Spiritualità dell'Unione Catechisti

B164-A1

( Relazione del vice-presidente gen. dell'Unione Catechisti al Congresso Mondiale degli Ex-Allievi Lasalliani ).

Un profondo spirito religioso e un'intensa vita di pietà costituiscono il fondamento spirituale dell'Unione.

L'Unione nella sostanza è una vera e propria « religione », cioè una comunità di vita e di opere stabilmente interamente e irrevocabilmente consacrate a Dio e all'onore di Dio.

Tutti i membri, e in primo luogo i Catechisti Congregati stretti da obblighi votali e poi anche i Catechisti Associati, in virtù di una loro propria « consacrazione » debbono fare di se stessi, di tutti i loro doveri e attività anche « profane », un olocausto di adorazione e di riparazione, un'incessante espressione religiosa.

Il mondo contemporaneo tra le innumerevoli e strepitose conquiste scientifiche tecniche e sociali è insidiato e soverchiato da una radicale irreligiosità.

Il mondo delle relazioni politiche e sociali, economiche e culturali è improntato laicisticamente e largamente secolarizzato.

A ben vedere, non si tratta soltanto di inappetenza religiosa, di un certo indifferentismo agnostico verso Dio e la religione, ma si tratta anche di una precisa volontà di sconsacrare ogni forma di attività e di vita.

Siamo giunti persino a porre in termini culturali e sociali, finanche in termini di costume, la più ampia delle alternative: o Dio, o l'uomo.

Empia alternativa non già in quanto potrebbe implicare una certa « rinuncia », un certo « disprezzo » del mondo al fine di conseguire Dio, conseguimento che in definitiva ridonderebbe a salvezza dell'uomo integrale e della totalità del suo mondo.

Empia alternativa invece poiché pretende di sostenere la radicale incompatibilità e l'essenziale incompossibilità tra la pienezza umana della vita e la religione, tra l'uomo e Dio.

Affinché l'uomo possa godere di una sua propria autonomia e perciò avere una sua propria consistenza e vantare un proprio valore, affinché l'uomo possa davvero confidare in se stesso ed assumere nella sua iniziativa una piena responsabilità, perché egli possa affermare nel pensiero e nell'azione la propria creatività non deve esistere Iddio.

Ammettere che Dio esiste, riferirsi a Lui e a Lui ricorrere, non sarebbe per l'uomo che la massima delle alienazioni, la più grave delle frustrazioni, la peggiore delle degradazioni.

Colpe ed errori succedutisi nei secoli hanno portato alla secolarizzazione della Cristianità occidentale.

Molti oggi non solo hanno relegato il « modus vivendi » cristiano nell'ambito della condotta privata, lasciando che il mondo esterno della società e della politica andasse per la sua strada, ma hanno accettato il mondo sociale esterno come norma oggettiva della realtà, giudicando come soggettivistico, finanche illusorio, il mondo della fede e della religione.

Con l'affievolirsi della fede e della ispirazione cristiana nei rapporti dell'uomo con il mondo e nei vari settori della vita sociale, con la rottura dell'unità religiosa, la cristianità si è via via profondamente secolarizzata.

Questa secolarizzazione attuatasi come apostasia, ha di molto contribuito a che si smarrisse il senso dell'autentica « oggettività » sul piano del pensiero e il senso dell'autentica « soggettività » sul piano della vita di relazione.

Siamo cioè caduti in varie forme di « soggettivismo » e di « oggettivismo » ideologico e pratico, da quello della razza, della classe e dell'istinto, a quello positivistico, sociologico, esistenzialistico.

Tutte concezioni della vita e dell'uomo ostentatamente « profane » e in realtà quale più quale meno « impietose », « irriverenti », « irreligiose », non solo verso Dio ma anche verso l'uomo, verso la sua misteriosa « densità » irriducibile di persona, la sua singolare « alterità », pur nella sua essenziale « relazionalità ».

Vero è che forse non mai come nei tempi moderni si è speculato addentro ai problemi sociali per cui si è affermato la problematica dei diseredati e degli oppressi, ma tale problematica è però sfociata nel filantropismo agnostico e nel solidarismo esteriore, tutte forme che soccorrendo e aiutando sul piano del benessere materiale e su quello esterno e della partecipazione politica, pretendono di aver esaurito il problema dell'uomo e di avere appagata ogni sua legittima esigenza.

Che l'uomo mangi, che egli lavori, si diverta, voti e paghi le tasse: sembrano infatti essere gli unici imperativi che dominano le società più progredite.

Eppure oggi anche « l'uomo del benessere », l'uomo prodotto dal mondo secolarizzato, geme nel vuoto di sé e accusa nell'isolamento una irrimediabile incomunicabilità; da ciò l'insorgere di mali nuovi che si manifestano nei misfatti collettivi, nelle forme totalitarie e collettivistiche con cui si vorrebbe tutto regolare e livellare.

Anche la stessa sopravvivenza di tutti e di ciascuno è minacciata da una sorta di visione apocalittica e l'uomo moderno avverte fin nelle più riposte pieghe del suo inconscio che il mondo finirà e vive così la sua vita accusando un dilaniante senso di precarietà e provvisorietà.

Di contro alle insidie con cui certe manifestazioni della vita attuale li minacciano nel loro stesso equilibrio emotivo e psichico, gli uomini di oggi - almeno i migliori tra essi - avvertono che è indispensabile ed è possibile costituire un vittorioso fronte apertamente morale e spirituale.

Essi percepiscono che tutto in definitiva emana dall'interiorità del singolo e tutto vi ritorna, compresa la stessa convivenza sociale e politica, la stessa storia dell'umanità.

Ed è proprio nella perenne natura della persona umana che uomini di diversa cultura e tradizione hanno cercato - per esempio, con la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo ( 1948 ) - la piattaforma su cui fondare l'unica convivenza pacifica possibile al disopra dei diritti positivi e delle norme giuridiche vigenti.

Questa più o meno conscia ma acutissima tensione verso un fondamento del tutto interiore e ideale della convivenza fraterna e della pace spiega la grandissima risonanza suscitata nel mondo dalle encicliche « Mater et Magistra » e « Pacem in terris » di Papa Giovanni XXIII.

Così come spiega l'enorme speranza accesa fra gli uomini di buona volontà dal Concilio Vaticano II e la intensa attrattiva esercitata dal pur breve pontificato di Papa Roncalli.

Gli uomini d'oggi, i migliori, ricercano la « Paternità » e la « Maternità » che affratelli tutti e ciascuno.

