Il nuovo rito della penitenza

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Due cose, molto semplicemente, noi vorremmo raccomandare …

La prima a tutti: quella di dare e di restituire, se occorre, al sacramento della Penitenza la funzione capitale che esso riveste nella vita cristiana.

Non v'è, in pratica redenzione dalla fragilità umana, si può dire, e non v'è vocazione vera alla sequela di Cristo, e perfezione spirituale che non derivi dalla frequenza severa e sapiente di questo sacramento; sacramento dell'umiltà e della gioia.

L'altra ai Sacerdoti: quella di raccomandar loro la stima, la pratica, la pazienza e l'arte della cura d'anime, proprie di questo ministero.

Paolo VI1

Il Concilio Vaticano II, ha dato l'impulso ad un generale rinnovamento nella Chiesa, per cui, nonostante l'acuirsi delle persecuzioni, opposizioni e contraddizioni, che, del resto, sono il clima normale nel quale si sviluppa la Chiesa di Cristo, questa è tutta una primavera.

Fra le altre disposizioni esso aveva stabilito che si rivedessero il rito e le formule della Penitenza, in modo che queste esprimano più chiaramente la natura e gli effetti del Sacramento.

A sua volta la Sacra Congregazione per il Culto divino, in ossequio al mandato del Concilio e per facilitare nei fedeli la comprensione piena della natura e dell'efficacia di questo sacramento, ha preparato il nuovo rito per la sua celebrazione.

Si tratta di un nuovo rito e non altro.

La sostanza non può mutare.

Tuttavia, ed è questo appunto lo scopo, sono messe in piena luce alcune verità, che erano rimaste alquanto in ombra, soprattutto la parte che spetta al penitente e le disposizioni spirituali a lui richieste.

I teologi avevano sottolineato assai che i sacramenti producono la grazia "ex opere operato" cioè in virtù dell'opera posta, e sta bene.

Ma non avevano ugualmente sottolineato che la grazia viene conferita altresì "ad modum recipientis" e cioè nella misura in cui il soggetto è capace di ricevere.

Tutti sanno che è ben diverso l'effetto dello stesso sacramento nei vari individui che lo ricevono, a seconda della loro preparazione e della loro corrispondenza.

È appunto su questo che il nuovo rito insiste, sottolineando che per l'efficacia del sacramento della Penitenza occorre l'esercizio della virtù di penitenza.

Quell'atteggiamento dello spirito per cui l'uomo riconosce e detesta il male fatto e propone di rimediarvi e di cambiar vita veniva indicato anticamente col termine greco, assai espressivo, di metànoia, cioè mutamento di pensiero.

Oggi si chiama penitenza, o anche conversione.

Esso è fondamentale e imprescindibile per passare dalla morte spirituale alla vita ed entrare nel regno di Dio, come pure per rialzarsi dalle piccole cadute di ogni giorno e progredire nella vita spirituale.

Tutti i profeti dell'Antico Testamento hanno esortato gli uomini alla penitenza.

Gesù stesso ha incominciato la sua predicazione con questo tema; e dopo la Pentecoste il primo discorso di S. Pietro alla moltitudine accorsa a vedere il prodigio si concluse con l'esortazione: « Fate penitenza e convertitevi perché siano cancellati i vostri peccati » ( At 3,19 ).

È sopra questo atteggiamento che si fonda il Sacramento della Penitenza, giacché il potere dato da Gesù alla sua Chiesa di rimettere i peccati non si può esercitare se l'uomo non è pentito dei suoi peccati.

Dio ha creato l'uomo libero e perciò l'uomo deve ritornare a Dio liberamente.

La salvezza dell'uomo dipende tutta da Dio ( senza di me non potete fare niente, disse Gesù ) e tutta dall'uomo ( la grazia aiuta, ma non necessita ).

La giustificazione dell'uomo non è una formalità o una mera imputazione esteriore, ma un mutamento interiore di volontà, un rinnegamento del male, un nuovo orientamento verso il bene, un'autentica rinascita promossa e sorretta dalla grazia, ma operata liberamente dall'uomo.

L'uomo, toccato dalla grazia, apre gli occhi, vede e riconosce il mal fatto, ne prova confusione e dispiacere, ne vuole uscire, è pronto a pagare il prezzo necessario e si avvia per una nuova strada, con passi più o meno incerti, perché è ancora debole, ma con desiderio sincero di una vita nuova.

