Exaltavit Humiles

B158-A2

Il 27 aprile 1948, davanti alla salma di Fra Leopoldo, giunta dal Cimitero generale di Torino alla Chiesa di S. Tommaso, per esservi tumulata nella cappella di N. S. del S. Cuore, il compianto P. Maccono o.f.m. pronunziò un commosso discorso commemorativo, che ancora oggi non ha perduto della sua freschezza.

Riteniamo di far cosa gradita ai nostri lettori, riproducendolo qui, quasi integralmente, sia per onorare Fra Leopoldo, che per ricordare il suo affezionato confratello, postulatore e primo biografo.

Alla mente di chi esamina la figura di Fra Leopoldo Musso si presenta subito spontanea la differenza che passa tra la grandezza umana, effimera transitoria, spesso bugiarda o artefatta e quella vera e immortale che emana da Dio.

Alla morte di Luigi XIV, il Re Sole, che tanta gloria ebbe durante la sua vita, che diede il suo nome al secolo suo, il celebre Massillon esclamava: Dio solo è grande!

E voleva dire che la grandezza umana finiva in quel cadavere.

Possiamo anche noi, per ragioni contrarie, dinanzi a Fra Leopoldo Musso, ripetere la stessa frase: Dio solo è grande!

La gloria degli uomini privilegiati da Dio non finisce alla loro morte, perché essa non è basata sull'arena mobile del mondo ma sui fondamenti granitici della grazia, che sola fa grandi anche gli uomini.

Che vi è di grande umanamente parlando, in Fra Leopoldo?

Nulla, assolutamente nulla.

Egli non ebbe ricchezze, non privilegi di casta.

Nacque a Terruggia paesino quasi sconosciuto, da famiglia povera.

Veduta di Terruggia paese natale di Fra Leopoldo

Non ebbe distinzioni sociali in seguito né nel secolo, né in religione.

Fu e rimase sempre un cuoco, un semplice cuoco.

Non ebbe istruzione: non andò mai oltre le classi elementari e neppure compiute.

Eppure, senza uscire dalle diverse cucine del secolo e da quella di S. Tommaso, quando si fa francescano, Fra Leopoldo riesce a influenzare migliaia di anime di ogni condizione sociale, diventare direttore di spirito, maestro di professori, di dotti, di Sacerdoti, ad attirarsi la stima e la venerazione delle stesse autorità ecclesiastiche più alte, dello stesso Sommo Pontefice Benedetto XV.

Sotto la sua influenza e la sua ispirazione, il Fr. Teodoreto F.S.C., crea un nuovo Ordine religioso, che Fra Leopoldo in antecedenza aveva profetizzato e del quale nel suo diario canta e annunzia la grandezza e la vita fiorente futura.

Non letterato, sempre dalla sua cucina, si fa promotore delle scuole professionali gratuite e se parecchi non lo comprendono, altri lo osteggiano, egli imperterrito continua a proclamarle volute da Dio e le fa trionfare.

Non letterato egli lascia scritto un voluminoso diario, ove narra i suoi colloqui con Dio e la sua Divina Madre, ove parla di cose altissime di teologia e di mistica, senza cadere mai in errori o in meschinità.

Se dell'importanza di questi suoi scritti oggi pochi possono essere al corrente e gustarne le bellezze e la profondità di concetti, tutti possono già ammirare le altre opere: tutti possono vedere lo sviluppo grandioso delle scuole gratuite della Casa di Carità di Via Orvieto, opere sostenute e dirette dai suoi Figli spirituali dell'Unione Catechisti del Santissimo Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, di quell'Ordine da Fra Leopoldo annunziato profeticamente prima che sorgesse e al quale dopo rivolse tutte le sue più affettuose cure.

Tutti possono ammirare le Scuole professionali tenute dai Fratelli delle Scuole Cristiane nell'Istituto Arti e Mestieri di Corso Trapani, al quale Fra Leopoldo è tutt'altro che estraneo e ne risentono continuamente la protezione.

Or bene, ci possiamo domandare, come ha potuto quest'uomo, che era sommo soltanto nell'arte dei cuochi, farsi promotore intelligente di tali opere e riuscire a farle nascere e fiorire?

Per coloro che hanno solo fede nell'ingegno umano, nella forza del danaro, nell'abilità umana è problema misterioso, insolubile.

Non lo è invece per chi conosce la forza della fede cristiana, operante negli uomini, per chi considera gli uomini privilegiati della grazia divina come semplici e fortunati strumenti nelle mani di Dio che solo è grande, onnipotente, che spira come vuole e dove vuole e dinanzi al quale crollano tutte le difficoltà che spesso arrestano le opere semplicemente umane.