In altre parole essi ricercano la « pietas » e la « religio » della vita dell'uomo che non possono avere sicuro fondamento se non come proiezioni e aspetti della « religio » e della « pietas » rivolte a Colui dal quale tutto proviene e al quale tutto si riferisce; Colui che è tutto per ciascuno, ama ciascuno con tutto se stesso, si da tutto a ciascuno e vuole che ciascuno si dia tutto a Lui, affinché ognuno lo goda eternamente.

La piena comunicazione tra gli uomini, cioè il loro operante affratellamento, che si traduce in autentica comunione, non può essere realizzata nel segno di ideali astrattistici configurati in ideologie preconcette, ma solo nell'ambito della comunicazione con il Padre comune e come comunione con Lui, per il Figlio e nello Spirito Santo.

La divina elezione a figli di Dio è di per se stessa la massima e, nelle condizioni storiche, l'unica condizione e più ancora l'unico principio perché gli uomini possano « essere » e, perciò con verità, sentirsi fratelli.

E nella prospettiva che tale comunicazione e comunione si attuino pienamente si pone imperiosa l'esigenza che la virtù di religione e la pietà ritornino ad essere di fatto come sono di diritto il fondamento, l'ispirazione e il coronamento di tutta la vita morale dei singoli e delle collettività.

La stessa autonomia dell'uomo automaticamente si celebra nel continuo, libero, filiale riferirsi di esso a Dio, adorandolo e lodandolo in tutto e in ogni cosa.

Nel che appunto è la sostanza dello spirito religioso e la pietà.

Un continuo riferirsi a Dio in virtù della religione e della pietà che furono l'essenza della vita di Cristo, segnatamente del suo sacrificio sulla Croce.

Un continuo « riferirsi » a Dio nella religione e pietà diffuse nel mondo sino alla fine dei tempi dello Spirito Santo che è in noi.

Solo un profondo spirito di religione e di pietà che per l'onore di Dio e per l'amore di Lui, si rivolge a tutto ciò che è di Dio, come realtà naturale e soprannaturale, come passato, presente e futuro - poiché tutto è dono di Dio, o da Dio permesso - può ripristinare la vera « obiettività » nel pensiero e nell'azione e il vero senso dell'altro nella vita di relazione, e ciò in quanto l'« appartenere - a - Dio », il « radicale - riferirsi - a - Dio » costituiscono la comune e universale connotazione dell'« essere » di ogni creatura e dell'universo intero.

Il Fratello Teodoreto volle fin dagli inizi che l'Unione fosse scuola di « verità », di « giustizia » e di « autenticità », volle perciò che fosse basata su un profondo spirito religioso e di pietà diligentemente coltivato con pratiche e iniziative appropriate.

« L'Ordine che sorgerà sia coltivato prima di tutto con la pietà, con la reciproca assistenza e umiltà, con l'attività, la modestia e con grande carità fraterna: in unione a Gesù Crocifisso portare la Croce con gaudio ».

Questo è il primo « detto » di Gesù Crocifisso che riguarda l'Unione; esso risale al 1908 quando i nostri due Servi di Dio ancora non si conoscevano.

« Siano coltivati innanzi tutto con la pietà ».

Ed è quello che avvenne - giova ridirlo - dalla fondazione dell'Unione in poi.

La « scuola » che per lunghi anni Gesù Crocifisso tenne a Fra Leopoldo, e tramite quest'ultimo ai membri dell'Unione, fu in primo luogo scuola di devozione e di consacrazione.

Recenti polemiche hanno contrapposto la carità alla virtù di religione; si e insistito che l'amore e non la religione deve essere la virtù predominante della vita cristiana.

In realtà si è confuso il prevalere di certi aspetti culturali esteriori, di certe pratiche svolte con spirito quasi magico e superstizioso, con il culto costituito dall'offerta religiosa di se stessi nell'offerta di Cristo al Padre, si è confuso - dicevo - l'attaccamento unilaterale alla formula, con la formula fatta alimento di intima e totale devozione, con la « pietas » che inclina al culto filiale di Dio e che per l'onore di Dio propende per un atteggiamento riverenziale e di servizio verso tutto ciò che è di Dio, che Dio rappresenta, che a Dio si riferisce.

In realtà la « pietas » caratterizza l'autentica « charitas » in quanto produce un atteggiamento interiore veramente compreso del valore degli « altri », proprio perché colti nell'ambito del loro rapporto con l'Altro, l'Altro assoluto.

Di quanto s'attenua o scompare la « pietas » di tanto la carità; si affievolisce e si spegne e con essa viene meno la libertà di figli di Dio.

Così fin dai primordi il Fratello Teodoreto avvia e incoraggia i suoi giovani all'orazione più intensa e fervorosa, ai ritiri e agli esercizi spirituali.

Lo spirito religioso che egli infonde loro è soprattutto spirito di adorazione e di riparazione.

Il culto di Gesù Crocifisso, effettuato in unione a « Maria SS. e a tutti gli Angeli e i Beati del Cielo » è la pratica distintiva e fondamentale dell'Unione.

La « divozione » a Gesù Crocifisso ispirata da Gesù medesimo a Fra Leopoldo e da questi diffusa e poi passata ai Fratelli delle Scuole Cristiane, sarà fatta recitare dal Fr. Teodoreto in tutte le adunanze dell'Unione, finché questa sussisterà.

Secondo il Fratello Teodoreto la preghiera pone rimedio a ogni cosa, risolve qualunque difficoltà.

Si prega prima e dopo le principali azioni della giornata, si prega nella buona e nell'avversa sorte, si prega quando tutto scorre facilmente, si prega anche quando è buio e non si scorge il cammino.

Si prega sempre, sempre facendo gravitare tutti i pensieri, e gli affetti attorno alla quotidiana rinnovazione del Sacrificio della Croce e al Sacramento dell'Eucarestia.

Il Fratello Teodoreto è disposto a tollerare molte cose, egli però assolutamente non tollera la mancanza di preghiera, la mancanza di pietà.

Il profondo spirito religioso e di pietà che il Fratello Teodoreto ha voluto fosse come il respiro spirituale dell'Unione si riflette nella stessa denominazione di quest'ultima: Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata.

Non importa se il titolo non sarà giudicato « a la page », non fa nulla se esso sembrerà troppo lungo e quindi inadeguato all'epoca delle sigle e degli slogans: il titolo è un'insegna e un programma e il Fratello Teodoreto vuole anche con esso istillare e ricordare quell'atteggiamento interiore di pietà e di devozione che Iddio esige dai Catechisti.

