Il convegno della CEI sulla formazione professionale

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La Casa di Carità nel solco della Rerum Novarum.

Gli scritti di Fratel Teodoreto ( riteniamo superfluo rammentare che si tratta di annotazioni effettuate negli anni '40 e riferentesi ad anni precedenti ) manifestano sovente, nel riferimento esplicito all'istruzione ed educazione degli operai ed alla Casa di Carità Arti e Mestieri, un aggancio evidentissimo alla dottrina sociale cristiana che, con la « Rerum Novarum » aveva conferito alla Chiesa, il proprio « Statuto di cittadinanza » nelle mutevoli realtà della vita pubblica, ( Lettera Enciclica « Centesimus annus, n. 5 » )

Fratel Teodoreto scriveva infatti, con tratto sicurissimo: « Si sentiva da tutti i migliori, come si sente ancor oggi, la necessità di educare operai e dirigenti sui principi del Santo Vangelo e le regole emanate dai Sommi Pontefici ».

E la Casa di Carità Arti e Mestieri è un'opera provvidenziale sgorgata nel grande solco delle iniziative scaturite dall'insegnamento che Leone XIII ha impartito con il suddetto documento, ed essa si caratterizza, oltre che con le note specifiche che la individuano, certamente per la rispondenza della sua proposta formativa alla dottrina sociale cristiana.

L'attenzione che l'Episcopato italiano ha dato alla formazione professionale, in connessione al centenario dell'enciclica, è quindi una conferma anche per la nostra Casa di Carità della linea sin qui perseguita, ed è argomento che ci interessa direttamente.

È per questo che si è inteso partecipare alle manifestazioni organizzate in materia.

Invero una rappresentanza di dirigenti e di insegnanti della Casa di Carità Arti e Mestieri è intervenuta al Convegno, svoltosi a Roma il 30 novembre e il 1° dicembre 1990, organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana sul tema « Formazione professionale e solidarietà sociale, nel centenario della Rerum Novarum ».

Va sottolineato il fatto che proprio la formazione professionale sia stato il primo argomento tra quelli previsti dalle manifestazioni intese a celebrare il documento base della dottrina sociale della Chiesa, quale appunto è la « Rerum Novarum ».

Ciò significa che l'Episcopato Italiano tiene in grande considerazione la formazione professionale, per realizzare una visione cristiana del lavoro.

Momento culminante del convegno è stata l'udienza pontificia, al termine della quale le delegazioni degli enti di formazione hanno offerto al Papa dei doni simbolici.

La Casa di Carità, come è illustrato nella foto pubblicata, ha offerto un quadro con l'effige del suo apostolo Fr. Teodoreto, dichiarato venerabile un anno fa proprio da Giovanni Paolo II.

Riportiamo l'intervento del Papa, nonché brevi stralci delle relazioni congressuali.

La parola del Papa

La Formazione Professionale è strumento prezioso per la visione cristiana del lavoro.

Carissimi Fratelli e Sorelle,

1. Sono lieto di porgere il mio affettuoso saluto a tutti voi, riuniti a Roma per il Convegno Nazionale « Formazione professionale e solidarietà sociale, nel centenario della Rerum Novarum », durante il quale avete avuto modo di approfondire le ragioni spirituali e culturali che vi spingono a rinnovare il vostro impegno educativo.

Sono particolarmente grato a Mons. Santo Quadri, Presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, che ha avviato un programma ricco di iniziative per celebrare significativamente il centenario della « Rerum Novarum », un documento fondamentale per lo sviluppo della dottrina e della pastorale sociale della Chiesa nel nostro tempo.

L'odierno contesto storico è molto diverso da quello a cui faceva riferimento la « Rerum Novarum », ma non sono meno impegnativi, per le coscienze di tutti i cristiani e per l'intero genere umano, i problemi e le sfide che ci vengono dalle circostanze del momento presente.

Abbiamo il compito di mettere in esse il lievito de! Vangelo, per orientarle al progetto divino sull'uomo e sul creato.

Confido nel vostro impegno formativo, motivato e sostenuto dall'ispirazione evangelica, con riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, per la crescita umana e spirituale dei lavoratori, specialmente dei giovani che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro.

Voi certamente li formerete ad una concezione cristiana della società e del lavoro, contemperando il loro inserimento nelle attività produttive con lo sviluppo delle loro risorse morali e spirituali, in modo che la loro vita sia vissuta con la dovuta dignità.

2. Dall'attuale complessità delle esperienze del lavoro emergono esigenze sempre più forti di un ricupero e di una riscoperta del significato umano del lavoro, in primo luogo del suo valore spirituale e morale.

