CEI/Adulti/0409/0409.txt Catechismo degli Adulti Parte 2 - Nell'unità dello Spirito Santo Introduzione Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti. ( Ef 4,4-6 ) 409 Il Signore risorto, comunicando lo Spirito Santo, raduna intorno a sé la Chiesa, popolo della nuova alleanza, mediazione salvifica di verità e di grazia, mistero di intima unione con Dio e tra gli uomini. Introduzione Sezione prima - Tempo della Chiesa tempo dello Spirito 410 Il libro degli Atti degli apostoli racconta l'ascensione visibile di Gesù al cielo, come una svolta nella storia della salvezza. Il Signore risorto scompare agli occhi dei discepoli: "una nube lo sottrasse al loro sguardo" ( At 1,9 ). A Gerusalemme, in questo momento, cessa la sua presenza visibile, la sua vicenda storica personale. E da Gerusalemme parte il cammino della Chiesa, secondo il programma tracciato da lui stesso: "avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino agli estremi confini della terra" ( At 1,8 ). 411 Ricevuto il dono promesso, i discepoli gli danno testimonianza, non come a un personaggio defunto, relegato nel passato, ma come a un vivo, risorto dalla morte e presente ancora nella storia degli uomini, sia pure in modo diverso. Anzi sono convinti che attraverso i suoi inviati è lui stesso, il Messia-Servo, ucciso dagli uomini e glorificato da Dio, a comunicare la salvezza a tutte le nazioni, secondo l'antica profezia: "Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra" ( Is 49,6; At 13,47; At 26,23 ). Lo Spirito Santo non viene a supplire la sua assenza, ma ad attuare la sua nuova presenza. Con il dono dello Spirito e la missione della Chiesa, egli rimane nella storia, per attirare gli uomini a sé e ricondurli al Padre. Il tempo della Chiesa, che è anche tempo dello Spirito, trova così la sua collocazione tra la risurrezione di Cristo e la risurrezione universale. 412 Ma il mistero della Chiesa è in qualche modo presente in tutta la storia. Essa infatti è progettata nell'eterno disegno del Padre; è prefigurata fin dall'origine del mondo, in quanto tutto è orientato a lei; è preparata nell'Antico Testamento; è fondata da Gesù Cristo nella pienezza dei tempi; è manifestata pubblicamente mediante il dono pentecostale dello Spirito Santo; si compirà nella gloria eterna. 413 Ora presenteremo la Chiesa come popolo di Dio degli ultimi tempi, radunato da Gesù Cristo e animato dallo Spirito Santo ( capitolo 11 ). Tratteremo la varietà dei carismi, dei ministeri, delle vocazioni e, in particolare, la distinzione dei fedeli in tre stati di vita: ministri ordinati, laici, persone di vita consacrata ( capitolo 12 ). Esporremo la missione della Chiesa a servizio del regno di Dio, da accogliere, annunciare, celebrare e testimoniare ( capitolo 13 ). Capitolo 11 Lo Spirito del Signore e la comunità dei credenti Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità … Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. ( Gv 14,16-18 ) 414 Il Signore Gesù raduna i suoi discepoli nella Chiesa, comunità storica vivificata dallo Spirito, segno pubblico ed efficace del regno di Dio e della salvezza, popolo della nuova alleanza aperto a tutte le genti, santa e bisognosa di purificazione, una su tutta la terra e presente nella molteplicità delle Chiese particolari, fedele all'eredità apostolica e inesauribilmente creativa in culture ed epoche diverse. Pentecoste 415 Nel nostro paese molti si dichiarano cattolici per tradizione culturale, perché la Chiesa è "l'agenzia del sacro" più autorevole. Molti vedono la comunità cristiana come un fatto sociale positivo, perché svolge un'importante azione educativa e assistenziale. Nello stesso tempo, però, non la ritengono necessaria per il loro rapporto con Dio. L'individualismo religioso è molto diffuso. Ma è giusto considerare la Chiesa come una realtà semplicemente umana? Occorre ricercare la sua origine e il segreto della sua vitalità. Nasce il popolo messianico 416 Durante la vita pubblica, Gesù di Nàzaret ha avviato con i discepoli un'esperienza di comunione e di missione. ( Mc 3,13-15; Mc 6,7-12 ) Risorto dalla morte, li riunisce di nuovo intorno a sé con le apparizioni pasquali dei quaranta giorni, e traccia il programma della loro missione universale. ( At 1,1-8; Mt 28,16-20 ) Con l'ascensione si sottrae al loro sguardo; ma essi rimangono uniti nel suo nome e si raccolgono in una casa di Gerusalemme insieme a Maria, sua madre. ( At 1,9-14 ) Sono pochi: gli apostoli, i parenti, alcune donne, altri seguaci; in tutto, dice l'evangelista Luca, circa centoventi persone. Eppure sono persuasi che da loro sta ripartendo il raduno dell'Israele degli ultimi tempi: ( Is 27,12-13; Is 35,1-10 ) per questo, con l'elezione di Mattia al posto di Giuda, reintegrano il collegio dei Dodici, simbolo delle dodici tribù introdotte nel regno messianico. ( At 1,15-26 ) Riconoscono di essere uomini poveri, fragili e deboli, ma aspettano fiduciosi il dono dello Spirito Santo, promesso dal Maestro, e perseverano "assidui e concordi nella preghiera" ( At 1,14 ). 417 Viene il giorno di Pentecoste: festa della mietitura, in cui si offrono al tempio le primizie del raccolto, ma soprattutto festa dell'alleanza, in cui si celebra la legge data da Dio attraverso Mosè. ( Es 23,16; Es 34,22; Lv 23,15-21 ) Quanto accade in questo giorno ai seguaci di Gesù, viene narrato come una teofania, simile a quella del monte Sinai: ( Es 19,16-25 ) rumore fragoroso, vento potente, lingue di fuoco. "Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi" ( At 2,2-4 ). Lo Spirito è la nuova legge scritta nei cuori, che era stata promessa attraverso i profeti: ( Ger 24,7; Ger 31,31-34; Ger 32,39 ) "Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi" ( Ez 36,27 ). "Era conveniente che nel giorno in cui fu data la legge antica, in quello stesso giorno, fosse data la grazia dello Spirito". La nuova legge dello Spirito è vita in Cristo, energia di amore, luce di sapienza, varietà di doni, prima ancora di essere comandamento. Consacra i discepoli di Gesù come assemblea della nuova alleanza, germoglio del popolo di Dio radunato negli ultimi tempi, secondo le promesse e le attese. ( Is 44,3-5; Ez 34,11-27; Ez 36,22-28; Ez 37,1-14; Gl 3,1-2 ) 418 Il popolo messianico nasce aperto a tutte le genti. Il gruppo originario narra "le grandi opere di Dio" ( At 2,11 ), cominciando a "parlare in altre lingue" ( At 2,4 ). Pietro fa risonare il primo annuncio del vangelo davanti a una folla di persone "di ogni nazione che è sotto il cielo" ( At 2,5 ). Molti di loro accettano il messaggio e si fanno battezzare. È davvero la festa del raccolto! "Lo Spirito riconduceva all'unità le tribù separate e offriva al Padre le primizie di tutte le genti". Una perenne Pentecoste 419 A Pentecoste si completa la fondazione della Chiesa e si avvia la sua espansione. L'evento di quel giorno è un mistero perenne. La comunità cristiana vive e si rigenera incessantemente in una comunicazione di fede e di carità, attivata dallo Spirito Santo: ( At 9,31) "Dove è la Chiesa, là è anche lo Spirito di Dio; e dove è lo Spirito di Dio, là è la Chiesa e ogni grazia". Ogni giorno la Chiesa nasce dall'alto, dallo Spirito del Signore. Solo secondariamente sorge dalla libera decisione dei credenti, "che si sottomettono a lui" ( At 5,32 ) e si lasciano convocare. È l'iniziativa della grazia a suscitare la risposta della fede. Il dono risplende nella povertà di coloro che lo ricevono: "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" ( 2 Cor 4,7 ); "Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono" ( 1 Cor 1,27-28 ). 420 La Chiesa vive per il dono dello Spirito Santo, accolto con umiltà e fede dai seguaci di Gesù Cristo. Segno del Signore risorto Consacrati come Gesù 421 Nella teofania al fiume Giordano, Dio con l'effusione dello Spirito Santo ha consacrato e presentato pubblicamente Gesù di Nàzaret come Messia, per manifestare attraverso di lui la potenza misericordiosa del suo regno. Nella Pentecoste, Gesù, risorto dalla morte e costituito Messia e Signore nella pienezza del suo potere, consacra e presenta pubblicamente con il dono dello Spirito la comunità dei credenti come popolo messianico, per manifestare attraverso di essa l'efficacia della sua redenzione. Lo Spirito Santo ha condiviso la vicenda terrena di Gesù come "un compagno inseparabile, … una presenza continua". Ora viene comunicato ai suoi discepoli, perché partecipino alla sua vita e cooperino alla sua missione. Regno di Dio e signoria di Gesù 422 Gesù, mentre predicava il vangelo del Regno, perdonava i peccatori e guariva i malati: indicava così che il regno di Dio era già presente come germe di una salvezza completa, spirituale e corporea. I discepoli, da parte loro, proclamano che Dio ha risuscitato Gesù, il Crocifisso, e lo "ha costituito Signore e Cristo" ( At 2,36 ). Il cuore del loro messaggio e della fede cristiana è questo: Gesù è morto, è risorto, "è il Signore" ( Rm 10,9; 1 Cor 12,3; 1 Cor 15,1-4 ). Ormai il regno del Padre si identifica con la signoria del Risorto: perciò Filippo in Samarìa reca "la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo" ( At 8,12 ) e Paolo a Roma incontra la gente "annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo" ( At 28,31 ). Come quella del Maestro anche la predicazione dei discepoli si mostra efficace, operando conversioni e guarigioni in gran numero. ( At 2,38-41; At 5,15-16; At 6,8; At 8,6-8.13; At 15,12; 1 Cor 12,28; 2 Cor 12,12 ) I miracoli, uniti all'annuncio del vangelo, manifestano lo Spirito Santo, dato alla Chiesa come primizia della salvezza totale; ( Mc 16,17-18.20; At 14,3; Rm 15,17-19 ) nello stesso tempo indicano che Gesù è veramente risorto e continua ancora a operare attraverso i suoi inviati. 423 Il primo miracolo che viene narrato dagli Atti degli apostoli è la guarigione dello storpio che chiedeva l'elemosina alla porta Bella del tempio di Gerusalemme: "Vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l'elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: "Guarda verso di noi". Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!". E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio" ( At 3,3-8 ). l miracolo attira la folla. Pietro allora prende la parola e spiega: "Uomini d'Israele, perché vi meravigliate di questo e continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest'uomo? . Il nome di Gesù ha dato vigore a quest'uomo che voi vedete e conoscete" ( At 3,12.16 ). Successivamente Pietro e Giovanni vengono arrestati e portati davanti al sinedrio, il tribunale supremo. E lì Pietro ribadisce con forza: "Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo . In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" ( At 4,10.12 ). 424 Le conversioni e i miracoli, che accompagnano la predicazione degli apostoli e dei loro collaboratori, attestano tangibilmente che il regno di Dio coincide con la presenza del Signore risorto e che questa coincide con il dono dello Spirito Santo. Come Dio, re e Padre, si rendeva visibile attraverso Gesù, così il Signore Gesù si rende visibile attraverso la comunità dei credenti, animata dal suo Spirito. Il tempo della Chiesa 425 Il Nuovo Testamento attribuisce alla Chiesa un tempo specifico nella storia della salvezza. L'evangelista Luca distingue il tempo della preparazione, in cui sono in vigore "la Legge e i Profeti fino a Giovanni" ( Lc 16,16 ), il tempo dell'attuazione "in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi" ( At 1,21 ), il tempo della Chiesa, dall'ascensione di Gesù alla sua ultima venuta gloriosa, in cui la salvezza viene diffusa e testimoniata "fino agli estremi confini della terra" ( At 1,8 ). Paolo conosce un tempo tra la risurrezione di Cristo e il compimento totale, durante il quale le potenze ostili vengono sottomesse ( 1 Cor 15,24-25 ) e i popoli entrano nella Chiesa. ( Rm 11,25 ) Secondo Matteo, Gesù stesso prevede un futuro, in cui "molti verranno dall'oriente e dall'occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe" ( Mt 8,11 ); sarà anche stagione in cui la zizzania crescerà insieme al grano in attesa della mietitura. ( Mt 13,30 ) Analogamente, secondo Giovanni, il Maestro preannuncia che lo Spirito e i discepoli gli renderanno testimonianza ( Gv 15,26-27 ) e le pecore disperse si raduneranno in un unico gregge. ( Gv 10,16; Gv 11,52 ) La Chiesa segno e strumento 426 Nel Nuovo Testamento il regno di Dio, presente nella storia durante il tempo intermedio tra la Pasqua e la parusia, viene chiamato anche regno di Cristo. ( Mt 13,41; 1 Cor 15,25 ) La Chiesa ne è l'attuazione manifesta, il segno pubblico e lo strumento efficace, o sacramento. In virtù di una comunicazione speciale dello Spirito, acquista una funzione profetica; ( At 2,17 ) diventa il "sale della terra", la "luce del mondo", la "città collocata sopra un monte" ( Mt 5,13-14 ), la "nazione santa" ( 1 Pt 2,9 ) chiamata a rivelare la santità di Dio in mezzo a tutti i popoli. 427 Sebbene il Regno faccia germogliare grandi valori ovunque, solo nella Chiesa si rende apertamente visibile. Non è la fede della Chiesa che deve essere subordinata a criteri mondani, ma al contrario è il mondo che deve essere valutato in base all'insegnamento e all'esperienza di fede della Chiesa. Solo nella comunità dei credenti è possibile seguire Cristo in modo adeguato. Custodendo la testimonianza degli apostoli, essa offre la possibilità di conoscerlo fedelmente; celebrando i sacramenti, procura la possibilità di incontrarlo personalmente. A differenza di ogni altra aggregazione umana, non solo conserva la memoria del suo fondatore, ma nello Spirito mantiene un contatto vivente con lui e da lui continua a ricevere luce. 428 Con il dono dello Spirito Santo, il regno di Dio e del suo Messia si manifesta pubblicamente nella storia mediante la Chiesa. La comunità cristiana L'esperienza originaria 429 Lo Spirito Santo riunisce i credenti nella Chiesa. L'amore del Padre, rivelato dal Figlio morto e risorto, viene comunicato ai discepoli, perché diventino la famiglia di Dio, inviata al mondo come segno tangibile della sua vicinanza. Nel giorno stesso di Pentecoste si forma la prima comunità, quella di Gerusalemme, madre e modello di tutte le altre che seguiranno. Secondo il racconto di Luca, la sua crescita è prodigiosa. Ancor più mirabile appare il quadro della vita comunitaria, sebbene non manchi il comportamento indegno di qualche membro. I credenti sono "assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" ( At 2,42 ). Ascoltano e meditano la parola di Dio. Lodano e ringraziano continuamente il Signore; invocano il suo aiuto nelle difficoltà. Celebrano il mistero della morte e risurrezione di Cristo con l'eucaristia, ripetendo il gesto da lui compiuto nell'ultima cena. Stanno volentieri insieme; si fanno carico dei servizi necessari; condividono i beni materiali, con libertà e generosità, continuando l'esperienza già fatta da alcuni di loro insieme a Gesù. Portano ovunque la loro coraggiosa testimonianza, suscitando la simpatia del popolo e l'ostilità della classe dirigente, specialmente di quella di orientamento sadduceo. Gli apostoli, e particolarmente Pietro, svolgono, con autorità e semplicità, un compito prezioso di guida e di animazione. ( At 2,42-48; At 4,32-5,42 ) Identità visibile della Chiesa 430 Si tratta di un'esperienza storica irripetibile, in cui però è delineata la figura essenziale di ogni vera comunità cristiana: comunità concreta di credenti in Cristo, uomini in carne ed ossa, santi e peccatori, riuniti sotto la guida dei pastori, nella condivisione di beni spirituali e materiali, dove il mistero pasquale del Signore è proclamato con la predicazione, attualizzato nell'eucaristia e negli altri sacramenti, vissuto nella carità. Per essere riconoscibile come segno davanti al mondo, la Chiesa deve possedere una precisa identità visibile; deve configurarsi come comunità di fede, di culto e soprattutto di rapporti fraterni: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" ( Gv 13,35 ). Perciò l'ordinamento e la prassi comunitaria seguiranno criteri diversi rispetto agli altri gruppi umani: adesione libera, ( Gal 5,13 ) corresponsabilità di tutti, ( 1 Ts 5,11 ) autorità come servizio, ( 2 Cor 4,5 ) correzione e aiuto fraterno, ( Rm 15,14 ) rinuncia a reagire con la violenza al male subìto, ( Rm 12,17-21 ) attenzione preferenziale agli ultimi e superamento delle discriminazioni sociali. ( Gal 3,28 ) Nella misura in cui assumerà questi lineamenti, la comunità cristiana contribuirà efficacemente a costruire la pace sulla terra e sarà immagine credibile della comunione trinitaria delle persone divine: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,21 ). 431 Figura esemplare della Chiesa è la prima comunità di Gerusalemme, in cui i cristiani "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" ( At 2,42 ). Il popolo santo di Dio Rilettura della storia 432 Negli Atti degli Apostoli i discorsi, attribuiti a Pietro, a Paolo e ad altri personaggi, occupano un terzo del libro: si può intuire quanto sia importante la loro funzione. ( At 2,14-36; At 3,12-26; At 4,8-12; At 5,29-32; At 7,1-53; At 10,34-43; At 13,16-41; At 17,22-31 ) In essi risuona la voce profetica della Chiesa nascente, che animata dallo Spirito Santo interpreta la storia nella prospettiva della Pasqua di Cristo. Le vicende di Israele, gli avvenimenti della vita di Gesù, i primi passi della comunità cristiana vengono collegati in una visione coerente, di grande respiro, e proiettati verso il futuro; si delinea così il ruolo della Chiesa nella storia della salvezza, la sua posizione rispetto a Israele. Israele 433 Dio ha voluto avere un popolo santo in mezzo ai popoli della terra. ( Dt 7,6 ) Ha scelto Israele, perché fosse sua proprietà e seguisse una particolare forma di vita, confidando solo nel Signore per avere la salvezza. ( Es 19,5; Dt 4,8; Sal 115,9-11 ) L'Antico Testamento mostra però quanto ricorrente sia per lui la tentazione di costruirsi da solo il proprio destino e di inseguire miraggi mondani. Come ogni altro popolo, Israele ricerca una terra, un re, una dinastia, un esercito, una capitale, un tempio, una cultura. Ripetutamente deve sperimentare la precarietà di queste mete umane. Dio lo porta a camminare faticosamente in avanti, verso una terra che è sempre più in là. Abramo viene chiamato a lasciare la casa di suo padre e parte "senza sapere dove andava" ( Eb 11,8 ). I suoi discendenti diventano in Egitto un popolo numeroso, ma finiscono schiavi. ( Es 1,7.14 ) Liberati, entrano in possesso della terra promessa, hanno una legge, un re e un tempio; ma la prosperità li trascina all'infedeltà e alla sventura. ( 2 Cr 36,14-21 ) Tornati dall'esilio, ricostruiscono il tempio e la vita nazionale, ma cadono sotto l'oppressione dei re ellenisti e degli imperatori romani. ( Dn 3,26-45 ) Al tempo delle origini cristiane, molti alimentano ancora propositi di riscossa nazionale. Ma i "poveri di JHWH", una minoranza, si aprono a un'attesa più pura e spirituale, che si trova in sintonia con l'esperienza di Gesù e dei suoi discepoli. La Chiesa definitivo popolo di Dio 434 I primi seguaci di Gesù sono convinti di essere il definitivo Israele, che lo Spirito di Dio ha riunito e santificato, dando compimento alle antiche profezie e a una lunga preparazione. ( At 2,16-21; Gal 6,16 ) Con la nascita della comunità cristiana di Gerusalemme, Dio ha ricostruito "la tenda di Davide che era caduta" ( At 15,16 ), ha riparato le sue rovine e l'ha rimessa in piedi, perché anche i popoli pagani cerchino il Signore. ( Am 9,11-12; At 9,15; At 13,32.41 ) 435 Sebbene nuova sia l'alleanza, di cui Cristo è mediatore, ( Eb 9,15 ) l'idea di un "nuovo" popolo di Dio non ha alcun rilievo negli scritti del Nuovo Testamento. Non c'è la sostituzione di Israele, ma il suo perfezionamento: Dio non ricomincia daccapo, va avanti. Israele è "la radice santa", dalla quale si sviluppa il cristianesimo; è "l'olivo buono", sul quale vengono innestati i pagani, perché portino frutto. ( Rm 11,16.24 ) Gesù rimane il Messia di Israele. ( At 3,20 ) La prima comunità, composta di giudeo-cristiani, rappresenta "il resto" di Israele. ( Rm 11,5 ) Nel libro dell'Apocalisse, la continuità viene messa in evidenza mediante la figura della donna, che indica il popolo eletto prima e dopo la venuta del Messia, ( Ap 12,1-17 ) e mediante l'immagine della città santa, aperta ad accogliere i pagani che vengono