L'anno della fede

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Quest'anno la Chiesa celebra il 19° centenario del martirio dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, e il Sommo Pontefice Paolo VI, con lettera in data 22 febbraio 1967 diretta a tutto l'Episcopato cattolico, ne ha indetto la celebrazione e ne ha fissato la caratteristica proclamandolo anno della fede.

Veramente la data del martirio dei due Apostoli non si può fissare con assoluta certezza, ma la tradizione si è orientata verso l'anno 67 in cui infierì la persecuzione di Nerone.

La liturgia poi ha riunito i due Apostoli in un'unica celebrazione al 29 giugno e perciò il Santo Padre ha fissato l'anno della fede dal 29 giugno 1967 al 29 giugno 1968.

Il papa rileva che con l'educazione moderna al senso della storia è invalso l'uso generale « di commemorare persone e fatti che segnarono impronta di sé nel corso del tempo » col vantaggio di comprenderli e valutarli, a distanza di tempo, meglio degli stessi contemporanei.

È quindi opportuno, anzi doveroso da parte nostra celebrare coloro che con inauditi sacrifici e con il suggello del proprio sangue ci hanno portato la fede, cioè il patrimonio senza confronto più prezioso della nostra civiltà e di ciascuno di noi, che hanno diffuso il Vangelo da Roma in tutto il mondo, dando un nuovo volto all'occidente e iniziando la civiltà cristiana.

Quale altro fatto storico si può paragonare a questo e per la sua intrinseca importanza e per le sue benefiche ripercussioni in ogni aspetto dell'attività umana?

Chi può esprimere adeguatamente la grandezza di questo dono che ha per eredità la vita eterna?

Chi può misurare i vantaggi della fede cristiana e i suoi benefici influssi anche solo nell'ordine temporale e nei costumi degli uomini?

La cattedra di Pietro, stabilita a Roma diciannove secoli or sono, fu davvero la cattedra della verità, il criterio della giustizia, il richiamo perenne ai destini eterni.

Tuttavia diciannove secoli non furono sufficienti per diffondere la verità cristiana in tutto il mondo, che gran parte di esso giace ancora nelle tenebre e nelle ombre di morte; anzi, neppure a permeare perfettamente dello spirito di Cristo la stessa società cristiana, sebbene ogni secolo abbia portato il suo contributo alla conoscenza del pensiero di Gesù e alla sua realizzazione nella vita individuale e sociale.

Ogni generazione, ogni creatura umana, pur ereditando le conquiste del passato, vuole assumersi le proprie responsabilità e fare della propria fede il frutto di convinzioni personali.

Una verità importante è stata affermata dal Concilio: la fede è una conquista personale e non più un patrimonio ereditario.

Ogni tempo ha le sue difficoltà e i suoi errori da vincere.

Ciascuno ha diritto al rispetto delle sue sincere convinzioni e i cristiani devono guardare alle altre religioni e alla altrui mentalità con molta comprensione, perché Dio solo vede l'interno e giudica; ma appunto per questo hanno bisogno di una fede illuminata, forte e coerente, per essere davvero la città situata sopra il monte.

Le inaudite conquiste della scienza e della tecnica che hanno caratterizzato quest'ultimo periodo della storia umana, hanno forse dato all'uomo di oggi la sensazione che nulla gli possa essere ignoto, nulla impossibile, quantunque la fame, le malattie, le guerre, le ingiustizie e ogni genere di calamità affliggano la terra in proporzioni paurose, e le umane invenzioni servano prevalentemente per uccidere.

Il benessere economico raggiunto nel secolo XX dai paesi occidentali, che non ha alcun riscontro nel passato, ha forse attutito il senso religioso della vita; forse il culto della democrazia ha scosso il principio di autorità e ha rimesso in discussione anche le verità più certe.

Non intendiamo dare un giudizio su questi problemi troppo ampi e complessi.

Ci limitiamo a osservare che l'ateismo di stato, imposto ufficialmente a tutti i sudditi, con le inevitabili persecuzioni che ne derivano, è un prodotto caratteristico dei nostri tempi ed ha assunto un'ampiezza impressionante, inquinando anche gli stati democratici.

