Corso di formazione per sposi

B175-A2

( seguito: v. Bollettino N. 1/1970 )

Il Sacerdozio ministeriale e il Sacerdozio comune dei fedeli sposi o genitori

Il matrimonio è uno dei punti più caratteristici del sacerdozio dei fedeli nel senso che, secondo l'opinione comune, gli sposi sono i veri ministri del matrimonio e quindi strumenti realizzatori del sorgere della grazia in ambedue.

Possiamo spingere un po' più a fondo questa sacerdotalità nuziale?

« Noi sappiamo che il sacerdozio trova la sua espressione più alta nel sacrificio: ed è per questo che gli atti del sacerdozio dei fedeli sono presentati da S. Pietro « offerta di sacrifici spirituali, graditi a Dio ».

Ora, c'è questo aspetto di sacrificio nel matrimonio?

S. Tommaso si è posto questo problema in questa forma: I Sacramenti sono efficaci in virtù della Passione di Cristo.

Ma evidentemente il Sacramento del matrimonio non rappresenta la Passione di Cristo.

Essa è dolorosa, mentre il matrimonio è uno stato di vita che ha le sue gioie.

S. Tommaso accetta questa premessa: il matrimonio ha le sue gioie; però ribadisce che il matrimonio deve essere animato da un amore di sacrificio « come l'amore ha spinto Cristo a morire per la sua Chiesa » ( Sup. 42, I, 3m ).

Il sacrificio a cui si riferisce ogni sacerdozio, non entra nel sacerdozio coniugale nel senso di tutti gli altri modi del sacerdozio comune in cui tutti sono invitati a fare il dono di se stessi, ma ad un livello più profondo.

Come l'unione di Cristo con la Chiesa si è realizzata nel darsi di Cristo per la sua Chiesa, così il vero matrimonio cristiano nella sua intima struttura si presenta come sacrificio di se stesso in vista dell'altro coniuge per cui si realizza quell'unione feconda che poi si dilaterà nei figli.

Da questo si vede come ogni concezione edonistica venga radicalmente eliminata non per una fobia della gioia, ma in quanto là resurrezione segue alla Croce e la gioia, come dice il Signore, segue alle sofferenze della generazione.

Questo sembra capitale: che il vero amore coniugale cristiano si colloca come partecipazione dell'amore sacrificale con cui Cristo ha amato la Chiesa.

E questo mi sembra importante:

1) che questo amore è nella linea di un atto sacerdotale;

2) che le parole del Signore: « prendi la tua Croce » si configurano nella vita familiare come un prendere non solo la propria Croce, ma come Cristo ha portato la sua Croce per noi, volendo che la Chiesa porti la Croce con Lui, così nella vita di famiglia autenticamente cristiana i coniugi portino la propria croce gli uni con gli altri.

E questo non per il dovere comune a tutti i cristiani « godere con chi gode, piangere con chi piange » ma proprio come particolare esigenza dello stato di vita familiare.

Ma qual è il piano particolare di incontro tra i coniugi cristiani ed il Sacerdote?

In modo che la famiglia cristiana conservi una certa sua autonomia, ( non assoluta ma relativa: i coniugi non sono annullati dal sacerdote ma potenziati nel conservare le proprie responsabilità ).

Il punto di incontro è, credo, triplice: sul piano profetico, regale, sacerdotale.

Profetismo nella famiglia

È da premettere che la parola « profeta » non è da intendersi nel senso di colui che annuncia il futuro.

Noi Io usiamo nel senso biblico in cui il profeta annuncia « anche » il futuro ma specialmente è colui che annuncia il piano di salvezza che c'è in Dio.

Dice il Concilio: « Cristo, il grande Profeta, il quale e con la testimonianza della vita e con la forza della parola ha proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico … non solo per mezzo della Gerarchia, la quale insegna in nome e con la potestà di Lui, ma anche per mezzo dei laici che perciò costituisce suoi testimoni … perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale …

Questa evangelizzazione o annuncio di Cristo, fatto con la testimonianza della vita e con la parola acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo » ( L. G., n. 35 ).