Il passaggio dalle tenebre alla luce avviene gradualmente, come il giorno.

Man mano che si avanza nella virtù si avvertono sempre più distintamente i difetti; lo sforzo per vincerli si fa più risoluto.

Il punto di partenza però è un riconoscimento sincero del male fatto: "Ho peccato contro Dio" ( 2 Sam 12,13 ).

Sei veramente peccatore, dice l'Imitazione di Cristo.

Niente scuse, niente distorsioni, ma assunzione leale e coraggiosa delle proprie responsabilità, umiltà genuina, confessione a Dio, a se stesso e agli uomini dei propri falli.

È un duro sacrificio per l'amor proprio, ma questo sacrificio fa l'uomo grande e lo dispone a ricevere la grazia di Dio: chi si umilia sarà esaltato, disse Gesù, concludendo la parabola del Fariseo e del pubblicano.

E il profeta Samuele, replicando a Davide, che confessava di aver peccato contro Dio, disse: "Anche Dio perdona il tuo peccato, tu non morirai".

Nel momento stesso in cui l'uomo rientra in sé, si umilia e si pente, Dio gli ridona la sua amicizia.

Tutto questo presuppone però una coscienza retta e un animo sincero.

È la verità che ci fa liberi, dice il Signore, il quale aggiunge che chi pecca contro lo Spirito Santo ( impugnando la verità conosciuta ) non può essere perdonato, perché manca la condizione essenziale.

È di qui che si misura la gravita del peccato contro lo Spirito Santo e la pericolosità di certi stati di coscienza aggrovigliati.

Non si insisterà mai abbastanza sulla necessità di una coscienza retta, e nessuno, per quanto abbia fatto, può mai ritenersi sicuro di sé, perché i giudizi di Dio sono imperscrutabili.

Non per nulla è stato scritto: "Con timore e trepidazione lavorate alla vostra salvezza" ( Fil 2,12 ).

La quale salvezza si opera non già negando che il male sia male, ma mortificando le proprie inclinazioni al male.

La coscienza individuale può essere influenzata da quella collettiva; e oggi la coscienza collettiva è fortemente errata: la religione è un mito, la morale un fatto soggettivo, il libero amore un bene, la violenza un'espressione di forza, il divorzio un diritto, l'aborto una necessità, ecc.

Perciò è necessario reagire con forza e confrontarsi sempre con il Vangelo.

Come può pentirsi l'uomo se non riconosce che quanto ha fatto è male?

E come può Iddio perdonare l'uomo se questi non si pente?

Il riconoscimento e pentimento può essere imperfetto, ma vi supplisce la grazia del Sacramento, che rivela allora una sua particolare efficacia.

Gesù Cristo dando alla sua Chiesa il potere di rimettere i peccati ha elevato la virtù di penitenza a Sacramento: l'atto umano di pentimento, di ravvedimento, di conversione diventa materia di un Sacramento, che perfeziona e conferma l'atto umano, ridona e aumenta la grazia, infonde coraggio e pace.

L'assoluzione del confessore conferma il penitente che egli è ritornato nell'amicizia con Dio.

È per questo che nel nuovo rito della penitenza si insiste nella meditazione della parola di Dio, la quale ha un'efficacia particolare per richiamare l'uomo al proprio cuore e farlo ritornare a Dio.

Col mutare dei tempi cambia la mentalità dei fedeli, cambiano le situazioni contingenti, che danno a ogni epoca una propria fisionomia e cambiano i bisogni particolari.

E perciò la stessa dottrina deve essere presentata in modi diversi per renderla accessibile a tutti.

Il rito non è altro che quell'insieme di parole e di cerimonie con cui si esprime una realtà spirituale, ed esso è in continua evoluzione.

Da questo deriva che della stessa realtà, per es. del Sacramento della Penitenza, vengono messi più in luce ora certi aspetti e ora certi altri.

Non solo, ma col tempo vi è anche uno sviluppo dottrinale e un continuo esplicitare di verità, una maggior presa di coscienza, che si traduce in una pratica più perfetta.

Nei primi secoli della Chiesa il Sacramento della Penitenza era assai meno praticato di oggi.