in pellegrinaggio. ( Ap 21,23-26 ) Se già nell'antica alleanza Israele ha ricevuto il nome di assemblea di Dio, ( Dt 23,2.9; Ne 13,1 ) a maggior ragione merita questo nome il definitivo popolo di Dio. "Chiesa" significa precisamente "assemblea": assemblea radunata dal Padre intorno a Cristo con il dono dello Spirito, Chiesa "di Dio in Gesù Cristo" ( 1 Ts 2,14 ). La Chiesa è dunque la forma definitiva del popolo di Dio nella storia, capace di attirare tutte le genti. "La legge e la parola sono usciti da Gerusalemme … e noi ci siamo rifugiati presso il Dio di Israele. Sebbene fossimo esperti nella guerra, nell'assassinio, in ogni specie di mali, abbiamo trasformato le spade in aratri, le lance in falci; e ora costruiamo il timor di Dio, la giustizia, la solidarietà, la fede e la speranza". Quanti con il battesimo vengono inseriti in Cristo, formano il popolo dei "santi", ( 1 Cor 1,2; 1 Cor 16,1; 2 Cor 1,1; 2 Cor 8,4; 2 Cor 9,1.12 ) "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui" ( 1 Pt 2,9 ). Santità e peccato nella Chiesa 436 La Chiesa è il popolo santo, consacrato da Dio. ( Rm 12,2; Fil 2,15 ) Il suo capo, Cristo, la unisce a sé e la vivifica con il dono dello Spirito; la rigenera incessantemente con la sua parola e i sacramenti; le comunica la forza della carità, partecipazione alla vita stessa di Dio, che abilita a praticare la nuova giustizia, prospettata nel discorso della montagna. Tutti i cristiani sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità. Non si tratta semplicemente di un'esortazione o di un dovere, ma di "un'insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa" e di una possibilità reale offerta ai fedeli di qualsiasi condizione. Di fatto molti cristiani, in ogni epoca, vivono secondo la logica della carità. Non pochi giungono fino all'eroismo e tra essi alcuni vengono riconosciuti ufficialmente come "santi". Fioriscono molte comunità fervorose e molte opere esemplari di promozione umana. Si sviluppa un'azione assidua per la difesa della persona e dei suoi diritti fondamentali, per la riconciliazione e la pace. 437 Tuttavia la Chiesa include anche i peccatori; "è santa e insieme bisognosa di purificazione". La zizzania cresce insieme al grano. ( Mt 13,24-30.36-43 ) Già nelle prime comunità, fondate direttamente dagli apostoli, compare il peccato: a Gerusalemme la menzogna di Ananìa e Saffìra e le tensioni per gli ostacoli posti da alcuni all'ingresso dei pagani convertiti; ( At 5,1-3; At 15,1.5 ) a Corinto le divisioni, il disordine e perfino un caso di incesto. ( 1 Cor 1,11-12; 1 Cor 5,1; 1 Cor 11,18 ) I secoli successivi, fino ai nostri giorni, hanno visto corruzione, violenza, sete di potere e di ricchezza, discriminazioni, intolleranza, scismi, eresie. Dov'è dunque la santità del popolo di Dio? Dov'è la pace messianica intravista dai profeti? ( Is 2,3-4 ) Come è possibile credere che il Messia sia venuto, se nel mondo nulla è cambiato? È questo l'interrogativo che gli ebrei pongono ai cristiani fin dai primi tempi. La risposta è che la Chiesa, pur essendo la forma autentica e definitiva del popolo di Dio, è ancora in cammino nella storia. Sebbene per l'assistenza dello Spirito Santo sia preservata da una defezione totale, è ancora soggetta nei suoi membri alla tentazione di voltare le spalle a Dio, come lo fu Israele in cammino nel deserto. La Chiesa non è il Regno compiuto; è solo il segno, lo strumento e il germe di esso. 438 La Chiesa è la forma definitiva del popolo di Dio nella storia. Sebbene segnata dai peccati dei suoi membri, è "la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui" ( 1 Pt 2,9 ). La Chiesa e gli ebrei Una lunga separazione 439 Secondo gli Atti degli apostoli, Gesù risorto, attraverso i suoi discepoli, fa un ultimo tentativo di radunare intorno a sé l'intero Israele, per attirare poi anche i pagani. Alla gente di Gerusalemme, sbalordita per la guarigione dello storpio, Pietro dice: "Dio, dopo aver risuscitato il suo servo, l'ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione e perché ciascuno si converta dalle sue iniquità" ( At 3,26 ). Il tentativo all'inizio sembra riuscire con la crescita prodigiosa della comunità cristiana di Gerusalemme. Ma il successo non dura a lungo. Si diffonde un clima di ostilità. Le conversioni degli ebrei diminuiscono; si moltiplicano invece quelle dei pagani. Ad Antiòchia di Pisidia, Paolo e Barnaba così si rivolgono ai propri connazionali: "Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani" ( At 13,46 ). 440 Davanti alla predicazione di Gesù e degli apostoli, Israele si divide: quelli che credono, entrano nella nuova alleanza e costituiscono il nucleo iniziale della Chiesa; gli altri formano l'"Israele secondo la carne" ( 1 Cor 10,18 ). Progressivamente la frattura si allarga. Dapprima i seguaci di Gesù, chiamati "nazorei" ( At 24,5 ), vengono considerati una nuova setta dentro il giudaismo. Poi appaiono all'opinione pubblica come una setta mista di ebrei e greci, e ad Antiòchia, per la prima volta, sono chiamati "cristiani" ( At 11,26 ). Ben presto, già al tempo di Nerone, vengono senz'altro identificati come una nuova religione, diversa dall'ebraismo e presa subito di mira con una sanguinosa persecuzione. Verso la fine del I secolo e l'inizio del II si accentua nei loro confronti l'aggressività degli ambienti giudaici, con accuse presso le autorità romane e violenze. D'altra parte nei secoli successivi, soprattutto durante il medioevo, si sviluppa nel mondo cristiano una mentalità ostile agli ebrei, considerati ingiustamente deicidi e maledetti da Dio, disprezzati e temuti per la loro diversità sociale, fatti oggetto di molti pregiudizi. Infine, alimentato da apporti culturali estranei al cristianesimo, spunta il moderno antisemitismo razzista. 441 Il concilio Vaticano II ha riprovato severamente pregiudizi, ingiustizie e violenze del passato, cercando di avviare un nuovo rapporto tra cristiani ed ebrei: "Questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto dagli studi biblici e teologici e da un fraterno dialogo. E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi né agli ebrei del nostro tempo. E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli ebrei tuttavia non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, come se ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura . La Chiesa, che condanna tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque". Tutti i peccatori, di tutti i tempi e di tutti i popoli, sono causa della morte di Gesù. La responsabilità storica della sua morte coinvolge solo una parte delle autorità ebraiche e degli abitanti di Gerusalemme di quel tempo; soprattutto vi hanno un ruolo decisivo anche le autorità romane. Immotivata è l'accusa di deicidio, proprio perché la condanna di Gesù partiva dal mancato riconoscimento della sua divinità. Nessun testo della Scrittura giustifica poi l'affermazione che Dio abbia maledetto il popolo ebraico; al contrario, i doni e l'elezione di Israele sono irrevocabili: "Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio" ( Rm 11,2 ). La Chiesa condanna tutte le forme di persecuzione degli ebrei nella storia, fino allo sterminio programmato di cui sono stati vittime nel XX secolo. Il rifiuto di ogni discriminazione e il riconoscimento delle responsabilità, anche dei cristiani, sono il presupposto per impedire il diffondersi dell'antisemitismo e per aprirsi ad una reciproca comprensione. Parentela spirituale 442 La necessità di un dialogo, amichevole e costruttivo, trova fondamento non solo nel rispetto dovuto a ogni persona umana, ma anche nel particolare legame che unisce le due religioni, legame di vera parentela spirituale. Il cristianesimo ha le sue radici nell'ebraismo: la fede cristiana ha ereditato l'Antico Testamento e continua a nutrirsi di esso; il Figlio di Dio si è fatto uomo ebreo, ha predicato agli ebrei e rimane per sempre ebreo; la prima Chiesa è nata ebrea e ha trasmesso alle generazioni successive numerosi elementi liturgici, istituzionali e spirituali di origine ebraica. Giustamente Giovanni Paolo II ha chiamato gli ebrei nostri "fratelli maggiori". 443 Gli ebrei in gran parte non hanno accettato il vangelo; ma il ruolo di Israele permane nella storia della salvezza. Secondo l'immagine usata da Paolo, sono rami tagliati dall'olivo; ma rimangono della sua stessa natura, partecipano ancora della sua santità: ( Rm 11,16.24 ) "Sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili" ( Rm 11,28-29 ). L'antica alleanza "non è mai stata revocata", ma perfezionata dalla nuova. Gli ebrei, intimamente solidali con la comunità cristiana, rimangono popolo di Dio. Congiunti pertanto al mistero della Chiesa, che ha la pienezza dei mezzi di salvezza, cooperano anch'essi all'edificazione del regno di Dio; svolgono "un servizio all'umanità intera". Non si può parlare di due vie parallele di salvezza, ma neppure di sostituzione di una con l'altra. Segno della fedeltà di Dio 444 Gli ebrei rimangono depositari e testimoni delle promesse di Dio. ( Rm 9,4 ) La loro mancata adesione a Cristo è un monito anche per i cristiani a mantenersi umili, a non presumere troppo di se stessi. ( Rm 11,19-21 ) Destinati ad essere reintegrati in Cristo e ad essere salvati dopo che "saranno entrate tutte le genti" ( Rm 11,25 ), costituiscono un segno permanente della fedeltà di Dio, segno ancor più persuasivo se si tiene conto delle gravi minacce portate in ogni tempo alla loro stessa esistenza. 445 C'è chi nelle persecuzioni subite dagli ebrei vuole vedere un castigo divino e una conseguenza dell'infedeltà all'alleanza. Una tale interpretazione potrebbe valere per la storia di ogni popolo. Non va dimenticato piuttosto che più volte gli ebrei vengono perseguitati per la loro fedeltà religiosa alla Legge e danno prova di coraggio fino al martirio. Bisogna piuttosto vedere in questa storia di sofferenza il segno della precarietà umana, che trova sostegno presso Dio. Già in epoca biblica questo piccolo popolo rischia ripetutamente di essere distrutto dai potenti vicini e ripetutamente, contro ogni ragionevole previsione, riesce a salvarsi: così con gli egiziani, con i filistei, con gli assiri, con i babilonesi, con Antioco Epìfane. Le aggressioni proseguono nei secoli della nostra èra. Non è possibile dimenticare le ribellioni duramente represse dai romani, i sanguinosi tumulti popolari antigiudaici nel medioevo, la cacciata dalla Spagna nel secolo XV, l'insurrezione cosacca nel secolo XVII, infine lo sterminio nazista di milioni di ebrei. Una tragica catena di violenze, una tradizione di martirio. È davvero sorprendente che sopravviva e conservi la propria identità una minoranza, privata della sua terra, dispersa in mezzo a molte nazioni, emarginata e perseguitata. La Bibbia, per quanto riguarda le crisi più antiche, attribuisce esplicitamente l'imprevedibile salvezza alla fedeltà di Dio: è da pensare la stessa cosa per quelle successive. Con la sua storia di passione, il popolo eletto partecipa al mistero del Cristo redentore e incarna emblematicamente la figura profetica del Servo che espia i peccati del mondo. Dialogo fraterno 446 Il dialogo tra cristiani ed ebrei deve mirare innanzitutto a una migliore conoscenza reciproca, premessa indispensabile per la fiducia e la collaborazione. Noi cristiani dobbiamo considerare non solo l'antico Israele, ma anche gli sviluppi dell'ebraismo post-biblico: il giudaismo rabbinico e la sua feconda tradizione etica e giuridica; la Qabbalah, mistica dell'unità, in cui confluiscono speculazione cosmologica, allegoria biblica e attesa messianica; il chassidismo, religiosità semplice, intensa e gioiosa; infine le correnti moderne, come l'ebraismo ortodosso e quello riformato. 447 La diversità va presa sul serio e rispettata. Ma ci dobbiamo anche rendere conto che il comune patrimonio spirituale è grande: un solo Dio, creatore, signore della storia, trascendente e presente; ( Is 45,14-19 ) bontà del mondo creato, sviluppo proteso a un compimento ultimo, risurrezione dei morti e vita eterna; ( Sap 1,13-14; Sap 2,23 ) tradizione orale accanto alla Scrittura, ( Dt 17,8-13 ) istituzioni ecclesiali derivate dalla sinagoga; etica dell'amore verso Dio e il prossimo, ( Lv 19,18; Dt 6,5 ) senso della famiglia, della giustizia e della solidarietà; liturgia come memoriale, lettura dell'Antico Testamento e preghiera dei Salmi, feste ebraiche come la Pasqua e la Pentecoste attualizzate con nuovo significato, elementi rituali di derivazione ebraica come il battesimo, la preghiera eucaristica di benedizione, la stessa struttura complessiva della Messa. ( Es 24,3-11; Lv 2,2; Ne 8,1-12 ) Conoscere la religione ebraica giova a conoscere meglio anche la religione cristiana. Alla reciproca conoscenza è dedicata ogni anno la giornata per il dialogo ebraico-cristiano del 17 gennaio. 448 Motivo fondamentale di divisione rimane la diversa posizione riguardo al Messia. Per noi cristiani egli è già venuto in Gesù di Nazaret; per gli ebrei non si è ancora manifestato. Tuttavia, gli uni e gli altri attendiamo una sua venuta futura al termine della storia. L'interpretazione cristiana dell'economia salvifica distingue la promessa, il compimento parziale e il compimento ultimo: sul primo e sul terzo di questi momenti è possibile trovare convergenze tra cristiani ed ebrei. Ampia soprattutto può essere la collaborazione nella prassi, per la promozione della giustizia e della pace. Per gli uni e per gli altri, pur con diversa consapevolezza, si tratta in definitiva di preparare l'umanità ad accogliere il Messia e il regno di Dio. 449 I cristiani sono legati agli ebrei da una speciale parentela spirituale: hanno in comune con loro un patrimonio religioso da mettere a frutto nel dialogo e nella collaborazione. Una Chiesa in molte Chiese Aperta ai popoli e alle culture 450 Alla sua prima uscita, nel giorno di Pentecoste, la Chiesa proclama "le grandi opere di Dio" ( At 2,11 ) in molte lingue e riunisce nell'unica fede persone di varia provenienza. ( At 2,5-11 ) Mentre gli orgogliosi abitanti di Babele fallirono nel loro progetto totalitario di costruire una sola civiltà con una sola lingua, ( Gen 11,1-9 ) ora i seguaci di Gesù, che umilmente accolgono lo Spirito di Dio, riescono ad edificare la comunione fraterna nel rispetto della libertà e nella varietà delle culture. 451 Lo Spirito scardina le chiusure del particolarismo e apre orizzonti sempre più vasti. Approfitta della persecuzione, scatenata a Gerusalemme contro i cristiani di cultura greca, per seminare il vangelo tra i samaritani, ( At 8,1-8.25 ) emarginati e disprezzati dagli ebrei come eretici. Guidando i passi di Pietro alla casa del centurione romano Cornelio a Cesarea, rimuove le preclusioni che vietano la convivenza tra ebrei e pagani; persuade l'apostolo a battezzare quella famiglia, senza prima farla passare attraverso la circoncisione e l'osservanza della legge mosaica. ( At 10,1-48 ) Dà rapido incremento alla comunità di Antiòchia, composta da ebrei e pagani convertiti, base di partenza per la penetrazione nel mondo greco-romano. In mezzo ad essa, in un clima di preghiera, sceglie Saulo e Barnaba come primi protagonisti della grande avventura missionaria, sospingendoli sulle vie dell'Asia Minore, per aprire ai pagani "la porta della fede" ( At 14,27 ) e far sorgere al loro passaggio varie comunità locali. ( At 13,1-14,28 ) 452 Una grave controversia si apre però nella Chiesa: per essere salvi, basta credere nel Signore e ricevere il battesimo nel suo nome oppure è necessario accettare anche la circoncisione e le osservanze giudaiche? È una questione decisiva per il futuro del cristianesimo. Per discuterla, si riunisce a Gerusalemme l'assemblea degli apostoli e degli anziani e, con l'illuminazione dello Spirito Santo, arriva alla giusta soluzione: non occorre né circoncisione né legge mosaica; tutti, ebrei e greci, senza alcuna differenza, vengono salvati soltanto per grazia, purché si convertano. Tuttavia, per favorire la convivenza tra le due componenti della Chiesa, l'assemblea chiede che si osservino, per il momento, alcune norme di "purità legale", ( Lv 17,10-14; Lv 18,6-23 ) che proibiscono di contrarre unioni irregolari e di mangiare carne offerta agli idoli, sangue e animali uccisi mediante soffocamento. ( At 15,1-35 ) 453 Crollano le barriere; la via è aperta per la missione in Grecia e "fino agli estremi confini della terra" ( At 1,8 ). L'unica fede potrà radicarsi in culture diverse, "poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità" ( Gal 5,6 ). La Chiesa loderà il Signore con le lingue di tutti i popoli ( Ap 5,9; Ap 7,9 ) e potrà accogliere i doni di una multiforme creatività, spirituale, culturale e sociale: "Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te … Verranno a te i beni dei popoli" ( Is 60,4-5 ). Il genio e la natura di ciascun popolo potranno esprimersi nelle formulazioni diverse dell'unica fede, nei riti liturgici, nelle scelte pastorali, negli ordinamenti disciplinari, nelle forme di spiritualità, nelle creazioni artistiche, dando luogo a uno scambio incessante, per un arricchimento reciproco. Una e cattolica 454 La Chiesa è una e universale. Tutti i cristiani, per quanto diversi tra loro, diventano "uno in Cristo Gesù" ( Gal 3,28 ) in virtù dello Spirito Santo. Questa moltitudine unificata è immagine visibile della Santa Trinità ( Gv 17,21 ) e costituisce una potente forza di pace tra le nazioni della terra e un segno efficace del disegno divino di riconciliare tutte le cose in Cristo. L'universalità, o cattolicità, della Chiesa assume figura storica nella comunione visibile delle comunità cristiane esistenti e nella tensione missionaria a crearne di nuove, accogliendo in Cristo "tutta l'umanità e i suoi beni". Le comunità sono nate come Chiese sorelle, con una fitta rete di rapporti reciproci. Hanno riconosciuto la presidenza della Chiesa di Roma, custode della comunione e garante della verità. Attraverso i secoli continuano a mantenere tra loro legami concreti: comune dottrina della fede, condivisione dell'eucaristia e dei sacramenti, carità scambievole, ordinata disciplina. Il primato del papa e il collegio dei vescovi uniti con lui sono segno e strumento privilegiato dell'unità di tutta la Chiesa. Ma ogni singola comunità, anzi ogni singolo fedele, ha una responsabilità universale e deve "aprirsi all'universalità della Chiesa, evitando ogni forma di particolarismo, esclusivismo o sentimento di autosufficienza". Universale e particolare 455 La Chiesa ha anche una dimensione particolare, ugualmente necessaria. Nel Nuovo Testamento la parola Chiesa serve per indicare sia la comunità dei credenti diffusa su tutta la terra, ( At 20,28; 1 Cor 12,28; Ef 1,22-23 ) sia la comunità locale che risiede in una città, ( 1 Cor 1,2; Gal 1,2.22 ) sia l'assemblea riunita materialmente in un luogo. ( 1 Cor 11,18; 1 Cor 14,4-28 ) Uso davvero singolare, perché al tutto e alle sue parti si danno normalmente nomi diversi. È ovvio che Chiesa universale e Chiesa particolare sono rispettivamente il tutto e la parte sul piano sociologico esteriore. Non lo sono però interiormente, a livello profondo e misterioso. Qui c'è un'unica assemblea universale, perennemente riunita in quel tempio "non fatto da mani d'uomo" ( Mc 14,58 ) che è il corpo glorioso di Cristo risorto. Tutti i cristiani, ovunque si trovino, sono uniti a Cristo e tra loro, in virtù dello Spirito Santo, "uno e identico" in tutti; malgrado le distanze di spazio e di tempo, si trovano sempre insieme e comunicano misteriosamente tra loro. Allora la "Chiesa di Dio che è in Corinto" ( 1 Cor 1,2 ) è in realtà tutta la Chiesa, che si fa presente nella comunità di Corinto e si rende visibile attraverso di essa, come in un'immagine. E si comprende come sia giustificato l'uso molteplice della parola "Chiesa", trattandosi di diverse manifestazioni di un'unica realtà. Con un volto sempre nuovo è l'unica "assemblea" di Cristo che entra nella storia, prima a Gerusalemme poi ad Antiòchia, a Corinto, a Roma e ovunque. In ogni Chiesa particolare "è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica". Le Chiese particolari "sono formate a immagine della Chiesa universale: in esse e a partire da esse esiste l'una e unica Chiesa cattolica". Né la Chiesa particolare è un "frammento" di quella universale; né la Chiesa universale è una "somma" di Chiese particolari; ma "la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari". La diocesi 456 Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, descritta dal concilio Vaticano II come "una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali di un vescovo coadiuvato dal presbiterio, in modo che … costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente e opera la Chiesa di Cristo, una santa cattolica e apostolica". Il mistero della Chiesa si manifesta e si fa presente in varie figure concrete: la parrocchia, l'assemblea liturgica, la comunità religiosa, la famiglia cristiana, "dove sono due o tre riuniti" ( Mt 18,20 ) nel nome di Gesù. Ma propriamente solo la diocesi viene chiamata Chiesa particolare, perché solo essa è presenza e immagine adeguata della Chiesa universale, in quanto ne possiede tutti gli elementi costitutivi visibili: la parola della divina rivelazione, l'eucaristia, gli altri sacramenti e il vescovo, che è segno e presenza in senso pieno di Cristo pastore, successore degli apostoli e membro del collegio episcopale. Inoltre con la varietà dei carismi essa esprime pienamente la vita e la missione del popolo di Dio, inviato ad accogliere, purificare e santificare la popolazione di un territorio con tutte le dimensioni della sua umanità. 