Un progetto educativo per la vita

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Riflessioni di un genitore

1. Il Verbo incarnato, autore e testimone della vita

Da quando la beata Vergine Maria ha visitato Elisabetta ed ha portato il Verbo incarnato, ancora riposto nel suo grembo, a santificare il frutto del grembo della cugina, Giovanni, precursore di Lui, da quel momento l'esistenza del concepito a livello non solo di piena vitalità, ma altresì e soprattutto di integra umanità ha avuto la sua dichiarazione, il suo avallo, l'attestazione della sua idoneità a ricevere la grazia, cioè la vita divina, a conferma di una convinzione non solo radicata nella mente di ogni uomo, e non mai del tutto cancellabile per quanto traviata possa risultare la coscienza morale, ma altresì emergente da tutto il complesso della Rivelazione.

Il Verbo di Dio incarnato ha trasmesso la pienezza della sua Vita, santificando Giovanni nei primi tre mesi dopo l'Annunciazione, secondo il testo evangelico, cioè nel periodo che le legislazioni abortiste, quando non vanno oltre, considerano legittimo, in base alla legge umana, l'aborto legalizzato.

Lo stesso Verbo di Dio incarnato quindi, nel grembo materno, ha dato e per mezzo di Maria, la prima testimonianza, e reale, concreta e santificante, della pienezza della vita umana, sin dal concepimento.

E noi siamo qui riuniti per perpetuare questa testimonianza, inserendoci nella sua, così rispondendo alle sollecitazioni della Chiesa in tal senso, e a quelle del nostro Padre Arcivescovo in particolare.

E perché questa testimonianza sia piena, vediamo di proiettarla nell'ambito, che per noi è anche una vocazione, che ci accomuna, la scuola cattolica.

2. L'uomo è persona sin dal concepimento

Abbiamo dichiarato che l'uomo è completo sin dal primo momento del concepimento.

La scienza afferma che il concepito non riceve più nulla dall'esterno se non il nutrimento materno.

La natura umana è quindi dotata di tutti i suoi elementi, ancorché in forma germinale, ma la dotazione non sarebbe piena, anzi sarebbe radicalmente carente, tale da non essere umana, se non avesse anche il germe spirituale, il principio intellettivo che poi si svilupperà, dopo la nascita, in ragione e in volontà.

L'anima umana non è solo il sentimento corporeo, è anche la luce intellettuale che le sacre scritture denominano soffio dello Spirito di Dio, o luce del Volto di Dio segnato su di noi.

Questo lume non porta automaticamente alla coscienza di sé, che il bambino d'altronde non ha neppure nelle prime settimane dalla nascita.

Ma non per questo l'uomo non ne è dotato sin dal primo concepimento, come contrassegno dell'anima immortale, che il Creatore crea laddove stia per sorgere natura umana.

L'uomo appena concepito si affaccia, per così dire, all'eternità, anche se inconsapevolmente.

3. Nel Verbo è la vita, e la vita è la luce degli uomini

L'uomo viene subito costituito come persona, per cui non può subire violenza: ne verrebbe colpita la dignità della natura umana e l'intangibilità propria di un nuovo individuo, che è già inondato dalla Luce vera che illumina ogni uomo che viene al mondo.

Questa luce vera, come afferma l'apostolo Giovanni nell'introduzione al suo Vangelo, è il Verbo che era in principio, il Verbo in cui è vita, quella vita, continua l'evangelista, che è luce degli uomini.

Sottolineo questa affermazione, perché è a base della nostra riflessione.

L'uomo per natura è illuminato dal Verbo che è vita, ma non vede il Verbo, non percepisce la sua vita.

Diversamente dal frutto del grembo di Maria, che è lo stesso Verbo di vita incarnato.

Tuttavia questa illuminazione intellettiva, che chiamiamo il principio di verità impresso nell'uomo, e che ci evoca altresì le verità eterne di S. Agostino, l'illuminazione di S. Bonaventura, i principi primi di S. Tomaso, l'essere ideale di Rosmini e, con riferimento al piano morale naturale, la legge « scritta e scolpita nei cuori degli uomini » di Leone XIII, questo principio di verità deriva dalla vita che è il Verbo.

