Visita del Vescovo di Pinerolo alla Casa di Carità

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Mons. Pietro Giachetti, Vescovo di Pinerolo, incaricato della pastorale del lavoro della Conferenza Episcopale Piemontese, è stato alla Casa di Carità Arti e Mestieri il 22 febbraio 1980, vi ha celebrato la S. Messa e ha rivolto all'uditorio il seguente discorso, che ricaviamo dalla registrazione:

« Cari amici della Scuola Casa di Carità Arti e Mestieri non vi faccio una predica, ma desidero rivolgervi alcune parole in questa occasione della celebrazione dell'Eucaristia che facciamo qui insieme in questa cappella e della preghiera comune che facciamo offrendoci Sacrificio del Signore.

È la prima volta che vengo qui e vengo con molta gioia nel cuore.

È la prima volta che vengo a questa Istituzione di cui avevo sentito parlare parecchie volte, ma finora non avevo mai trovato un'occasione pratica per poter venire e fare, diciamo così, una prima visita.

Dico prima perché penso che potremo avere altre occasioni di conversazione e di conoscenza.

Sono contento di essere qui anche perché ho un incarico, come Vescovo della Regione Piemonte per la pastorale del lavoro, di problemi sociali e poi sono Segretario della Commissione Nazionale Episcopale dei problemi sociali; quindi entra nel mio dovere, nel mio compito il mettermi in contatto, molto fraterno e incoraggiante, con tutte le realtà ecclesiali e sociali che, con carismi diversi, contributi diversi, danno il proprio apporto costruttivo, operativo, per una società dove il lavoro sia riconosciuto nella sua dignità, dove il lavoro sia vissuto nel suo progetto di vita e di società secondo il disegno di Dio.

Davanti alla tomba di fr. Teodoreto

A colloquio con gli operatori e gli allievi della Casa di Carità

La celebrazione Eucaristica

Non è certamente un lavoro facile quello che abbiamo in questo momento così difficile della società in cui viviamo, però io credo che se ci conosciamo di più, se mettiamo in comune le nostre preoccupazioni e le condividiamo alla luce di Cristo, alla luce del Vangelo e della dignità dell'uomo, se cerchiamo di costruire insieme, di crescere insieme, noi facciamo la cosa più bella, più significativa di cui la nostra società ha bisogno.

Leggevo l'altro giorno una frase che verrebbe attribuita a Papa Giovanni e che Vittorio Bachelet citava sovente: "Quando avviene il Black-out, cioè quando la luce, l'illuminazione scompare, perché c'è qualche guasto, si possono fare due cose: mettersi a discutere sulle inadempienze e sulle incapacità dell'Azienda Elettrica Municipale, oppure accendere un cerino".

Che cosa vogliamo fare noi come cristiani, come uomini, come cittadini della nostra società, quando vediamo tante cose che rattristano la nostra vita, quando vediamo che la nostra società è disgregata per tanti aspetti, che noi tutti conosciamo, anche voi ragazzi?

Che cosa facciamo: metterci a discutere per conoscere e per attribuire la responsabilità magari ad altri, mentre tutti in fondo siamo corresponsabili, oppure con molto coraggio, molto impegno e generosità tutti noi accendiamo un cerino perché questo cerino, questa fievole luce, ma collegata con altri cerini, con altre luci, illumini la nostra società?

lo credo che dobbiamo fare così con la luce che abbiamo.

Partiamo da questo concetto, da questa idea fondamentale: la luce ce l'abbiamo e non dobbiamo ricorrere a tanti maestri e fare un lungo, tortuoso bilancio per ricevere questa luce, per conoscere questa luce che illumina la vita dell'uomo e la vita della società.

Non abbiamo bisogno di ricorrere a chissà quali maestri, anche se, indubbiamente, tutti danno un contributo di conoscenza, di analisi, per decifrare meglio, culturalmente, la vita dell'uomo e della società; ma la luce vera, come dice l'evangelista San Giovanni, la luce vera che viene ad illuminare ogni uomo è il Figlio di Dio, è Gesù Cristo, è il Figlio di Dio che si fa uomo, da ricco si fa povero, diventa uno come noi, lavora a Nazareth fino a 30 anni; la maggior parte della sua vita la passa nella bottega di falegname del suo padre putativo, Giuseppe, fino a 30 anni sta lì, lavora con le proprie mani e lavora con la propria intelligenza e col proprio cuore.

Tutti sanno nel villaggio di Nazareth che è il figlio del falegname, lo chiamano così; tutti sanno qual è la sua attività, la sua professione: si guadagna il pane con le sue mani; è Gesù che condivide la nostra vita, che condivide la nostra vita di lavoratori, che attraverso questa testimonianza concreta fino a 30 anni nobilita in modo straordinario il lavoro dell'uomo.

E poi passa tre anni, soltanto tre anni, a predicare il suo messaggio di salvezza che si conclude con il suo sacrificio, la sua passione, la sua morte in croce e poi la risurrezione.

Questa è la luce che ci viene dall'alto, che ci illumina.

