Il mistero della croce

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Conferenza del Fratel Umberto Marcato F.S.C. al centro di spiritualità « Pro Sanctitate »

Alcuni giorni fa durante una lezione di religione, in una quinta scientifico commentavo il Vangelo di S. Giovanni, là dove parla della Passione di Gesù.

Un giovanotto era piuttosto distratto: glielo faccio notare e lui mi risponde: « Oh, questa storia la conosco già a memoria! ».

Naturalmente non mi aspettavo una risposta molto gentile: chi durante una lezione di religione, nel momento in cui si tratta la Passione, mostra poca attenzione, dimostra che tanto spirito religioso non ce l'ha.

Però è triste sentire risposte di questo genere: la morte di Gesù, qualunque crisi uno abbia dentro di sé, dovrebbe essere per lo meno un motivo di riflessione.

Invece molte volte non c'è riflessione, c'è anzi spesso un atteggiamento di repulsione.

E allora vorrei chiedermi come mai in tanti giovani, come mai così spesso, c'è questa difficoltà ad accettare il messaggio cristiano.

Io credo che il motivo sia propria il tema di questa conferenza: « La Croce è un mistero ».

È difficile accettare l'immagine di Dio, o l'immagine di Gesù Cristo, così come ce la presenta il cristianesimo, non perché sia irrazionale ma perché è ineffabile: cioè, al di sopra delle nostre misure.

Noi, anche quando ci impegniamo ad essere buoni, onesti, generosi, siamo condizionati da un clima di godimento e di egoismo.

Si fa a gara a chi ottiene di più, spesso a scapito degli altri.

Non è una cosa nuova ( certo non dobbiamo dire che le cose adesso vanno tutte male e una volta andavano tutte bene ), ma adesso il fenomeno è molto evidente.

Prima tante cose non si dicevano così dichiaratamente: adesso c'è un certo scatenamento generale, portato da tante situazioni che conosciamo.

C'è fondamentalmente una mancanza di fede alla base di questo atteggiamento.

Si tende ad affermare che tutto è invenzione.

Quante volte i giovanotti sentendo parlare di Gesù, della Madonna, dicono che è tutta una trottola.

Perché? Eppure la vita di Gesù, è testimoniata storicamente come pochi altri fatti storici.

Ci sono pochi personaggi o avvenimenti della storia di cui abbiamo tante e così diverse testimonianze.

Testimonianze di credenti, degli Apostoli, degli Evangelisti, dei nemici, Ebrei, Romani, i quali hanno parlato di Gesù.

Ma pochi personaggi sono stati contestati, perfino nell'esistenza, come Gesù, perché è un personaggio, che chiede molto, è una pietra di scandalo, sempre.

Bisogna prendere posizione.

Ci sono i più che non mettono in dubbio che Gesù sia esistito, perché il dubbio ha poche giustificazioni; cercano di prendere le cose con più dignità, di spiegare l'esistenza di Gesù in un modo molto umano, dicendo: Gesù non è stato così come ce lo presentano adesso, ma è stato un personaggio eccezionale, che ha parlato molto alla fantasia dei suoi contemporanei; i cristiani dopo la sua morte hanno fatto dei buoni ricami e ne è venuta fuori una dottrina che non era propriamente quella di Gesù.

Soprattutto ne è venuto fuori un ricamo di miracoli che sono proprio incredibili, come resuscitare i morti.

E così, tante altre cose che Gesù ha fatto non è facile crederlo.

Ebbene, se vogliamo fermarci un momento su questo argomento per arrivare poi al tema centrale della passione di Gesù, dobbiamo dire che basta leggere il Vangelo con serenità per convincersi che una affermazione di questo genere non regge.

Chi legge i Vangeli, e anche gli altri libri del Nuovo Testamento, vede che sono stati scritti con una semplicità tale che un falsario o un fantasioso che volesse illudere gli altri, davvero non avrebbe avuto questo stile.

Sui miracoli di Gesù che bei ricami letterari sarebbe stato possibile costruire.

Gli Evangelisti hanno perso proprio tutte le occasioni.

C'è tutto uno stile, tutto un clima nei Vangeli, che ci portano a escludere tanto che si siano ingannate le persone che hanno scritto con tale lucidità, quanto che abbiano voluto ingannare.

Ci sono naturalmente tanti altri argomenti che noi adesso non possiamo ricordare, perché non entrano direttamente nel nostro soggetto.