457 La diocesi non si riduce a una cornice giuridica e amministrativa, ma è vera comunità di credenti e deve esprimere la comunione anche a livello pastorale operativo. È necessario che "si favoriscano le varie forme di apostolato, e … se ne assicuri il coordinamento e l'intima unità sotto la guida del vescovo: di modo che tutte le iniziative e attività - di carattere catechistico, missionario, caritativo, sociale, familiare, scolastico e ogni altro lavoro mirante a fini pastorali - siano ricondotte a un'azione concorde, dalla quale sia resa ancor più palese l'unità della diocesi". La diocesi è dunque il fondamentale soggetto pastorale e missionario. Ad essa devono fare riferimento tutti i fedeli e le loro molteplici aggregazioni, quali le parrocchie, le comunità religiose, le associazioni, i movimenti, le piccole comunità, i gruppi. Concretamente il vescovo, con la cooperazione del presbiterio e con l'opportuna consultazione di altre componenti ecclesiali, stabilisce alcuni obiettivi, linee e impegni comuni, evitando però l'uniformità che tutto appiattisce, lasciando spazio alla creatività e originalità dei vari soggetti. Da parte loro, le aggregazioni di fedeli devono guardarsi dalla tentazione dell'autosufficienza e, pur attuando esperienze proprie di formazione e di apostolato, devono rimanere aperte al dialogo rispettoso e cordiale, lasciando spazio per momenti di incontro e di collaborazione con altre realtà ecclesiali. La carità esige sia che si valorizzino i carismi particolari sia che si costruisca una unità pastorale concreta a livello diocesano. La parrocchia 458 All'interno della diocesi ha grande importanza la parrocchia, comunità stabile di credenti idonea a celebrare l'eucaristia, guidata da ministri ordinati in qualità di collaboratori del vescovo. È l'espressione "più immediata e visibile" della comunione ecclesiale. Anch'essa rappresenta "in certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra". "È la Chiesa posta in mezzo alle case degli uomini … Vive ed opera profondamente inserita nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi". È chiamata a promuovere rapporti umani e fraterni, ad essere "la casa aperta a tutti e al servizio di tutti o, come amava dire il papa Giovanni XXIII, la fontana del villaggio, alla quale tutti ricorrono per la loro sete". Spetta "ad essa iniziare a raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede della gente di oggi; ad essa fornirle la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell'opera l'umile carità delle opere buone e fraterne". Perché non si riduca a una struttura di servizi religiosi, occorre sviluppare un clima fraterno di comunicazione e corresponsabilità intorno al parroco, rappresentante del vescovo e "vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare". Occorre valorizzare i carismi personali e le esperienze associative, promuovendo i ministeri, sollecitando l'interessamento e la partecipazione da parte di tutti. La parrocchia, in vista di una maggiore efficacia operativa, "può essere collegata con altre del medesimo territorio anche in forma istituzionale". Al suo interno può essere articolata in piccole comunità ecclesiali di base, che "s'incontrano per la preghiera, la lettura della Scrittura, la catechesi, la condivisione dei problemi umani ed ecclesiali in vista di un impegno comune". Esse risultano particolarmente preziose per la formazione delle persone e la valorizzazione dei loro doni, per l'esperienza concreta di fraternità e di appartenenza alla Chiesa, per l'evangelizzazione e la promozione umana. La Chiesa è popolo e famiglia: vuole raccogliere in armonia tutte le voci, senza sminuire la loro originalità. 459 La Chiesa è una e universale, in quanto è chiamata ad essere immagine della Trinità divina e segno efficace di riconciliazione di tutte le cose in Cristo. Il mistero, uno e universale, della Chiesa è presente e si manifesta in ogni Chiesa particolare e nella comunione visibile di tutte le Chiese intorno a quella di Roma. Chiesa particolare in senso pieno è la diocesi, immagine completa della Chiesa universale con tutti gli elementi visibili costitutivi. Cristiani divisi ed ecumenismo L'unità ferita 460 L'unica Chiesa vive in molte Chiese, caratterizzate da varie esperienze spirituali, culturali e disciplinari. Ma ci sono anche diversità che non sono compatibili con l'unità. La piena unità della Chiesa non ammette divergenze riguardo alle verità della fede e ribellioni contrarie alla comunione gerarchica. ( Gal 1,6-9; 1 Gv 2,18-23; 2 Gv 7-11 ) È doloroso rilevare come, a motivo dei peccati, dei dissensi teologici e dei condizionamenti psicologici, culturali e sociali, numerose divisioni segnino il cammino storico del cristianesimo. Ci limitiamo ad elencare quelle di maggior rilievo: i giudaizzanti estremisti degli inizi, lo gnosticismo, l'arianesimo, i manichei, i pelagiani, i nestoriani, i monofisiti, l'iconoclastia, la separazione della Chiesa d'oriente, gli albigesi, lo scisma d'occidente, la riforma protestante, gli anglicani, il giansenismo, i veterocattolici, i seguaci di Lefebvre. Molte di queste divisioni hanno esaurito da tempo il loro influsso; altre perdurano nelle comunità che ne sono derivate, tra le quali sono particolarmente importanti le Chiese ortodosse, quella anglicana e quelle protestanti. In Italia vivono piccole comunità ortodosse e protestanti. La più consistente numericamente è la Chiesa valdese, le cui origini risalgono al XII secolo. 461 Le responsabilità delle scissioni non sono facilmente individuabili. Di solito non appartengono a una parte soltanto. Spettano in maniera diversa alla prima generazione che dà l'avvio e alle successive che ne raccolgono l'eredità. Le cause appaiono complesse e non sono di ordine esclusivamente religioso. A volte esplodono aspre polemiche e perfino guerre. In ogni caso si tratta di esperienze tristissime, che feriscono ogni coscienza autenticamente cristiana. Le divisioni tra i seguaci di Cristo contraddicono la loro partecipazione alla comunione trinitaria; pregiudicano la credibilità del vangelo, facendolo apparire un'utopia irrealizzabile; ostacolano l'azione missionaria tra i non cristiani, seminando confusione e scandalo; provocano l'indifferenza religiosa e l'emarginazione della fede dalla vita culturale e sociale. Oggi la loro gravità risalta ancor più, in un mondo in cui cresce l'interdipendenza e si fa urgente il bisogno di riconciliazione e di solidarietà. Verso la riconciliazione 462 Provvidenzialmente alla stagione delle controversie è subentrata quella dell'ecumenismo, un grande dono dello Spirito Santo per il nostro tempo, un movimento in sicura crescita, specie dopo la fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese nel 1948 e la celebrazione del concilio Vaticano II dal 1962 al 1965. Si tratta di una mentalità e di una prassi che comportano il rammarico per le divisioni in atto, l'attenzione a ciò che ancora unisce, l'impegno a restaurare la piena unità visibile, a pregare con perseveranza per ottenerla dal Signore, a collaborare nei comuni valori della fede e della promozione dell'uomo. Vi sono coinvolti pastori, teologi e fedeli, con i gesti ufficiali e solenni, con gli studi teologici, con i comportamenti quotidiani in famiglia, al lavoro, a scuola, in ogni ambiente. 463 I cristiani divisi non sono del tutto separati; piuttosto hanno tra loro una comunione imperfetta. Assai più importante di ciò che li divide è ciò che li unisce: lo Spirito Santo, il battesimo, la convergenza sulle principali verità della fede. Particolarmente vicine alla Chiesa cattolica sono le Chiese ortodosse, che custodiscono l'eredità di una gloriosa tradizione teologica, spirituale e liturgica, conservano il sacerdozio, l'eucaristia e tutti gli altri sacramenti, nutrono una fervida devozione alla Vergine Maria. Tuttavia non bisogna sottovalutare la divisione. Dio vuole la piena unità, visibile nella concretezza della storia, come segno efficace e profezia della riunificazione di tutto il genere umano. Cristo ha pregato per questa unità. ( Gv 17,20-21 ) Dobbiamo dunque ricostruirla, con un cammino di conversione al Signore, con la ricerca sofferta della sua volontà, con il ritorno alle origini. Emblematico al riguardo è l'incontro a Gerusalemme del papa Paolo VI e del patriarca Atenagora nel 1964. Dobbiamo aprirci ad accogliere tutta la ricchezza della rivelazione trasmessa dagli apostoli. Non basta limitarsi a un minimo comune denominatore. Non ha senso il compromesso diplomatico: l'unità autentica si raggiunge solo nella verità. Occorre invece evidenziare le prospettive valide che si trovano in ciascuna tradizione. Ognuno ha qualche contributo da portare alla crescita comune verso la pienezza di Cristo: i cattolici il senso della storia e della comunità; gli ortodossi l'accentuazione della risurrezione, dell'escatologia e del ruolo dello Spirito Santo; i protestanti il primato della parola di Dio. Ognuno ha limiti, da cui liberarsi. Anche la Chiesa cattolica. Essa, certo, nella fede non ha mai errato e non può errare; possiede la piena unità visibile e tutti i mezzi di salvezza. Tuttavia le è necessaria la riforma incessante nei costumi, nella disciplina, nel modo stesso di esporre la dottrina. Impegno ecumenico 464 La settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, che si celebra ogni anno dal 18 al 25 gennaio, ci ricorda che il primo contributo da dare all'ecumenismo è, insieme all'impegno per la propria santificazione, la preghiera assidua perché il Signore realizzi l'unità che egli vuole, nei tempi e con i mezzi che vuole: "Conversione del cuore e santità della vita insieme alle preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico e si possono giustamente chiamare ecumenismo spirituale". 465 Chi apre un dialogo autentico si lascia guidare dalla carità per le persone e dal desiderio di totale fedeltà al vangelo. Non mette in dubbio pregiudizialmente la sincera adesione a Cristo da parte dei fratelli di altre confessioni. Cerca di conoscerne in maniera non superficiale la storia, la dottrina, la psicologia religiosa, la vita spirituale e liturgica. Prende sul serio le divergenze, ben sapendo che soffrire per la disunione è più fruttuoso di una unità ambigua. Ha cura di far emergere le istanze valide, che di solito si nascondono anche nelle posizioni discordanti, ed è pronto ad accoglierle e valorizzarle. 466 La conoscenza reciproca genera la fiducia e rende possibile la collaborazione. Malgrado le divergenze, a volte notevoli, in vari ambiti della morale personale e sociale, si può e si deve giungere ad un'intesa per quanto riguarda le numerose opere di giustizia e di carità. Occorre invece un più attento discernimento in campo pastorale e liturgico. È bene procedere a un reciproco riconoscimento del battesimo, redigendo una dichiarazione comune. Quanto alla cresima, è da considerare valida quella conferita nelle Chiese ortodosse. L'eucaristia è il vertice della comunione ecclesiale e non può rappresentare una tappa intermedia del cammino ecumenico, ma solo un punto di arrivo. Perciò ai sacerdoti non è lecito concelebrare insieme a ministri di altre confessioni. Anche i fedeli, in circostanze ordinarie, devono rivolgersi ognuno alla propria comunità. Un sacerdote cattolico può dare ai fedeli non cattolici i sacramenti dell'eucaristia, della penitenza e dell'unzione degli infermi, a condizione che lo chiedano liberamente, professino la stessa fede riguardo al sacramento richiesto, abbiano le disposizioni convenienti, si trovino nell'impossibilità di avvicinare un loro ministro. Alle stesse condizioni un fedele cattolico può ricevere questi sacramenti da un sacerdote ortodosso. 467 Esigono una particolare attenzione dal punto di vista ecumenico i matrimoni "misti", tra cristiani di diverse confessioni. Queste unioni sono oggi più diffuse che nel passato e vanno incontro a difficoltà e pericoli in quanto i coniugi non possono condividere pienamente la fede, la vita liturgica, l'educazione dei figli. Se però si riesce ad evitare l'indifferenza religiosa, offrono l'opportunità di crescere nel rispetto e nella comprensione delle diverse tradizioni e di approfondire l'esperienza di Dio. I cattolici devono impegnarsi a frequentare la propria Chiesa, a seguirne gli insegnamenti, a fare il possibile per battezzare ed educare in essa i figli. La celebrazione del matrimonio deve avvenire nella forma del rito cattolico, a meno che per serie ragioni non venga concessa la dispensa per celebrarlo con rito diverso. 468 A parte la disciplina dei sacramenti, l'accordo può riguardare formulari liturgici, libri di preghiere, ambienti e oggetti di culto. In particolare le traduzioni interconfessionali della Bibbia e la sua diffusione favoriscono l'ecumenismo e sono testimonianza di unità. Valorizzare con gesti concreti gli elementi di unità esistenti, soffrire per le divergenze che ancora rimangono, confidare nella grazia del Signore: per queste vie matura l'unità, che è esperienza vissuta e dono di Dio. 469 L'ecumenismo è un cammino di riconciliazione che mira a ricomporre la piena unità visibile tra i cristiani, appartenenti a diverse Chiese e comunità ecclesiali. Nuovi movimenti religiosi Fenomeno da non sottovalutare 470 Il relativismo culturale del nostro tempo favorisce lo sviluppo di credenze vaghe e sincretiste; oppure, al contrario alimenta il bisogno di certezze dottrinali, di prospettive sicure e a breve termine sul futuro, di sottomissione a capi carismatici e appartenenza a qualche compatta aggregazione. L'isolamento e l'anonimato della società di massa spingono a cercare identità e protezione in gruppi ristretti, caratterizzati da calore umano, partecipazione attiva, valorizzazione delle doti di ognuno. La mentalità consumista e l'ansia esistenziale inclinano verso una sacralità emotiva e magica, che dia la possibilità di esperienze gratificanti, di benessere psichico e fisico. In questo clima proliferano "nuovi movimenti religiosi", quanto mai diversi tra loro, che per praticità vengono chiamati anche "sètte", senza necessariamente voler loro attribuire la connotazione negativa che il termine suggerisce. Alcuni sono di matrice cristiana; spesso però con la pretesa di aver ricevuto nuovi messaggi rivelati. Altri derivano dalle religioni orientali, magari con apporto consistente di elementi presi dal cristianesimo e dalla cultura moderna. Altri attingono a tradizioni esoteriche. 471 In Italia queste formazioni religiose sono circa duecento e trovano il terreno preparato da un radicato anticlericalismo e dall'ignoranza religiosa, specialmente in campo biblico. Tra i più diffusi ci sono i testimoni di Geova, i mormoni, la chiesa dell'unificazione, la chiesa di scientologia, gli Hare Krishna, il "New Age" ossia "Nuova era". 472 La Chiesa cattolica considera la crescita dei "nuovi movimenti religiosi" una seria sfida pastorale. Sente il dovere di mettere in guardia dalle conseguenze nocive che può produrre nelle coscienze il loro proselitismo, a volte aggressivo. Per dare risposta adeguata al bisogno di significato e di intensa esperienza spirituale, avverte l'urgenza di annunciare Gesù Cristo, unico salvatore dell'umanità, di offrire testimonianze coraggiose di carità, di proporre spazi di contemplazione e gioia spirituale. Per venire incontro al bisogno di appartenenza e di rapporti fraterni, intravede l'opportunità di promuovere piccole comunità, dove i singoli si sentano considerati, assumano dei compiti, trovino autorevoli guide spirituali. 473 Rispetto alla Chiesa cattolica e alle altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane i "nuovi movimenti religiosi" presentano una gamma di posizioni che va dal sincretismo, conciliante al punto da ammettere la doppia appartenenza, fino all'esclusivismo polemico. Consideriamo brevemente un esempio di sincretismo, il New Age, e un esempio di esclusivismo, i testimoni di Geova. New Age 474 New Age è un'ideologia, che attinge ad esperienze diverse: cristianesimo, pensiero orientale, esoterismo, astrologia, psicologia, ecologia. Mette insieme un miscuglio di elementi, privati della loro identità originale, ridotti a motivi psicologici. Considera di capitale importanza il fatto che l'èra dei Pesci, simbolo astrologico del Cristo, stia per concludere la sua durata di 2157 anni. Terminerebbe così un'èra di drammatici contrasti, di idealismo e di materialismo, di fanatismo e di scetticismo, di amore compassionevole e di crudeli sofferenze. La sua fine comporterebbe il superamento del cristianesimo e l'inizio di una nuova èra, quella dell'Acquario. Il genere umano si starebbe evolvendo verso un livello più alto di coscienza, con l'affermazione di una sola religione planetaria, che erediterebbe gli elementi positivi di quelle precedenti. Attraverso appropriate tecniche conoscitive l'uomo potrebbe giungere all'esperienza del divino, all'identificazione con l'Assoluto. Da questa saggezza nascerebbero pace interiore, amore verso tutti gli esseri viventi, solidarietà sociale, armonia con la natura. Lo spirito del tempo farebbe convergere molte energie verso l'unità, in modo da assicurare un'èra di pace e di felicità. 475 Anche da un profilo così sommario, emerge il carattere gnostico, panteistico e millenaristico di questa ideologia. Le pur positive istanze di riconciliazione universale e di armonia con il cosmo ricevono risposte confuse e inadeguate. Non si vede proprio perché ci si debba attendere la salvezza dagli astri anziché da Cristo, dalle pratiche psicologiche anziché dalla grazia di Dio, dalle dottrine esoteriche anziché dalla rivelazione pubblica. I testimoni di Geova 476 I testimoni di Geova hanno avuto origine verso la fine del secolo scorso negli Stati Uniti d'America. Costituiscono un'associazione organizzata e compatta, rigidamente guidata dal gruppo dirigente che risiede a Brooklyn. Svolgono un'enorme propaganda, con impiego di grandi risorse economiche. I risultati, in sé notevoli, appaiono modesti in proporzione allo sforzo. Le numerose conversioni vengono in gran parte neutralizzate dalle quasi altrettanto numerose defezioni. 477 I testimoni di Geova accettano la Bibbia come regola di fede. La ricevono da quelle stesse Chiese tradizionali, che pure considerano strumenti di Satana. Mettono l'Antico Testamento sullo stesso piano del Nuovo, perché non hanno idea del carattere progressivo della rivelazione. La loro interpretazione consiste nel prendere frasi staccate dal contesto letterario e storico, e manipolarle con disinvoltura a sostegno di dottrine prefabbricate. Viceversa, quando hanno a che fare con testi in contrasto evidente con la loro ideologia, non esitano a farne un uso allegorico, persino bizzarro. Non distinguono tra il messaggio rivelato e la cultura dell'ambiente: assumono come verità divine molte espressioni relative all'ambito scientifico, legate alle concezioni dell'epoca e ormai superate. 