La Chiesa è Carità

B294-A5

Stralci dal libro di Mons. Pollano

Mons. Giuseppe Pollano ci ha gratificati aggiungendo un altro gioiello nella collana delle sue pubblicazioni e precisamente: "La Chiesa è Carità - La rivelazione dell'amore nell'Enciclica di Benedetto XVI.1

In tale opuscolo si sviluppano i temi vitali dell'enciclica " Deus caritas est " di Benedetto XVI, con particolare riguardo a come sia recepita nella Chiesa e nei singoli fedeli la fondamentale verità che Dio è amore e, di conseguenza, come essa si rifletta nella società.

Nel presentare ai nostri lettori questo testo, più che tracciarne una sintesi, preferiamo stralciarne alcuni passi, affinché in qualche modo emerga la passione con cui l'Autore ci lancia la sue dichiarazioni, che possiamo definire messaggi di amore.

Nella prefazione, già viene impostato lapidalmente l'obbiettivo cui tendere, come risulta dal passo seguente ( le titolazioni dei brani riportati non sono dell'Autore ).

Non solo eroismi di carità, ma per una civiltà d'amore 

Occorre ripartire dall'umiltà, come passo primo.

Riconosciamo di non avere ancora realizzato praticamente noi stessi, Chiesa appunto, come carità.

Carità inconfondibile, evidente, caratterizzante.

Duemila anni riassunti credendo in Dio carità, e in tutta la sua opera ci narrano eroismi di carità, ma non cultura di carità o civiltà d'amore, come oggi diciamo ( premessa pag. 12 )

Nel passo seguente si sottolinea come il presentare Dio come Amore deve poi impegnarci a far percepire ai destinatari del nostro annuncio, specialmente ai giovani, l'effettiva realtà di tale Amore, affinché non sia offuscato o eclissato.

Difficoltà dei giovani a percepire come esistenziale l' "amore di Dio"

Il fatto che l'essenza di Dio sia Amore ci obbliga a considerare il rapporto con lui secondo amore, e la constatazione appare lapalissiana; ma avvezzi come siamo a lasciarci muovere, quanto ad amore, da beni che siano ben visibili o percepibili, e ci attraggano con qualche seduzione, noi possiamo glissare molto facilmente su quella verità e volgerci per vivere a ciò che « è buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza » come al vero amabile; errore di percorso che, soprattutto nell'attuale cultura del piacere delle società « opulente », è da ritenersi normale: quando i giovanissimi cristiani entrano nella fase esperienziale della vita, dove libertà, proprietà, amore, sessualità svelano le loro potenze gratificanti, essi faticano a credere - se pure lo avevano interiorizzato nella fanciullezza - che l'« amore di Dio » ( comunque loro presentato ) valga più degli amori esistenziali; Dio in quanto amante a amato cala sotto l'orizzonte, e in questo tramonto perde per loro ogni senso reale l'ardente comando che tuttavia continua a sollecitarli, particolarmente come battezzati e spesso « confermati nella fede » con la cresima: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente ». ( Ritorno all'essenza di Dio, n.3, pagg. 15-16 )

L'Autore pone in massima evidenza come la chiamata da parte di Dio sia al suo amore, e a tale amore sia rivolta la risposta dell'uomo.

L'autentica giustizia interiore

Questa chiamata va compresa come tale, perché non sempre suona così esplicita e inequivocabile.

Essa si avverte in quella zona della coscienza in cui ci si dovrebbe incontrare profondamente con Dio Amore.

Ogni volta che invece ciò non accade, almeno a sufficienza, la chiamata si accende come senso di carenza misterioso: una Catechesi ecclesiale e sociale spia di disagio.

Perché disagio, se Dio è Amore?

Proprio perché Egli, amandoci, ci vuole; e ci dona così l'intuizione della nostra ingiustizia interiore, non obbedendo noi al comando di Gesù riguardo al « rendere a Dio quello che è di Dio », ossia amore degno.

Se siamo infatti avvezzi allo scarso incontro con lui, alla preghiera come azione fra le altre, a coscienza e cura che sempre ci legano all'esistenza, che non è l'essenza di Dio; se mai varchiamo, con rottura decisa, la soglia del mistero divino che pur merita questo passo della fede, noi ci troviamo recalcitranti dinanzi ai primi segni reali del passaggio: avvertenza, silenzio, meraviglia, innovazione del presente, intima voce di riconoscimento: « Tu, DIO ». ( Ibidem, n.5, pag.18 )

A più riprese nell'opera viene sottolineata l'essenzialità di avere il senso realistico di Dio, che è Amore, senza il quale le conseguenze sono gravi.

Il peccato: lasciare languire questo amore vivo

Perso il passaggio della trascendenza, chi può portarci di nuovo all'essere vivo, oltre l'esistenza che ci è data, se non questo possente e intrattenibile amore, che non dobbiamo cercare altrove che in noi stessi, visto che « è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato »?

Ecco il peccato, dunque.

Il lasciare languire in noi tale amore vivo, non insegnare e praticare l'attualità di questo amore in noi, il suo primato di azione che precede tutte le azioni, e dunque le anima, non potendo staccarsi da Dio Amore amato. ( II. La pressione dell'Essere increato su quello analogico, n.2, pag.22 )

Particolarmente efficace ed attuale è l'esame e l'approfondimento del concetto di "Essere" che viene giustamente attribuito a Dio, ma che non deve essere limitato alla nostra realtà creaturale.