Il dono della pietà perfeziona la virtù infusa della giustizia e conduce alla beatitudine di coloro che hanno « fame sete di giustizia ».

Il Fatello Teodoreto fu davvero uno dei maestri « che insegnarono a molti la giustizia » e nell'intento di potersi dedicare esclusivamente e totalmente a questo insegnamento si era fatto Fratello delle Scuole Cristiane.

Così per questo sacerdozio di educazione alla giustizia rinunciò al sacerdozio sacramento, a cui invece suo padre lo avrebbe voluto avviare.

Con il culto del Crocifisso il Fatello Teodoreto volle che i Catechisti praticassero altresì il culto della Verità, la quale altro non è se non Gesù Cristo e Gesù Cristo Crocifisso.

Verità nel comportamento, verità nella parola, verità da conoscere e da approfondire, verità da diffondere e da insegnare.

Verità da amare e da far amare.

« Io sono la verità », « io sono la luce del mondo », « quando sarò innalzato da terra trarrò tutti a me ».

Ci fu qualcuno, specie agli inizi dell'Unione, che ebbe il timore che questa intensa vita di pietà potesse in realtà mascherare o fornire una evasione dai concreti problemi della vita.

Altri la giudicavano efficace sì per dei frati in convento, ma eccessiva per dei giovani laici e secolari.

Al contrario, solo nell'orientamento religioso della mente e del cuore il Fratello Teodoreto vedeva l'unica e possibile sorgente di luce affinché le esigenze del tempo e dei compiti di ciascuno si potessero manifestare appieno nei loro aspetti positivi e negativi; solo nell'orientamento religioso egli vedeva la sorgente di energia con cui rispondere secondo Dio ad ogni autentico appello e sventare ogni effettiva insidia.

Non per nulla l'Unione si viene sempre più palesando come un'opera attualissima e pienamente rispondente alle migliori aspettative dei tempi e della Chiesa, così come è accaduto per es. per la Casa di Carità Arti e Mestieri con grande stupore e meraviglia di tutti.

Spirito di fede e spirito di zelo

Nel formare i Catechisti il Fratello Teodoreto attinse più che poté dagli insegnamenti spirituali ed ascetici di S. Giovanni Battista de La Salle e dalla tradizione del suo Istituto.

A ciò lo sospingeva la più disinteressata generosità, l'ardore di partecipare ai suoi Catechisti un sicuro e sperimentato alimento interiore, quello che costituiva il suo stesso prezioso cibo quotidiano.

Nel formare i Catechisti il Fratel Teodoreto non si propose mai nulla che potesse apparire come interessato, sia pure a servizio della sua Congregazione.

Egli volle unicamente aiutare i giovani educati dalla Scuola Cristiana e condurre davvero un'intensa vita cristiana nel mondo.

Se oggi l'Unione costituisce uno sviluppo dell'Istituto dei Fratelli e un provvidenziale potenziamento della Scuola Cristiana, ciò avvenne unicamente nell'intento di far conseguire ai giovani che al Fratel Teodoreto si erano affidati, la piena maturità cristiana.

Fu quindi la sua una « generazione » spirituale.

Ed è nel piano provvidenziale che regge tutte le cose che il simile sia generato dal simile.

Per tale ragione trattandosi di una generazione e non di un reclutamento essa è vita che si comunica e che comunicata si perpetua in forme e responsabilità autonome, è fiaccola trasmessa perché illumini i passi altrui.

Ed è legge di natura che coloro che così vengono « generati », cioè posti nell'essere delle cose dello spirito, ritornino per propria intima persuasione e conquista alla sorgente da cui provengono per difenderla e aiutarla con filiale devozione, per riattingervi nuove ispirazioni approfondendo le rassomiglianze che sono espressione della vita ricevuta e benedetta.

Così per i Catechisti come già per i Fratelli lo spirito religioso nella condizione di laico scaturisce da e si alimento a un profondo spirito di fede di cui il Santo de La Salle fu maestro.

Considerare ogni cosa secondo la fede; compiere ogni cosa con la mira a Dio; riconoscere dalla sua mano tutto ciò che accade.

Anche se questi enunciati sono semplici e piani essi esprimono una estrema fedeltà al Cristo, una ferma volontà di vivere della sua parola in essa e per essa.

I Catechisti debbono camminare nella luce per diventare figli della luce.

Tocca ad essi considerare per esempio come nell'opera redentrice di Gesù tutto è coinvolto e compreso, come tutto il mondo umano è toccato e posto sotto la sua influenza.

Spetta ai Catechisti considerare come ogni umana manifestazione possa inserirsi in tale opera redentrice e ad essa partecipare nella certezza che ogni cosa è stata voluta in Lui e deve essere attuata in vista di Lui, principio e termine della creazione e della redenzione.

È altresì compito dei Catechisti vivere in ogni impresa umana e secolare, sia essa esteriormente grandiosa o modesta, il distacco e il rinnegamento di sé: vivere il dono di sé per attuarlo come un nuovo passo al seguito di Gesù.

Ciò nel pieno rispetto della natura e delle sue legittime esigenze e anche nella sua effettiva e inalienabile vocazione al Cristo.

Se per cultura cristiana si intende una forma comune di vita sociale, un modo di vita che si basa sulla fede cristiana, e se per civiltà cristiana si intende un ordinamento della convivenza e il complesso organico delle peculiari manifestazioni umane in quanto ispirate dalla fede cristiana ( arti, scienze, diritto, tecnica, economia, politica e via dicendo ), la vita dei Catechisti deve risultare tutta un pieno contributo al rinnovamento cristiano della cultura e della civiltà del loro tempo.

Il mondo d'oggi nella crisi profonda che lo travaglia è in attesa di questa rinnovata e rinnovante epifania della fede, di questa nuova sintesi cristiana degli sparsi e frammentari valori tanto faticosamente acquisiti nel caotico alternarsi e intrecciarsi di mirabili conquiste e di rovinose sconfitte.

Il laicismo in cui si assommano tutte le perversioni e le storture provocate da una ormai secolare apostasia nel pensiero e nell'azione, benché dilagante, è oggimai agli estremi e i suoi frutti vengono sempre più rivelandosi fallaci e ingannatori.

Esso non è in grado di esprimere nemmeno la parvenza di quella rinascita alla quale più o meno coscientemente tutti aneliamo.