478 Secondo la loro dottrina, il Dio unico, eterno, creatore di tutte le cose, ha un corpo spirituale, abita in una qualche parte del cielo e si chiama Geova. A questo nome attribuiscono un'importanza decisiva, quasi magica. Dimenticano che si tratta di una deformazione del nome JHWH, che nell'Antico Testamento esistono vari nomi di Dio, che nel Nuovo Testamento il nome più vero è quello di Padre. Affermano che lo Spirito Santo non è una persona, ma soltanto un'energia divina. Gesù Cristo non sarebbe vero Dio e vero uomo, ma solo un essere angelico. Si identificherebbe con Michele. Sarebbe stato creato per primo da Geova e poi con il suo aiuto sarebbero stati creati tutti gli altri esseri del cielo e della terra. Avrebbe avuto dapprima un corpo spirituale; poi si sarebbe trasformato in un uomo; sarebbe morto appeso non alla croce, ma a un palo; infine con la risurrezione sarebbe ritornato al suo originario corpo spirituale. 479 Il mondo avrebbe avuto inizio non miliardi di anni fa, ma appena da 48.000 anni e starebbe per entrare nei suoi ultimi mille anni. L'uomo, con buona pace della paleontologia e dell'archeologia, esisterebbe da appena seimila anni. Satana e gli angeli ribelli si sarebbero impadroniti del mondo e avrebbero instaurato un sistema malvagio universale: tutte le Chiese e le religioni, eccetto ovviamente quella dei testimoni di Geova, tutti i poteri politici ed economici sarebbero strumenti di Satana. Finalmente nel 1914 sarebbe iniziato nei cieli il regno messianico di Dio e di Cristo, che presto si estenderà anche alla terra, distruggerà l'attuale sistema malvagio nella grande battaglia di Armaghedòn, instaurerà un nuovo ordine mondiale, un idilliaco paradiso terrestre, per la durata di mille anni, finché Satana avrà un ultimo sussulto e sarà distrutto per sempre insieme agli angeli ribelli e agli uomini peccatori. La svolta decisiva sarebbe imminente, prima che muoiano milioni di persone che erano vive nel 1914. Però le varie date, finora indicate, si sono rivelate false. 480 I testimoni di Geova coltivano il senso della vicina catastrofe; descrivono con un certo compiacimento le guerre, le calamità naturali, gli orrori di questo mondo, quasi scorgendo in essi un anticipo della fine. Riconoscono il valore della vita familiare, ma prendono le distanze dalla società; la rifiutano come dominata da Satana. Per questo motivo, non per amore dell'umanità e della civiltà, rifiutano di prestare il servizio militare. Si considerano un'isola buona in mezzo a un mare di corruzione. L'osservanza di obblighi e proibizioni è funzionale al rafforzamento di questo carattere elitario. In conclusione possiamo ritenere che i testimoni di Geova, sebbene usino continuamente la Bibbia, sono sostanzialmente estranei al cristianesimo. 481 I "nuovi movimenti religiosi" si allontanano con le loro dottrine dai contenuti centrali della fede cristiana. Denotano una ricerca religiosa intensa, ma confusa e ambigua. Rispondono a un bisogno molto sentito di appartenenza e di partecipazione e, con il loro proselitismo, possono ottenere notevoli successi, soprattutto negli ambienti dove non ci sono comunità cristiane vive. Fedeltà creativa nella storia Apostolicità della Chiesa 482 Per i primi cristiani il regno di Dio coincide con la presenza del Signore Gesù che comunica il suo Spirito; non è un'intuizione o un progetto da elaborare, ma una persona da accogliere. ( At 8,12; At 28,31 ) La Chiesa vive di Cristo mediante lo Spirito. È chiamata a conformarsi a lui e, per conformarsi a lui, ha bisogno di ricordare tutto quello che egli ha detto e ha fatto. ( Gv 14,26 ) Sa che il fondamento è stato posto una volta per sempre e solo su quello si deve edificare: ( 1 Cor 3,10-17 ) solo condividendo l'esperienza originaria degli apostoli, si può entrare nella comunione del Padre e del Figlio; ( 1 Gv 1,1-3 ) solo attraverso la loro mediazione, che rimane operante sino alla fine del mondo, le nazioni diventano discepole di Gesù. ( Mt 28,19-20 ) La Chiesa è apostolica in quanto, attraverso la Scrittura e la Tradizione vivente, riceve dagli apostoli la dottrina e l'esperienza della fede, i sacramenti della grazia e il ministero dei pastori, in modo da essere fedele a Cristo e partecipare alla sua vita. 483 Gesù non è un'idea o un simbolo; è una persona, con una storia concreta. In virtù dello Spirito Santo la sua storia si prolunga in quella della Chiesa, continua a plasmare la vita dei credenti e delle comunità. Non si tratta però di ripetere meccanicamente le stesse cose, ma di rivivere in situazioni diverse l'esperienza originaria, con inesauribile creatività. Lo Spirito è unità e fedeltà, ma anche libertà e novità. La buona notizia è anche profezia; la memoria è carica di speranza. La Chiesa è chiamata ad essere fedele rinnovandosi incessantemente, come un corpo vivo rimane identico a se stesso mentre si sviluppa e cambia. Si trasforma la figura esteriore, si evolve la coscienza di sé, ma con coerenza e continuità. Chiesa in cammino nel tempo 484 L'inesauribile fecondità del vangelo consente alla Chiesa di incarnarsi in molte culture senza identificarsi completamente con nessuna, di contribuire efficacemente alla costruzione della civiltà terrena, rimanendo protesa verso la vita eterna. Ebrea con gli ebrei, greca con i greci, ( 1 Cor 9,20-23 ) mai estranea al mondo, mai del tutto integrata. "I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per costumi. Non abitano città proprie, né usano un gergo particolare, né conducono uno speciale genere di vita . Ogni nazione è la loro patria e ogni patria è una nazione straniera . Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi". 485 Come Israele, liberato dall'Egitto e costituito popolo di Dio mediante l'antica alleanza, peregrinò a lungo nel deserto tra pericoli e tentazioni prima di arrivare alla terra promessa, così la Chiesa, nata dalla Pasqua di Cristo e diventata, in virtù della nuova alleanza, il definitivo popolo di Dio, è pellegrina nel mondo verso la perfezione del regno di Dio, in mezzo a tentazioni, difficoltà e tribolazioni, "tanto interne che esterne". "Entra nella storia degli uomini, ma al tempo stesso trascende i tempi e i confini dei popoli". Come nave nella tempesta, la Chiesa subisce la violenza delle onde, ma non affonda. La minacciano in ogni epoca persecuzioni, eresie, scismi, corruzione morale, compromessi mondani; possono ferirla e deturparla, ma non snaturarla o distruggerla, perché, come le è stato promesso, "le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" ( Mt 16,18 ). Per il sostegno e la grazia del Signore, anche le contraddizioni e le sofferenze, seminate sul suo cammino, possono diventare benefiche. Nel libro dell'Apocalisse lo Spirito Santo fa pervenire al responsabile della Chiesa di Smirne questa parola di conforto: "Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - tuttavia sei ricco" ( Ap 2,9 ). Viceversa, i successi possono essere pericolosi e in ogni caso sono sempre provvisori. La sicurezza può risultare illusoria; la ricchezza può diventare una prigione. Ancora nell'Apocalisse, lo Spirito rivolge questo rimprovero al responsabile della Chiesa di Laodicèa: "Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo" ( Ap 3,17 ). Lo Spirito Santo conduce avanti attraverso i secoli il cammino della Chiesa e le impedisce di indugiare sulle mete raggiunte. Mentre la induce a guardare indietro nel passato, verso Gesù di Nàzaret, in cui la rivelazione e la salvezza si sono compiute una volta per sempre, la fa guardare anche avanti verso il Signore risorto, che è il futuro del mondo e la novità ultima. La bimillenaria storia della Chiesa può essere considerata un grande esodo, misteriosamente guidato dallo Spirito di Dio, verso traguardi sempre nuovi, nella sostanziale continuità con le origini, malgrado le innumerevoli infedeltà personali dei credenti e le deformazioni della comunità. L'Ora delle persecuzioni 486 In base alla posizione della Chiesa rispetto alla società civile, possiamo distinguere tre epoche fondamentali nella sua storia. La prima epoca è quella delle persecuzioni. La Chiesa penetra nella civiltà greco-romana, sfidando una dura opposizione. Ha su di sé l'antipatia delle masse popolari, superstiziose e moralmente corrotte, la diffidenza e il disprezzo degli intellettuali, l'ostilità dello stato totalitario. Si preoccupa soprattutto di consolidare la sua vita interna. Le comunità, riunite ciascuna attorno al proprio vescovo, sono piccole, fervorose e collegate fra loro da una rete di intense relazioni. I credenti prendono sul serio la comune vocazione alla santità, pronti a qualsiasi sacrificio, dato che "il martirio colpiva fin dalla nascita". All'interno della propria comunità e nei rapporti tra le diverse comunità, fanno una concreta esperienza di comunione, fondata sul battesimo, incentrata sull'eucaristia, regolata da precise norme disciplinari, vissuta nella carità fraterna, nella condivisione dei beni spirituali e materiali. Tuttavia non mancano scandali, eresie, discordie, conflitti disciplinari. 487 La fede si propaga in modo capillare da persona a persona per la testimonianza spontanea di ogni credente presso parenti e amici, ospiti e clienti, compagni di lavoro e di viaggio. Un grande apologeta può dire con fierezza: "Siamo di ieri, ma abbiamo già riempito il mondo e tutti i vostri territori, le città, le isole, le fortezze, i municipi, le borgate, gli stessi accampamenti, le tribù, le decurie, la reggia, il senato, il foro". Senza far chiasso, il cristianesimo si diffonde e intanto si libera lentamente della sua matrice ebraica e assume un'espressione greca. Questo processo di trasposizione culturale giunge a maturazione nel III secolo, con i prestigiosi maestri della scuola teologica di Alessandria in Egitto. Tuttavia, dati i rapporti conflittuali con la società, l'incidenza sulla civiltà greco-romana nel suo complesso rimane marginale fino alla svolta costantiniana. 488 Numerosi sono i màrtiri, eroici e umanissimi, come possiamo rilevare da lettere, atti e passioni. Ma forse più numerosi sono coloro che non resistono al momento della prova. Si tratta dunque di una stagione senz'altro splendida per creatività ed eroismo, ma non certo perfetta e da idealizzare. La civiltà cristiana 489 La successiva epoca è quella della cosiddetta "civiltà cristiana". Abbraccia un ampio arco di secoli e vede esperienze storiche per molti aspetti assai diverse tra loro: la Chiesa imperiale romano-bizantina, la cristianità medievale, la Chiesa della riforma, della controriforma, dell'assolutismo statale fino al secolo XVIII. 490 Il cristianesimo da movimento minoritario diventa religione di popolo, senza per questo appiattirsi nella generale mediocrità, rimanendo anzi capace di esprimere una imponente fioritura di santi, di comunità monastiche, di ordini e congregazioni religiose, di confraternite laicali, di coraggiosi missionari che portano a termine l'evangelizzazione dell'Europa e poi, dopo le grandi scoperte geografiche del secolo XV, quella dell'America, senza trascurare neppure gli altri continenti. Con Costantino e gli imperatori cristiani il cristianesimo passa dalla condizione di religione proibita a quella di religione ufficiale e questo gli consente di influire più efficacemente nella società come fattore decisivo di progresso. Basta menzionare la mitigazione e poi l'abolizione della schiavitù, la tutela dell'infanzia, la limitazione dei conflitti e la moderazione della violenza, la partecipazione e la solidarietà attraverso le corporazioni, i comuni e l'universalismo medievale, la promozione della cultura per mezzo di scuole, università e sostegno delle arti, la multiforme attività assistenziale mediante ospedali, ospizi, monti di pietà, elemosine e soccorsi vari. 491 Se le luci sono molte e meravigliose, le ombre non mancano e non sono di poco conto. La presenza della Chiesa nella società degenera in confusione tra la sfera religiosa e quella civile, compromettendo la purezza della religione e l'autonomia delle realtà secolari. Per quanto riguarda i fedeli, si dà eccessiva importanza ai fatti esteriori e collettivi; si presta invece poca attenzione all'autenticità della conversione e alla partecipazione personale all'eucaristia, vertice dell'esperienza cristiana. Per quanto riguarda il clero, la libertà si gonfia in privilegio con l'istituzione di un tribunale speciale per gli ecclesiastici, l'esenzione dalle tasse e soprattutto l'acquisto della ricchezza e del potere mondano, da cui scaturiscono corruzione e simonia. Si ha l'interferenza diretta degli ecclesiastici nella politica, nell'amministrazione, nel campo della scienza, dell'arte e del lavoro. Viceversa si fa sentire pesantemente l'ingerenza dello stato e dei potenti nella vita interna della Chiesa. Non viene adeguatamente riconosciuto il diritto alla libertà di coscienza: di qui l'intolleranza verso gli ebrei, l'inquisizione contro gli eretici, la conversione forzata di interi popoli, le guerre di religione. Non c'è dunque da sorprendersi se questa stagione, pur ricca di frutti e di splendidi risultati, è attraversata da un senso di disagio e dall'aspirazione costante verso una Chiesa più povera e spirituale. L'epoca moderna 492 Il mondo moderno emerge gradualmente come reazione alla precedente confusione tra religione e società civile, con un lungo processo che prende avvio nel basso medioevo, si irrobustisce con l'umanesimo rinascimentale e la riforma protestante, diventa dominante con l'illuminismo e la rivoluzione francese. La civiltà tende a diventare non solo legittimamente autonoma, ma anche estranea e indifferente rispetto alla religione, anzi a volte addirittura ostile. Viene duramente contestata la presenza della Chiesa nella società. Non solo si sopprimono i privilegi e il potere temporale, ma si arriva alla discriminazione e, in certi casi, anche alla persecuzione violenta. Si cerca di relegare la fede nel privato; si apre un fossato tra la pratica religiosa e la vita quotidiana. 493 Tutto questo avviene in nome di valori autentici, quali la ragione, la scienza, la libertà, la solidarietà, la democrazia, la tolleranza, ma interpretati in modo unilaterale e distorto. Si comprende allora perché l'atteggiamento della Chiesa verso la modernità oscilli tra la difesa e il dialogo, con prevalenza prima dell'una e poi dell'altro. Comunque, essa esce dalla prova purificata. Non rivendica più privilegi, ma solo libertà; la stessa che chiede per tutti, in nome dei diritti fondamentali della persona. Lascia spazio ai fedeli laici non solo nell'ambito delle attività secolari, ma anche in quello delle attività ecclesiali, promuovendo la loro partecipazione. Libera da compromessi col potere secolare, vede il suo ruolo di guida spirituale e morale acquistare un profilo più alto. Recuperata la distinzione tra fede e cultura, può integrare più decisamente nell'esperienza cristiana i valori di altre culture dell'America latina, dell'Africa e dell'oriente asiatico. Lo Spirito abbatte le cittadelle che gli uomini costruiscono, per aprire sempre nuove strade. 494 La civiltà cristiana del medioevo appare tutt'altro che priva di difetti da un punto di vista cristiano: non sapeva coniugare in modo soddisfacente l'unità della società con la libertà di coscienza, il pluralismo culturale, i diritti umani fondamentali. D'altra parte la civiltà moderna tende anch'essa all'uniformità; ma l'omologazione avviene sulla base di valori generici e di basso profilo, a spese delle proposte più esigenti e creative. Solo una città dell'uomo, rispettosa dei diritti di ogni persona e capace di conciliare unità e pluralismo, è anche città di Dio. 495 La Chiesa è edificata sul fondamento degli apostoli, ricevendo da loro la dottrina, i sacramenti e il ministero pastorale, attualizzando incessantemente nella storia la loro esperienza di Cristo. La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica. Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi Si rischia sempre di considerare la Chiesa in termini semplicemente umani, funzionali, parziali o ideologici. Una cultura in cui prevalgono le istanze individualistiche tende ad attenuare nei cristiani il senso di appartenenza ecclesiale. Solo interrogandosi, con profondità e libertà di cuore, sulla sua origine e sullo Spirito che la anima, si può comprendere che cosa sia veramente la Chiesa, quale sia la sua missione e quanto grande sia il dono di appartenervi. - Cosa fare per avere una più corretta conoscenza della Chiesa e una più matura coscienza di appartenenza? - Quali sono i segni di continuità tra la prima comunità cristiana e la comunità ecclesiale a cui appartieni? - Quali gli aspetti nuovi e diversi? - Come vivere e maturare il senso della Chiesa universale nell'appartenenza a una Chiesa particolare? - Perché è sorto il movimento ecumenico? Qual è la sua importanza oggi? Ascoltare e meditare la Parola Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotàmia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio". ( At 2,1-11 ) Si può leggere anche: ( Mc 16,14-20 ) Il Signore risorto opera nella Chiesa fino alla fine del mondo. ( At 2,42-48; At 4,32-37 ) La comunità di Gerusalemme, modello di tutte le comunità. ( 1 Pt 2,4-10 ) Il popolo santo che Dio si è acquistato. In mezzo all'infuriare delle onde la tua Chiesa, o Signore, fondata sulla roccia degli apostoli, rimane stabile e continua a resistere sul suo incrollabile fondamento contro gli assalti furiosi del mare. È battuta dalle onde ma non squassata; gli elementi sconvolti del mondo l'assaltano spesso con grande fragore, ma essa è, per coloro che soffrono, il porto sicuro della salvezza. Ma se è sballottata sul mare, la Chiesa corre sui fiumi . Sono i fiumi che scaturiscono dal seno di colui che si è dissetato a te, o Cristo, e ha ricevuto lo Spirito . C'è anche un fiume che si riversa negli uomini di Dio come un torrente . Colui che ne riceve l'abbondanza, come Giovanni l'evangelista, o come Pietro e Paolo, leva la sua voce; e come gli apostoli con la loro predicazione hanno diffusa la parola del vangelo fino alle estremità della terra, anch'egli comincia ad annunciarti, Signore Gesù. O Cristo, fa' che i tuoi ministri raccolgano la sua acqua …, che riempiano di quest'acqua il loro spirito, perché la loro terra ne sia irrorata, vivificata dalle proprie sorgenti . Colui che è colmato, poi, può irrigare gli altri . Che la loro parola scorra dunque abbondante, pura, trasparente. Così faranno giungere alle orecchie del tuo popolo un insegnamento spirituale pieno di dolcezza". ( Sant'Ambrogio, Lettere, 2, 1-2.4-5 ) Pregare e celebrare Le sue fondamenta sono sui monti santi; il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose stupende, città di Dio. Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono; ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia: tutti là sono nati. Si dirà di Sion: "L'uno e l'altro è nato in essa e l'Altissimo la tiene salda". Il Signore scriverà nel libro dei popoli: "Là costui è nato". E danzando canteranno: "Sono in te tutte le mie sorgenti". ( Sal 87 ) È veramente giusto renderti grazie, e innalzare a te, Signore, Padre buono, l'inno di benedizione e di lode. Per mezzo del tuo Figlio, splendore d'eterna gloria, fatto uomo per noi, hai raccolto tutte le genti nell'unità della Chiesa. Con la forza del tuo Spirito continui a radunare in una sola famiglia i popoli della terra, e offri a tutti gli uomini la beata speranza del tuo regno. Così la Chiesa risplende come segno della tua fedeltà all'alleanza promessa e attuata in Gesù Cristo, nostro Signore. Per questo mistero di salvezza ti lodano i cieli ed esulta la terra e la Chiesa unanime canta la tua gloria. ( Messale Romano, Prefazio della Preghiera eucaristica V/D ) Professare la fede - "Chiesa" significa "convocazione": assemblea di coloro che la parola di Dio convoca per formare il popolo di Dio e che, nutriti del corpo di Cristo, diventano essi stessi corpo di Cristo e segno nel mondo del Signore risorto. "Così la Chiesa intera appare come "un popolo radunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" ( San Cipriano di Cartagine, La preghiera del Signore, 23 )" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 4 ). - Prefigurata nella creazione, preparata nell'antica alleanza, fondata dalle parole e dalle azioni di Gesù Cristo, realizzata mediante la sua croce e la sua risurrezione, manifestata come mistero di salvezza con l'effusione dello Spirito Santo, la Chiesa avrà il suo compimento nella gloria del cielo come assemblea di tutti i redenti della terra. - La Chiesa è in questo mondo il sacramento della salvezza, segno e strumento della comunione con Dio e tra gli uomini. Essa è ad un tempo visibile e spirituale, una e cattolica, universale e particolare, minacciata dal peccato e ricca di santità, fedele alle origini apostoliche e aperta alla novità della storia. Capitolo 12 Da un solo Spirito doni diversi A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune. ( 1 Cor 12,7 ) 496 Uno solo è il popolo di Dio, ma al suo interno si distinguono ministri ordinati, laici, persone di vita consacrata. Comuni sono la dignità, la vocazione alla santità e la missione evangelizzatrice; ma si attuano secondo modalità diverse e complementari. La varietà di carismi, ministeri, stati di vita e vocazioni consente uno scambio incessante di doni e una feconda comunicazione di carità. Unità e varietà nella Chiesa Pari dignità 497 Nell'Antico Testamento lo Spirito Santo veniva effuso su alcuni personaggi straordinari; nel giorno di Pentecoste è dato invece in abbondanza a tutta la comunità cristiana. Lo sottolinea il discorso di Pietro, secondo cui si compie la promessa del Signore contenuta nel libro di Gioele: ( Gl 3,1-5 ) "Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" ( At 2,17 ). Tutto il popolo messianico partecipa all'ufficio profetico, regale e sacerdotale di Cristo. ( 1 Pt 2,5.9; Ap 5,10 ) Tutti i fedeli ricevono lo Spirito; tutti sono incorporati a Cristo mediante il battesimo; tutti sono figli di Dio, fratelli tra di loro, eredi della vita eterna. Tutti sono chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità; ( Mt 5,48; 1 Ts 4,3; 1 Pt 1,15 ) tutti cooperano a edificare la Chiesa ( Ef 4,12-13 ) e partecipano alla sua missione universale di salvezza: "Ogni fedele è chiamato alla santità e alla missione". 