Le Suore del Sorriso in India operano tra i rifiuti della società

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Quando Don Antonio Alessi, missionario salesiano a Bombay, scoprì per la prima volta le Helpers of Mary erano le sedici di un afoso pomeriggio.

Una tettoia di lamiera di ottanta metri per quaranta copriva una sorta di dispensario, una piccola maternity, un orfanotrofio con ben quaranta orfanelle ed una specie di convento per otto suore.

Le divisioni esistevano, ma erano di sacchi di tela vecchia.

Don Antonio notò qualcosa di strano nei volti di quelle suore e di quelle quaranta orfanelle.

Erano assai tristi, si muovevano a fatica.

Le suore non avevano ancora mangiato quel giorno ed una di esse, un po' vergognosamente, si scusò dicendo che neppure le orfanelle avevano ancora mangiato.

Don Antonio diede loro subito quello che aveva in tasca e ancora oggi mi dice che quella fu l'offerta che gli diede più gioia perché da quel momento non le abbandonò più.

A Dehisar, nella zona di Borivii, nell'estrema periferia di Bombay, nel bassofondo più grande dell'Asia, incuneato fra la ferrovia ed un canale di scolo dalle acque nerastre e puzzolenti, in mezzo ai lebbrosi, agli « intoccabili », a rottami umani, a figure mostruose che spesso si reggono a fatica appoggiandosi ad un bastone, ho trovato duecento suorine eroiche e sorridenti che vivono « come loro e in mezzo a loro »: questo è il loro motto e la loro vita.

Sono le Helpers of Mary, le Ancelle della Madonna, comunemente soprannominate Suore del Sorriso, perché là dove il fango è più schifoso e la fame è più nera esse maggiormente sorridono e sono presenti.

Danno tutte se stesse all'abbandonato, al lebbroso, al non tollerato e lo fanno sempre con tanta gioia.

Quando le ho incontrate e conosciute, davanti a loro mi sono vergognato: sono semplicemente eroiche!

Non è facile vivere tra i rifiuti umani della società, fra corpi scheletrici e piaghe orrende, non è facile occuparsi di loro ogni giorno, dall'alba al tramonto, dalla sera al mattino, ventiquattro ore su ventiquattro, sorridendo sempre, nel curarli, vestirli, nutrirli e tutto questo solo per amore!

Loro vivono in questo « inferno di sporcizia » tutto l'anno, mentre io, con tutta la mia buona volontà, la prima volta che le avvicinai, dopo sole poche ore mi sentivo nauseato.

Le Helpers of Mary furono fondate da un'eroica missionaria tedesca, Anna Huberta Ruggendorf, morta il 4 luglio 1973.

Colpita dalla tragica visione di migliaia, centinaia di migliaia di mendicanti ammalati, lebbrosi che vivevano abbandonati a se stessi, senza che alcuno si curasse di loro, cominciò nel 1942 a raccogliere attorno a sé qualche giovane generosa che educò ad una vita di sacrificio e dedizione totale ai poveri.

Ho sempre creduto che l'opera di Madre Teresa di Calcutta, con le sue Missionarie della Carità, fosse l'espressione più alta, il vertice massimo che può raggiungere l'amore cristiano.

Eppure a Bombay ha dovuto ricredermi, ho toccato con mano che la Carità di Cristo non ha limiti.

Ho incontrato una giovane Congregazione che nulla ha da invidiare alla stessa carità eroica di Madre Teresa e delle sue Missionarie.

Nel 1962 la Congregazione ebbe la sua approvazione e da quel momento cominciò a diffondersi in altri Stati dell'India ove maggiore è la povertà e la miseria.

Vestono un bianco « sari » che le avvolge dalla testa ai piedi: il vestito dei poveri, simbolo anche di quella purezza ed innocenza che le aiuta a vivere serene e sicure nei luoghi più degradanti, fra i rifiuti della società.