Solo un potentissimo e rinnovato spirito di fede può ridare all'umana convivenza, alla vita di ciascuno il suo senso autentico, il suo pieno significato, la sua dinamica tensione salvifica.

È da comprendere e vivificare nella fede non solo ogni impresa esteriormente grandiosa e notevole per i suoi effetti immediati e contingenti, ma specialmente la vita anonima, incasellata formicolante dei piccoli e degli umili, la « routine » quotidiana.

Ogni uomo è fatto per l'eroismo della carità e l'eccellenza della santità, tutti hanno bisogno di cielo, di spazi infiniti, tutti sono chiamati alla gloria della vita eterna.

Perciò i Catechisti debbono irradiare Cristo e comunicarlo con l'esempio e la parola.

È l'oggetto precipuo del loro zelo anzi del loro spirito di zelo.

Infatti non si tratta per essi soltanto di qualche atto, di qualche sporadica iniziativa di zelo, ma di una costante profonda e corrispondente ispirazione in questo senso della vita e delle opere.

Pur non trascurando il multiforme aiuto e soccorso materiale al prossimo, anzi pur facendosi in esso più solerti per il fatto stesso di vivere in spirito di povertà uscio a uscio con i poveri, con gli sconosciuti, i Catechisti, poveri e sconosciuti anch'essi debbono soccorrere in primo luogo l'indigenza spirituale, la squallida miseria di chi è senza fede, senza speranza e carità, di chi nulla o quasi nulla conosce della grandezza beatificante di Dio e del suo piano di altissima misericordia.

I Catechisti debbono cioè cooperare alla salvezza totale ed eterna, l'unica completa e definitiva dei loro fratelli.

Debbono adoperarsi affinché questi abbiano in sé il gaudio di Cristo e lo abbiano completo.

In primo luogo ai giovani essi rivolgeranno le loro cure e per amore di essi si prodigheranno nel sacrificio e nelle preghiere.

Il nostro secolo è stato come non mai prima d'ora spettatore di grandiose realizzazioni nel campo sociale.

Nel nome del riscatto sociale dei lavoratori e di quello politico-culturale dei popoli sottosviluppati sono stati attuati profondissimi rivolgimenti, purtroppo spesso in contrapposizione a Cristo e alla sua Chiesa tacciata di oscurantismo e di asservimento.

La « carità » laicista ha preso spesso come il sopravvento sulla carità cristiana di cui in effetti è solo una brutta copia e ha preteso di dimostrarne la infondatezza, la superfluità persino la esiziale influenza.

Il filantropismo agnostico all'appello della salvezza interiore fatta di grazia e di amore, escludendo ogni personale, suprema e perciò eterna destinazione ha posto nel benessere materiale ( per altro fin qui da pochi goduto mentre molti, troppi mancano del necessario per sostentarsi ) ha posto - dicevo - nel benessere materiale e nel solidarismo giuridico la meta a cui non solo indirizzare ma alla quale persino incatenare le masse, tacciando di mera illusione quando non anche di perniciosa superstizione l'anelito a oltrepassare - vincendola - la morte in Dio vita eterna.

Lo zelo dei Catechisti pur contemplando e assecondando ogni forma di debito aiuto fraterno ai bisogni e alle esigenze dei loro simili, si fonda sulla certezza che ogni uomo è fatto per Iddio e solo in Lui può trovare la sua purificazione e giustificazione, la sua rinascita di salvezza, il totale appagamento alle sue più profonde esigenze ed elevate aspirazioni e il soddisfacimento delle sue realtà e concretezze umane.

Nel perseguire questo ideale è prerogativa dei Catechisti riconoscere e avvalorare quanto di buono e di virtuoso è insito nelle imprese umane singole e collettive, quanto negli errori umani può fondatamente essere rintracciato come « anima » di verità, quanto insomma può essere considerato attestazione di buona volontà, vestigio almeno della insopprimibile umana dignità, al fine di incoraggiare e aiutare tutto ciò volgendolo al Cristo Redentore.

L'« Amabilissimo Nostro Signore Gesù Crocifisso »

Gli inizi del regno divino posti dal Magistero di Gesù Cristo furono perfezionati e portati a compimento per mezzo della Croce dello stesso Redentore.

Difatti il Figlio di Dio « immolato divenne causa di salvezza per tutti quelli che gli obbediscono » ( Eb 5,9 ), secondo le profetiche parole « quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me » ( Gv 12,32 ).

Con queste dichiarazioni incomincia il decreto di erezione dell'Unione a Istituto Secolare di diritto diocesano.

S. Em. il Card. Maurilio Fossati, Arcivescovo di Torino, dopo aver ricordato « che tutta la scienza della salvezza cristiana a null'altro mira se non a Cristo e a Cristo Crocifisso » ( 1 Cor 2,2 ), così prosegue: « sappiamo che lo studio per conseguire ed esporre questa scienza divina, studio necessario a chiunque crede in Cristo, è stato intrapreso lungo i secoli da alcuni ordini religiosi come loro particolare incombenza.

Ma poiché perfino queste istituzioni umane invecchiano per la loro propria natura e le loro norme, con l'andar del tempo cadono in disuso, è necessario che le associazioni religiose si sviluppino le une dalle altre.

Perciò il nostro carissimo in Cristo, Fratello Teodoreto Giovanni Garberoglio, membro della Congregazione delle Scuole Cristiane, dopo aver piamente e lungamente meditato, associandosi all'uomo di Dio Frate Leopoldo Maria Musso dell'Ordine dei Frati Minori fondò un'Unione che prese il nome da Gesù Crocifisso e da Maria Immacolata, il cui fine era di rendere culto a Gesù Crocifisso con l'adorazione, e conformarsi a Lui con lo studio della perfezione evangelica e di render note agli altri le glorie della Sua divina carità per mezzo dell'insegnamento catechistico ».

L'Unione in effetti è nata ai piedi di Gesù Crocifisso come portatrice di un nuovo messaggio destinato a richiamare gli uomini alla sublime realtà della croce, affinché essi abbiano attuale memoria dell'infinito amore di Dio tanto tangibilmente dimostrato con il dolorosissimo sacrificio del Calvario, e affinché i loro cuori si destino alla più profonda compunzione, alla più viva gratitudine riparatrice, e specialmente alla piena fiducia e al totale abbandono alla misericordiosissima, incessante e universale irradiazione redentrice del Signore Gesù Crocifisso.