Parlando di un progetto educativo per la vita, nella più ampia tematica di una scuola per la vita, propria del nostro convegno, questo punto di partenza, ad un tempo luminoso e vitale, mi sembra particolarmente acconcio per elaborare un piano formativo della scuola cattolica per la vita, dopo che l'abbiamo valorizzato tra le motivazioni che attestano la piena dignità umana del concepito.

4. Il principio di verità che è insito nell'uomo e il progetto educativo scolastico

Un progetto educativo scolastico, sotto l'aspetto logico, ha riguardo in primo luogo agli elementi intellettivi, propri del corso di studi e delle singole materie di insegnamento, le quali fanno leva sulla formazione mentale e sull'esercizio delle facoltà di ragionamento, anche nelle applicazioni pratiche.

Un progetto educativo cristiano deve individuare nel piano di studi e nelle relative discipline scolastiche, pur nella loro autonomia e specificità, quanto vi è di riconducibile ad una cultura cristiana.

È questa la funzione di un progetto educativo, in particolare di un progetto per la vita, come vedremo, di perseguire con la formazione scolastica e professionale, anche la formazione umana, e perciò morale, spirituale e religiosa dell'allievo, mediante il piano di insegnamento e le singole materie.

Queste cose potranno risultare ovvie. Certamente.

Ma nella vita quotidiana condotta nelle nostre aule non mi pare che queste esigenze siano sempre esplicitate ed applicate.

Noi genitori, ed è per questo che la relazione la svolge un genitore piuttosto che un esperto che sarebbe ben più titolato di me, dicevo, noi genitori abbiamo la impressione che per giungere ad un organico progetto educativo nelle nostre scuole, o almeno in molte di esse, occorra ancora compiere del cammino.

In genere avvertiamo una profonda cura e una sincera attenzione dell'istituto e dei singoli insegnanti per la formazione ed il profitto scolastico del ragazzo, un vivo interesse per le specifiche materie, viene giustamente pretesa una seria applicazione e un rigoroso studio da parte degli allievi, non manca il collegamento e il riferimento alle altre discipline, e questo è indice dell'impegno profuso e della serietà presente nelle nostre scuole, come lo riprova l'alto tasso di affluenza in esse.

Però altrettanto onestamente dobbiamo affermare, per lo meno questa è l'impressione non solo mia, ma anche di altri genitori, che non sempre si avverte l'animazione dell'insegnamento e delle materie in uno specifico contesto culturale cristiano, al di là, e di questo ne diamo atto, dell'orientamento religioso dell'istituto e degli insegnanti.

Ma questi elementi sono sufficienti? Il confronto con i documenti del magistero ecclesiastico, e con la nostra esperienza di genitori, ci da una impressione non sempre pienamente appagata.

Così non soddisfa che nelle riunioni di genitori in cui viene esposto il piano scolastico di un dato corso, ad esempio, di liceo o di periti industriali, o di scuola media inferiore, a mala pena venga ricordato che c'è la lezione di religione, ma quasi come un'aggiunta, ancorché necessaria.

Ma, oltre a questo, raramente capita di avvertire riferimenti ad un piano formativo cristiano.

Non deve meravigliare, in tale situazione, che dai genitori non emergano motivazioni cristiane per la scelta della scuola.

Per contro il recente documento della Conferenza Episcopale Italiana su « La scuola cattolica, oggi, in Italia », dichiara, a conclusione del mirabile capitolo secondo, sul progetto educativo, che anche le singole materie di studio, nei loro principi e nel metodo d'insegnamento vanno raffrontate con i valori evangelici alla luce di una cultura cristiana.

Possiamo dire che questo avvenga? Per tutte le materie, pertanto anche per quelle scientifiche, come la matematica e la fisica?

E per tutto il piano scolastico in quanto tale?

Mi rendo conto che ciò non è facile.