E voi, cari ragazzi, mentre siete qui per prepararvi attraverso questo lavoro di preparazione professionale che viene fatto nella Casa di Carità Arti e Mestieri e quindi attraverso tutto un lavoro che voi fate con i vostri Insegnanti docenti, Istruttori ecc. per avere un mestiere, e con il mestiere avere un posto di lavoro sicuro e attraverso il posto di lavoro essere autonomi e lavorare con le proprie forze per la vostra famiglia futura, per la vostra vita, mentre vi preparate a tutto questo voi capite che questo progetto, questo cammino di vita che vi sta davanti e che voi costruite giorno per giorno, con la vostra intelligenza, con le vostre mani, con le vostre speranze, in mezzo a tante difficoltà di oggi - vostre e delle vostre famiglie - e che voi costruite con l'aiuto di questa Casa di Carità Arti e Mestieri, in questo cammino voi avete la luce che viene dal Signore.

Mi sembra che il cammino che voi fate qui in questi anni, frequentando la scuola della Casa di Carità Arti e Mestieri, rappresenti la sintesi molto vitale, molto concreta tra il lavoro e la preparazione al lavoro del domani che voi fate e questa luce meravigliosa che ci viene dal Signore Gesù, il quale è la vera luce che illumina ogni uomo.

Un momento fa abbiamo sentito una domanda che Gesù ha fatto ai suoi discepoli, con cui aveva iniziato un dialogo molto importante sull'argomento centrale, un argomento fondamentale: "La gente che cosa dice di me?" domanda Gesù agli Apostoli.

Gli Apostoli stanno lì un po' interdetti, non sanno rispondere bene a questa domanda.

"Qualcuno dice che Tu sei Elia, qualcun altro che Tu sei Giovanni il Battista, Geremia o qualche altro profeta risuscitato" e quindi balbettano, non sanno dire le cose con precisione, riferiscono ciò che la gente dice di questo personaggio, che è Gesù di Nazareth.

Allora Gesù rivolge una domanda ancora più precisa: "Ma voi che cosa dite di me, cosa pensate di me?".

Ed allora uno che ha un po' più di coraggio degli altri, che è pronto, che ha un carattere pronto e generoso e che sembra abbia sugli altri un certo prestigio, una certa autorità e che viene chiamato Simon Pietro, dice: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".

Queste stesse parole che Pietro ha detto anche a nome degli altri Apostoli, le diciamo ancora oggi noi ed esprimiamo la nostra fede in tutto il mondo.

La Chiesa vorrebbe con la grazia di Dio proclamare sempre di più, in un modo più autentico, più efficace, più vero questa fede salvatrice in tutto il mondo.

La Chiesa vorrebbe portare - la Chiesa siamo tutti noi, non solo il sottoscritto o i due preti qui presenti, ma tutti - quindi il nostro compito di Chiesa è quello di portare questa luce di Cristo, questa fede in Cristo Salvatore, in tutti gli ambienti di vita, in tutto il mondo, e uno degli ambienti di vita dove Cristo deve essere conosciuto di più, deve essere amato, deve essere considerato come la luce vera che viene ad illuminare noi uomini come il vero Salvatore, questo ambiente di vita è il lavoro.

Il lavoro che è costituito dalle fabbriche, e qui davanti abbiamo un esempio di fabbrica, dove gli uomini lavoratori si incontrano per lavorare, dove gli uomini formano una comunità di vita, e dove formano ambiente di vita e dove insieme partecipano alla trasformazione della materia al servizio dell'uomo.

Ambienti di vita dell'uomo sono i quartieri popolari dove le vostre famiglie vivono, quartieri delle nostre grandi città oppure dei paesi.

Ambienti di vita sono anche le grandi strutture di carattere sindacale o di carattere culturale.

Sono anche ambienti di lavoro le organizzazioni del tempo libero, tutto quello in cui il lavoratore vive la sua vita.

Qual è il nostro desiderio e il nostro impegno come Chiesa, come cristiani, come uomini di tutte le età, di tutte le provenienze, ma come uomini altresì consapevoli del proprio compito e della propria missione?

Il nostro desiderio, il nostro impegno è questo: che dentro questa realtà del lavoro la luce di Cristo Salvatore arrivi e porti speranza, là dove speranza non c'è; porti coraggio nell'affrontare situazioni difficili, porti la luce per trasformare, autenticamente secondo la dignità dell'uomo, le strutture della nostra società, perché l'uomo, tutti noi.

Possiamo trovare in questo mando, in questa società una dimora più degna della nostra dignità di figli di Dio.

Ecco l'augurio e l'impegno e voi carissimi fratelli della Casa di Carità Arti e Mestieri avete un compito importantissimo e fondamentale dentro a questa missione della Chiesa.

Preghiamo il Signore che vi incoraggi sempre di pia con la sua grazia e con il suo aiuto per proseguire nel vostro cammino, nella vostra vocazione e preghiamo il Signore perché la Chiesa tutta intera e in modo particolare la Chiesa locale valorizzi sempre di più questo compito che voi avete, questo carisma che voi avete ricevuto dal Signore e attraverso il vostro apporto la Chiesa e in modo particolare noi, la Chiesa locale, possiamo essere più presenti, più incisivi in questo mondo del lavoro che Cristo vuoi salvare ».