La causa che ha prodotto l'Unione, il modello a cui essa si ispira, la meta a cui tende è Gesù Crocifisso.

Per ciascuno dei membri dell'Unione Gesù Crocifisso, soprattutto nella realtà del Sacrificio e Sacramento eucaristico, deve essere il centro di vita, l'oggetto supremo di tutti i loro desideri e affetti, lo scopo di tutte le loro imprese.

La pia pratica composta da Fra Leopoldo come « eco » del Venerdì Santo, prepara e perpetua gli effetti e gli affetti della Messa e della Comunione quotidiana, caratterizzando i sentimenti religiosi e la devozione dei Catechisti.

Infatti l'Unione è nata da questa « divozione » e di essa l'Unione deve essere la vivente incarnazione.

Il Cristo Crocifisso, mediante la sua divozione vuole che i Catechisti esprimano e insegnino a esprimere ogni sentimento, ogni moto interiore di cui il cuore umano ai piedi della Croce può essere ripieno e soggiogato, comprendendo e riassumendo tali sentimenti nel gaudio esultante, nella ardente dedizione riparatrice significati dall'estatica e magnificante attestazione « Amabilissimo mio Signore Gesù Crocifisso ».

Questo grido dell'anima, Gesù Crocifisso vuole sia ripetuto quale professione introduttiva a ogni tappa del mistico pellegrinaggio alle sue cinque maggiori e santissime Piaghe, fatto « con Maria Santissima e con tutti gli Angeli e i Beati del Cielo ».

Come è rappresentato plasticamente dall'immagine caratteristica della divozione, la vita dei Catechisti è tutta stretta a Gesù Crocifisso, tutta nascosta con Lui in Dio.

Il loro intimo segreto è realtà del tutto nuziale: « rimanete in me e io in voi ».

La sorgente dell'intero loro essere spirituale e apostolico è la costante intimità, il continuo scambio di pensieri e di affetti con Gesù Cristo e Gesù Cristo Crocifisso.

Questo a loro insegnano, sopra ogni altra cosa, gli scritti e la vita di Fra Leopoldo, la vita e gli insegnamenti del Fratello Teodoreto.

Non aveva forse S. Giovanni Battista de La Salle raccomandato ai Fratelli di adoperarsi affinché i loro allievi « pensent souvent a Jésus, leur bon et unique Maitre; qu'ils parlent souvent de Jésus, qu'ils n'aspirent qu'à Jésus, et qu'ils ne respirent que pour Jésus » ( Med. 102 )?

Tale unione al Crocifisso, tale intimità con Lui viene proposta ai Catechisti non solo come meta, ma anche come premessa insostituibile per poter giungere a praticare, con la carità, ogni altra virtù.

Tanta parte dell'angoscia e del senso di isolamento che insidiano l'integrità dell'uomo moderno, non si debbono forse alle frustrazioni a cui le potenze affettive dell'anima sono assoggetate in conseguenza del rifiuto espresso al Cristo Redentore in conseguenza della lontananza da Lui?

E la piena luce sulla nostra esistenza materiata di bene e di male, di gioia e di dolore, di vita e di morte non viene forse soltanto da Gesù Crocifisso?

E il senso e l'esito misterioso della storia e del mondo la cui indagine è particolarmente acuta nell'odierna mentalità apocalittica, non sono forse manifesti in Cristo Gesù?

L'uomo di sempre, ma specialmente l'uomo di oggi ha bisogno di sapersi, di sentirsi amato tutt'intero nella sua singolarità e concretezza, nella sua grandezza e miseria, amato come nessun cuore umano può amare, come neppure egli stesso può amarsi.

L'uomo di oggi abbisogna di un amore che prima di lui lo abbia voluto, che alla radice di lui lo faccia esistere, che oltre a lui sia il suo definitivo approdo, il suo sicuro e intramontabile futuro.

Un amore che conosca la sua fatica e il suo travaglio, che sappia di tutti i suoi problemi e speranze - fugaci e contingenti quanto si vuole, ma proprio suoi - che possa volgere in modo costruttivo le sue stesse colpe e manchevolezze, che possa trasfigurare come magnanima ed eroica una vita piccola e meschina, ma pure necessaria e inevitabile, un amore voglio dire in cui potersi rifugiare e rigenerare, un amore cui potersi affidare e abbandonare nella riscoperta totale di se stesso.

Di tutto ciò ha bisogno l'uomo contemporaneo, ma in modo che ciò non gli appaia egoistica pretesa o pusillanime debolezza.

Insomma l'uomo ha bisogno di un amore che sia l'Amore, un amore umanissimo perché divino e divino perché umanissimo: proprio l'amore misericordioso che indubitatamente e inoppugnabilmente ci esprime e ci comunica il mistero della Croce.

I Catechisti debbono altresì considerare come la salutare influenza del Crocifisso tocca principalmente ogni uomo e per esso, nell'umanità di Cristo, s'irradia in tutte le attività, realizzazioni e vicende umane, sino a influire sull'intera realtà cosmica, realtà d'altronde creata in vista del Cristo nonché compresa nella natura dell'uomo e nell'opera di questi coinvolta.

I Catechisti debbono riflettere come tutto è stato assoggettato dal peccato anche il mondo delle cose, e come tutto è redento in radice dal sacrificio di Gesù, mentre ogni creatura ancora geme nell'attesa della rivelazione dei figli di Dio ( Rm 8,18-23 ).

I Catechisti perciò, quali membra vive del Cristo Redentore e a Lui consacrati, debbono cooperare nel mondo secolare e civile, nella storia dell'uomo, mediante ogni cosa e impresa del mondo e con l'annuncio dell'esempio e della parola, a rendere vitale questa universale attesa di Lui.

Mentre tutto attuandosi e svolgendosi declina e muore, i Catechisti debbono suscitare ovunque la indefettibile speranza, e cooperare con Gesù Crocifisso l'universale rinnovamento, la virtuale trasposizione redintegrativa di tutto ciò che è buono e onesto nella pienezza radiosa e incorruttibile « dei nuovi cieli e della nuova terra » dove Dio sarà tutto in tutti.

I Catechisti hanno come obiettivo di vivere nel mondo in unione al Cristo Redentore affinché in essi e con essi Egli sia presente in ogni ambiente e assuma, redimendola, ogni condizione sociale, affinché per mezzo delle loro stesse mani Gesù possa toccare e attuare volgendola a se medesimo e farla sua ogni onesta e legittima impresa e attività secolare.

