Conv. CEI : I Cristiani e le sfide della formazione

B274-A14

Roma, 2 aprile 1998

Mondo della formazione e del lavoro: la prospettiva della evangelizzazione

La Casa di Carità al Convegno della CEI

Al convegno organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana - Uffici Nazionali per l'educazione, la scuola e l'università, nonché per i problemi sociali e del lavoro, sul tema "Cultura e professionalità: i cristiani e le sfide della formazione" tenutasi a Roma alla Domus Mariae il 2 aprile u.sc., la Casa di Carità è intervenuta con una folta rappresentanza di dieci delegati, nonché con la relazione svolta dall'ing. Bondone, e una testimonianza scritta del dr. Moccia.

Questi ha trattato i punti chiave delle iniziative sociali dei cattolici in materia di formazione professionale, con specifico riguardo alla cura delle risorse umane e all'innovazione organizzativa.

Sul primo aspetto è stata sottolineata la necessità dell'acquisizione da parte del personale delle competenze di base e delle figure chiave, nonché l'aggiornamento continuo anche tramite lo strumento dell'alternanza e dei laboratori.

Sul secondo aspetto si è rilevata la necessità di delineare il modello di centro polifunzionale di servizi formativi, cioè una struttura in grado di fornire risposte diversificate a bisogni molteplici, indispensabile per garantire qualità ed integrazione tra le differenti funzioni ed i diversi prodotti-servizi o filiere formative.

Tra gli atti del convegno è stato inserito altresì un intervento di testimonianza del dr. Moccia, qui di seguito riportato.

Intervento di testimonianza

1. Valenza educativa della formazione professionale.

Questo intervento scaturisce dall'esperienza nei centri di un ente di formazione professionale, ed ha quindi la caratteristica di testimonianza, sul tema specifico ora all'esame, cioè se, e in quale misura, la formazione professionale possa costituire annuncio evangelico.

Che la formazione professionale possa avere una valenza educativa è un dato di fatto acquisito, inerente alla sua rilevanza per la promozione della persona nella sua integrità, attraverso il conferimento di una professionalità.

Non sempre questa nota specifica viene tenuta presente e valorizzata, come quando si consideri l'addestramento solo come fase propedeutica rispetto al lavoro, attenuandosi l'interesse per l'elevazione della persona.

Ma la prospettiva educativa è generalmente considerata inerente alla formazione.

A ciò consegue, per la pienezza appunto della valenza educativa, la rilevanza che la formazione può rivestire sul piano spirituale e religioso, come strumento per l'annuncio evangelico.

E questo per uno sviluppo della valorizzazione dell'educazione sul piano della solidarietà e della trascendenza, che sono proprie del messaggio evangelico.

Come nell'insegnamento impartito nella scuola cattolica la valenza educativa rispetto ai valori del Vangelo è insita nello stesso apprendimento attraverso le discipline scolastiche, senza far venire meno la loro peculiarità e autonomia, e ciò costituisce la caratteristica del progetto educativo - almeno questo è l'obiettivo che ci si propone -, così nella formazione professionale l'educazione della persona deve esprimersi attraverso l'apprendimento di un mestiere, di un'arte e di una professione: in termini più generali con il conferimento di una professionalità.

E nei centri di formazione professionale cattolici tale bagaglio educativo è ispirato al messaggio evangelico.

L'ing. Attilio Bandone nel suo intervento al convegno della CEl su formazione e lavoro.

2. Trasmissione di valori cristiani.

Quindi, in termini sintetici, insegnando a lavorare, si annuncia il Vangelo, anzi si da la possibilità di un incontro con Cristo.

Come è possibile tutto ciò nello svolgimento dell'attività formativa, perché abbia concreta esplicazione e non resti solo una intenzione generica?

Per rispondere a questa domanda occorre appunto specificatamente rifarsi all'esperienza operativa acquisita nei centri professionali di ispirazione cristiana.