498 Le discriminazioni, presenti nella società, non hanno alcun senso nella vita ecclesiale: "Tutti voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" ( Gal 3,26-28 ). Lo schiavo diventa "un fratello carissimo" ( Fm 16 ); la donna una sorella e una cooperatrice all'evangelizzazione. ( Rm 16,1.3.12 ) Tutti i cristiani hanno pari dignità; anzi sono uniti a Cristo e tra di loro, come una sola persona. Diversità e complementarità 499 Sparisce allora ogni differenza? L'uguaglianza fondamentale e la comunione comportano forse l'uniformità? Certamente no: dallo stesso Spirito derivano unità e varietà. Gli Atti degli apostoli mostrano che, se tutti i credenti hanno una funzione profetica, alcuni però hanno un dono particolare di profezia; ( At 21,9-10 ) se tutti partecipano alla vita comunitaria, alcuni, come gli apostoli, i loro primi sette collaboratori e gli anziani, hanno compiti specifici. ( At 6,6; At 15,6 ) Liberamente l'unico e identico Spirito concede doni diversi "per l'utilità comune" ( 1 Cor 12,7 ). Mentre alimenta in tutti i fedeli il senso della fede, la santità e la fraternità, infonde nei singoli capacità particolari per rispondere a molteplici esigenze. 500 L'unica Chiesa, non solo esiste in molte Chiese e si esprime in molte culture, ma si edifica e compie la sua missione con il contributo di vari carismi, ministeri, stati di vita, vocazioni. La comunità ecclesiale è come un organismo vivo e operante: "In un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione . Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi" ( Rm 12,4.6 ). "Dio ha composto il corpo" in modo che "le varie membra avessero cura le une delle altre" ( 1 Cor 12,24-25 ). Tutti sono abbastanza poveri per dover ricevere; tutti abbastanza ricchi per poter dare. "Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; né la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi". Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie" ( 1 Cor 12,21-22 ). I credenti sono responsabili gli uni degli altri; tra loro vige la legge della reciprocità: devono stimarsi a vicenda, accogliersi, edificarsi, servirsi, sostenersi, correggersi, confortarsi. Nel mutevole intrecciarsi di tante storie personali si attua una incessante comunicazione di carità. 501 "Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio" ( 1 Pt 4,10 ). Nella dinamica di questo scambio, con doni diversi e complementari, lo Spirito sostiene la vita e la missione della Chiesa. Come un uomo "vede con gli occhi, ode con gli orecchi, sente odori con le narici, parla con la lingua, opera con le mani, cammina con i piedi, a tutte le membra dà la vita, a ognuno il suo compito", così lo Spirito Santo "in alcuni santi compie miracoli, in altri annuncia la verità, in altri custodisce la verginità, in altri ancora custodisce la pudicizia coniugale; in alcuni santi questo, in altri quello; a ciascuno concede di realizzare l'opera propria, a tutti parimenti di vivere". Carismi 502 I carismi sono grazie speciali dello Spirito Santo, con le quali ogni fedele viene reso adatto e pronto ad assumere qualche compito e a svolgere qualche attività, in modo da giovare, direttamente o indirettamente, alla santità della Chiesa, alla sua vitalità apostolica, al bene delle persone e della società. Intesi in senso proprio, si distinguono dalle grazie concesse per la santificazione personale: sono dati a vantaggio degli altri. Tuttavia la capacità di contribuire al bene degli altri di solito è strettamente collegata alla qualità della propria vita spirituale. Non per niente nella Bibbia, quando Dio affida a qualcuno una missione, provoca anche un cambiamento radicale nel suo modo di vivere. ( Gen 12,1-4; Ger 1,4-10; Am 7,14-15; Lc 1,26-38; Lc 5,1-11; At 22,3-21 ) Il primo dono da fare ai fratelli è la propria esistenza, la propria personalità. 503 I carismi, sebbene l'uso che spesso si fa di questa parola possa far pensare a qualcosa di eccezionale, vengono concessi a tutti i fedeli. "Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri"; possono prolungarsi nel tempo e passare da una generazione all'altra "come una preziosa e viva eredità", dando luogo a "una particolare affinità spirituale". Essi sono innumerevoli come le esigenze alle quali rispondono. Alcuni sono del tutto ordinari, come il matrimonio, la verginità, l'assistenza ai malati e ai poveri, altri straordinari come i miracoli; ( 1 Cor 7,7; 1 Cor 12,28 ) alcuni occasionali e spontanei, come il parlare lingue sconosciute, altri stabili come il compito di maestro, altri perfino istituzionali come gli uffici di presbitero e di evangelizzatore, conferiti con l'imposizione delle mani. ( At 20,28; 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6 ) Il Nuovo Testamento ignora ogni dualismo tra carisma e istituzione: lo Spirito è libero di agire come vuole, fuori e dentro l'istituzione. 504 Tutti i carismi sono preziosi; "devono essere accolti con gratitudine e consolazione"; vanno integrati e valorizzati in una pastorale di comunione. Non hanno però tutti la stessa importanza. I carismi dei grandi fondatori di ordini religiosi e movimenti spirituali hanno un peso ben maggiore delle semplici attività quotidiane. Tutti comunque vengono da Dio. I fedeli li chiedono con la preghiera e li accolgono con la libera cooperazione. I pastori hanno il compito di discernere la loro autenticità e di regolarne l'esercizio, in umile atteggiamento di obbedienza allo Spirito e apertura ai fratelli. Nessuno può conferirli o disporne a piacimento. La Chiesa non è una iniziativa dei credenti; si costruisce a partire da Cristo e dal suo Spirito: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" ( Gv 15,16 ). carismi non vanno confusi con le aspirazioni e le imprese puramente umane. Sono autentici, se si trovano in armonia con la dottrina della fede, professata dalla Chiesa, ( 1 Cor 12,3; 1 Gv 4,2-3 ) con l'effettiva utilità della comunità e con le direttive date dai pastori per il necessario coordinamento. ( 1 Cor 13,1-13; 1 Cor 14,12-26.37-38; 1 Gv 4,6 ) Ministeri 505 Alla varietà dei carismi corrisponde una varietà di servizi, momentanei o duraturi, privati o pubblici. I servizi ecclesiali stabili e pubblicamente riconosciuti vengono chiamati ministeri. Ci sono innanzitutto i ministeri ordinati dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. Ci sono poi i ministeri dei laici, fondati sul battesimo e sulla cresima e conferiti attraverso il riconoscimento, ufficiale o di fatto, della comunità e del vescovo. 506 Tra i ministeri laicali ricordiamo per primi quelli istituiti con rito liturgico: i lettori e gli accoliti. Non meno importanti però sono quello dei ministri straordinari della comunione eucaristica e quelli dei responsabili di attività ecclesiali, a cominciare dai catechisti: testimoni, insegnanti ed educatori per la crescita dei fratelli nella fede. Accanto ai catechisti bisogna ricordare "animatori della preghiera, del canto e della liturgia; capi di comunità ecclesiali di base e di gruppi biblici; incaricati delle opere caritative; amministratori dei beni della Chiesa; dirigenti dei vari sodalizi apostolici; insegnanti di religione nelle scuole". L'attuazione dei ministeri laicali, fondati sui sacramenti del battesimo e della confermazione, non deve recar pregiudizio al sacerdozio ministeriale, fondato sul sacramento dell'ordine; non deve dar luogo ad alcun livellamento o struttura parallela. Stati di vita e vocazioni 507 Insieme alla varietà dei servizi, la comunione ecclesiale comporta varietà delle forme di vita, cioè dei modi stabili di configurarsi a Cristo, di rapportarsi agli altri e alle cose. Vi sono innanzitutto tre modalità generali: lo stato laicale, caratterizzato dall'impegno secolare; lo stato ministeriale ordinato, caratterizzato dalla rappresentanza di Cristo pastore; lo stato di speciale consacrazione, caratterizzato dalla testimonianza alla vita del mondo che verrà. Sono tre modi, diversi e complementari, di esprimere l'inesauribile mistero di Cristo, di "vivere l'eguale dignità cristiana e l'universale vocazione alla santità nella perfezione dell'amore". 508 All'interno di questi tre stati di vita, si precisano diversi cammini spirituali e apostolici concreti: sono le molteplici vocazioni particolari. Dono di Dio e scelta dell'uomo, la vocazione passa attraverso una preghiera perseverante, un prudente discernimento e una graduale maturazione, con la cooperazione di sagge guide spirituali. Alcune vocazioni comportano una chiamata della Chiesa. Per il discernimento occorre considerare la storia personale, le circostanze esterne, le attitudini, le corrette motivazioni, l'attrattiva interiore. La maturazione consiste nel purificare e consolidare le motivazioni, nell'assumere uno stile di vita adeguato, nell'incanalare l'affettività verso gli obiettivi vocazionali, nel rimanere fedeli alla decisione presa. 509 Le vocazioni, infine, si personalizzano in modo originale in ogni singolo fedele. Ognuno è chiamato per nome; ognuno ha la sua storia e porta un proprio contributo al regno di Dio. "L'acqua delle piogge scende dal cielo sotto un'unica forma e produce effetti molteplici . Così anche lo Spirito Santo, pur essendo unico, semplice e indivisibile, a ciascuno distribuisce la grazia come vuole . Egli suscita molte virtù per volontà di Dio nel nome di Cristo". 510 Lo Spirito del Signore anima la Chiesa come una comunione organica di fedeli, partecipi della stessa dignità e missione, ma diversi per carismi, ministeri, stati di vita e vocazioni. Il ministero dei pastori Istituzione divina 511 Del ministero apostolico partecipano quei credenti che vengono scelti perché siano rappresentanti di Cristo pastore e in suo nome sostengano la vita di fede e di carità di tutti i fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la guida della comunità, nella continuità della tradizione apostolica. La funzione ecclesiale, che viene loro affidata, è tale da polarizzare tutta la loro esistenza e determinare il loro modo di essere cristiani, il loro genere di vita. 512 Già durante il ministero pubblico di Gesù, i Dodici sono stati associati alla sua missione e inviati ad annunciare il regno di Dio e a porre in atto i segni della sua venuta, condividendo lo stesso stile di vita del Maestro. ( Mt 10,5-10 ) Si trattava di un preludio della missione definitiva e universale, che avrebbero ricevuto in seguito con il potere di "legare e sciogliere". ( Mt 18,18 ) Di fatto ricevono dal Signore risorto il grande mandato missionario: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni … Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" ( Mt 28,18-20 ). Ma come potranno svolgere la loro opera dovunque e sempre, se non attraverso dei collaboratori e dei successori? 513 Nella Chiesa delle origini gli apostoli occupano il primo posto tra tutti i carismi. Sono i testimoni ufficiali del Risorto; i suoi ambasciatori, inviati con la forza dello Spirito Santo e accreditati con i miracoli; i dispensatori dei doni di Dio; i ministri della riconciliazione. ( Rm 15,17-19; 1 Cor 4,1-2; 1 Cor 12,28; 2 Cor 5,18-20; 2 Cor 6,4; 2 Cor 12,12; Eb 2,3-4 ) Formano un collegio, presieduto da Pietro, e guidano insieme il cammino iniziale della prima comunità di Gerusalemme. ( At 4,35; At 5,29; At 6,2.6; At 15,2-4 ) Cresce però in fretta il numero dei credenti ed essi sentono il bisogno di associarsi dei collaboratori. Creano prima sette responsabili per una parte della comunità, quella di lingua e cultura greca, che presto verrà perseguitata e cacciata dalla città. ( At 6,1-6 ) Affidano poi l'altra parte, quella di cultura ebraica, a Giacomo, cugino del Signore, coadiuvato da un collegio di presbìteri, secondo il modello delle sinagoghe. ( At 11,30; At 12,17; At 15,4-23; At 21,18 ) Giacomo, la prima figura conosciuta di pastore unico a capo di una comunità locale, morirà martire e avrà come successore Simeone, un altro cugino di Gesù. 514 Le comunità che man mano si aggiungono a quella di Gerusalemme hanno anch'esse dei responsabili: ad Antiòchia cinque "profeti e dottori" ( At 13,1 ); nelle città dell'Asia Minore un collegio di presbìteri stabiliti dallo Spirito Santo attraverso gli apostoli; ( At 14,23; At 20,17.28-32; 1 Pt 5,1-3 ) a Filippi "i vescovi e i diaconi" ( Fil 1,1 ); a Tessalonica i "preposti nel Signore" ( 1 Ts 5,12 ); altrove "pastori e maestri" ( Ef 4,11 ). I titoli non sono ancora precisi e ufficiali e variano da un ambiente all'altro. Nell'insieme però appare abbastanza chiaro che le comunità sono guidate da un collegio di responsabili, sotto l'autorità dell'apostolo fondatore. 515 Con l'andar del tempo gli apostoli avvertono la necessità di una successione: "Istituirono i vescovi e i diaconi e diedero ordine che, quando costoro fossero morti, altri uomini provati succedessero nel loro ministero". Essi stessi passano le consegne ai loro discepoli più fidati. Questo passaggio è documentato nelle lettere pastorali, attribuite a Paolo, in cui le comunità risultano affidate a un collegio di presbìteri, coadiuvati dai diaconi, sotto la guida di un evangelizzatore, discepolo dell'apostolo, anello sicuro di una catena destinata a prolungarsi: ( 1 Tm 3,1-13; 1 Tm 5,17-22; Tt 1,5-9 ) "Le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri" ( 2 Tm 2,2 ). Poco più tardi Ignazio di Antiòchia attesta che ogni comunità, "fino ai confini della terra", è governata da un solo vescovo; anzi afferma che senza il vescovo, il collegio dei presbìteri e i diaconi, non ci può essere una vera Chiesa. Poi, durante il secondo secolo, vengono compilati, per le singole Chiese, gli elenchi dei vescovi risalenti fino agli apostoli. Da allora la struttura gerarchica della Chiesa è rimasta immutata e i vescovi presiedono le comunità come successori degli apostoli, con l'aiuto dei presbìteri e dei diaconi. Questa linea di sviluppo offre sicuro fondamento alla dottrina cattolica, che è così sintetizzata dal concilio Vaticano II: "Per istituzione divina i vescovi sono succeduti agli apostoli quali pastori della Chiesa". Successori degli apostoli 516 Il senso di questa successione va precisato. Gli apostoli, con la loro testimonianza diretta e originaria su Cristo, pongono il fondamento della Chiesa una volta per sempre. I pastori, che collaborano con loro e poi prendono il loro posto, curano che la costruzione dell'edificio prosegua sul medesimo fondamento: ( 1 Cor 3,10-11 ) "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio . Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni ad insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé" ( At 20,28-30 ). Il Signore ha stabilito "pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo", perché non siano più "come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina" e possano vivere "secondo la verità nella carità" ( Ef 4,11-12.14-15 ). I pastori succedono dunque agli apostoli, in quanto custodiscono e trasmettono fedelmente la loro testimonianza, "il buon deposito" ( 2 Tm 1,14 ), con la grazia dello Spirito Santo, per consentire a tutti i credenti di rivivere l'esperienza originaria e di essere veramente Chiesa di Cristo. Il carisma dell'autorità 517 In concreto alimentano la fede e la carità di tutti i credenti con il servizio della Parola e la celebrazione dei sacramenti; verificano e coordinano i vari carismi, in una disciplina ordinata, che sia segno visibile della comunione in Cristo. Fanno questo con l'autorità ricevuta "per edificare" ( 2 Cor 13,10 ), cioè per radunare il popolo di Dio. Anzi, hanno avuto un carisma particolare dallo Spirito Santo, attraverso il rito sacramentale dell'ordinazione, come dice la seconda lettera a Timòteo: "Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani" ( 2 Tm 1,6; 1 Tm 4,14 ). Segno e presenza di Cristo pastore 518 La missione da svolgere contribuisce a individuare l'identità dei ministri ordinati. Questa però è connotata essenzialmente dal loro rapporto con Cristo. In virtù del sacramento essi diventano rappresentanti di Cristo, pastore e servo, nella triplice funzione profetica, regale e sacerdotale. Come il Padre ha mandato il Figlio e si è manifestato attraverso di lui, così Gesù manda i suoi discepoli e si rende presente attraverso di loro. ( Mt 10,40; Mt 28,19-20; Lc 10,16; Gv 13,20; Gv 14,9-10; Gv 20,21 ) Colui che invia, viene lui stesso insieme con coloro che sono inviati. Essi non sono semplici delegati, ma segno visibile ed efficace della sua presenza. Non sono intermediari, ma consentono di incontrare in modo umano l'unico mediatore. Non solo lo rappresentano, ma lo ripresentano. Quello che Gesù diceva riferendosi al Padre, essi lo possono ripetere in riferimento a Gesù: "Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo" ( Gv 8,29 ). In unione a Cristo rappresentanti della Chiesa 519 Mentre rappresentano Cristo di fronte alla Chiesa, rappresentano in unione a Cristo la Chiesa davanti al Padre e intercedono per lei. La rappresentano anche davanti agli uomini, in quanto costituiscono il fondamento visibile della sua unità e fedeltà evangelica. Si tratta di una rappresentanza sacramentale in virtù dello Spirito e non di una rappresentanza in senso democratico. I ministri ordinati ricevono il potere da Cristo, non dalla comunità. Non sono delegati di essa, neppure quando vengono designati con la sua partecipazione. Ciò non vuol dire che debbano agire in maniera autoritaria, senza consultare nessuno. Al contrario devono farsi interpreti e servitori della vita della Chiesa, in piena fedeltà al vangelo. Le decisioni devono maturare in un clima di preghiera, di fraternità, di ascolto reciproco e di conversione al Signore da parte di tutti, pastori compresi. Se è vero che i pastori non sono dalla Chiesa, sono però per la Chiesa e nella Chiesa. Rimangono cristiani come gli altri, ascoltano la parola che predicano e ricevono l'eucaristia che distribuiscono. Inoltre devono esercitare il loro ministero in una prassi di comunione, valorizzando gli altri carismi e ministeri: "I vescovi non devono solo insegnare, ma anche imparare". Spiritualità caratteristica 520 L'ordinazione sacramentale, mentre costituisce i pastori rappresentanti di Cristo e della Chiesa, li abilita e li impegna ad assumere uno stile di vita conforme a quello del primo Pastore. Per essere segno vivo e trasparente di lui, devono condividere la sua carità, fino a dare la vita per le pecore. Per farsi "modelli del gregge" ( 1 Pt 5,3 ) e per guidarlo alla santità, è necessario che siano uomini spirituali e comunichino ai fratelli anche un'esperienza personale di Dio. Ai suoi principali collaboratori, inviati a proclamare e instaurare il regno di Dio, Gesù ha chiesto di seguirlo da vicino, liberi dai legami affettivi e dagli interessi, contenti solo del