Per arrivare a credere in pieno alla testimonianza del Vangelo sulla passione di Gesù, bisogna accettare in blocco il Vangelo, e non soltanto considerarlo come un racconto che ci descrive certe parole, certi fatti della vita di Gesù: bisogna arrivare ad avere lo spirito del Vangelo.

Allora comprendiamo come tutta la dottrina di Gesù doveva concludersi nella croce perché tutto il suo insegnamento è andato in questo senso.

La vita è una prova, non è un divertimento; non è un giro di allo che si fa in questa terra prima di godersi la felicità eterna nel cielo.

No, bisogna conquistarselo il cielo e il conquistarselo deve costare qualche cosa; se è una prova, se è una preparazione, esige un sacrificio, che in qualche caso può apparire ed essere notevolmente grande.

Il cammino della vita passa dalla piena gioia così incosciente del bambino, alle prove dei giovani, i quali, immaturi, tentano di resistere alla vita per farsi un nido facile, avere tutti i diritti e nessun dovere: poi la vita continua in un crescendo di sofferenza.

Man mano che si assumono delle responsabilità, si assumono delle sofferenze: e si conclude anche noi in croce.

Si conclude con la morte.

Iddio ci chiede un cammino progressivo di assunzione di responsabilità di dolore e di sofferenza; così si acquista il diritto al cielo, alla felicità.

Tutta la dottrina di Gesù veramente cammina in questo senso; ricordate frasi che tutti abbiamo nelle orecchie:

« Chi vuoi venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua ».

Ricordiamo quando parla del Paradiso: « è larga la porta che porta all'Inferno! invece è stretta la porta e ripida la via che porta al Paradiso e pochi riescono a imboccarla », pochi naturalmente in confronto a quei tutti che dovrebbero riuscire secondo il piano di Dio.

Non dobbiamo essere così pessimisti da pensare che veramente siano pochi assolutamente parlando, ma certamente tutti in qualche modo se lo devono meritare ed è giusto che quelli che in questo mondo se lo meritano poco, per lo meno abbiano da fare un po' di anticamera nell'altra vita.

E nei casi più duri, in cui nonostante tutto un seguito di interventi di Dio, di grazie, di luce, c'è la pervicacia nel male, una chiara opposizione ad esser buoni, ad accettare la verità, allora, nonostante il nostro sconcerto o tutto quello che dicono i giornali ( vedi « La Stampa » come imperversa sul tema dell'Inferno ), c'è la giustizia.

È una giustizia comprensibile per l'uomo, che chi non ha voluto accettare la novità abbia un castigo e nei casi più gravi anche un castigo eterno.

Per chi ha realmente una visione cristiana della vita, diventa abbastanza facile capire il mistero della Croce, anche se sempre esso ci abbaglia.

Perché accettare che il Signore del mondo giunga al punto di lasciarsi deridere, torturare, e morire in una morte atroce come quella del Calvario, è cosa al di sopra delle nostre misure: o l'accettiamo per fede, perché giungiamo a dire: « credo anche a quello che mi abbaglia, che mi lascia sbalordito », oppure diciamo; « no, io mi rifiuto ».

Chi non ha maturato una visione cristiana ed una certa accettazione della sofferenza e del sacrificio, arrivato a questo punto, dice: « no ».

E quando si incomincia a dire « no » al mistero della Croce, di conseguenza bisogna dire « no » al Vangelo!

Allora è molto comodo dire: « no, Gesù Cristo non è mai esistito ».

È naturale cercare di essere conseguenti; quando uno non accetta in pieno il Vangelo e il Mistero della Croce, per un certo bisogno di ordine, di consequenzialità, arriva a dire di no a tutto il resto.

Il Mistero della Croce è un mistero di amore: la via dell'amore, che si fonda sul mistero della Croce.

Noi stentiamo ad accettare il mistero della Croce, perché nonostante quello che diciamo, stentiamo molto a credere che veramente Dio è amore.

Dinanzi alle espressioni dell'amore di Dio che ci viene manifestato dal Vangelo, siamo insufficienti.

Siccome siamo abituati ad essere chi più chi meno un po' cattivi, e qualche volta molto cattivi, non abbiamo l'animo disponibile ad accettare un amore cosi smisuratamente superiore al nostro.

Eppure, guardiamo al Vangelo.