Durante l'esplicazione della formazione, sia nelle lezioni teoriche in aula, che nel concreto addestramento al lavoro accanto alle macchine o ai computer, l'allievo, giovane inoccupato, o adulto in riconversione, o disoccupato, normale o disabile, ha un impatto con l'ambiente del centro professionale con molteplici modalità di contatto, cioè con l'insegnante o l'istruttore, con la comunità della classe, con la professionalità che gli viene erogata e, più in generale, con il carisma dell'istituto.

Tale complesso di messaggi sensibilizza l'allievo sotto l'aspetto educativo, verso almeno tre valori, che potremmo considerare altresì obiettivi:

1 - la dignità di ogni essere umano;

2 - la dignità di ogni lavoro;

3 - la santificazione del lavoro in Cristo.

3. Dignità di ogni essere umano che apprende il lavoro.

In ordine al primo obiettivo, sulla dignità di ogni essere umano che apprenda il lavoro, la stessa erogazione della formazione professionale attraverso i centri di formazione sta ad attestare l'attenzione alla persona umana e il riconoscimento della sua dignità.

Ci si attesta pertanto su posizioni che stanno al di là di ogni svalutazione e alienazione del lavoro conseguenti a dottrine e comportamenti ispirati prevalentemente a concezioni materialistiche o di distorta impostazione economica.

In termini più concreti e direttamente percepibili dall'allievo, si tratta di superare la mortificazione sovente ancora collegata alla condizione di operaio, inteso quale strumento anonimo di un processo produttivo, di vincere l'eventuale umiliazione del giovane che si sente menomato per non poter svolgere un'attività impiegatizia o di libera professione, e di rettificare l'erronea concezione di considerarsi di serie inferiore di fronte agli altri, talora alla stessa famiglia che magari non lo comprende, e sovente di fronte a se stesso.

Questa mentalità purtroppo non è ancora del tutto superata e ne abbiamo dei residui talora insidiosi nel modo di valutare e classificare le persone a seconda della loro posizione professionale.

Per contro il conferimento di una professionalità che garantisca competenza, abilità e possibilità di occupazione, e pertanto sicurezza di vita, contribuisce al riconoscimento della dignità della persona.

Una delle ragioni per cui nei corsi di formazione professionale si da spazio anche alle materie culturali, come educazione civica, etica sociale, organizzazione del lavoro, a parte la teoria nelle discipline tecniche, non è dovuta solo agli aspetti multiformi che la professionalità riveste ( sotto quello politico, economico, sociale, culturale e spirituale ), ma è altresì conseguente alla necessità di concretamente assecondare l'allievo nella sua elevazione umana e spirituale.

Torna opportuno al riguardo la citazione delle parole del Papa nel discorso ai lavoratori del 19/3/97: « La Chiesa, di fronte alle insidie presenti in certe manifestazioni della cultura e dell'economia contemporanea, non cessa di annunciare la grandezza dell'uomo, immagine di Dio, e il suo primato nella creazione ».

4. Dignità di ogni lavoro.

Circa il secondo obiettivo, relativo alla dignità di ogni lavoro, ne è evidente la derivazione da quello precedente, attinente alla dignità di ogni essere umano.

Ma nell'esplicazione concreta della formazione professionale tale stima ed apprezzamento sono insiti nel semplice fatto di addestrare ad uno specifico lavoro, o ad una serie di lavori.

E questo uno degli aspetti più specifici della nostra opera educativa, e più strettamente collegabile ad una dimensione trascendente, non appena si colleghi l'attività lavorativa al comando biblico di Dio all'uomo di operare sul creato, continuando in certo modo la creazione.

5. Conseguenza. Il lavoro come solidarietà.

Conseguenza di tali principi sono la concezione del lavoro come servizio per gli altri, nonché la solidarietà verso chi non ha lavoro e verso le persone più deboli.

Instillare nei nostri allievi il concetto che il lavoro non è solo strumento per la propria sopravvivenza, o magari solo per fare soldi, ma particolarmente per sentirsi utili agli altri, è un metodo efficace per inserire i principi della solidarietà cristiana, anzi della stessa carità, proprio all'interno del processo produttivo del lavoro.