Innanzi tutto, annunciare Cristo ed il suo Vangelo in nome e con l'autorità di Cristo, spetta al sacerdozio ministeriale.

E questo è fondamentale.

Molte discussioni sorte a proposito dell'« Humanae vitae » sulla « paternità responsabile » possono essere risolte positivamente solo ricordando questo principio.

Come i buoni cristiani - laici e sacerdoti - hanno un direttore spirituale, così sarebbe bene che le famiglie cristiane avessero il loro direttore spirituale che porti loro la voce autentica della Chiesa.

Il profetismo della famiglia cristiana - come qualunque profetismo - non può essere autonomo ma in qualche modo dev'essere « mediato » dall'azione della Gerarchia se vuole essere autentico.

Quindi, anche da questo punto di vista il sacerdozio ministeriale ha una funzione di « promozione » rispetto alla funzione profetica laicale.

Ma c'è un punto su cui - credo - convergono i due tipi di sacerdozio.

Il Concilio ricorda che il fatto di vivere nel - secolo conferisce all'annuncio profetico della famiglia una sua nota caratteristica e una sua particolare efficacia.

I Sacerdoti sono, volere o non volere, in qualche modo segregati per il Vangelo, non per rimanere separati, ma per consacrarsi interamente alla loro vocazione ( P.O., n. 3 ).

È un tema scottante ma non si può insistere esclusivamente sul fatto che i Sacerdoti non debbono essere separati, fino al punto da dimenticare che debbono essere « segregati »; la nota della « secolarità » è attribuita dal Concilio ai laici.

Quindi: da una parte là famiglia cristiana deve essere in contatto con questi « segregati per il Vangelo » per ricevere da loro quell'insegnamento che essa deve concretizzare e vivere nella propria esistenza secolare.

Qui si apre il vasto campo di un dialogo tra Sacerdoti e fedeli per fare in modo che il Vangelo possa essere calato « autenticamente » ( e bisogna insistere su questo: autenticamente.

Il che implica che il giudizio ultimo spetta alla Gerarchia ) nella vita quotidiana.

Il fatto che ai Sacerdoti è stato affidato il Vangelo da presentare in forma autentica ed autoritativa, non implica che essi possano conoscere tutte le concrete esigenze di vita.

D'altra parte, c'è da tener presente che la famiglia cristiana deve presentare al Sacerdote l'esigenza di una risposta autentica nella linea vera del Vangelo.

C'è in tutti i fedeli ( ed a più forte ragione nei coniugi ) un istinto profondo che scaturisce dalla loro fede e che fa loro « percepire » quello che è giusto o no nell'ambito del Vangelo.

Non nel senso che essi scavalchino il Sacerdozio in nome di un potere superiore: ma nel senso che avendo ricevuto la fede tramite il Sacerdozio, essi possono - e debbono - essere esigenti con i loro Sacerdoti, nei quali, la debolezza umana, può portare a volte a deviazioni.

Forse un certo sbandamento che si nota nel clero, potrebbe essere evitato se le famiglie cristiane si mostrassero esigenti nel pretendere che la dedizione assoluta e senza rimpianti che configura gli Sposi a Cristo e alla Chiesa, si realizzi a più forte ragione nella consacrazione genuina e senza compromessi tra il Sacerdote e la Chiesa.

Di modo che il sacerdote ministeriale illumina la famiglia cristiana e quest'ultima illumina il sacerdozio.

Regalità

Evidentemente questa regalità è da intendersi in senso analogico.

Il Sacerdote è come Cristo, Re nel senso che deve guidare i fedeli, i fedeli sono Re nel senso che devono animare di spirito cristiano le realtà mondane.

Non ci fermiamo a considerazioni generali ma vediamo quale può essere il rapporto tra sacerdote e famiglia.