Gesù mostra non soltanto l'amore generico di chi dice: « ma io voglio bene a tutti, non voglio fare del male a nessuno », frasi che si sentono dire spesso.

In Gesù è un amore che ha espressioni di tenerezza che veramente stupiscono non è soltanto il Gesù che accarezza i bambini, ma è il famoso Maestro che gira le vie della Palestina ( e che si deve battere acremente contro i Farisei che lo accusano ) che sempre perdona a tutti i peccatori, anche ai peggiori che si portano a Lui, che non rifiuta mai il miracolo a chi mostra di avere un minimo di fede: « credi che io possa far questo? » - « Credo » - e Gesù fa il miracolo.

Un Gesù che addirittura piange - quante volte i ragazzi dinanzi a questa immagine di Gesù che piange rimangono sbalorditi - un Gesù che va al sepolcro di Lazzaro e, vedendo la sofferenza delle sorelle e degli altri che sono presenti, piange anche Lui.

Un Gesù che guarda Gerusalemme e pensa che presto sarà distrutta per tutti i delitti che ha accumulato e piange sulla sua città!

Un Gesù che chiede consolazione.

Lo vediamo nel giardino degli ulivi: « rimanete con me, pregate, la mia anima è triste fino alla morte ».

Da tutto l'insieme vediamo in Gesù, che è la manifestazione di Dio in misura umana, un amore che è anche tenerezza, un amore che nella nostra mentalità difficilmente trova un'immagine adeguata.

Si è disposti ad ammettere che le mamme abbiano tenerezza; non facilmente che un uomo, nel confronto di tutti, persino dei suoi nemici, mostri tanto amore da essere delicato e tenero.

Ci è perciò difficile credere che Dio per amore degli uomini sia giunto sino ad accettare una morte di croce, per dare la testimonianza di quello che deve essere l'amore dell'uomo, così totale da accettare le estreme conseguenze della fedeltà a Dio e dell'amore agli altri.

Se noi meditiamo questi argomenti, ci diventa più facile capire che veramente la vita è spiegata dal mistero della Croce e la vita deve essere una scala per il nostro amore.

Un amore che tende all'intimità: nella parola o nell'atteggiamento di Gesù

C'è veramente questa richiesta.

Ricordiamo l'inizio della Passione, un momento drammatico e truce.

Arriva Giuda, il traditore, e Gesù lo richiamai in modo estremamente tenero: « Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? »

Se nel cuore di Giuda ci fosse stato ancora un po' di delicatezza, un po' di generosità, sarebbe stata una pugnalata quella frase: « Con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? ».

Cioè: « Tu mi hai seguito per degli anni, io non ti ho fatto che del bene; se mi hai seguito così a lungo, in tutta libertà, è proprio perché hai visto in me qualche cosa di straordinario.

Ma tu non hai saputo rispondere all'amore e adesso arrivi all'estremo di questo tuo tradimento: con un bacio tradisci il Figlio dell'Uomo ».

Notiamo la delicatezza del richiamo. Gesù si ferma lì.

Gli Apostoli scappano tutti, compreso Pietro, il quale aveva promesso di battersi fino alla morte, di seguire Gesù fino all'estremo.

Quando appare dopo la resurrezione, invece di rimproverare i suoi Apostoli, Gesù fa loro coraggio: « Guardate, sono proprio io; datemi qualcosa da mangiare, mangerò dinanzi a voi per farvi vedere che sono proprio vivo, sono proprio io ».

Nessuno dei Vangeli ci ricorda parole dure.

Gesù non nascondeva la verità: aveva ben profetato che l'avrebbero tradito.

C'è un Tommaso che sente dire dagli altri che hanno visto Gesù e ribatte: « Se non vedo la ferita del costato e non ci metto dentro la mia mano, se non metto il mio dito nel foro dei chiodi, io non ci credo ».

Gesù, invece di punirlo per questa mancanza radicale di fede, gli dice: « Vieni qui, metti il tuo dito nel foro dei chiodi, metti la tua mano nel costato ».

E a Pietro, dopo la pesca miracolosa, Gesù fa pagare in modo veramente raffinato i suoi tradimenti: « Pietro, mi ami? ».

Risponde S. Pietro: « Signore, tu sai che io ti amo ».

E Gesù di nuovo: « Pietro, mi ami? ».

E S. Pietro: « Ma Signore, tu lo sai che io ti amo ».

E ancora una terza volta ( è tremendo questo Signore! ): « Pietro, mi ami davvero? Più di questi? ».