Anzitutto c'era nei cristiani un fervore di vita spirituale che ora è scomparso dalla generalità e si trova solo sporadicamente in qualche gruppo.

Il peccato era assai più temuto.

C'era ( si parla sempre in generale ) quella mentalità che emerge anche oggi tra i neofiti di certe comunità missionarie.

Un negro invitato dal Padre a confessarsi rispose stupito: Ma io sono stato battezzato, Padre, come posso ancora peccare?

Inoltre era diffusa la mentalità che certe colpe non si dovessero perdonare.

Ecco ad es. quanto scrive Tertulliano, testimonio assai autorevole, anche se il suo rigorismo finì per farlo cadere nell'eresia: « Ho saputo che è stato proclamato un editto …

Il Vescovo ha proclamato: io rimetto i peccati di adulterio e fornicazione a chi ha fatto penitenza.

O editto sul quale certo non si può scrivere: bene.

E dove l'esporremo questo generoso regalo?

Io propongo di collocare l'editto sulle porte stesse dei lupanari … Ma che! Si è letto nella Chiesa.

O lungi dalla sposa di Cristo un tale proclama.

Essa non ha alcuno cui promettere questo perdono, e se l'avesse non lo prometterebbe … ».

Col tempo si comprese sempre meglio la funzione medicinale della Penitenza, dove le colpe vengono lavate nel Sangue di Gesù, e si entrò sempre più nello spirito del Salvatore, il quale appunto è venuto non per giudicare, ma per salvare, offrendo una redenzione così sovrabbondante che nessuna colpa può essere irremissibile.

Deposizione della croce ( Duccio di B. )

Un'altra caratteristica dei tempi antichi erano le pratiche penitenziali di soddisfazione.

A parte l'obbligo di riparare per quanto possibile il danno arrecato, che rimane identico ( e sul quale si dovrebbe insistere di più per riguardo alla fama e al buon nome leso con diffamazioni ) si insisteva sulla necessità di riparare l'offesa fatta a Dio e lo scandalo dato agli uomini ed erano comminate pene severe e anche pubbliche, che oggi farebbero rabbrividire.

Ne è rimasta traccia nella stessa liturgia con la riconciliazione durante la funzione del Sabato Santo, dei peccatori che erano stati esclusi dalle sacre assemblee, e la loro riammissione.

Chi non ricorda il gesto severo di S. Ambrogio che vieta l'ingresso in Basilica all'imperatore Teodosio, reo di strage contro i Tessalonicesi?

L'assoluzione veniva data solo dopo il compimento di una soddisfazione più o meno grave.

A partire dal Concilio di Trento l'attenzione si fissò sull'integrità dell'accusa.

I peccati mortali devono essere accusati tutti, nel numero e nella specie.

Occultarne volontariamente qualcuno rende la confessione sacrilega.

Tutti questi aspetti: il potere della Chiesa di rimettere i peccati, le necessarie disposizioni del penitente, la necessità della riparazione e della soddisfazione, l'integrità dell'accusa, ecc. sono tutti elementi necessari per il Sacramento della Penitenza, che durante i secoli vennero variamente sottolineati.

Il Concilio Vaticano II, oltre che sopra le disposizioni del penitente, che sono determinanti, ha insistito sull'aspetto sociale del peccato e della sua remissione, aspetto che era stato alquanto dimenticato.

Il Sacramento, espressione della infinita misericordia di Dio, risponde alle necessità della Chiesa, la quale è santa, ma comprende nel suo seno i peccatori e perciò mai tralascia di purificarsi mediante la penitenza.

Questa purificazione si compie in molti modi: con la sopportazione delle pene della vita in unione a Gesù Crocifisso, con le opere di carità e di misericordia, con la lotta contro il peccato e lo sforzo continuo di conversione a Dio.

Tutto questo è inserito nella Liturgia, perché è da essa che fluisce la grazia di Dio, senza la quale l'uomo non può nulla, e perché la natura sociale dell'uomo lo esige.

La penitenza è un ritorno a Dio, il ripristino dell'amicizia con Lui, il ricupero della sua somiglianza.

Ma Egli è amore e sarebbe falsa penitenza quella che non portasse alla carità, verso Dio e verso il prossimo.