Quanto più si diversificano i luoghi delle esperienze umane, tanto più aumentano le difficoltà degli uomini del nostro tempo a ricondurre ad unità di senso le varie esperienze che essi fanno nei diversi luoghi, dove la loro vita sociale e lavorativa si sviluppa.

L'unico senso unitario spesso viene dato, purtroppo, da interessi di tipo esclusivamente materiale, ciò spiega perché il lavoro non viene considerato luogo e mezzo di perfezionamento della propria personalità, ma viene svuotato del suo valore intrinseco.

È una situazione, questa, che richiede un'accurata analisi circa i tempi, i modi, i luoghi e i prodotti del lavoro umano nella società del benessere, per comprenderne i disagi, le inquietudini, le ingiustizie, e, quel che più conta, le speranze soffocate e che fanno esplodere le contraddizioni della concezione materialistica ed economicistica.

3. Dalla « Rerum Novarum » ad oggi la dottrina sociale della Chiesa ha sempre riproposto il valore del lavoro a partire dal valore dell'uomo: il lavoro, cioè, non consiste in un rapporto esclusivo con le cose, ma prende significato dal fatto che, attraverso l'agire sulle cose, contribuisce in maniera determinata alla realizzazione della persona ed alimenta rapporti di solidarietà tra gli uomini e degli uomini con il creato.

Una nuova cultura del lavoro è possibile a partire dalla riscoperta di questo significato integrale del lavoro, che ho proposto nella lettera enciclica « Laborem Exerens », distinguendo tra senso aggettivo e senso soggettivo del lavoro.

L'uomo lavoratore è, nella prospettiva cristiana, un collaboratore della creazione, un realizzatore del piano di Dio.

I cristiani, dunque, ricchi della propria fede, animati dalla loro speranza, testimoni di carità, possono portare una consapevolezza e una coscienza nuova, anche se antica, nel lavoro e nella sua collocazione all'interno della vita sociale, coltivando e approfondendo le loro competenze, mossi dallo Spirito che è principio di vita.

In questa prospettiva la formazione professionale appare uno strumento educativo prezioso per la trasmissione e la diffusione della visione cristiana della vita e del lavoro; richiede la generosa disponibilità di quanti vi operano, esige la collaborazione delle famiglie, l'attenzione degli imprenditori, e l'impegno pastorale delle diocesi e della parrocchie.

Il vostro servizio formativo non può limitarsi a fornire delle qualifiche tecniche; deve coltivare, insieme alle competenze professionali, le virtù del lavoratore, che rendono i vostri allievi uomini preparati e responsabili, cristiani ricchi di doti morali, spirituali e religiose, capaci di affrontare l'esperienza del lavoro come scelta vocazionale volta a costruire insieme la dimora terrena degli uomini, senza mai perdere di vista la chiamata definitiva ed eterna.

Il Santo Padre riceve dal dr. Conti un quadro con il ritratto del Ven. Fr. Teodoreto, quale dono della Casa di Carità Arti e Mestieri.

4. Auspico che all'impegno dei vostri Enti sia sempre riservata congrua attenzione, sia da parte dell'iniziativa privata che da parte delle pubbliche istituzioni, a cui compete la funzione di sostegno, di disciplina e di completamento delle vostre attività.

Ben a proposito avete affrontato le problematiche connesse all'impegno di formazione professionale nell'orizzonte della solidarietà.

I giovani che la società emargina, compresi i numerosissimi immigrati e quelli che sono schiavi di pericolose devianze, devono essere inoltrati sulla strada del lavoro, affinché il valore della loro umanità venga promosso e rispettato.

La formazione professionale è, inoltre, un efficacissimo strumento per la cooperazione tra Paesi ricchi e paesi poveri.

Colgo volentieri l'occasione di questo incontro per esortarvi a perseverare generosamente nel vostro impegno di educatori.

Vi accompagno con l'affetto e con la preghiera, affinché il Signore avvalori i vostri propositi e li renda fecondi di frutti di bene, e di cuore vi imparto l'apostolica benedizione.

Alcune tematiche trattate

Idoneità per l'assolvimento dell'obbligo scolastico

L'idoneità della formazione professionale per l'assolvimento dell'obbligo scolastico, quando questo sarà elevato di un biennio, è una delle conclusioni più importanti che si possono trarre da questo convegno, stante l'alta considerazione che i vari conferenzieri e relatori hanno attribuito a questo tipo di formazione per i giovani.