I catechisti vivono nel mondo in unione al Cristo Redentore affinché per mezzo del loro cuore Egli possa amare e tramite il loro esempio, i loro travagli e la loro parola Egli possa sanare ogni fratello che essi avranno la ventura di frequentare e di incontrare per via.

Il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione in Cristo è realtà sostanzialmente onnicomprensiva.

Questo mistero si continua col Cristo e per il Cristo sino al suo pieno compimento nei cristiani di tutti i tempi, cristiani in cui Gesù in modo definitivo tutto assume e riassume in Lui, attraverso la sua divina epopea di redenzione, a gloria del Padre.

Orbene, è dunque compito precipuo dei Catechisti nella loro veste di laici consacrati nel mondo, di vivere e rendere manifesta nelle secolari attività familiari professionali culturali e sociali, la volontà del Padre di « riconciliare tutte le cose, rappacificando, mediante il sangue della Croce di Cristo, e le cose della terra e le cose del cielo » ( Col 1,20 ) e di « riunire, nell'ordinata pienezza dei tempi, in Lui tutte le cose » ( Ef 1,10 ).

Così nelle multiformi e molteplici attività e vicende umane e secolari, i Catechisti sempre agiranno annunciando e attuando la parola del Signore, parola con cui Egli proclama la sua regalità, il suo impero, il suo primato su tutte le creature.

« Io sono alfa e omega, primo e ultimo, principio e fine » ( Ap 22,13 ).

« Quando sarò levato da terra trarrò tutto a me » ( Gv 12,32 ).

La Vergine Immacolata

Il Fratello Teodoreto volle che con Gesù Crocifisso, la Vergine Immacolata fosse per i Catechisti l'altro ideale della loro consacrazione e del loro apostolato.

I reiterati interventi anche straordinari della Vergine a favore dell'Unione, la protezione con cui Ella preparò e assecondò la nascita e gli sviluppi dell'Istituto che volle a Lei pure consacrato, suggerirono ai Catechisti di riconoscerla loro Madre e Patrona a un titolo tutto speciale.

« Io sono la potente Patrona del grande Ordine; il tuo spirito e il mio saranno in continuo lavoro per dimostrare a tutto il mondo la grande Misericordia del mio Signore e la gloria di Dio Altissimo ».

Nella Vergine Immacolata i membri dell'Unione ( Catechisti in mezzo al mondo ), contemplano il capolavoro della Redenzione, il supremo ideale dell'umanità redenta.

La visione del calvario, visione ad un tempo di peccato e di morte, di sangue espiatore e d'amore vivificante, rimanda trasfigurandosi alla visione di purezza e di grazia della Immacolata Concezione.

Per i Catechisti l'« Umanesimo cristiano », quello che nasce dalla Croce, ravvisa in Maria Immacolata il suo fulgente modello, così come riscopre nella Regina Assunta il suo più alto e definitivo compimento.

È cura assidua dei Catechisti rintracciare e restaurare i lineamenti della Vergine Immacolata nel volto interiore del loro prossimo, conformare al Suo Cuore castissimo e verginale i loro affetti anche terreni, configurare ovunque - negli uffici, nelle fabbriche, nelle case e nelle strade del mondo - il loro operato secondo il « fiat » immacolato di Lei, assecondare in tutto la sua materna azione sovrabbondante di grazia a favore degli uomini.

Inoltre i Catechisti considerano in modo particolare l'Immacolata come la gloriosa Madre dell'umanità redenta.

Essi debbono dunque scoprire e ritrovare Gesù in Maria, e ricevere Gesù da Maria, seguendo in ciò anche gli insegnamenti del Santo de La Salle: « C'est par vous, o incomparable Vierge, que ce Dieu d'amour et de miséricorde est venu a nous pour nous sauver; c'est en vous qu'Il s'est fait enfant de l'homme, aussi véritablement qu'Il est de toute eternile Fils de Dieu; c'est en vous qu'Il nous a meritò d'otre adoptés de Dieu son Pére pour ses enfants; et nous espérons de recevoir par votre intercession auprès de votre très cher Fils l'effet de cette gràce et l'esprit d'enfants de Dieu.

Nous vous prions de nous l'obtenir, par l'amour dont vous aimez ce Dieu d'amour comme votre vrai Fils, et par l'amour dont il vous aime comme sa vraie Mère » ( M.O. 79 ).

L'ufficio dei Catechisti è di conoscere e far conoscere come Maria Madre di Dio è nel contempo Madre di tutti noi.

Una maternità, quella dell'Immacolata, che opera incessantemente a generare la Chiesa, popolo di Dio, nel suo insieme e in ciascuna delle sue membra.

Una maternità infinitamente compartecipe delle miserie umane e rispettosissima della dignità dell'uomo.

Una maternità, quella della Regina Immacolata e Assunta, che ha riguardo anche per le cose del corpo, per le minute e anche celate necessità quotidiane.

Un cuore ed un amore di Madre assai più perfetti di quelli, pur grandi, di tutte le madri terrene.

Una maternità, quella di Maria, in cui pienamente si riflette e si estrinseca la suprema « maternità » che è Dio.

Madre di Dio, l'Immacolata rivela nel modo più efficace e toccante che da Dio solo prende nome insieme a ogni « paternità » anche ogni « maternità ».

La dimensione e l'azione materna di Maria avvolgono e permeano il mondo intero, accarezzano ogni cuore umano per fecondarlo di speranza e di amore.

Solo la scoperta e l'accettazione dell'azione soccorritrice e rigeneratrice di Maria salverà il mondo.

L'uomo moderno più o meno confusamente e rettamente lo avverte, lo sente nel bisogno più o meno conscio e più o meno retto che egli ha di una madre, anzi della Madre.

Che un nuovo grandioso trionfo di Maria, Madre di Dio e Madre nostra, possa restituire il mondo a Dio e i fratelli separati all'unica Casa del Padre.

Alla luce di questi ideali, i Catechisti debbono interamente dedicarsi a Maria, affinché il fulgore della Sua immacolatezza e il senso della Sua maternità penetrino e fermentino, convenientemente correggendole e trasfigurandole, le tipiche realizzazioni del tempo attuale.

Spiritualità catechistica

I temi e i contenuti peculiari che specificano la ricerca della perfezione cristiana nel mondo e l'apostolato dei soci dell'Unione, ricevono dalla qualificazione « catechistica » il loro comune denominatore.