Ma un impegno in tal senso è indispensabile perché si abbia una autentica scuola cattolica, ed è per questo che noi genitori, consapevoli delle responsabilità cui la nostra coscienza e il magistero ecclesiastico ci richiamano, non intendiamo sottrarci alla nostra parte di impegno e offriamo la nostra umile, ma appassionata collaborazione.

Come abbiamo già detto, la scuola, il piano di studi e le singole discipline sono in primo luogo esercizio della facoltà umana di ragionare, in applicazione del principio della verità.

Sono pertanto ricerca della verità, consolidamento in essa e suo sviluppo, in una contemplazione di questa sorgente di luce da una visuale sempre più ampia, più nuova, più completa.

Nell'itinerario percorso in precedenza abbiamo collegato il principio di verità al Verbo della vita.

Una scuola di verità per il cristiano è quindi scuola di vita.

È questo un cammino consolante, non forzato, ma conseguente alla riflessione sul principio di verità.

Vorrei dire che è un passaggio obbligato, non appena sia suscitata nei giovani e nei ragazzi la consapevolezza dei talenti intellettivi riposti nello spirito di ogni uomo e che sta a noi contribuire per fare fruttificare.

5. Orientamenti culturali che non procedono da un principio di vita

Purtroppo non portano a queste conclusioni alcune teorie moderne che non fanno procedere il principio di verità che splende in noi dal Verbo di vita, ma che si sono fermate alle soglie della mente umana, pretendendo che tutto derivi dall'uomo.

Sono le teorie ad un tempo idealistiche e materialistiche, che negano il trascendente, in una parola negano Dio.

Valga per tutti il riferimento a Hegel, che al primo vero rivelato dal cristianesimo « In principio era il Verbo », ha sostituito l'affermazione « In principio era l'idea ».

In questa situazione non si pone un principio di vita, perché l'idea che non si riveli come appartenenza di una Mente infinita, cioè del Verbo di vita, non è che un principio soggettivo.

A rigore cessa di essere anche un'idea, è un principio sensitivo limitato, e perciò di morte.

Coerente con queste conseguenze è il materialismo storico, che non attinge ad un principio di vita, anche se tenta un recupero di valori nella giustizia sociale, ma senza poter dare un sufficiente surrogato a ciò che, se è carente, è insostituibile, la vita.

Considerazioni analoghe valgono per il positivismo, che esaspera i dati scientifici e sperimentali, senza pervenire ad una sintesi di vita.

Tutto ciò in termini morali si traduce in una vile filosofia del piacere, del consumismo, dell'egoismo, che sono le piaghe da cui è torturata la nostra civiltà.

6. Per una filosofia di vita nella scuola cattolica

Sto correndo il rischio, come genitore, di cadere in un terreno che non è il mio, quello filosofico.

Ma proprio perché genitore accetto il rischio perché sento impellente l'esigenza che la scuola cattolica ponga delle basi solide al suo impianto culturale.

La sicurezza nei punti fondamentali di tale impianto deriva dalla verità rivelata che ci è stata affidata.

È una consapevolezza densa di umiltà, perché la verità ci è data, non è nostra esclusiva, e va testimoniata, comunicata e sviluppata con responsabilità, operazioni queste in cui anche noi siamo soggetti ad errare.

Ma i principi rivelatici sono incrollabili.

Ora noi genitori saremmo veramente in apprensione se rilevassimo che nelle nostre scuole i principi di una filosofia che si ispiri al cristianesimo non siano elaborati a sufficienza.

Non possiamo farci condizionare dai programmi di esame, o prendere l'andazzo di seguire la moda, riservando lo spazio maggiore a filosofie che non procedono dalla vita.

Tanto più che gli spazi lasciati alle sperimentazioni dovrebbero consentire ampie possibilità, in perfetta concomitanza con i programmi ministeriali.

Il documento della C.E.I. insiste molto perché nelle nostre scuole si elabori una cultura che dia un senso per l'esistenza, ed alla luce di questa matrice siano esaminati quegli orientamenti contemporanei che sembrano negare qualsiasi significato e valore al di là dell'esperienza soggettiva.