Traslazione di Fra Leopoldo dal Cimitero Generale alla Cappella di N. S. del S. Cuore: la funzione a S. Tommaso.
A destra si scorge l'ingresso a/la Cappella di N. S.

È il caso di Fra Leopoldo.

Tutte le opere esterne che ho ricordato non sono che un effetto di una causa fondamentale, in Fra Leopoldo.

Egli fu da Dio eletto ad essere l'Apostolo del SS. Crocifisso: e lo fu.

Chi ha letto la vita di Fra Leopoldo avrà notato che tutta è immersa nell'amore e nella contemplazione di Gesù sofferente sulla Croce, sanguinante per i peccati degli uomini.

Quelle meditazioni quotidiane, ripetute più volte al giorno e nella notte gli rivelano tutta la dottrina cristiana del grande mistero; l'amore di un Dio fatto uomo, l'ingratitudine degli uomini.

È la lotta che si combatte da secoli nelle anime.

Giorno per giorno Fra Leopoldo vede sempre più chiaramente dentro questo infinito mistero di amore e di dolore dell'Uomo-Dio.

Sì il Crocifisso che gli parla, lo istruisce, gli comanda di scrivere quei detti che egli ci lasciò nel suo diario e che tanto si distinguono per esattezza grammaticale e sintattica dalla sua prosa ordinaria, quasi sempre zoppicante.

Sotto un tanto Maestro, Fra Leopoldo diventa maestro egli stesso, perché l'insegnamento divino non è mai semplice illuminazione ma è nello stesso tempo fuoco che riscalda.

Già nel secolo aveva udito la voce del Crocifisso: una volta religioso quella voce gli diventa sempre più familiare, più frequente e un giorno comincia a sentire anche la voce di Maria SS. che gli annunzia di volerlo suo segretario e lo elegge Sposo del Crocifisso.

Questo lavorio della grazia fu lento, ma continuo, senza interruzioni.

Chi tiene conto di ciò ( e bisogna tenerne conto perché è la piattaforma su cui si innalza tutto l'edificio della vita spirituale di Fra Leopoldo ) sa darsi ragione di tutto ciò che ammiriamo in lui.

Il suo cuore va continuamente riempiendosi di amore a Cristo paziente e alla sua Divina Madre e quindi non può più stare inerte.

Sente il bisogno di comunicare agli altri il suo ardore.

Si avvera in lui il detto del poeta: Est Deus in nobis, agitante, calescimus ilio! e quello di San Paolo: Charitas Christi urget nos.

Ed eccolo trascinatore di anime a Vercelli, a Viale d'Asti, a Terruggia, a Torino quando ancora è nel secolo.

Eccolo sempre il primo in tutte le manifestazioni religiose, nell'azione cattolica, nella lotta contro la bestemmia, per il Papa, per la Chiesa.

Parla, muove, fa muovere, trascina gli altri a seguirlo.

Nulla in lui del violento, dell'acrimonioso, del polemista.

La sua parola è calma, suadente, ma trascinante.

Nei piccoli centri, come a Viale e a Terruggia questo suo apostolato religioso appare di più; si vede la folla seguirlo docilmente in massa.

Quando arriva a Torino, sembrerebbe che la sua voce resti sepolta e come sperduta in un deserto.

Di più egli stesso si allontana dal mondo per chiudersi in un convento.

Che potrà fare di apostolato dalla cucina di S. Tommaso?

Il suo ardore di bene parrebbe che sia spento.

Parrebbe, perché di fatti in quei primi anni del 1900 in questa Chiesa di S. Tommaso giganteggiava accanto ad altri grandi e santi uomini, il terziario Pio Paolo Perazzo, l'apostolo dell'adorazione quotidiana universale perpetua al SS. Sacramento, animatore di ogni causa santa, scrittore, giornalista, buon parlatore, che si fa sentire nei Congressi Eucaristici, nelle adunanze, ovunque.

Chi avrebbe badato al povero cuoco illetterato, all'umile fratello laico, ultimo anche della gerarchia della famiglia religiosa?

Anzi ( fu certo Provvidenza del Signore ) essa sarà l'ultima ad accorgersi di avere nel cuoco, un privilegiato della grazia.

Ma invano Fra Leopoldo si chiude si eclissa fra le pentole della cucina.

Dio, che lo riempie del suo amore, non può essere circoscritto dalle cose e dagli ambienti.

L'amore che arde il cuore del Perazzo istruito è lo stesso che muove la volontà e il cuore di Fra Leopoldo illetterato.

Mentre dunque col Perazzo Dio fa trionfare la devozione eucaristica, con Fra Leopoldo fa trionfare la devozione al Santissimo Crocifisso.