I membri dell'Unione sono infatti « catechisti » non solo per qualche loro attività, bensì perché appartenenti a uno stato di vita che esige da essi, congregati e associati, un atteggiamento interiore, un'attitudine mentale, un intento dominante e uno stile di vita essenzialmente « catechistici ».

Secondo l'etimologia del termine e la sua antichissima tradizione, « catechizzare » è « riecheggiare » il messaggio di Cristo, in forme dialogate costituite da domande essenziali circa la fede e la vita cristiana e da risposte pertinenti e definitorie.

Tutto però spiegato nei suoi termini e nel suo insieme continuamente riferito alla Sacra Scrittura e alla tradizione proposte magistralmente dalla Chiesa.

Benché essenzialmente « annunciato » il catechismo deve sollecitare quanto più è possibile la penetrazione intellettuale, la capacità raziocinante, lo spirito d'osservazione, la fantasia creatrice, e anche le potenze affettive e volitive dell'anima, ciò in quanto è tutto l'uomo che deve attivamente « ricevere » i divini insegnamenti e ad essi assentire e consentire con la coerenza della sua vita.

« Catechizzare » è altresì il primo spezzare e distribuire il pane della verità cristiana.

Ogni studio e sviluppo ulteriore è quindi basato su questa prima alimentazione spirituale, su questo primo contatto con il Cristo, alimentazione e contatto che essendo fondamentali debbono essere sostanziosi e profondamente orientativi.

« Catechizzare » è anche « volgarizzare » nel senso più devoto, cioè diffondere il più estesamente e partecipare a tutti, incominciando dai fanciulli, adattandosi alla condizione e ai bisogni di singoli individui o di piccoli gruppi omogenei.

Catechizzare non è perciò un insegnare con autorità di maestro poiché è funzione subordinata e « riecheggiamento », ma dev'essere insegnamento magistrale in quanto arte del comunicare.

La fecondità dell'insegnamento catechistico, oltreché sulle attitudini di chi ascolta, si basa essenzialmente sulle disposizioni soggettive di chi catechizza: sulla sua abnegazione e santità di vita, sulla sua capacità di adeguare e proporzionare alle capacità psicologiche e spirituali di chi ascolta ciò che egli ben conoscendo, deve comunicare.

Anzi, il catechista deve cooperare con Gesù Redentore e Maestro a preparare una recezione non solo integra e retta della divina Verità, ma altresì efficace, cioè avvalorata dalla coerenza della vita.

È evidente perciò, che il catechista non può limitarsi a una comunicazione di idee, ma altresì a una comunicazione di vita; anzi, a ben vedere, nei modi e nelle forme sue proprie egli annuncia e comunica Cristo.

Così è indispensabile che il catechista possegga il Signore nella grazia e nella carità, nella fede viva e perciò vivificante.

Per questo non può esistere per il catechista opposizione irriducibile tra la ricerca della perfezione e l'apostolato catechistico; vita interiore e apostolato non sono che due momenti di un unico processo con cui illuminando e santificando se stesso il catechista concorre a illuminare e santificare il suo prossimo, e l'azione a favore del prossimo, mentre esige il personale perfezionamento, si traduce in esso.

Naturalmente tutto ciò vale anche per gli altri compiti del catechista, quelli familiari, professionali e sociali, che per giunta debbono essere attuati « catechisticamente », cioè come viventi esempi e illustrazioni della verità e della vita cristiana.

Perciò per i membri dell'Unione, come per i Fratelli, vale l'insegnamento di S. Giovanni Battista de La Salle: « Ne faites point de différence entre les affaires propres de votre état et l'affaire de votre salut et de votre perfection.

Assurez-vous que vous ne ferez jamais mieux votre salut et n'acquerrez jamais tant de perfection, qu'en vous acquittant bien des devoirs de votre état, pourvu que vous le fassiez en vue de l'ordre de Dieu » ( M. 181 ).

Nel senso che abbiamo spiegato il catechista riecheggia nel mondo il messaggio del Vangelo proposto a credere dalla Chiesa.

La sua posizione perciò è di tramite e di collegamento tra la Chiesa docente e i semplici fedeli, e di servizio nei riguardi del clero nelle parrocchie.

Il catechista nella sua funzione di servizio, di tramite e di divulgatore è propriamente un « mandato » della Chiesa, per concorrere a edificare la Chiesa sua Madre.

Egli è « mandato » non solo per le incombenze di esplicito e diretto insegnamento che gli verranno affidate, ma è « mandato » anche per quella connotazione e rilevanza catechistica che egli dovrà imprimere alla sua attività di laico e di secolare.

In quanto « mandato » egli deve rispondere alla Chiesa del suo operato e ad essa sottomettersi interamente.

Un altro aspetto saliente dell'apostolato catechistico dei mèmbri dell'Unione è l'aspetto sociale.

L'apostolato catechistico dell'Unione è sociale in quanto fondamentalmente rivolto a sviluppare la Chiesa, incrementandone la socialità ecclesiale ed ecclesiastica di soprannaturale comunità visibile e gerarchicamente strutturata.

Tale apostolato comprende anche lo sviluppo della socialità naturale e terrena, in quanto condizione ed espressione di pienezza umana e di vita virtuosa.

Il fine sociale dell'apostolato dell'Unione non può andar disgiunto da quello catechistico, poiché con questo i catechisti debbono illuminare e guidare quello.

Così come il suo apostolato strettamente catechistico non può andar disgiunto da quello sociale, in quanto il secondo prepara il primo, e il primo si espande nel secondo come sua efficace dimostrazione operante, come aiuto a tutto impiegare e operare per conoscere, amare e servire Iddio, come risposta all'appello verso Cristo Redentore e Re, principio e termine di ogni cosa e specialmente di ogni impresa umana, come aiuto fraterno che dispone alla capacità di ascoltare e di comprendere.

Il suo apostolato è catechistico - sociale, poiché in fondo tutto si risolve e si celebra nel rapporto che gli uomini hanno con Dio, e fra di essi in Dio, rapporti che debbono essere regolati secondo Dio, che è Giustizia e Carità sussistenti.

Catechistico - sociale in quanto la rettitudine della multiforme vita di relazione impone l'esercizio dispiegato di ogni virtù umana e cristiana, in vista di quella pienezza di comunicazione e di unione per cui Cristo ha elevato l'ultima sua preghiera di vittima e di sacerdote.

« Che tutti siano una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, e io in te » ( Gv 17,21 ).