Sensibilizzare gli allievi che si preparano al lavoro ad una solidarietà per chi non ha lavoro e per i più deboli, qualifica spiritualmente i nostri corsi di formazione, inserendo nella concezione del lavoro la componente essenziale del servizio degli altri.

6. Santificazione del lavoro in Cristo.

Il terzo obiettivo, cioè la santificazione del lavoro in Cristo, costituisce parimenti una componente costante del rapporto con l'allievo, per lo meno per la predisposizione di punti di riferimento e di riscontri specifici, e pertanto non solo come intenzione generale.

Con riguardo a tale criterio, all'allievo si fanno delle proposte, la cui accettazione dipende solo da lui, e non potrebbe essere diversamente, ma il riferimento trascendentale non viene omesso.

Il requisito di aggancio più immediato, e viene di nuovo opportuno il riferimento alle parole del Papa nel citato discorso, è che « Gesù stesso era l'uomo del lavoro, del lavoro artigiano, come Giuseppe di Nazareth.

Egli appartiene al mondo del lavoro, ha per il lavoro umano riconoscimento e rispetto; si può dire di più: guarda con amore questo lavoro e le sue diverse manifestazioni ».

Approfondendo questi concetti, l'elevazione spirituale dell'addestramento al lavoro viene vista in Gesù Crocifisso e Risorto, il quale ci rivela il volto di Dio, e pertanto la realtà e il significato profondo delle cose, tra cui il lavoro, e attrae tutti e tutto a sé, facendo del lavoro elemento di conversione e di carità.

Queste applicazioni teologiche e spirituali possono essere proposte in specifici momenti liturgici ed in appositi esercizi di pietà predisposti appositamente per i giovani e per i lavoratori.

Ma lo sforzo costante è quello di prospettare anche questi obiettivi spirituali attraverso le procedure di apprendimento e di conferimento della professionalità, come se fossero incarnati in queste.

Non dico che sia facile e che ci si riesca sempre: comunque questa è la meta, di tanto più urgente considerando che, con l'inserimento di extracomunitari di altre religioni, specie mussulmani, non solo, ma con riguardo anche a nostri giovani e adulti che si dichiarano miscredenti, l'annuncio di Gesù Cristo non può sempre passare attraverso la catechesi tradizionale, pur valida e comunque da non omettere.

Occorre sovente partire dalla comunicazione culturale, oppure, e dovrebbe essere la nota specifica della formazione professionale, attraverso l'addestramento ad un'arte o ad una professione.

Per esemplificare, la gioiosa notizia, comunicata magari mentre si fa l'addestramento ad un tornio, che Gesù, dichiaratesi Figlio di Dio, ha trascorso il maggior numero dei suoi anni sulla terra facendo il carpentiere, può benissimo avere per destinatario chi non è cristiano, o non si dichiari più tale, senza che si faccia alcun forzamento di coscienza.

7. Per una spiritualità del lavoro.

Dai suddetti criteri scaturisce una autentica spiritualità del lavoro, per rifarci alle profonde riflessioni del card. Martini,1 che contiene ulteriori valori, oltre quelli cui si è accennato, come il superamento di una eccessiva preoccupazione per il lavoro nell'esistenza, o come la disistima dell'ossessione del lavoro, quale suprema ragione di vita.

E da questi atteggiamenti si può trarre l'insegnamento per l'acquisizione, attraverso il lavoro, di uno stile di sobrietà e di essenzialità di vita, con tutte le applicazioni che da ciò conseguono.

Si tratta dell'applicazione delle parole di Gesù nel discorso della Montagna: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, … non affannatevi per il domani" ( Mt 6,33-34 ).

8. Riflessi sul piano sociale.

Mi sono soffermato sui suddetti atteggiamenti per evidenziare alcuni mezzi espliciti - o che per lo meno potrebbero essere tali - per un annuncio evangelico.

Ad essi sono connessi tutti gli altri aspetti di promozione umana insiti nella formazione professionale, che penso debba essere nostra premura comunicare, e fare recepire dagli allievi, come valori evangelici.

Già ne abbiamo evidenziati alcuni.