Nella tavola rotonda, su questo punto specifico, i pareri sono stati tutti favorevoli, con un solo dissenso, ma ciò che qui ci preme sottolineare è come la formazione professionale venga considerata, sia sotto l'aspetto tecnico, che sotto quello culturale e morale, un autentico segno dei tempi per l'educazione del giovane ed il suo inserimento nel mondo del lavoro.

Ma il discorso non riguarda solo il giovane, ma anche gli adulti, per l'aggiornamento e la riconversione dell'attività lavorativa, talché si parla di formazione permanente.

Ma tornando agli aspetti etico religiosi della formazione, che hanno costituito la tematica del convegno per la connessione con la « Rerum Novarum », completiamo queste brevi note con riferimento alle relazioni del card. Piovanelli, arcivescovo di Firenze, e di mons. Quadri, presidente della commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro.

La rappresentanza della Casa di Carità durante il convegno.

La rappresentanza degli insegnanti della Casa di Carità tra i partecipanti all'udienza del Sommo Pontefice l'1/12/1990 nell'aula Paolo VI.

Impegno della Chiesa per la formazione professionale

Il card. Piovanelli ha più volte ribadito che l'evangelizzazione riguarda anche la dimensione sociale dell'esistenza umana, per cui si deve parlare di evangelizzazione del sociale e del lavoro.

La Chiesa si impegna nell'elaborare nuovi progetti educativi per un approccio globale al mondo del lavoro, e di conseguenza a quello politico ed economico ad esso connessi.

Occorre promuovere una formazione professionale plenaria, che ponga al centro la persona umana, le competenze etiche, sociali e culturali e non solo quelle produttive.

Obiettivo di questa formazione è non solo l'addestramento tecnologico, ma la persona, che ricerca il significato delle idee, del lavoro, della professionalità.

In questa prospettiva è importante il supporto e gli spazi di libertà che le strutture pubbliche dovrebbero dare alla scuola e alla formazione professionale.

Vocazione professionale - Contenuti morali

Dalla relazione di mons. Quadri, che ha impostato il suo discorso sulla « vocazione » alla professione, riportiamo la rassegna dei doveri morali insiti nella professione, ed ai quali i giovani vanno educati:

a) il dovere di prepararsi non solo per guadagnare di più, ma per esigenze morali di perfezione personale e di servizio sociale;

b) il dovere di fedeltà al compito assunto;

c) il dovere dell'esattezza nello svolgere i vari procedimenti nei quali si articola ogni lavoro professionale;

d) il dovere del continuo perfezionamento dell'attività professionale per esigenze personali e sociali, per ridurre tempo e pesantezza del lavoro, necessario per procurarci beni e servizi materiali, onde dedicare più tempo e attenzione ai valori culturali e religiosi;

e) il dovere dell'adattabilità a nuovi compiti come conseguenza logica della necessità di offrire un servizio sempre più efficiente per mezzo di nuove tecnologie;

f) il dovere della giustizia, da rispettarsi scrupolosamente da tutti in una concezione dinamica dell'ordine sociale ed economico, e con spirito di rispetto e collaborazione;

g) il dovere di valorizzare l'esigenza della persona ed assumere responsabilità sempre maggiori nello svolgimento della sua attività professionale.

Il coronamento di questo cammino è la concezione soprannaturale salvifica della professione, costituita dall'incontro con Cristo, Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per dare a ognuno la possibilità di risanarsi e di elevarsi alle grandezze della figliolanza adottiva di Dio.

In questa redenzione rientra anche il lavoro, e la solidarietà, cui esso deve ispirarsi, s'innesta nel corpo mistico.

Conferme e verifiche per la proposta formativa della Casa di Carità

Queste rapide note, aventi essenzialmente un carattere informativo, non esimono però dalla suggestione, o dallo studio, per chi volesse intraprenderlo, di confrontare la proposta formativa della Casa di Carità Arti e Mestieri con le tematiche scaturite dal Convegno.

Ci limitiamo ad una sola osservazione: è noto che nella suddetta proposta è dato ampio spazio alla professionalità, come qualificazione dell'allievo al lavoro, come abilitazione a svolgere un ruolo nelle continue innovazioni tecnologiche, come formazione della persona a livello sociale, morale e religioso, con conseguente conferimento di sicurezza di vita.

La professionalità viene quindi intesa come una cultura incentrata sul lavoro, o, correlativamente, come un lavoro fonte di cultura, e tutto ciò in forza del fermento cristiano.

Dal discorso del sommo Pontefice e dai pur sommari lineamenti riportati degli interventi del convegno, è rilevabile la consonanza dell'elaborazione del concetto di professionalità, e più in generale della proposta formativa della Casa di Carità, con l'insegnamento della Chiesa, il che è di incentivo a continuare nella via intrapresa.

V. M.