La spiritualità catechistica, cioè la ispirazione che costantemente deve informare il pensiero, il sentimento, il tendere, l'opera dei Catechisti, deriva da ciò che essi debbono essere davanti a Dio e davanti agli uomini.

In quanto « riecheggiatori » della Parola, in quanto cooperatori della giustizia e dell'amore tra gli uomini, essi devono avere un costante esercizio di fede, di umiltà e di zelo.

Tutto in loro deve farsi trasparenza e consonanza evangelica nell'esempio prima e nella parola poi.

Tutto deve farsi abnegazione caritatevole nella ricerca e nell'adeguamento costante al loro prossimo, ricerca e adeguamento che li portano a condividere ansie, dolori, bisogni, speranze di coloro che la Provvidenza pone sul loro cammino.

Tutto deve farsi umiltà e servizio alle dipendenze dei sacerdoti, in appoggio alle scuole cristiane, a disposizione della gioventù.

Conseguire la verità della fede, approfondire il contenuto delle fede, contemplare ogni cosa nella fede, ammaestrare a vivere di fede secondo la fede, sono le operazioni che assorbono tutte le loro energie mentali, che guidano e illuminano tutte le loro esperienze, segnatamente quelle di laici e di secolari.

Anche per questa ragione, oltreché per riconsacrare a Dio, per il Cristo, il mondo e le realtà terrene, i catechisti rimangono laici e secolari.

Ogni lecita e legittima parola umana deve essere pronunciata, ogni umana esperienza deve essere affrontata per illustrare e comunicare il Cristo, e deve incastonarsi e operare nel piano di misericordia e di salvezza universale che in Lui s'incastra e in forza di Lui si opera.

E ciò senza indebite strumentazioni e ingiustificate forzature, poiché è delle parole alludere e riferirsi nel Cristo alla Parola, è di ogni vivere e di ogni conoscere riferirsi a chi è la stessa Vita sussistente, la stessa Sapienza infinita.

Spiritualità di unione e di carità fraterna

Sparsi in tutto il mondo, diffusi un po' dovunque, mescolati con la massa dei semplici fedeli, i Catechisti debbono essere un cuore solo, un'anima sola.

« I figli della pia Unione devono essere un gruppo solo unito con me Gesù Crocifisso.

Fossero pure in tutte le città del mondo, debbono formare uno spirito solo, vivere solo in Dio ».

I Catechisti sono tenuti al più intenso amore fraterno nelle prove e nelle avversità, nella vicendevole sottomissione e nel mutuo servizio, nella preghiera, nella reciproca edificazione, nella fedeltà alle chiamate di Gesù Crocifisso.

All'interno dell'Unione, e nell'apostolato esteriore, nella ricerca della perfezione e nelle attività catechistiche e sociali, ovunque si trovino e operino i Catechisti debbono costituire di fatto quello che nell'insegna definisce il loro Istituto, cioè una « unione » di carità fraterna in Gesù Crocifisso e in Maria Immacolata.

Compito tutt'altro che facile, specialmente date le condizioni di vita dei catechisti.

Essi vivono infatti normalmente nel loro ambiente di sempre, continuano ad essere sottoposti a superiori civili e secolari nell'assolvimento di compiti i più disparati.

Su di loro si esercitano nel modo più scoperto le influenze e le suggestioni del secolo, comprese le mode culturali, le abitudini inveterate, i pregiudizi correnti.

Spesso nessun bisogno li lega al loro Istituto, fuorché la ricerca della divina volontà.

Come se non bastasse essi appartengono e possono appartenere a condizioni sociali assai disparate, a popoli e a paesi di razze, tradizioni, costumi diversi: tradizioni e costumi che essi per altro debbono sostenere in quello che hanno di verità e di bene.

Per coloro che fra essi, disgraziatamente, decidessero di abbandonare la via per cui Dio li chiama, non ci sono complicazioni materiali, non c'è il dramma di un reinserimento nel secolo: tutto si risolve in un voltar di schiena interiore, rinunciando all'apostolato catechistico: il resto, in superficie almeno, rimane come prima.

Rimanendo in famiglia, pur trovando in essa un importante campo di abnegazione e di apostolato, possono altresì incontrarvi le insidie più pericolose per la loro generosa dedizione a Dio e alle anime, possono trovarvi insinuanti allettamenti corrosivi della loro fedeltà e ubbidienza, corrosivi pure della loro solidarietà fraterna con gli altri membri dell'Unione.

Eppure al di sopra di tutti questi condizionamenti essi debbono formare - giova ripeterlo - un cuor solo e un'anima sola, il che è possibile solo in virtù della carità fraterna, la più ardente.

Negli scritti di Fra Leopoldo, che già a questo proposito ho ricordato, ci sono delle insistenze e delle raccomandazioni e persino delle gravi minacce di castighi, perché tutto tra i catechisti sia improntato alla carità fraterna e conduca alla più stretta e fraterna unione.

« L'Ordine che sorgerà, sia coltivato prima di tutto … con la reciproca assistenza … e grande carità fraterna ».

È sorprendente notare come già nella prima predizione circa l'Unione, nel lontano 1908, il Crocifisso raccomandasse l'aiuto e l'amore vicendevole come basilari per la formazione di quelli che sarebbero stati i futuri catechisti.

Il Fratello Teodoreto da parte sua, se ebbe talvolta a dimostrarsi profondamente addolorato, fu sempre in fatto di mancanza di carità fraterna.

La quale carità tanto gli stava a cuore, che compose una preghiera affinché i catechisti implorassero la carità fraterna, ogni giorno, dal Crocifisso.

D'altra parte, l'amore fraterno più puro e fattivo che li deve stringere indissolubilmente, non potrà non costituire l'esempio più convincente ed edificante che i Catechisti debbono dare al mondo.

Solo l'amore, quello che ci viene dal Cristo, può superare ogni difficoltà, abbattere ogni ostacolo, appianare ogni sentiero sulla via del ritorno a Dio.

Gli uomini a tutto possono resistere, non all'amore però, a meno che non siano irrimediabilmente perversi e ostinatamente malvagi.

La profonda e per certi aspetti inesplicabile commozione succeduta alla morte di Papa Giovanni XXIII, commozione che ha scosso il mondo, che ha fatto piangere più di un ateo e di un miscredente, trova principalmente nell'amore la sua autentica spiegazione.

Ai Catechisti dunque di cercarsi e conoscersi in Gesù Crocifisso, di aiutarsi per amore di Lui.

Domenico Conti