudibus ( verso il 405 ).

Le suggestioni della cultura e della lingua greca ( dominanti nel periodo ellenistico in cui sorse il Cristianesimo ) si fanno subito sentire direttamente nella cultura cristiana, e ne caratterizzano fin dal primo secolo la pedagogia, fornendo i termini atti a definire i concetti fondamentali della iniziazione e della vita religiosa.

Si pensi, per quanto riguarda il nostro tema, al termine « catechumenus » che indica colui che è istruito negli elementi di qualche scienza ( v. Forcellini, Vocabularium, s. v. « catechumenus » ) e in particolare in Tertulliano e S. Gerolamo, colui che, istruendosi nei misteri della fede, si prepara a ricevere il Battesimo. S. Gerolamo ( sec. IV-V ) usa già la parola latina « catechista ».

Si profilano così ( nella chiarezza dei concetti ellenici di cui il cristianesimo primitivo si appropria, per innalzarli alla visione del soprannaturale ) i primi canoni pedagogici, che definiscono il metodo catechistico, proprio come lo intendiamo ancor oggi, persino con certi spunti « attivistici », che sembrano una novità dei nostri giorni.

3) Anzitutto il maestro. La Chiesa, si preoccupò di delegare i suoi apostoli, con specifiche funzioni di docenti ( didàskaloi ) incaricati dell'insegnamento e dotati di speciali doni di grazia ( At 13,1; 1 Cor 12,28.31; Ef 4,12: Didach. 13, 2, 7,7, 2; Herm. Vis. IlI,5, 1 : vedi H. I. Marrou. Histoire de l'éducation dans l'antiquité, Paris, Edit. Seuil, 1948, p. 418 e ss. - V. anche la mia recensione in « Humanitas », 1950, N. 4 ).

L'istituzione del catecumenato si sviluppa specialmente nel II secolo ( Vedi B. Capelle, L'introduction du catéchuménat a Rome, in « . Recherch. de théol. aree. e méd. » V, 1933, cit. in Marrou, op. cit., p. 565 ).

Allora il catecumeno riceve un insegnamento accuratamente graduato per tre anni.

Sembra che assai per tempo si sia provveduto con maestri specializzati nell'insegnamento della dottrina: essi sono normalmente sacerdoti, ma non manca anche l'interessamento dei vescovi per dare l'ultima mano a tale preparazione, che era così scientificamente curata, nel tempo che la pedagogia non era ancor più che una dottrina empirica e piuttosto esteriore …

Il Marrou ricorda con ammirazione ( op. cit., p. 418 ) i « discorsi catechistici » di S, Gregario di Nissa, di Cirillo di Gerusalemme e di altri che attestano « à quel niveau remarquable les grands evéques du IV siecle avaient su situer leur enseignement ».

4) Diciamo inoltre qualcosa dei metodi, che non sarebbe erroneo definire « attivi » …

Si prenda ad esempio un trattato ( di cui si è riconosciuta, a quanto pare, l'autenticità ) di S. Giovanni Crisostomo, intitolato Della vanagloria e come i genitori debbono educare i loro figli.

I genitori debbono formare cristianamente i loro piccoli, raccontando loro la storia sacra, in forma facile e familiare, con il ricorso ad opportune domande ( proprio nella moderna maniera « catechistica » ) atte a suscitare la loro curiosità: « Quando il bambino avrà ben ritenuto questo racconto ( della storia di Abele e di Caino, di Esaù e di Ciacobbe ), un'altra sera gli domanderete: - Raccontami la storia dei due fratelli.

E se egli comincia con Caino ed Abele, interrompetelo, e ditegli: No, non è questa che ti domando, ma la storia dei due altri fratelli su cui il padre ha pronunciato la sua benedizione.

Ricordategli in seguito qualche particolare significativo, senza tuttavia ripetergli il nome dei fratelli.

Quando egli vi avrà raccontato tutta la storia, proseguite nella narrazione » ( Marrou, Op. cit., p. 417 ).

5) Un'ultima considerazione sui fini della « paideia » cristiana.

È vero che il cristianesimo ha capovolto i valori del paganesimo, e Tertulliano ( che non è tuttavia il rappresentante più autentico della tradizione primitiva ) esclamava ( Prescriz. 7 ): « Che cosa vi è di comune tra Atene e Gerusalemme? », volendo separare nettamente la nuova cultura dall'antica.

È vero che la discussione tra « cultura sacra. » e « cultura profana » si protrarrà nei secoli e non si è spenta ancora ai nostri giorni.

Ma, stando ai fatti, dobbiamo convincerci che tra Atene e Gerusalemme, pur nella varietà dei fini perseguiti dai pagani e dai cristiani, vi è in comune innanzitutto questo: la lingua, o meglio le lingue, nel bilinguismo ( greco-latino ) dell'età ellenistico-romana.

Questa semplice constatazione deve rendere più prudenti i cristiani nel respingere la cultura classica perché pagana.

Gli autori classici non vengono più studiati perché pagani, ma perché sommi nel pensiero, nell'arte, nella scienza: e in quanto sommi essi sono anche « naturaliter » cristiani.

Ci è stato conservato il quaderno di un piccolo scolaro cristiano dell'Egitto del IV secolo: nulla lo distingue da un altro qualsiasi testo ellenistico; esso contiene le stesse serie di nomi mitologici, le stesse sentenze e aneddoti.

Il solo segno cristiano è l'invocazione « Dio sia benedetto » in testa al primo foglio e la croce monogrammatica accuratamente tracciata all'inizio di ogni pagina » ( Marrou, Op. cit., p. 430 ).

Aveva ben torto Giuliano l'Apostata ( legge del 17 giugno 362 ) a proibire ai cristiani di insegnare nelle scuole, in quanto non era possibile spiegare Omero ed Esopo senza credere nei loro dei! …

La migliore storiografia religiosa, liberandosi dai pregiudizi gnostici e dialettici di vario tipo, si è affermata nell'apprezzamento dei valori culturali ellehistico-romani che il Cristianesimo ha saputo assimilare nella sua dottrina, con un meraviglioso scambio di concetti e con una non meno meravigliosa circolarltà di motivi, che rendono ormai inscindibile la definizione stessa di uomo da quella di cristiano.

Come afferma un sommo interprete del Rinascimento cristiano nel sec. XVI, il filosofo spagnolo G. L. Vives: « Quid enim est aliud Christianus, quam homo naturae suae redditus, ac. velut natalibus restitutus »?2

Mario Sancipriano


1 Quegli poi che è catechizzato nella parola, faccia parte di tutto quello che ha di bene, a chi lo catechizza.

Nel testo greco della citata lettera di S. Paolo, all'espressione « is qui catechizatur » corrisponde precisamente la parola « katechoùmenos ».

2 Che altro è il cristiano, se non un uomo riportato alle sue condizioni naturali e quasi restituito alla sua nascita? Cfr. la mia introduzione al De anima et vita di G. L. Vives, Firenze, Sansoni, 1954, p. 11.