Nel Sacramento della Penitenza, dice il Concilio Vaticano II, i fedeli ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a Lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita con il peccato; essa coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera.

La penitenza, indispensabile per ricuperare la vita della grazia perduta con il peccato mortale, è utilissima anche a coloro che commettono peccati veniali, sperimentando la loro debolezza, e cioè a tutti.

Con la pratica frequente della penitenza essi riprendono forza e vigore per proseguire il cammino verso la piena libertà dei figli di Dio.

È quindi assai auspicabile la confessione periodica e frequente, secondo le proprie necessità e le indicazioni del direttore spirituale.

Le famiglie religiose ( dove al dire di S. Bernardo si vive più puramente ) prescrivono generalmente la confessione settimanale oppure quindicinale.

Che dire di chi vive nel mondo ed è maggiormente esposto ai pericoli di peccare?

Il Decreto della S. Congregazione per il culto divino, richiamati i fondamenti teologici della penitenza, ne illustra le varie parti: contrizione, confessione, assoluzione, e ricorda che tra gli atti del penitente occupa il primo posto la contrizione.

Un ragazzo rimproverato per una sua mancanza fece spallucce e rispose: tanto mi confesso.

Ecco un caso assai comune di distorsione.

La confessione non è una macchina automatica nella quale si infila la lista delle colpe per ritirarne l'assoluzione, ma un incontro fra la volontà dell'uomo, che vuole cambiar vita, e la grazia di Dio che da efficacia e perfeziona questa volontà.

Il suddetto Decreto presenta tre diversi riti per la penitenza:

1) per la riconciliazione dei singoli penitenti;

2) per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e l'assoluzione individuale;

3) per la riconciliazione di più penitenti con la confessione generica e l'assoluzione generale.

Il primo rito è quello seguito solitamente.

In esso però si dovrà fare un più largo uso della parola di Dio, sia da parte del Sacerdote, sia da parte del penitente.

La confessione dei peccati al sacerdote sia fatta in modo che questi possa conoscere le necessità del penitente e possa dargli i consigli e le direttive di cui abbisogna, e prescrivergli l'opportuna soddisfazione e le eventuali riparazioni dovute.

La soddisfazione non dovrebbe essere soltanto un'espiazione delle colpe, ma avere anche carattere medicinale e corrispondere alla gravita dei peccati commessi.

Il secondo rito è proposto « quando più penitenti si riuniscono per ottenere la riconciliazione sacramentale … e manifesta più chiaramente la natura ecclesiale della penitenza ».

Esso è preceduto da una celebrazione della parola, con la lettura pubblica di un brano scritturale opportunamente scelto ed il commento di esso fatto da un sacerdote allo scopo di preparare i fedeli a ricevere il sacramento con le migliori disposizioni.

Seguono le confessioni individuali al sacerdote e alcune preghiere in comune di ringraziamento e di conclusione.

Il terzo rito riguarda la riconciliazione di più penitenti con la confessione generica pubblica e l'assoluzione generale.

Esso è previsto per i casi di impossibilità a ricevere le confessioni individuali e deve essere autorizzato dal Vescovo, salvo casi d'urgenza, in cui il Vescovo è informato dopo, al più presto.

« La confessione individuale e completa, con la relativa assoluzione, resta l'unico modo ordinario, grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa, a meno che una impossibilità fisica o morale non li scusi da una tale confessione ».

« Coloro ai quali vengono rimessi i peccati gravi mediante l'assoluzione collettiva, prima di ricevere nuovamente una tale assoluzione, devono accostarsi alla confessione auricolare, a meno che non ne siano impediti da una giusta causa.

Sono però strettamente obbligati, tolto il caso di impossibilità morale, a presentarsi entro un anno al confessore.

Rimane in vigore anche per essi il precetto, in forza del quale ogni fedele è tenuto a confessare privatamente al sacerdote, almeno una volta all'anno, i suoi peccati, s'intende quelli gravi, non ancora specificatamente confessati ».

Se i fedeli sapranno uniformarsi a queste direttive e risponderanno generosamente alle sollecitudini dei loro pastori, una potente rinascita spirituale si opererà senza dubbio nella Chiesa, con frutti copiosi e duraturi.


1 v. O.R. 4-4-1974.