Così sovente si perde il primato del "IO SONO" di Gesù, perché non viene riferito alla sua realtà di Verbo, mentre invece dovremmo lasciarci attrarre nella vita dove Egli "era" in eterno.

Ma specifico del tema del libro è il riferimento all'Amore, come risulta da questo passo: L'Essere è l'Amore Bisogna essere attenti, in questa valutazione.

Con il nostro pensare astratto noi consideriamo l'« essere » un che di indefinito, permanente e sovrano, rispetto a cui anche l'amore appare una brezza; ma quando si dice di Dio che è Amore, è bene guardarsi da ogni dissociazione di significato, ricordando che in lui non ve ne è alcuna: è l'Amore che è l'Essere, come - passi l'esempio - una roccia di apparenza immutabile, altro non è che vibrazione di energie intensissime. ( II. Ibidem, n. 4, pag.24 ).

Continuando in tale analisi, l'Autore evidenzia che se in noi Cristiani si verifica il distacco dell'Essere dall'Amore, gli effetti sono tragici:

L'Essere di Dio Amore chiama, e chiama forte

Quest'effetto del distacco dall'Essere, pensato ma non praticato, lo si riscontra anche fra noi cristiani, nella misura in cui non siamo realmente nella condizione di « familiari di Dio », ovviamente nell'unico modo possibile che è l'amore.

In tal caso infatti non possiamo neanche noi, pur se « crediamo » in Dio ( « anche i demoni lo credono » ), sfuggire all'universale tragicità.

Questa si manifesta in tutti i modi che esperienza, riflessione, letteratura, arte continuamente ridicono, rivelando il nostro logoramento umano: senza la realistica unione con l'Essere che è Dio Amore noi non siamo in grado di sottrarci agli effetti deleteri di « morte, lutto, lamento e affanno »; deleteri nel senso che ci appaiono come naufragio della vita, e producono in noi l'interpretazione triste dell'esistenza, con una convinzione di nonsenso che angoscia e produce rassegnazione o disperazione, esattamente come in tutte le creature sole rispetto al Creatore.

Risulta ben chiaro, alla prova del fatti, che troppo spesso nessun amore di Dio particolarmente rilevante e dunque causativo di atteggiamenti nuovi rispetto a quelli mondani ci determina e ci qualifica; il riscontro di tale infermità sta nel fatto che non meno degli altri uomini e donne noi ci lasciamo dominare « dalla concupiscenza della carne, dalla concupiscenza degli occhi e dalla superbia della vita »; prova evidente che stiamo esistendo sulla piattaforma della vita terrena come se fosse la nostra unica risorsa per amare ed essere felici. ( II, Ibidem, n. 5, pag. 25 ).

I limiti di questa presentazione non ci consentono di andare oltre nelle citazioni, inoltrandoci nel vivo del contesto del lavoro, in cui .le meditazioni di don Pollano possono essere considerate come variazioni sul tema della carità; variazioni pacate e metodiche, che non pretendono certo di aggiungere nulla di nuovo a quello che il Papa dice nella sua Enciclica, ma intendono accompagnare il lettore in una serie di passaggi che quasi insensibilmente egli è invitato a fare per rendere sempre più fervida la sua adesione alla Chiesa e per risalire sempre dalla Chiesa a Cristo e da Cristo a Dio, unica fonte dell'amore, secondo quanto scrive mons. Carlo Ghidelli nella prefazione all'opera.

Rinviando il lettore ad assaporare direttamente il testo, in cui brillano, tra l'altro, gli stupefacenti, ma pienamente verosimili, riferimenti a "Maria, madre dell'Amore", concludiamo le citazioni con il seguente passo:

La civiltà dell'amore

( La "civiltà" ) è quando l'imperativo di amare è radicato in tutti fin dall'infanzia come legge veramente suprema, ed entra nel pensiero, nel gesto, nel comportamento, in modo tale che non si può né si vuole più vivere con "il cuore di pietra", considerato somma sventura umana; allora sì, il giovane socializza, studia, volendo entrare nella vita di tutti capace, nel proprio ruolo, di amare coloro che Dio Ama.

Scompare, per l'amore, il "caso". umano: giuridico, clinico, scientifico, politico, come se scienza e interesse potessero risolvere l'uomo vivo; attraverso la legge e gli strumenti l'amore giunge all'altro, vuole il suo bene come vuole il proprio, e solo così è contento.

Scompare, per l'amore, la "indifferenza". umana: burocratica, assente, come se gli "altri" fossero un oggetto, spesso un ingombro, e bisognasse farsi strada zigzagando fra ombre; stando fra gli altri l'amore trova il proprio vero sguardo, che non soltanto "vede" ma s'accorge, e fa dire: "Non piangere".

Scompare, per l'amore, il "calcolo". tremendo di quando l'altro e gli altri non sono più persone.

Siamo grati a mons. Pollano di queste magistrali riflessioni, che per noi dell'Unione oltretutto rivestono un sapore, anzi un mandato particolare, ispirandoci noi all'amore a Gesù Crocifisso e a Maria, Immacolata, ed essendo promotori della Casa di Carità Arti e Mestieri, espressione di tale amore, che nella stessa denominazione pone la Carità come animatrice e ragione d'essere delle opere dell'uomo, del suo vivere, nella formazione dei giovani e nel contributo all'edificazione della Civiltà dell'Amore.


1 La Chiesa è Carità - La rivelazione dell'amore nell'enciclica di Benedetto XVI Edizioni Studium - Roma - euro 13.00