Come parlare di una scuola per la vita, se non si insegna una filosofia di vita?

Il discorso sulla filosofia ci porta ad una cultura di vita applicata alle singole discipline.

7. Riferimento alla vita per le altre materie. La matematica e la fisica

Ciò che dovrebbe essere chiaro per la filosofia, e per le altre materie umanistiche, potrà sembrarlo meno per le materie scientifiche.

Eppure mi pare che le considerazioni, che siamo venuti svolgendo, possano portarci ad analoghe conclusioni anche per queste.

Consideriamo la matematica, che può sembrare la più neutrale, per così dire rispetto a riferimenti di valore.

Eppure non mi pare sia così, anzi sarei tentato di dire come questa disciplina sia una di quelle che a suo modo ci rivela la riferibilità di ogni scienza al principio di verità, e quindi alla vita.

Invero la matematica è l'applicazione di metodi deduttivi per lo studio di insiemi dotati di una struttura.

Come non intravedere in quanto campo di ragionamenti puri, di deduzioni logiche astratte, di indagini aprioristiche, un ambito di studio vorrei dire privilegiato sul principio di verità che splende nelle nostre menti?

Difatti le indagini sui criteri del ragionamento, sui principi primi che informano le deduzioni della mente umana, sono pur sempre un cercare e scoprire la verità che illumina l'uomo.

E poiché la verità, come abbiamo visto, procede dalla vita, perché la verità è l'essere che si manifesta, forse che in un'indagine matematica alla fine non emerge, ancorché sul piano dell'analogia, un riferimento all'eterna e immutabile verità, a Dio, che è la vita?

Non solo, ma se facciamo un accostamento tra la matematica e la teologia, che mi sembra proficuo, anche se superiamo la stretta ricerca scientifica, troviamo che alcuni di questi insiemi che studiano la matematica non sono solo puri concetti del pensiero, bensì sono intrinseci all'Essere reale eterno, a Dio.

Mi riferisco ai concetti di unità, di dualità, e di trinità, ognuno dei quali lo rinveniamo sussistente in Dio, o con riguardo alla sua natura, o con riguardo alle tre Persone trinitarie.

È un forzare la matematica il considerarla come una scala per attingere al vertice dell'Essere divino, o non sarebbe piuttosto una forzatura in senso riduttivo il non effettuare tutto l'itinerario, fermandosi ai primi gradi?

E non è forse la scuola cattolica che deve realizzare questo sfocio nella vita in assoluto, con il che si realizza l'incontro tra cultura e fede di cui ci parla il documento sulla scuola cattolica?

Considerazioni analoghe valgono per la fisica che, al di là della metafora, è come una matematica applicata dal sapientissimo Creatore alla natura.

Come non impostare un programma di fisica che non abbia come sbocco supremo l'adorazione di Dio creatore, seguendo in ciò le molteplici testimonianze di illustri scienziati?

Si aggiunga che le ultime scoperte della fisica, specie con riguardo al microcosmo, ci parlano di una materia non inerte, ma animata, in qualche modo quindi vitalizzata.

8. Segue. Altre esemplificazioni.

L'economia. Le lingue I limiti della esposizione non ci consentono di continuare la riflessione con riguardo alle singole discipline, a parte il fatto che questa è una ricerca che spetta alla scuola.

Mi limito solo a dare qualche altro spunto, ancorché semplicemente nominale.

Così l'economia, senza venire meno alle sue leggi sul procacciamento e sulla produzione di beni, andrebbe inquadrata in una visuale al servizio dell'uomo, cioè della vita, e non solo del profitto o degli scontri di classe.

Così le lingue straniere. A parte l'approccio al patrimonio culturale, proprio delle civiltà che ognuna di esse richiama, va rilevato l'elemento inferiore, e perciò vitale, riposto nel loro apprendimento: è stato scritto che chi impara una nuova lingua acquisisce un'altra anima.

E ciò che è animante è vitale.

( Continua )

V. Moccia