necessario, generosi nel servizio. I ministri ordinati sono chiamati a vivere la radicalità evangelica con motivazioni diverse rispetto alle persone di vita consacrata, non propriamente per essere segno dell'uomo nuovo escatologico, ma per rappresentare al vivo Cristo pastore che dà se stesso per il suo gregge. Intercessori con Cristo presso il Padre a favore della comunità, guide spirituali e pastorali dei fedeli in nome di Cristo, devono immergersi nella contemplazione del mistero ed esercitare il loro servizio con zelo appassionato e paziente, con stile di comunione e missionario. Tre gradi del ministero 521 Fin dai primi tempi si distinguono nella Chiesa diverse figure di pastori. Il ministero pastorale è di istituzione divina e "viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati vescovi, presbìteri, diaconi". Il vescovo 522 Il vescovo possiede la "pienezza del sacerdozio". In nome di Cristo, non come delegato del papa o dei fedeli, governa la sua Chiesa diocesana e la rappresenta, in quanto ne è "il principio visibile e il fondamento dell'unità". Deve però esercitare la sua autorità come un servizio, valorizzando la corresponsabilità dei presbìteri, dei diaconi e di tutto il popolo, secondo i doni e i compiti di ciascuno. Essendo anche responsabile dell'evangelizzazione in tutto il mondo, deve tenere desta la coscienza missionaria della sua Chiesa sia verso il proprio territorio sia verso i popoli lontani. Il presbitero 523 "I presbìteri, pur non possedendo il vertice del sacerdozio, ma dipendendo dai vescovi nell'esercizio della loro potestà, sono tuttavia congiunti a loro nella dignità sacerdotale. In virtù del sacramento dell'ordine e ad immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote, sono consacrati per predicare il vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti della nuova alleanza". È loro compito sia educare i singoli cristiani alla maturità della fede sia formare un'autentica comunità cristiana, come fraternità viva e unita, con una ordinata varietà di vocazioni e di servizi. Consacrati per essere "premurosi collaboratori dell'ordine episcopale …, costituiscono insieme col loro vescovo un unico presbiterio", sia pure con molteplici uffici. Strettamente uniti al vescovo, "lo rendono in un certo senso presente nelle singole comunità dei fedeli" e in unità con lui presiedono la santa liturgia e soprattutto l'eucaristia che è il centro del loro ministero. Attraverso la quotidiana fedeltà alla loro missione, crescono nella carità e danno testimonianza alla vicinanza di Dio, "imitando ciò che amministrano". Il diacono 524 I diaconi sono ordinati "non per il sacerdozio", cioè per offrire a nome di Cristo il sacrificio eucaristico, "ma per servire", sia nella liturgia che nella predicazione e nella pastorale della carità. Sono gli "incaricati della diaconìa di Gesù Cristo". In concreto possono svolgere molte funzioni: leggere la Sacra Scrittura, istruire il popolo, dare il battesimo, distribuire l'eucaristia, benedire il matrimonio, celebrare il rito funebre, guidare assemblee di preghiera, promuovere iniziative di carità, animare settori di pastorale o piccole comunità ecclesiali, gestire l'amministrazione economica. Al di là delle attività concrete, la loro stessa presenza è un dono, in quanto costituisce un segno sacramentale di Cristo servo e promuove la vocazione a servire, comune a tutto il popolo di Dio. In nome di Cristo e con la grazia del suo Spirito, servono e provocano a servire. Ricordano anche agli altri due gradi dell'ordine sacro che la loro missione è un servizio. È significativo che, per diventare presbìteri e vescovi, secondo la disciplina della Chiesa, si debba ricevere prima il diaconato. Il concilio Vaticano II ha dato nuovo rilievo a questo ministero, ripristinando il diaconato permanente, al quale possono accedere uomini celibi e sposati. 525 Eredi degli apostoli, segno e presenza di Cristo pastore, in suo nome e con la sua autorità, i vescovi, coadiuvati dai presbiteri e dai diaconi, predicano la parola di Dio, celebrano i sacramenti, guidano la comunità cristiana. Sono chiamati a svolgere questa missione animati dalla carità pastorale, in un clima di preghiera e secondo uno stile di radicalità evangelica. Il collegio episcopale Un ministero collegiale 526 Il ministero apostolico ha un carattere personale, in quanto ognuno dei ministri è chiamato da Cristo e, costituito suo rappresentante, agisce con responsabilità propria. Ma ha anche un carattere collegiale, in quanto i vescovi formano il collegio episcopale intorno al papa e, in modo analogo, i presbìteri formano il presbiterio diocesano sotto l'autorità del vescovo. 527 Ogni vescovo in quanto tale è membro del collegio episcopale. "L'episcopato è uno e indiviso"; "come non vi è che un'unica Chiesa … così non vi è che un unico episcopato rappresentato da una molteplicità di vescovi uniti tra loro". Poiché i vescovi, per il dono dello Spirito, governano come rappresentanti di Cristo, in definitiva c'è un solo Pastore in molti pastori: "Cristo è lui solo che pasce il gregge, ma lo fa impersonandosi nei singoli pastori" e "tutti i pastori si identificano con la persona di uno solo, sono una cosa sola". All'interno della comunione in Cristo di tutti i fedeli, vi è una speciale comunione dei pastori. Il collegio è formato dai vescovi insieme al papa e ha "piena e suprema potestà su tutta la Chiesa . In quanto composto da molti, sta ad esprimere la varietà e l'universalità del popolo di Dio; in quanto raccolto sotto un solo capo, sta ad esprimere l'unità del gregge di Cristo". Così viene promossa la comunione pluriforme, dinamica e tesa alla mondialità; viene garantita una maggiore ricchezza nell'insegnamento. Le manifestazioni della collegialità 528 La natura collegiale dell'episcopato si manifesta concretamente nei vincoli visibili di fede, di carità, di disciplina e di corresponsabilità pastorale, in alcune istituzioni come i patriarcati o le conferenze episcopali, in alcuni avvenimenti come la concelebrazione dell'ordinazione, i sinodi e soprattutto i concili ecumenici. Nei concili ecumenici il collegio dei vescovi "esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale". La responsabilità locale e universale del vescovo 529 Il singolo vescovo "viene costituito membro del corpo episcopale in forza della consacrazione sacramentale e mediante la comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio". Anche quando non compie atti formalmente collegiali, si trova nel collegio e ne fa risuonare la voce nella sua Chiesa particolare, se è in armonia con il papa e gli altri vescovi. Pur essendo maestro della fede e capo della sua comunità, ha il dovere di accordarsi con i suoi fratelli nell'episcopato, tenendosi lontano dall'individualismo. Pur esercitando il governo pastorale soltanto nella propria diocesi, è tenuto ad avere sollecitudine per tutte le Chiese. La sua responsabilità è insieme locale e universale, come la Chiesa stessa. 530 I vescovi formano un collegio che ha come capo visibile il papa e sono corresponsabili di tutta la Chiesa. Il primato del papa Il carisma di Pietro 531 Il collegio dei vescovi succede a quello degli apostoli; il vescovo di Roma succede a Pietro. Da lui eredita il compito di confermare i fratelli nella fede, il carisma della "roccia", che dà coesione e stabilità a tutta la Chiesa: "Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" ( Lc 22,31-32 ). Durante la vita pubblica, Gesù ha dato a Simone il nuovo nome di Pietro ( Gv 1,42 ) e gli ha promesso uno speciale ruolo di guida con la triplice metafora della pietra, delle chiavi e del legare e sciogliere. ( Mt 16,18-19 ) Dopo la risurrezione, lo costituisce suo primo testimone: "apparve a Cefa e quindi ai Dodici" ( 1 Cor 15,5; Lc 24,34 ). Lo fa pastore di tutto il gregge: "Pasci i miei agnelli… Pasci le mie pecorelle" ( Gv 21,15-16 ). Il vescovo di Roma successore di Pietro 532 Pietro, nella prima comunità di Gerusalemme, è sempre in prima fila come protagonista, nel prendere la parola a nome di tutti gli apostoli, nel compiere le guarigioni miracolose, nel punire gli indegni, nel confermare le conversioni, nell'ammettere i pagani, nell'affermare la libertà cristiana di fronte alla legge mosaica. ( At 2,14-36; At 5,1-11.14-16; At 8,14-17; At 11,1-18; At 15,7-11 ) Pietro e Paolo, "le più grandi e le più giuste colonne", portano a compimento la loro testimonianza a Roma, dove versano il sangue per Cristo "insieme a una grande moltitudine di eletti". Per questo la Chiesa di Roma "presiede alla carità", e con essa, "per la sua più alta autorità apostolica, deve accordarsi ogni Chiesa, cioè i fedeli di qualsiasi parte", perché attraverso la successione dei suoi vescovi "la tradizione, che è nella Chiesa a partire dagli apostoli, e la predicazione della verità è giunta fino a noi". "Dalla discesa del Verbo incarnato verso di noi, tutte le Chiese cristiane sparse in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui [ a Roma ] come unica base e fondamento, perché, secondo la promessa del Salvatore, le porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa". Visibile principio di unità 533 Il vescovo di Roma, erede della testimonianza di Pietro, "è il perpetuo e visibile principio e il fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli". Impersona l'unità del collegio episcopale; manifesta e promuove quella della Chiesa. Il primato del papa implica una potestà piena, suprema e immediata su tutta la Chiesa. Quando come supremo maestro definisce la dottrina della fede, implica anche il dono dell'infallibilità. In lui si concentra il carisma della verità del collegio episcopale e della Chiesa. Anche quando insegna da solo, si fa voce dei suoi fratelli ed esprime la fede già vissuta dal popolo di Dio e da lui interpretata con la speciale assistenza dello Spirito Santo. "Dove è Pietro lì è la Chiesa". 534 Il papa eredita il compito che Gesù ha assegnato a Pietro: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" ( Mt 16,18-19 ) I fedeli laici Indole secolare 535 La Chiesa è il segno efficace del regno di Dio che viene nella storia e comincia a salvare il mondo. Fa parte della sua missione ordinare secondo il vangelo le realtà temporali: famiglia, lavoro, cultura, società. Questo compito viene attuato soprattutto mediante l'impegno dei fedeli laici. Se una certa dimensione secolare è comune a tutti i cristiani, "è proprio e specifico dei laici il carattere secolare". Spetta a loro edificare una degna città dell'uomo, sebbene anche i pastori e i religiosi debbano interessarsene, specialmente con la preghiera e la formazione delle coscienze. 536 Gesù a Nàzaret ha condotto per lunghi anni un'esistenza di tipo secolare: famiglia, relazioni sociali, lavoro. Successivamente, durante la sua vita pubblica, possiamo vedere rappresentati i fedeli laici da quei discepoli che credono in lui, ma rimangono a casa propria, immersi nelle consuete occupazioni, senza seguirlo fisicamente nel suo ministero itinerante. A uno di essi viene rivolto questo invito: "Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato" ( Mc 5,19 ). Secondo l'insegnamento del Maestro, verginità e matrimonio, rinuncia alle ricchezze e uso corretto di esse sono due forme esigenti della nuova santità, resa possibile dal regno di Dio. Sia chi esce dalle ordinarie condizioni di vita sia chi vi rimane dentro può e deve vivere le beatitudini. Santità laicale 537 Chi è immerso nelle realtà della famiglia, della professione e della vita sociale, deve santificarsi valorizzando queste realtà. La presenza nel mondo può diventare dedizione a Dio e missione: "È proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio". Per loro la condizione secolare non è una cornice esteriore e indifferente, ma una dimensione da portare alla pienezza del suo significato in Cristo, da integrare nella Chiesa e nella sua missione, per accogliere e testimoniare ovunque l'Amore creatore e salvatore. La santità dei laici si sviluppa attraverso la preghiera, l'ascolto della parola di Dio e la partecipazione ai sacramenti, come quella dei pastori e dei religiosi; ma si nutre anche di quotidiane occupazioni e preoccupazioni: famiglia, scuola, ufficio, fabbrica, negozio, palestra, traffico, quartiere, sindacato, politica . Pur essendo sostanziata di fede, speranza e carità come ogni altra santità, possiede una fisionomia propria con virtù umane specifiche, come la competenza nella professione, la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la lealtà e la giustizia nelle relazioni sociali, l'obbedienza verso i pastori della Chiesa e la corresponsabilità nella vita ecclesiale. Impegno ecclesiale 538 In virtù del battesimo e della cresima, i fedeli "sono tenuti a professare davanti agli uomini la fede ricevuta, … a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l'azione, come veri testimoni di Cristo". Quando ad attuare questa evangelizzazione sono i laici, essa "acquista un carattere specifico e un'efficacia particolare per il fatto di avvenire nelle condizioni comuni del secolo". Purtroppo anche tra i cattolici praticanti è piuttosto diffuso il pregiudizio che la fede sia un affare privato, anzi individuale, qualcosa che ognuno si tiene per sé. Bisogna maturare una coscienza missionaria, rendersi conto che l'apostolato, anche quello dei laici, "non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli e indurli a una vita più fervente". Il primo apostolato è quello spontaneo delle singole persone: è capillare, costante, particolarmente incisivo; è possibile in famiglia, tra i vicini e gli amici, tra i colleghi di lavoro, tra i compagni di svago o di viaggio; è il migliore presupposto anche per l'apostolato associato. Insieme all'apostolato personale, ha particolare valore ed efficacia quello della famiglia cristiana. Fondata sul sacramento del matrimonio, la famiglia è chiamata ad essere immagine viva della Chiesa e soggetto privilegiato di evangelizzazione. In modo proprio e originale può manifestare la presenza e la carità di Cristo, sia con la vita ordinaria di ogni giorno, sia mediante opportune iniziative in ambito ecclesiale e sociale. 539 Per molti laici la partecipazione alla missione della Chiesa si esprime anche in forme aggregative: associazioni, movimenti, comunità, gruppi. La libertà associativa è un diritto che deriva dal battesimo e si deve attuare nel rispetto dei "criteri di ecclesialità". Tra le associazioni ha un rilievo particolare l'Azione Cattolica, "singolare forma di ministerialità laicale", in diretta cooperazione con i pastori. Ma tutti i laici, in qualche modo, devono attivamente partecipare alla vita delle loro comunità ecclesiali. Alcuni sono anche chiamati ad assumere ministeri e a far parte di organismi pastorali. Rimane sempre attuale l'esortazione del concilio Vaticano II ai pastori: "Riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, affidino con fiducia incarichi per il servizio della Chiesa e lascino loro libertà e campo d'azione, anzi li incoraggino a intraprendere opere di propria iniziativa". Impegno nella società 540 È senz'altro auspicabile una presenza numerosa e qualificata dei laici nelle attività ecclesiali. Tuttavia "il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell'edificazione del regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo". La fedeltà al vangelo vissuto in famiglia, nel lavoro, nell'impegno culturale, sociale e politico è culto spirituale a Dio e manifestazione del suo regno già presente nella storia. Con il contributo dei fedeli laici la città di Dio cresce dentro la città dell'uomo, la illumina e la trasfigura. 541 La santità e la missione dei laici hanno una specifica indole secolare, in quanto essi accolgono e testimoniano la presenza e l'amore salvifico di Dio dentro le realtà temporali, ordinandole secondo il vangelo. Vita di speciale consacrazione Dono divino 542 La vita consacrata è "dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore". Essa "imita più da vicino e rappresenta permanentemente nella Chiesa quella forma di vita che il Figlio di Dio scelse per se stesso quando venne nel mondo a fare la volontà del Padre, e che poi propose ai discepoli che lo seguivano". Ha il suo prototipo nell'esperienza di quei primi seguaci di Gesù. Tra quanti credono in lui, alcuni sono chiamati a lasciare per la causa del regno di Dio abitazione, professione e famiglia, abbracciando l'ideale della perfetta castità, che non tutti possono capire, "ma solo coloro ai quali è stato concesso" ( Mt 19,11 ). Rinunciando ai beni materiali e al matrimonio, seguono più da vicino il Maestro e si dedicano più liberamente al servizio apostolico. ( Lc 14,20.26-27; Lc 18,25-30 ) Assumendo uno stile di vita diverso dall'ordinario, professano più apertamente la fede in lui e diventano un segno più evidente della nuova vicinanza di Dio e dell'inizio di un mondo nuovo che si compirà nella risurrezione futura, quando "non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo" ( Mt 22,30 ). Le prime esperienze 543 La comunità itinerante dei primi discepoli ha un seguito nella prima Chiesa di Gerusalemme, riunita intorno al Signore risorto in virtù del suo Spirito. Il Maestro ormai è invisibile; ma è più presente che mai e nella fede si vive in intima comunione con lui. ( At 2,44-45.48 ) L'unità con lui genera unità tra i suoi: "La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune" ( At 4,32 ). A Gerusalemme guarderanno, come a un modello perfetto, tutte le comunità cristiane successive; ma saranno specialmente le comunità di vita consacrata che si sentiranno chiamate a rivivere quel modello con la stessa radicalità. 