Ne richiamiamo altri, in una rapida sintesi, essenzialmente per sottolineare come la spiritualità del lavoro abbracci tutti gli aspetti della promozione umana.

In tale ottica, la formazione professionale si pone:

- come prospettiva concreta nello scenario della lotta contro la fame e la povertà;

- quale strumento efficace contro la disoccupazione, specie giovanile, e contro il pericolo di una rapida obsolescenza professionale di chi lavora;

- quale difesa dalle minacce di alienazione conseguenti ad uno sviluppo economico e tecnologico rivelantesi sempre più incomprensibile;

- quale mezzo valido perché nella società si operi sempre più in termini di valorizzazione delle risorse umane.

9. La proposta formativa della Casa di Carità Arti e Mestieri. Carattere lasalliano.

Poiché la presente è una testimonianza scaturita da un ente di formazione professionale, non risulta fuori luogo un accenno finale al contributo e alle specificità che l'Ente medesimo può offrire sulla tematica dell'evangelizzazione attraverso la formazione professionale, tanto più che esso è adattabile e estensibile ad ogni centro di formazione cattolica.

Per la Casa di Carità Arti e Mestieri, la stessa denominazione è insegna programmatica, rivelativa dell'orientamento e degli scopi educativi.2

Invero in tale denominazione la correlazione della « carità » alle « arti e ai mestieri », cioè alla tecnica e alla scienza, esprime il suo significato più pieno nell'intendimento di dare un'anima culturale di trascendenza e di solidarietà ai progetti della nostra società industriale.

Tale qualificazione personalistica e umanitaria della ricerca e della produzione scientifica viene a delineare una forma di cultura incentrata sul lavoro, sia nella linea dei principi che negli obiettivi operativi, il che risulta particolarmente idoneo a costituire la nota specifica di un progetto educativo di formazione professionale.

Ciò implica, per l'animazione scaturente dal fermento cristiano, una concezione del lavoro fortemente centrata sul valore della persona e sul servizio alla comunità.

Operando per la formazione al lavoro si persegue, nel contempo, la crescita dell'uomo e del cittadino, come abbiamo cercato sopra di illustrare.

Alla moderna società industriale, il lavoro viene quindi proposto come « professione », perciò come capacità di avvalersi del progresso tecnologico per volgere a favore dell'uomo l'organizzazione e i rapporti di lavoro.

Sul riferimento più esplicito della carità all'amore di Cristo, e all'amore dell'uomo in Cristo, ci siamo pure già soffermati sopra, per cui non insistiamo.

Ci sia consentito concludere con una citazione di S.G.B. de La Salle, che per essere il patrono di tutti gli educatori riveste un carattere generale e comune ad ogni esperienza scolastica e formativa.

Afferma il de La Salle, rivolto ai suoi maestri ed educatori: « Voi siete i ministri di Dio nell'attività che esercitate ».

Viene qui evidenziato come l'insegnamento scolastico sia un vero e proprio ministero ecclesiale.

Questo vale anche per la formazione professionale, che dobbiamo pertanto considerare a pieno titolo strumento di evangelizzazione.

La delegazione della Casa di Carità ai convegno della CEl su formazione e lavoro
( da sinistra: Bondone, Lo Presti, Aldo Bottale, Andano, Pesce, Monteamaro, Frison, Calabretta e Comba ).

Vito Moccia


1 Cfr. Card. Martini, riflessione alla veglia dei lavoratori, del 30 aprile 1997.

2 La denominazione "Casa di Carità Arti e Mestieri" non è la risultante di una ricerca di gruppo, ne il suggerimento di un esperto di sociologia del lavoro. Essa compare nel diario spirituale di fra Leopoldo M. Musso o.f.m., un frate converso, cuoco nel suo convento in Torino, umile e pressoché segregato dal mondo, a parte la fama spirituale dei suoi carismi. In tale diario, in data 19/11/1919, fra Leopoldo - che non si era mai occupato di problemi di scuola e di lavoro, ne tanto meno di formazione professionale - annotava questa frase « Per salvare le anime, per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per far imparare ai giovani Arti e Mestieri ».