Due anni or sono un gruppo di Suore, mi diceva la Superiora Madre Himelda, durante la stagione delle piogge fu costretto a rimanere in casa per ben nove giorni, con fango dentro e fuori, senza mangiare e senza potersi muovere dal solaio.

Chiesi: « Che cosa ha fatto soffrire di più voi e le vostre quaranta orfanelle? La fame? ».

« No - mi rispose Madre Himelda arrossendo -, ma la mancanza di servizi igienici con quaranta orfanelle e centinaia di senza tetto che rendeva quella zona un inferno di sporcizia e di puzza ».

Quando uscirono, nella stazione vicina trovarono tre bambini abbandonati dai loro genitori che morivano di fame.

La bambina più grande, di soli tre anni, teneva la sorellina di un anno e cercava di farle bere dell'acqua sporca.

Il fratellino di due anni era accanto a loro.

Li portarono a casa e li curarono.

Tre anni or sono due alti funzionavi della Comunità Economica Europea vennero a visitare l'attività delle Suore del Sorriso a Bombay.

Rimasero impressionati dalle condizioni in cui lavorano queste sorelle e dissero alla Madre Superiora che avrebbero potuto interessare delle Organizzazioni Internazionali per procurare loro almeno una casetta prefabbricata nei luoghi in cui operano.

Madre Himelda li ringraziò, ma rifiutò decisamente questa offerta precisando che il loro carisma consisteva, non solo nel vivere fra la povera gente dei bassifondi: lebbrosi, handicappati, senza tetto, ma incarnarsi, accettare le loro stesse situazioni.

Orbene, nella « baraccopoli » più grande dell'Asia esistono ben sedici unità operative gestite dalle Helpers ( dispensari, scuole, laboratori ).

Si tratta di baracche costruite con rottami di legno, zinco, cartone, stracci, brandelli di sacchi vecchi, tenute insieme con delle patta, ricoperte di erba o di foglie di palma, prive di acqua corrente, servizi igienici, fognature, luce - eccetto due - in cui le Holpers dormono la notte.

I turisti che visitano Dehisar lo hanno battezzato un inferno, una « cloaca », ma queste eroine hanno trovato in esso un nido.

Quest'anno sono tornato fra loro, come ogni anno. Ho lavorato con loro.

Ho sorriso con loro.

Mi sono commosso quando l'attuale superiora generale, Sister Leela, mi ha consegnato, con gesto quasi improntalo a devozione, una copia della loro Costituzione approvata dall'Arcivescovo di Bombay, Simon Pimenta, soltanto il 22 aprile 1984.

Aprendo a caso lessi una frase di Madre Anna Huberta, loro fondatrice: « Se asciugassi anche solo una lacrima sul ciglio di uno di questi bimbi orfani, avrei fatto tanto per l'avvenire del mondo ».

Di fronte a questo oceano di necessità, di esigenze impellenti, ho sentito tutta la mia impotenza ed ho scritto queste righe per dire alla generosità degli italiani di cosa è capace il cuore di queste piccole donne sconosciute, dai piedi sporchi di fango, che portano negli « inferni » degli uomini il sorriso di Dio.

Chi intendesse inviare offerte alle « Suore del Sorriso » potrà farlo utilizzando il conto corrente postale n. 515007 intestato a Don Aurelio Maschio - missionario salesiano - Via delle Pisana, 1111 - 00163 Roma ed indicando, nella causale, « Suore del Sorriso ».

Per chi intendesse scrivere l'indirizzo di Don Aurelio Maschio è il seguente: Padre Aurelio Maschio - Don Bosco - Matunga Bombay 19 DD ( India ), mentre quello delle « Suore del Sorriso » è: Helpers of Mary - Shraddha Vihar - Veera Desai Road - Andheri Bombay 40058 ( India ).

Naturalmente, per queste ultime, sarà necessario utilizzare la lingua inglese.