544 Fin dal tempo degli apostoli l'intimità con il Cristo risorto trova un'espressione privilegiata nella verginità e nel celibato. ( At 21,9; 1 Cor 7,25-38 ) Certo, anche il matrimonio è una via alla santità cristiana. Ma la verginità e il celibato manifestano con più chiarezza la dedizione al Signore e la fede nella realtà nuova che sta iniziando. Costituiscono per tutti un appello deciso a non lasciarsi imprigionare dai beni terreni, che passano. ( 1 Cor 7,29-35.38 ) Mirabile varietà 545 Nei primi secoli, mescolati tra i comuni cristiani, vivono numerosi asceti e vergini: "Molti uomini e donne, che ora hanno sessanta o settanta anni di età, istruiti fin dalla loro infanzia nell'insegnamento di Cristo, hanno osservato la verginità". La loro scelta non comporta una svalutazione del matrimonio: "Noi stimiamo beata la castità e beati coloro ai quali il Signore ne ha fatto dono; ma ammiriamo anche la bellezza dell'unico matrimonio". Dal III secolo ad oggi, la storia della Chiesa vede sorgere in ogni epoca figure carismatiche di santi fondatori e riformatori, quasi profeti del Nuovo Testamento, e da loro vede germogliare, in virtù dello Spirito, movimenti spirituali e famiglie religiose di uomini e di donne, con le più diverse finalità: energie potenti, che, propagandosi quasi a ondate successive, danno slancio a tutto il popolo di Dio. Un elenco, sia pure scarno ed incompleto, può servire a darne una idea. Sant'Antonio e gli eremiti nel deserto. Le comunità monastiche di San Pacomio e di San Basilio. I monaci occidentali della Gallia, di Lerino e d'Irlanda. Le comunità di Sant'Agostino, incentrate nella carità fraterna. Le abbazie ordinate secondo la regola di San Benedetto, sintesi armoniosa di preghiera e lavoro, di solitudine e di vita comune. Gli analoghi monasteri femminili. Il rinnovamento monastico medievale con l'ordine di Cluny e con i Cistercensi di San Bernardo. Le correnti che uniscono vita comune e vita eremitica, come i Camaldolesi di San Romualdo e i Certosini di San Bruno. La fioritura dei canonici regolari, tra i quali i Premostratensi di San Norberto. Gli ordini cavallereschi e ospedalieri. I frati minori di San Francesco, con il carisma della povertà evangelica, condiviso anche dalle monache di Santa Chiara. I frati predicatori di San Domenico, che uniscono contemplazione e vita apostolica, sostenuti dalla preghiera delle monache domenicane. Altri ordini mendicanti come i Carmelitani, gli Agostiniani, i Mercedari, i Servi di Maria, i Fatebenefratelli. I chierici regolari, consacrati a Dio nell'apostolato, tra i quali ricordiamo i Gesuiti di Sant'Ignazio di Loyola, caratterizzati dal carisma dell'obbedienza in vista della missione, i Teatini, i Barnabiti, i Somaschi, i Camilliani. La Compagnia di Sant'Orsola, fondata da Sant'Angela Merici, che anticipa i futuri istituti secolari. Le riforme degli ordini tradizionali, tra cui quella dei Carmelitani e delle Carmelitane ad opera di Santa Teresa d'Avila e di San Giovanni della Croce. Le prime società di vita apostolica, come la Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri, le Figlie della Carità e la Congregazione della Missione di San Vincenzo de' Paoli. Le congregazioni religiose di laici e di chierici, quali i Fratelli delle scuole cristiane, i Passionisti, i Redentoristi, i Monfortani, gli Oblati di Maria Immacolata, i Salesiani di San Giovanni Bosco, con le Figlie di Maria Ausiliatrice, la Società San Paolo. Le società e le congregazioni a scopo specificamente missionario verso i non cristiani, come la Società per le Missioni Estere di Parigi, il Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano, i Padri Bianchi, i Comboniani, i Verbiti, i Saveriani. Le numerosissime congregazioni femminili moderne, a scopo prevalentemente caritativo ed educativo. Infine le esperienze recenti, tra cui gli istituti secolari, formati da consacrati inseriti nella vita ordinaria, e i nuclei di persone consacrate che animano i nuovi movimenti ecclesiali, sorti intorno al concilio Vaticano II. Al di là dei limiti e delle miserie sempre presenti in ogni realtà umana, la meravigliosa varietà di tanti carismi e istituzioni rivela la multiforme sapienza di Dio; veste di bellezza la Chiesa, come una sposa adorna per il suo Sposo; la abilita ad ogni opera buona secondo le esigenze dei tempi. Una sequela più espressiva 546 La vita consacrata è un carisma dello Spirito, finalizzato sia alla santificazione personale che all'edificazione della Chiesa. Comporta un nuovo modo di essere e di agire. Se tutti i fedeli sono chiamati a seguire Gesù, i consacrati sono chiamati a seguirlo più da vicino, configurati a lui anche nel genere esteriore di vita. Si impegnano a organizzare in funzione di un'intima comunione con lui tutti i loro rapporti con le cose, con gli altri e con se stessi; ad essere memoria viva della forma originaria ed esemplare della sequela dei primi discepoli. In concreto la vita consacrata è caratterizzata dalla professione dei tre consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza in una forma di vita stabile e riconosciuta dalla Chiesa. La castità è totale dono di sé al Signore, un dono vissuto nella perfetta continenza sessuale e nell'amicizia disinteressata verso tutti. La povertà è libertà di fronte alle cose, rinuncia al possesso, sobrietà nell'uso, disponibilità a condividere. L'obbedienza è accoglienza della volontà di Dio, mediante la sottomissione alla regola, ai superiori e alla comunità, rinunciando a programmare in modo individuale la propria esistenza. Insieme i tre consigli riportano le grandi tendenze del cuore umano nella logica della carità; rendono umili e vuoti di sé, aperti a Dio e ai fratelli, pronti a camminare verso la perfezione. L'impegno a viverli viene assunto con i voti o con altri vincoli sacri. Associato ad altri elementi, come la centralità della preghiera, della parola di Dio e dell'eucaristia, gli esercizi ascetici ed eventualmente la comunità religiosa e le attività di apostolato, questo impegno viene a costituire una forma stabile di vita, che l'autorità della Chiesa riconosce canonicamente. 547 Si tratta di una forma di vita non più santa o più facile, ma che manifesta più incisivamente i valori comuni della vita cristiana: l'unione a Cristo, il primato di Dio, la chiamata alla perfezione della carità. Soprattutto testimonia il mondo futuro e l'umanità nuova; anticipa profeticamente la perfetta comunione e la festa eterna di coloro che "seguono l'Agnello dovunque va" ( Ap 14,4 ). 548 La professione dei consigli evangelici costituisce "una certa consacrazione speciale, che ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale e che la esprime con maggior pienezza". Si tratta di un'alleanza sponsale con Cristo, un dono di sé totale e reciproco, dichiarato pubblicamente, analogo al matrimonio. Come la Vergine Maria, i consacrati accolgono e manifestano al mondo in modo peculiare la presenza salvifica di Gesù. L'intimità con lui, sposo e amico, riempie il loro cuore e plasma il loro stile di vita. L'uomo si consacra, ma prima ancora è Dio che consacra. Ricevendo e benedicendo la professione religiosa, la Chiesa manifesta l'iniziativa del Padre, che unisce e conforma a Gesù mediante lo Spirito. Il carisma dell'istituto 549 Gli elementi costitutivi della vita consacrata vengono organizzati da ogni istituto in modo proprio, secondo uno specifico carisma. Ogni fondatore infatti ha una sua esperienza dello Spirito e la trasmette ai fratelli che Dio gli dà. Tale esperienza comporta di solito la profonda comprensione esistenziale di qualche parola evangelica, che diventa chiave di lettura di tutto il messaggio cristiano, prospettiva privilegiata per una nuova sintesi del mistero di salvezza. Assumono così una fisionomia caratteristica in primo luogo le componenti della vita consacrata: la pratica dei consigli, l'ascesi, la preghiera, la comunione fraterna, l'apostolato, la presenza nel mondo. L'esperienza del fondatore attrae seguaci e si propaga come una corrente di grazia da una generazione all'altra. Per integrarsi nella Chiesa e per essere trasmessa più fedelmente, prende corpo in un ordinamento stabile e pubblico. Nasce così l'istituto, con una regola approvata dalla Chiesa e con un'eredità viva da custodire e da attualizzare nel mutare delle situazioni storiche. 550 La grande varietà delle forme di vita consacrata si riconduce ad alcuni tipi generali, che accentuano l'una o l'altra dimensione fondamentale del mistero di Cristo e della Chiesa. Eremiti Antichissima, ma significativa anche oggi, è la vita eremitica. Si caratterizza per la solitudine fisica, figura di quella interiore, e per la rinuncia a tutto ciò che distrae dalla piena comunione con Dio. Attualmente professa i consigli evangelici con vincoli sacri pubblicamente nelle mani del vescovo e segue una regola approvata da lui. Monaci 551 La vita monastica professa i consigli evangelici con voti pubblici; pratica la fraternità nella comunità del monastero, con una certa separazione dal mondo. Organizza i rapporti e le attività in funzione di un'appassionata ricerca di Dio attraverso l'ascesi, l'ascolto della Parola, la contemplazione, la lode. Imita Cristo che prega sul monte; proclama esistenzialmente che Dio è l'unico necessario; intercede per i bisogni di tutti gli uomini. Esprime splendidamente l'anelito della Chiesa peregrinante, protesa alla patria celeste, come Maria, sorella di Mosè, che accompagnava cantando e danzando l'esodo di Israele verso la terra promessa ( Es 15,20-21 ) e come i dodici esploratori che andarono avanti a scoprire il paese di Canaan. ( Nm 13,1-26; Dt 1,23-25 ) Religiosi di vita apostolica 552 La vita apostolica cerca, contempla e serve Dio nel servizio degli uomini. Organizza tutto in funzione dell'apostolato. È segno di Gesù che insegna, guarisce e passa facendo del bene. È attuazione esemplare della Chiesa, mandata a proclamare il vangelo e a testimoniare l'amore di Dio per tutti. I consacrati sono agli avamposti della missione, con coraggio e genialità, nelle condizioni più disagiate e pericolose. Istituti secolari 553 Radicata da una parte nella dimensione laicale della vita cristiana e dall'altra nella prospettiva propria della speciale consacrazione è la vita consacrata secolare. Chi vive questo carisma, professa i consigli evangelici con qualche vincolo sacro, voto privato, promessa o giuramento, rimanendo però dentro il mondo, cioè nelle ordinarie condizioni di vita. Manca la comunità vera e propria; i rapporti con l'istituto si riducono a incontri più o meno frequenti con gli altri membri e con i responsabili. I consacrati cercano Dio attraverso la fedeltà alle realtà secolari, lavorando con competenza e spirito di servizio, promuovendo la giustizia, la solidarietà e il senso civico, condividendo gioia e dolore con i compagni di strada. Sono segno di Gesù che a Nàzaret condivise per tanti anni la vita ordinaria di tutti gli uomini. Sono attuazione esemplare della Chiesa, mandata ad animare evangelicamente la società terrena. Con il loro esempio provocano alla santità soprattutto i fedeli laici, con i quali hanno affinità di vocazione. Ordine delle vergini e società di vita apostolica 554 L'ordine delle vergini comprende donne consacrate nel mondo con il "santo proposito" della verginità, un impegno pubblicamente accolto dalla Chiesa. Infine, le società di vita apostolica sono assimilate agli istituti di vita consacrata. Praticano i consigli evangelici senza vincoli sacri obbligatori. Coltivano la vita comune e si dedicano all'apostolato. Dono per la Chiesa 555 Malgrado nella sua storia non manchino ombre e deviazioni, anche gravi, la vita consacrata è un dono prezioso, di cui la Chiesa ha bisogno per essere pienamente se stessa, per rivelare in modo trasparente la presenza salvifica di Dio. È sempre esistita e, sebbene i singoli istituti possano esaurirsi, non finirà mai. Esperienza esemplare delle beatitudini, la vita consacrata costituisce per tutti i fedeli un segno luminoso della comune vocazione alla santità, un modello da cui prendere ispirazione e coraggio. Inoltre la comunità religiosa, basata su motivazioni di fede, sull'amore reciproco e sulla condivisione di uno stesso carisma, si pone come realizzazione esemplare della comunione e figura della Gerusalemme celeste, come appello alla riforma continua di ogni comunità ecclesiale. La Chiesa, consapevole della centralità di questo dono di Dio nella propria vita, promuove la pastorale vocazionale per favorire l'accoglienza della chiamata divina alla vita consacrata nelle sue varie forme. A servizio dell'umanità 556 Secondo un celebre detto, monaco "è colui che, separato da tutti, è unito a tutti". I consacrati amano con il cuore di Cristo tutti gli uomini; danno se stessi per la loro salvezza. La loro "fuga dal mondo", quando c'è, si traduce in una nuova presenza. Quelli di vita contemplativa testimoniano pubblicamente il primato di Dio e intercedono per tutte le necessità spirituali e materiali. Quelli di vita attiva predicano il vangelo e compiono le opere di misericordia secondo le esigenze dei tempi: curano i malati, assistono gli emarginati, educano i giovani. Certo, il loro stile di vita è anche un prendere le distanze dalle realtà terrene. Non le contestano però in se stesse: si oppongono piuttosto alla tendenza ad assolutizzarle, che oggi si chiama consumismo, erotismo e successo individualistico. La vocazione dei fedeli consacrati è complementare a quella dei pastori e dei fedeli laici. Insieme questi tre stati di vita, arricchiti ciascuno di una grande varietà di vocazioni particolari, di carismi e di ministeri, contribuiscono alla vita e alla missione della Chiesa. 557 I fedeli di vita consacrata, mossi dallo Spirito, tendono alla perfezione della carità mediante la professione dei consigli evangelici. Così esprimono con maggiore pienezza la consacrazione battesimale; seguono Cristo più da vicino; si donano totalmente a Dio; edificano la Chiesa e cooperano alla salvezza del mondo in modo esemplare; diventano segno luminoso dell'umanità futura. Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi Nella mentalità di molti la Chiesa viene identificata con il clero e con le persone di vita consacrata. È una visione parziale e deresponsabilizzante. In realtà, mediante il battesimo, tutti siamo costituiti Chiesa, fraternità cristiana, con pari dignità e comune missione. Questa fondamentale comunione e corresponsabilità non è però indifferenziata: lo Spirito Santo l'attua e l'esprime attraverso una molteplicità di doni, di ministeri e di vocazioni, tutti complementari tra loro e finalizzati all'utilità comune. Coscienza ecclesiale e consapevolezza della vocazione personale crescono insieme. - Perché la Chiesa è vista tante volte come una realtà che riguarda soprattutto i preti, i religiosi e le religiose, non tutti i battezzati? - Come promuovere in tutti, a partire da noi stessi, un'autentica coscienza di Chiesa e un'attiva partecipazione alla sua vita e alla sua missione? - Come riconoscere e valorizzare nella nostra comunità ecclesiale i molteplici doni dello Spirito, i diversi ministeri, la specificità e la complementarità di ogni vocazione? - Esiste nella comunità un impegno di formazione vocazionale? Ascoltare e meditare la Parola Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune; a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole . E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. ( 1 Cor 12,4-11.13 ) Si può leggere anche: ( Gv 21,15-19 ) Pasci le mie pecorelle. ( Ef 4,7-16 ) Cristo ha stabilito pastori e maestri. ( 1 Pt 4,7-11 ) Tutti corresponsabili con doni e servizi diversi. Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della croce. Con l'unzione dello Spirito Santo sono consacrati sacerdoti. Non c'è quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i cristiani, rivestiti di un carisma spirituale e usando della loro ragione si riconoscono membra di questa stirpe regale e partecipi della funzione sacerdotale. Non è forse funzione regale il fatto che un'anima governi il suo corpo in sottomissione a Dio? Non è forse funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli sull'altare del proprio cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? ( San Leone Magno, Discorsi, 4, 1 ) Si può leggere anche: Lumen gentium, 22 Il collegio episcopale. Lumen gentium, 31 I laici nella Chiesa e nel mondo. Lumen gentium, 44 La testimonianza della vita consacrata. Pregare e celebrare Il Signore è il mio pastore; non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni. ( Sal 23 ) O Padre, che alla scuola del Cristo tuo Figlio insegni ai tuoi ministri non a farsi servire, ma a servire i fratelli, concedi loro di essere instancabili nel dono di sé, vigilanti nella preghiera, lieti ed accoglienti nel servizio della comunità. ( Messale Romano, Colletta della Messa per i ministri della Chiesa ) Professare la fede - Nell'unico popolo di Dio, lo Spirito suscita varietà di carismi, di ministeri e di vocazioni, nei tre stati di vita dei ministri ordinati, dei laici e delle persone di vita consacrata. Comuni sono la dignità, la chiamata alla santità e la missione evangelizzatrice; diversi e complementari sono i modi di attuazione. - La Chiesa è apostolica, fondata sui "dodici apostoli dell'Agnello" ( Ap 21,14 ). Cristo stesso la governa mediante Pietro e gli apostoli, presenti nei loro successori: il papa e i vescovi, riuniti nel collegio episcopale. - Nella Chiesa "è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 31 ); ai ministri ordinati è affidato il compito di rappresentare al vivo Cristo Pastore; le persone di vita consacrata sono chiamate a seguire Cristo più da vicino tramite la professione dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, per manifestare la gloria del mondo futuro. Capitolo 13 La missione della Chiesa Non è per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! ( 1 Cor 9,16 ) 558 La Chiesa intera è per sua natura missionaria. È mandata a evangelizzare, cioè ad annunciare, celebrare e testimoniare l'amore di Dio, che per mezzo di Gesù Cristo vuole salvare tutti gli uomini. Quando la missione si rivolge a coloro che ancora ignorano il vangelo, si chiama attività missionaria in senso specifico e si attua nel rispetto della libertà di coscienza in un clima di dialogo. "Non possiamo tacere" ( At 4,20 ) Paolo missionario 559 Ottenuta dall'assemblea di Gerusalemme la dichiarazione della libertà cristiana riguardo alle osservanze giudaiche, l'apostolo Paolo si rimette in viaggio, con alcuni compagni, per il servizio del vangelo. Più volte percorre Palestina e Siria, Asia Minore, Macedonia e Grecia, lungo le strade militari e le rotte commerciali. Entra nelle vivaci sinagoghe della diaspora e si mescola alle folle cosmopolite delle città; si confronta con l'alta cultura e con la religiosità popolare; ottiene scarse conversioni tra gli ebrei e molte più tra i pagani, fondando comunità cristiane assai promettenti. Arrestato a Gerusalemme con l'accusa di profanare il tempio, sovvertire la religione e perturbare l'ordine pubblico, è sottoposto a un processo interminabile. Chiamato a dare spiegazioni davanti al procuratore Festo e al re Agrippa II, afferma con sicurezza che il vero protagonista della missione cristiana è Cristo stesso: egli è il primo uomo risorto dalla morte e ora sta annunciando la salvezza a Israele e ai pagani per mezzo dei suoi servitori. ( At 26,23 ) Anche Paolo è stato scelto personalmente da lui per essere suo "testimone davanti a tutti gli uomini" ( At 22,15 ) e soprattutto per essere inviato "lontano, tra i pagani" ( At 22,21 ). Preso dal suo fascino, si è votato interamente alla sua causa, ( Gal 1,1.11-12 ) in una corsa incessante: "Sono stato conquistato da Gesù Cristo … dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta" ( Fil 3,12-14 ). Mille difficoltà e persecuzioni non valgono a fermarlo: "Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, … pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità" ( 2 Cor 11,26-27 ). Non gli è più possibile vivere per se stesso. ( 2 Cor 5,14-15 ) Per lui essere cristiano, testimone e missionario è la stessa cosa. Il mandato missionario 560 Cristo risorto è la forza che anima la missione universale: gli apostoli, entrati con lui in intima comunione, condividono il suo amore per tutti gli uomini e diventano suoi collaboratori nell'opera della salvezza. Il Signore affida loro il grande compito di fare discepole tutte le genti e di introdurle nella vita di Dio: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" ( Mt 28,18-20 ). Promette che li accompagnerà sempre con la sua presenza: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" ( Mt 28,20 ). Confermando la loro predicazione con opere prodigiose, ( Mc 16,20 ) mostra di mantenere la promessa. Li sostiene con il dono dello Spirito Santo, ( Gv 20,21-22 ) che li spinge ad annunciare il vangelo e suscita la fede negli ascoltatori. In virtù dello Spirito, il mandato missionario diventa un'esigenza interiore, scritta nel cuore: l'esigenza di condividere con altri l'esperienza di fede e la comunione con Dio. "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" ( At 4,20 ). "Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" ( 1 Gv 1,3 ). Chiesa missionaria 561 Quella di Paolo e degli altri apostoli è indubbiamente una vocazione speciale. Ma il compito di evangelizzare non è riservato ad alcuni: in vario modo, coinvolge tutti i cristiani. Gli apostoli stessi insegnano che la missione è affidata al popolo di Dio nella sua globalità: "Voi siete … il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce" ( 1 Pt 2,9 ). Di fatto, al tempo delle origini, è vivissima in tutti i credenti la coscienza missionaria. In chiusura della Lettera ai Romani, viene ricordata una fitta schiera di generosi collaboratori di Paolo nel servizio del vangelo: sono uomini, donne, giovani, coniugi, intere famiglie. ( Rm 16,1-16 ) Il cristianesimo si diffonde velocemente sulle vie dell'impero romano soprattutto per l'impegno spontaneo dei credenti, da persona a persona. Urgente e imperiosa è l'esigenza di condividere con altri la propria fede. Nessuno si tira indietro. Ancora nel II secolo un filosofo pagano, Celso, pensando di screditare la nuova religione, osserva che tra i suoi divulgatori abbondano "cardatori di lana, calzolai, lavandai, gente senza istruzione e di maniere grossolane". Sebbene i mezzi di trasporto e di comunicazione siano ben poca cosa, l'annuncio evangelico raggiunge in breve tempo i confini del mondo allora conosciuto: "E si trattava della religione di un uomo morto in croce, "scandalo per gli ebrei e stoltezza per i gentili" ( 1 Cor 1,23 )! Alla base di un tale dinamismo missionario c'era la santità dei primi cristiani e delle prime comunità". Cammino della missione 562 Con il passare del tempo, si perde la piena consapevolezza della vocazione missionaria di tutto il popolo cristiano; ma la missione prosegue comunque, per impulso dello Spirito Santo, e mantiene costantemente un'apertura universale. Alla fine del IV secolo, i paesi intorno al Mediterraneo sono in gran parte cristiani. Durante il medioevo l'evangelizzazione si estende ai popoli germanici e slavi, soprattutto ad opera dei monaci, finché intorno al 1200 tutta l'Europa è ormai battezzata. Nei secoli XIII e XIV la missione, per merito dei nuovi ordini mendicanti, si dirige verso l'Africa del nord e verso l'oriente, fino alla lontana Cina. Ma i successi tangibili sono modesti e poco duraturi. Nuovi sconfinati orizzonti si aprono con le grandi scoperte geografiche del secolo XV. Lungo le coste dell'Africa e dell'Asia meridionale fino all'estremo oriente, attraverso le vaste regioni del nuovo continente americano ad occidente, si avventurano per tre secoli i missionari francescani, domenicani e gesuiti, spesso a prezzo di eroici sacrifici. Ma i risultati di così generosa impresa non sono sempre favorevoli: si va dalla cristianizzazione di un intero continente, l'America, e di un intero paese, le Filippine, alla formazione di nuclei circoscritti di cristiani in Africa e in India, al sostanziale fallimento in Cina e in Giappone. Nello stesso arco di tempo, nei paesi di antica tradizione cristiana si sviluppa un'attività missionaria, intesa come predicazione straordinaria e periodica al popolo, a sostegno e integrazione della pastorale ordinaria. Le missioni estere, pur essendo la forma esemplare della missione, non la esauriscono. Passata la rivoluzione francese, grazie anche al sorgere di nuove congregazioni specificamente missionarie, l'evangelizzazione dei popoli riprende e prosegue con slancio per tutto il secolo XIX, particolarmente in Africa, Indocina e Oceania. Finalmente, nel nostro secolo, la valorizzazione delle culture e del clero del luogo consente ovunque la formazione di Chiese locali complete. Coscienza missionaria 563 Riemerge oggi nella Chiesa la coscienza della comune vocazione missionaria e il magistero del papa e dei vescovi la esprime con forza. Il popolo di Dio "è inviato a tutti gli uomini, come luce del mondo e sale della terra". "Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare". "La missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali". L'impegno missionario, rivolto al proprio ambiente e al mondo intero, con la preghiera, la testimonianza e, se è possibile, con la parola, è della nostra fede in Cristo e criterio sicuro per verificare quanto siano validi organismi pastorali, movimenti, parrocchie e opere di apostolato. "Il Signore chiama sempre a uscire da se stessi, a condividere con gli altri i beni che abbiamo, cominciando da quello più prezioso che è la fede". Del resto, "la fede si rafforza donandola!". 