La scissione del cristianesimo nelle varie sette è una jattura che abbiamo ereditato dal passato, che ci pesa e ci inceppa.

L'indifferenza religiosa, o comunque la tiepidezza della vita cristiana è retaggio della gran massa.

Gli errori che circolano in materia di fede, mettendo in dubbio o negando verità certissime sono veramente tali che secondo l'espressione di Paolo VI « stupiscono e addolorano ».

Di fronte a questo scuro panorama è quanto mai necessario e opportuno richiamare tutti, e principalmente coloro che hanno più vivo il senso di Cristo, all'ortodossia della fede, alla franca professione della fede, alla coerenza della vita con la propria fede.

Il papa insiste: « fraternamente esortiamo voi tutti, Venerati Fratelli nell'Episcopato, a voler illustrare con la parola, a voler onorare con particolari solennità religiose, a voler soprattutto recitare solennemente e ripetutamente con i vostri Sacerdoti, e con i vostri Fedeli il « Credo » in una o in altra delle formule in uso nella preghiera cattolica.

Ci piacerà sapere che il « Credo » è stato recitato espressamente ad onore dei Santi Pietro e Paolo, in ogni Cattedrale, presenti il Vescovo, il Presbitero, gli Alunni dei Seminari, i Laici cattolici militanti per il Regno di Cristo, i Religiosi e le Religiose, e quanto più numerosa possibile la santa assemblea dei Fedeli.

Analogamente faccia ogni Parrocchia per la propria comunità; e parimenti ogni Casa religiosa.

Così suggeriamo che tale professione di fede sia, in un giorno stabilito, emessa in ogni singola casa ove dimori una famiglia cristiana, in ogni associazione cattolica, in ogni ospedale cattolico e in ogni luogo di culto, in ogni ambiente e in ogni riunione, ove la voce della fede possa esprimere e rinfrancare adesione sincera alla comune vocazione cristiana.

Noi rivolgiamo una particolare esortazione agli studiosi della Sacra Scrittura e della Teologia, affinché vogliano contribuire col magistero gerarchico della Chiesa a preservare la vera fede da ogni errore, ad approfondirne le insondabili profondità, a spiegarne rettamente il contenuto, a proporne i sani criteri di studio e di divulgazione.

Similmente diciamo ai Predicatori, ai Maestri di religione, ai Catechisti ».

La visione vera della realtà e dei destini umani viene solo dalla fede, che ci fa partecipi del pensiero di Dio.

E non è sufficiente una fede generica ed astratta, bensì occorre un'adesione di tutta l'anima alla verità rivelata, che diventi criterio di valutazione delle cose e principio delle azioni, anche minime, come insegnava S. Giov. Battista de La Salle.

« Il giusto vive di fede » perché senza fede non c'è giustizia, essendo la fede appunto quella che giustifica l'uomo, e perché il criterio della fede è quello che da un senso alla vita e la dirige in ogni cosa con estrema coerenza.

Il cristiano che vive di fede diventa realmente sale della terra e luce del mondo e non più oggetto di scandalo per i seguaci delle altre religioni, che prendono molto sul serio il loro patrimonio religioso.

Il rispetto umano è più che mai inammissibile oggi, come pure una religione di superficie.

Il problema religioso è il massimo problema dell'uomo, che oltrepassa il contingente e da alla vita il suo vero senso, agganciandola all'assoluto, ed è stato dominante in tutti i tempi e presso tutti i popoli.

Anche oggi esso è vivissimo e ne è riprova da un lato l'insoddisfazione e il disorientamento generale di coloro che, distratti dal vortice della vita moderna, lo hanno trascurato, e dall'altra la persecuzione religiosa, subdola presso le democrazie, e violenta nei paesi totalitari.

L'anno della fede indetto dal papa è una felicissima iniziativa, certamente ispirata da Dio e destinata a ringiovanire e rinvigorire in molti la vita religiosa.

Auguriamoci e preghiamo Dio che esso venga preso sul serio da tutti e che si diffonda quello spirito di fede che il Fr. Teodoreto ha incarnato così perfettamente nella sua vita e ha trasmesso a tutti i membri della sua Unione Catechisti.