Il sacerdote guida del popolo di Dio deve essere esemplare per i coniugi:

1) nella sua dedizione alla Chiesa come servizio alla Chiesa;

2) come servizio che è impegnato di sacralità.

1) Servizio è una parola molto usata; ma questo servizio è servizio di autorità.

L'autorità è e deve rimanere autorità: sforzo di far crescere gli altri.

E tutto questo in vista non del benessere proprio, ma della comunità.

Il Sacerdote deve servire la famiglia nel senso di portarla alla perfezione, ma non può sostituirsi alla famiglia.

Come non può sostituirsi alla coscienza del singolo fedele, non può e non deve sostituirsi a quelle decisioni che i coniugi di mutuo accordo stabiliscono di prendere.

Può eventualmente consigliare, e può anche dimostrare che determinate decisioni non sono conformi al Vangelo; ma i coniugi non possono abdicare alle loro responsabilità per rifugiarsi sotto la soluzione prospettata dal Sacerdote.

Questo è capitale nel fatto educativo.

S. Agostino parla del padre di famiglia come di « Episcopo della comunità ecclesiale » che è la famiglia.

Il Sacerdote può e deve coadiuvare nella educazione ma essa - anche dal punto di vista cristiano - rimane compito primo e fondamentale dei genitori.

Il Concilio è esplicito: « I genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli … vanno considerati come i principali educatori di essa » ( G. E. n. 3 ).

Quindi il fatto di avere mandato i figli all'Oratorio o in Collegio, ha valore di complemento e non di, sostituzione.

2) Sacralità.

Lo scopo del sacerdozio è quello di scoprire e potenziare il senso « sacro » che è nella realtà umana.

Intendo qui con « sacro » il rapporto che lega le realtà di questo mondo a Dio.

Si pone oggi un'antitesi tra sacro e profano, secolarità e trascendenza.

Ma questo non esiste.

La realtà di questo mondo è profana e secolare in quanto ha un suo valore e una sua bontà in se stessa, ma è nello stesso tempo sacra e trascendente in quanto la sua radice ultima si trova pur sempre in Dio.

Ora, tocca al Sacerdote salvare la sacralità e profanità delle realtà umane, dato che la rivelazione ci fa vedere tutte le cose e come buone in sé e come derivate dalla sorgente prima.

Anzi, essa ci sottolinea che in questa realtà umana e mondana si inserisce un dinamismo soprannaturale che non distrugge questa realtà stessa, ma la pone in un rapporto particolare con Dio e il suo piano di salvezza.

Ora, per quanto riguarda la famiglia, tutto questo deve essere vissuto in una forma particolare dai coniugi.

Infatti la famiglia non sorge con il cristianesimo, lo precede: « All'inizio non fu così » dice il Signore.

La famiglia ha un suo valore umano e naturale che è pur sempre sacro, in quanto partecipazione all'atto creativo di Dio.

Si comprende, quindi, l'errore di quei coniugi cristiani che, per es., per darsi all'apostolato dimenticano la promozione umana della famiglia; si comprende, quindi, il valore delle virtù umane per una buona convivenza familiare.

Ma in quanto generatori - strumentali della famiglia cristiana, i coniugi hanno la responsabilità non abdicabile di esprimere qualche cosa di più profondo: la sacralità della famiglia come relazione particolare che la fa vivere alla luce di quel modello divino e misterioso, l'unione tra Cristo e la Chiesa.

Per cui, è approfondendo e manifestando questo rapporto misterioso e insondabile, che essi dovranno nella loro vita di tutti i giorni inoltrarsi in un tipo di vita che dal punto di vista umano potrà essere sconcertante, ma che potrà essere valido unicamente se accettato per fede.

Per es. potrà essere sconcertante dal punto di vista umano il fatto che un coniugo debba rimanere legato ad un altro coniuge per es. criminale.

Ma tutto questo non sarà più sconcertante quando si pensi che Cristo si è indissolubilmente legato ad una Chiesa che racchiude in sé giusti e peccatori.