Ecco dunque, come neppure allora Fra Leopoldo è un discepolo, un trascinato, ma continua ad essere trascinatore e maestro.

L'amore lo spinge.

La meditazione sui dolori di Cristo gli detta quella forma di preghiera alle piaghe del Salvatore del mondo, che egli per primo pratica e poi diffonde tra persone, e poi fa approvare dall'autorità ecclesiastica e finalmente consegna ai Fratelli delle Scuole Cristiane per la diffusione nel mondo.

A prima vista, per chi osserva solo superficialmente, parrebbe piccola cosa, ma è davvero piccola cosa richiamare gli uomini al fondamento di tutte le divozioni, al fondamento stesso della Redenzione?

Non è la tragedia divino-umana del Calvario la prova più sublime, più toccante dell'amore di Dio verso gli uomini?

Far meditare i cristiani su tale mistero non è' un mezzo potente per arrestarli sulla via della bestemmia, dei vizi, degli errori?

I fatti e sono questi che contano, ci assicurano che la Devozione al Santissimo Crocifisso di Fra Leopoldo fu ispirata da Dio, benedetta da Lui e produsse i frutti che egli si proponeva.

Per essa si ottennero conversioni di persone ostinate, molte ritrovarono la via della perfezione cristiana, il mezzo per ottenere favori celesti.

Non possiamo far statistiche nel campo spirituale delle anime; solo poche cose pervengono alla nostra conoscenza, ma quel poco è sufficiente per noi.

E il fatto stesso della diffusione della divozione al SS. Crocifisso di Fra Leopoldo in tutto il mondo, in quasi tutte le lingue, l'approvazione ampia e fuori dell'ordinario data dal Sommo Pontefice Benedetto XV, le attestazioni che ci giungono da ogni parte del mondo di grazie straordinarie ricevute dal Signore per mezzo di questa pia pratica, non ci provano abbondantemente che essa fu ispirata dal Cielo, che è opera non umana?

Tali attestazioni vengono a confermare quanto Fra Leopoldo lasciò scritto nel suo diario, che è Gesù Crocifisso, che è Maria SS. che l'avevano voluta e che lo spingevano a diffonderla.

Anzi la Madre di Dio volle per un anno intero concedergli il grande favore di venire ad aprirgli la porta perché egli potesse andare nella Cappella a pregare, proprio come premio del suo zelo nel promuovere la divozione.

« Vuoi sapere, gli disse Maria SS., il perché? Perché tu per mezzo della divozione al mio Figlio Crocifisso apri la porta del Cielo a tante anime ».

Queste parole egli le consegnava ai suoi quaderni molto prima che si conoscessero all'esterno i frutti reali della divozione.

Questi confermano oggi la verità delle sue affermazioni.

E così dalla sua cucina e fra gli altri umili uffici di convento, Fra. Leopoldo continuò ad essere apostolo e trascinatore di anime.

La fama vola, e ben presto accorrono a lui persone di ogni genere per consultarlo, per sentirlo, per raccomandarsi alle sue preghiere, per eleggerlo proprio intermediario presso il Signore.

Non posso scendere in particolari. Leggetene la biografia.

Ma è meraviglioso il fenomeno, più meraviglioso ancora se si pensa che i suoi confratelli non solo non si fanno propagatori di tale fama, ma quasi ignorano le virtù di lui, spesso anzi l'osteggiano, non ne tengono conto e finiscono di proibirgli di ricevere visite.

Meraviglioso pure il fatto che sia nei momenti di incomprensione, sia in quelli di gloria Fra Leopoldo conserva il suo carattere tranquillo e sereno.

Nulla lo turba mai. È troppo pieno di Dio perché possa turbarsi!

Dio è ordine, armonia perfetta e chi si immerge in Lui partecipa di Lui.

Se ne accorge egli stesso e un giorno nella sua meditazione davanti al Crocifisso esclama: Chi sono io o mio Gesù che mi fai degno di tante carezze?

Quante carezze davvero ci narra ricevute da Gesù e dalla sua SS. Madre!

Toccato da esse egli sale e vola nei cieli della mistica, lo costringono persino, lui illetterato, ad esprimersi con poesie.

La sua penna non può seguirlo nei suoi voli, esprimere i suoi affetti, i canti della sua anima innamorata; ma egli canta lo stesso.

È un canto continuo tutta la sua vita ammirabile, un canto che non si è spento il 27 gennaio del 1922, ma che ha continuato con un crescendo più che rossiniano fino ad oggi.

E oggi ci accorgiamo che il canto è appena incominciato e pregustiamo già i suoi sviluppi, che prevediamo d'una grandiosità e bellezza che superano ogni aspettativa.

p. F. Maccono