S. Pietro doveva avere proprio il cuore grosso e risponde: « Tu sai tutto, tu sai che io ti amo ».

Gesù non solo perdona, ma gli dice: « Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, ossia gli conferma il primato sugli Apostoli, e sulla Chiesa.

Direi che meditate così, senza andare alla ricerca di chi sa quali verità teologiche, con molta semplicità, veramente tutte le parole di Gesù dicono che nel nostro atteggiamento, nella nostra preghiera, nel nostro cammino verso la santità ci è chiesta questa disposizione: di serena fiducia, di piena confidenza.

Guai a disperare.

È uno dei peccati peggiori.

Anche per chi si rende conto che nonostante tutto il suo sforzo, tutto il suo impegno, non riesce a cambiar vita ( e tutti dobbiamo dire che siamo sempre impari a quella che è la nostra vocazione, la nostra missione ), anche per chi si rende conto di aver sbagliato totalmente, non c'è peccato peggiore che disperare; perché disperare è ridurre a una piccola cosa, è non credere nella generosità di Dio, vuol veramente dire « non avere fede »!

Chi ha fede nel Vangelo crede che l'amore e la misericordia di Dio sono talmente grandi che dopo qualsiasi errore, se c'è un vero pentimento, Dio perdona.

Tutta la storia della Chiesa vive ancora il mistero della Croce e questa richiesta di appassionato amore da parte di Dio.

Consideriamo l'esperienza dei mistici. Spesso noi crediamo che i grandi fatti, i grandi miracoli di Dio si siano concentrati nella vita di Gesù: ammettiamo qualche altra cosetta nella storia, non di più.

Invece ci sono sempre delle anime che hanno straordinarie comunicazioni personali con Dio, anche adesso.

Ieri leggevo in un articolo molto serio la testimonianza di un sacerdote che ha le stimmate, il quale afferma che attualmente ci sono nel mondo ben trentatre anime consacrate che portano le stimmate.

D'altronde ci sono casi conosciutissimi come Padre Pio che le ha avute per tanti anni, ed altri casi noti.

Ci sono anche molti casi che rimangono ignoti o quasi.

Forse non tutti sanno che proprio qui a Torino abbiamo avuto un Fra Leopoldo Maria Musso dei Francescani che godeva di esperienze mistiche molto elevate e parlava molto spesso con il Crocifisso.

Una volta io non ero facile a credere ai fenomeni mistici, poi ho studiato questo ed altri fatti e mi sono convinto che veramente Iddio è sempre presente nella Chiesa, anche in forme straordinarie e sensibili: le manifestazioni, tante volte poco conosciute, sono numerosissime.

Del resto ci sono le apparizioni di Lourdes, quelle di Fatima, che sono largamente controllate.

Una delle cose che impressionano è la confidenza che Dio chiede alle anime privilegiate a cui si manifesta: una confidenza, un amore, una preghiera così intime che talvolta ci turbano; chi non è un po' avanzato nella via della fede e della confidenza, tende a respingere tutte queste manifestazioni, come qualche cosa di assurdo e di irritante.

Perché? Perché il misticismo esige una maturità spirituale che è molto rara.

In tanto siamo disponibili alla fede in quanto raggiungiamo un certo livello spirituale che esige « distacco » dal mondo, nel senso più spirituale della parola; è necessaria la disponibilità alla voce di Dio, che implica un alto livello di preghiera.

Allora tante cose, che sono incomprensibili per altri, diventano comprensibili; allora gli atteggiamenti dei nostri giovani diventano comprensibili in questo senso: sono momenti di passaggio.

Probabilmente il ragazzo di cui ho parlato all'inizio si ricrederà: in quel momento non era disponibile, non era abbastanza maturo.

Anche noi, quando ci troviamo accanto delle persone dure, impenetrabili, ricordiamo che il cammino del dolore che tutti dobbiamo percorrere è la grande via per arrivare alla fede.

Quante persone che non ci arrivano in gioventù, ci arrivano più avanti, quando incominciano ad essere toccate dal dolore, dalla croce, quando devono trascorrere lunghi periodi nell'umiliazione dell'impotenza.

Spesso così giungono ad un nuovo modo di vedere la vita che li apre alla prospettiva del Dio dell'Amore e della Croce.

In questo sènso la sofferenza è la porta del cielo: per i più generosi il mistero della Croce apre la via dell'Amore.