Sacerdotalità

Il Sacerdote è il mediatore tra Dio e gli uomini attraverso il sacrificio redentore di Cristo, rinnovato nella Eucaristia.

Qual è il suo rapporto di convergenza con il sacerdozio comune quale si attua nel matrimonio cristiano?

Io penso in questo: nel valorizzare la funzione « mediatrice » della famiglia.

In che senso? Nel senso che i coniugi cristiani sono i mediatori di salvezza l'uno per l'altro e per i figli.

C'è una sacerdotalità dei coniugi che si attua nel momento della celebrazione del matrimonio: l'uno è per l'altro mediatore della grazia di Dio.

Ma questa mediazione non si esaurisce nel momento della celebrazione del matrimonio.

Esso è infatti uno stato permanente di vita in cui la mediazione continua nello sforzo:

a ) di portare vicendevolmente Dio gli uni agli altri.

La forza dell'esempio per cui un coniuge vive integralmente la propria fede, proprio in tutti i momenti della giornata, anche in quelli in cui anche il cristiano è tentato di infilare le pantofole, ha un suo valore di forza insostituibile e trascinatrice.

Direi un paradosso: non è guardando tanto l'esempio dei santi che un coniugo deve santificarsi, ma è propriamente guardando l'altro coniuge.

In S. Paolo c'è un testo significativo.

Parlando delle famiglie in cui uno solo dei coniugi è cristiano, l'Apostolo dice: « Il marito non credente si trova santificato dalla sua sposa, e la sposa non credente si trova santificata dal marito credente » ( 1 Cor 7,14 ).

Lasciamo da parte il senso esatto di « santificato », su cui discutono gli esegeti.

Resta il fatto che tutto questo, a proposito dei coniugi cristiani, ha un suo valore profondo e reale.

b ) non solo portarsi vicendevolmente Dio gli uni agli altri, ma portarsi a Dio.

Il movimento naturale dell'amore cristiano è di portare a Dio.

In questo senso, si ha nella vita di famiglia questo di speciale, che un fatto così profondamente umano qual è l'amore tra uomo e Dio, è riempito di una forza profonda che fa superare i limiti di una pura « società umana » per dare e imprimere a questa un autentico valore di salvezza.

Il che, in altre parole, vuoi dire che per il cristiano la famiglia si muta nel campo primo del suo apostolato, che le virtù di carità, pazienza, ecc. con il cui esercizio il cristiano cerca di portare gli uomini a Dio, devono prima di tutto trovare la loro espressione in quella sfera di azione che è la famiglia.

L'uomo è l'apostolo verso la moglie, la moglie è apostola verso il marito e tutti e due lo sono verso i figli.

Ma tutto questo richiede un forte impegno spirituale, altrimenti si sottomette la famiglia ad una critica di indole puramente umana in cui si sfocia in situazioni di soluzioni errate.

Il difetto fondamentale, oggi, è appunto il considerare la famiglia da un punto di vista che prescinde da Cristo ( e Cristo crocifisso ) e dalla sua grazia.

Non dimentichiamo che il giudicare le realtà umane ( e quindi anche la famiglia ) da un punto di vista puramente sociologico e storico, non risolve nulla.

In realtà non è come dovrebbe essere in quanto il peccato ( e specialmente il peccato originale ) ha falsato questa realtà.

È per questo che l'esercizio del sacerdozio dei fedeli si appoggia sul sacerdozio ministeriale in quanto è attraverso questo sacerdozio che normalmente si riceve la grazia dei sacramenti che permette di realizzare la grazia sacramentale del matrimonio.

Senza questo contatto con il sacerdozio ministeriale la famiglia cristiana non riesce a sussistere, anche perché la piccola Chiesa che è la famiglia è dinamicamente orientata alla più vasta Chiesa in cui Cristo, come capo, è rappresentato dalla Gerarchia.

p. Marcolino Muraro O. P.