564 La fede in Cristo è "dono di Dio, da vivere in comunità e da irradiare all'esterno sia con la testimonianza di vita che con la parola … prima sul proprio territorio e poi altrove come partecipazione alla missione universale". Ogni credente è chiamato ad essere missionario. Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria. Rivelare e comunicare l'amore di Dio Comunione missionaria 565 La dimensione missionaria appartiene all'identità stessa della Chiesa e del cristiano. Ma qual è il senso della missione? Israele aveva il compito di rivelare nella storia la santità e la presenza salvifica di Dio. ( Es 19,5-6; Lv 20,26; Dt 7,6; Dt 26,19 ) La comunità dei discepoli di Gesù ha il compito di annunciare e rendere in qualche modo visibile il regno di Dio, vivendo la nuova giustizia della carità, delineata nel discorso della montagna. ( Mt 5,11.13-16; Mt 7,13-14 ) È chiamata ad essere unita nell'amore fraterno, "perché il mondo creda" ( Gv 17,21 ): la comunione concretamente sperimentata sarà segno trasparente di Dio e con il suo fascino attirerà gli uomini a lui. ( Gv 13,34-35; Gv 17,21-23 ) La Chiesa "riceve la missione di annunciare il regno di Dio e di Cristo e di instaurarlo fra tutte le genti; di questo regno essa costituisce sulla terra il germe e l'inizio". Lo annuncia con la predicazione; lo celebra con la liturgia; lo testimonia con il servizio e la condivisione dei beni spirituali e materiali. Annuncio, celebrazione e testimonianza costituiscono insieme il segno globale dell'Amore misericordioso che viene a salvare. Gli uomini possono quasi toccarlo con mano e aprirsi alla speranza di un mondo nuovo, che già adesso germoglia. 566 Il regno di Dio è carità. La carità è l'energia e il contenuto centrale dell'evangelizzazione. Tutto si concentra nel vangelo della carità: la Pasqua di Cristo, vertice della rivelazione, è evento di carità; Dio è mistero trinitario di carità; la Chiesa è comunione di carità, raccolta intorno all'eucaristia; la vita cristiana è vocazione alla perfezione della carità; la mèta definitiva è beatitudine dell'intimità immediata con Dio nella carità. Perciò anche la missione, in definitiva, non è altro che il dilatarsi della carità: da Dio a noi, da noi agli altri, attraverso parole e opere. Vivere in comunione con Dio-Amore significa amare con lui tutti gli uomini e impegnarsi perché tutti entrino consapevolmente e pienamente nella sua amicizia. "La comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione è missionaria e la missione è per la comunione". La Chiesa dunque "è inviata da Cristo a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti". È segno vivo di Dio-Amore nella storia. Purtroppo, essendo composta di santi e peccatori, non solo rivela, ma anche nasconde. Perciò deve purificarsi incessantemente con la conversione delle persone, la riforma delle comunità e il superamento delle divisioni. La via mistica della missione 567 La carità è anche la via privilegiata dell'evangelizzazione. A volte è una via che rimane nascosta. In forza della carità, la liturgia, la preghiera, la contemplazione, l'umiltà e la sofferenza hanno un potere di intercessione presso Dio e quindi una misteriosa efficacia missionaria. Per questo santa Teresa di Gesù Bambino, nella clausura del suo monastero, ha meritato di diventare la patrona delle missioni. Soprattutto è fecondo il sacrificio della vita: "Diventiamo più numerosi tutte le volte che siamo mietuti; è un seme il sangue dei cristiani". La via della testimonianza 568 La via della carità ha anche un'efficacia verificabile, quella della testimonianza: "Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa che vive profondamente l'unità dell'amore, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa". L'evangelizzazione avviene per irradiazione, prima che per iniziative specifiche. Attraverso la testimonianza dei singoli credenti, delle famiglie e delle comunità, l'amore di Dio va a raggiungere le persone nella loro situazione concreta e le dispone a credere. Specialmente nel clima odierno, permeato di materialismo pratico, estraneità reciproca e indifferenza religiosa, molte porte si aprono solo per il fascino dell'amicizia e della solidarietà. Anche i distratti e i superficiali rimangono colpiti e si accostano al messaggio cristiano. 569 Interpella le coscienze con particolare efficacia l'amore preferenziale per i poveri, che, mentre contraddice l'egoismo radicato nell'uomo e le discriminazioni presenti nella società, si fa espressione di una benevolenza diversa, quella di Dio, gratuita e rivolta a tutti. Per questo l'azione caritativa ha sempre avuto grande rilievo nella vita e nella missione della Chiesa. Già la comunità di Gerusalemme aveva un'assistenza organizzata per i bisognosi; ( At 6,2-6 ) quella di Roma nel III secolo manteneva a sue spese più di millecinquecento vedove e poveri; moltissime comunità ai nostri giorni sono impegnate nei problemi dell'emarginazione e del sottosviluppo. Emerge oggi la consapevolezza che la solidarietà con gli oppressi esige anche una sincera revisione della propria vita da parte dei cristiani. 570 A partire dall'attenzione preferenziale ai poveri, la carità evangelica è criterio ed energia per la "trasformazione del mondo". Promuove nella società i valori del regno di Dio, quali il rispetto della libertà e dei diritti dell'uomo, la giustizia, l'uso ragionevole della natura, la pace. Contesta i poteri politici ed economici oppressivi. Si adopera per la crescita di tutto l'uomo e di tutti gli uomini, ben sapendo che le salvezze storiche prefigurano quella eterna e che la promozione umana è parte integrante dell'evangelizzazione. La via dell'annuncio 571 La presenza operosa non basta. La testimonianza cristiana include la professione pubblica della fede. L'evangelizzazione ha al suo centro l'annunzio esplicito che Dio ci dona la salvezza in Gesù Cristo, crocifisso e risorto. "La fede dipende dalla predicazione" ( Rm 10,17 ); la Chiesa è generata dalla Parola. Anche i fedeli laici, devono saper annunciare Cristo agli altri credenti e ai non credenti. L'annuncio deve essere coraggioso e franco, ma anche umile: la verità, che abbiamo ricevuto in dono, non è un vanto per noi; è una responsabilità. L'amore per gli interlocutori esige che si rispetti la loro libertà e si tenga conto della loro situazione esistenziale, sociale e culturale, del loro linguaggio, delle loro aspirazioni, dei loro valori etici e religiosi. Intercessione, testimonianza e annuncio sono le vie della missione, per le quali devono incamminarsi i singoli cristiani, le famiglie e le comunità. Un radicale cambiamento di mentalità e una profonda revisione pastorale occorrono oggi per dare slancio alla missione universale. 572 La missione della Chiesa è evangelizzare, cioè annunciare, celebrare e testimoniare l'amore di Dio, che si rivela e si dona in Cristo per la salvezza di tutti gli uomini. Le vie della missione sono la preghiera, avvalorata dal sacrificio, la testimonianza dell'amore reciproco e del servizio ai poveri e alla società, l'annuncio esplicito del vangelo. L'attività missionaria verso i non cristiani Attuazione esemplare della missione 573 L'evangelizzazione è fondamentalmente sempre la stessa, ma assume accentuazioni diverse secondo le situazioni. Si chiama attività pastorale quando si svolge nell'ambito di comunità cristiane vive e solide; nuova evangelizzazione quando riguarda ambienti di tradizione cristiana scristianizzati; attività missionaria in senso specifico quando è destinata a popolazioni che ancora ignorano Cristo. Quest'ultima rappresenta l'attuazione esemplare della missione affidata da Gesù alla Chiesa e non deve essere appiattita sulle altre, con il rischio di rimanere trascurata. Il motivo fondamentale 574 La sua urgenza deriva dalla sua finalità: rendere visibilmente presente in un ambiente umano il mistero della Chiesa, germe e strumento di salvezza, portando il vangelo e fondando Chiese particolari. "Dire che tutta la Chiesa è missionaria non esclude che esista una specifica missione per i non cristiani"; analogamente "dire che tutti i cattolici debbono essere missionari non esclude, anzi richiede che ci siano missionari per i non cristiani e a vita per vocazione specifica". "Si tratta di una vocazione speciale, modellata su quella degli apostoli", che impegna per sempre tutta la persona "per il servizio dell'evangelizzazione". Sebbene siano preziose anche altre figure missionarie, questi uomini e donne, totalmente consacrati e disposti ad andare dovunque per la causa del regno di Dio, costituiscono il perno dell'attività missionaria. La sollecitudine per queste vocazioni deve coinvolgere tutto il popolo cristiano, così come devono coinvolgerlo altre forme di cooperazione missionaria. La carità non ha confini. Ogni cristiano autentico si sente corresponsabile dell'attività missionaria nel mondo e vi partecipa secondo le sue possibilità: "Prega per le missioni e per le vocazioni missionarie, aiuta i missionari, ne segue l'attività con interesse e, quando ritornano, li accoglie con quella gioia con cui le prime comunità cristiane ascoltavano dagli apostoli le meraviglie che Dio aveva operato mediante la loro predicazione". Ma perché si deve fare attività missionaria verso i non cristiani? Non possono salvarsi anche seguendo un'altra religione? Non bisogna rispettare la loro coscienza e la loro identità storica? Sono domande che molti oggi pongono. L'attività missionaria nasce da una ferma convinzione: Cristo è il Salvatore di tutti gli uomini, anche di quelli che non lo conoscono; è la sorgente originaria dei valori che già possiedono e la mèta nascosta a cui tendono, perché tutti sono creati in lui e orientati alla comunione con lui. Se è vero che i non cristiani di buona volontà sono già aperti al suo amore, in modo da poter ricevere la salvezza, questo è un motivo in più perché conoscano il suo nome e il suo volto, e vivano consapevolmente e pienamente il rapporto con lui. La loro condizione può essere simbolicamente raffigurata da quel macedone, che durante la notte appare in visione a Paolo e lo supplica di venire a evangelizzare il suo paese. ( At 16,9 ) 353 401 406 La salvezza dei non cristiani 575 Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati" per mezzo di un solo "mediatore …, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" ( 1 Tm 2,4-6 ). A lui con il dono dello Spirito Santo associa la Chiesa "come strumento di redenzione per tutti", conferendole "un ruolo specifico e necessario" in ordine alla salvezza. La sua misericordia raggiunge anche quelli che non vivono una fede esplicita e un'appartenenza ecclesiale visibile, offrendo loro in Cristo una reale possibilità di salvezza, "in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale". Tutti gli uomini dunque con modalità diverse entrano in rapporto con la Chiesa: i cattolici sono "pienamente incorporati", mentre i catecumeni sono congiunti dal "desiderio esplicito"; i cristiani non cattolici sono uniti da vari legami; i credenti di altre religioni e i non credenti di buona volontà sono ordinati e orientati ad essa, attraverso l'osservanza della legge di Dio scritta nella loro coscienza. ( Rm 2,13-15 ) Solo chi per propria colpa, esplicitamente o implicitamente, rifiuta di essere collegato, si esclude dalla salvezza. In questo senso rimane sempre valido il celebre detto: "Fuori della Chiesa non c'è salvezza", che ha un fondamento nella parola stessa del vangelo: "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato" ( Mc 16,16 ). Ma solo Dio conosce chi apre il cuore alla grazia e chi lo chiude. Il cristianesimo compimento delle religioni 576 Verso Cristo e la sua Chiesa convergono le religioni del mondo, frutto di una ricerca millenaria, che procede "a tentoni" ( At 17,27 ), ma è sostenuta da Dio stesso. Non sono vie di salvezza indipendenti, perché l'unica via è Cristo mediante la Chiesa; ma predispongono ad accogliere la pienezza di Cristo. Insieme a errori e deviazioni, contengono preziose verità, come germi del Verbo divino pronti a ulteriori sviluppi. Le stesse forme di umanesimo non credente presentano valori, che sono "come un dono concesso da colui che illumina ogni uomo, perché abbia finalmente la vita". L'incontro esplicito con il Signore Gesù nella comunità cristiana libera questi elementi positivi dalle incrostazioni dell'errore e del peccato e li porta a piena maturazione: "Ogni germe di bene che si trova nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti e nelle culture proprie dei popoli" viene "purificato, elevato e portato a compimento" dal cristianesimo. In colui che non è "venuto per abolire, ma per dare compimento" ( Mt 5,17 ), tutti possono trovare "la pienezza della vita religiosa" Valori, costumi e tradizioni, compatibili col vangelo, vengono accolti in una nuova sintesi culturale e vitale, acquistano un più alto significato. Proposta, non imposizione 577 La Chiesa, da parte sua, abbraccia come Cristo tutti gli uomini, compresi i suoi persecutori, perché "giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio" ( 1 Pt 2,12 ). Intercede per tutti, offrendo preghiere e sofferenze. Si rivolge ai non cristiani con l'attività missionaria, affermando con coraggio e con chiarezza che Cristo è la rivelazione definitiva di Dio e l'unico Salvatore dell'uomo. Sa di aver ricevuto in dono questa verità, senza alcun merito proprio; ma si sente responsabile di essa e ne custodisce scrupolosamente l'integrità per il bene di tutti. Fa il suo annuncio nel rispetto della libertà: Dio si propone, non si impone; la verità cristiana è la verità dell'amore ed esige che si rispettino i diritti e i beni degli altri, a cominciare dalla libertà di coscienza e di religione. 578 È triste ricordare come più volte, in altre epoche, il vangelo sia stato imposto con la forza delle leggi e delle armi. È doloroso che importanti tesori di civiltà siano andati distrutti, presso numerosi popoli, a motivo della colonizzazione culturale, malgrado l'impegno lungimirante di personalità eccezionali, come san Gregorio Magno, Alessandro Valignano, Matteo Ricci e Roberto de' Nobili. Ciò è avvenuto contro il vangelo stesso e va attribuito sia ai peccati personali sia, ancor più, ai condizionamenti culturali. Sarebbe comunque ingiustificato dedurre dagli abusi del passato l'opportunità di sospendere l'attività missionaria: si è abusato e si abusa continuamente della scienza e della tecnica, eppure nessuno pensa che si debba per questo rinunciare alla ricerca e al progresso. Annuncio e dialogo 579 L'annuncio di Cristo deve essere fatto in un clima di dialogo e di collaborazione: "La Chiesa non vede un contrasto tra l'annuncio del Cristo e il dialogo interreligioso". Piuttosto in essi vede due aspetti, distinti e complementari, della sua missione evangelizzatrice. La proclamazione del vangelo deve essere permeata di spirito dialogico, sia per rispetto all'uomo sia per coerenza col messaggio stesso. Il dialogo, a sua volta, deve preparare il terreno al vangelo e non porsi come esperienza autosufficiente e conclusiva. 580 L'attività missionaria, in senso specifico, è rivolta a coloro che ancora ignorano Cristo; mira a diffondere il vangelo e a fondare la comunità cristiana, segno efficace di salvezza. È l'attuazione esemplare e più urgente della missione della Chiesa. Essa ha bisogno di speciali vocazioni di totale consacrazione e deve essere sostenuta dalla cooperazione di tutti i fedeli e di tutte le comunità ecclesiali. Il dialogo interreligioso Urgenza 581 Aumenta sempre più a livello mondiale l'interdipendenza tecnologica, economica, politica e culturale. Cresce la mobilità delle popolazioni. Si va verso forme di società multietnica e multireligiosa. Il dialogo tra le religioni sta diventando sempre più urgente. Finalità 582 I cristiani devono dialogare con i seguaci di altre religioni per conoscerli correttamente ed essere correttamente conosciuti da loro, per superare pregiudizi e malintesi, per stabilire relazioni reciproche di stima, rispetto, accoglienza e amicizia, in modo che ognuna delle parti possa approfondire la propria esperienza di fede e avvicinarsi di più a Dio. Dialogare non deve significare cedere al relativismo o al sincretismo. Non è vero che una religione vale l'altra: "Il dialogo deve essere condotto ed attuato con la convinzione che la Chiesa è la via ordinaria di salvezza e che solo essa possiede la pienezza dei mezzi di salvezza". Si tratta invece di percepire, ovunque si trovino, i raggi "di quella Verità che illumina tutti gli uomini"; di coltivare i semi del Verbo, gli elementi "di verità e di grazia", sparsi nelle varie tradizioni. Modalità 583 Il dialogo assume forme molteplici. Vi è il dialogo della vita quotidiana, in ambiente familiare, professionale e sociale; il dialogo della collaborazione a obiettivi e opere di promozione umana; il dialogo dei patrimoni religiosi e delle tradizioni teologiche ad opera di esperti; il dialogo delle esperienze spirituali vive, come la preghiera, la contemplazione, la ricerca appassionata di Dio. Disponibilità 584 Il dialogo non si sviluppa spontaneamente. È minacciato dalla istintiva diffidenza per il diverso, dai complessi di inferiorità o di superiorità, dal peso dei contrasti secolari. Va costruito pazientemente, con convinzione. Bisogna rispettare e accogliere l'altro come persona; condividerne gioia e sofferenza; conoscere e presentare la religione dell'altro con obiettività, in modo che egli vi si riconosca; non aver paura di lasciarsi mettere in discussione; essere incondizionatamente aperti al mistero di Dio, sempre più grande dei nostri pensieri. Vivendo il dialogo con questi atteggiamenti, i non cristiani potranno incontrare Cristo e trovare in lui il compimento della loro esperienza e della loro storia. I cristiani potranno anch'essi ricevere grandi benefici, perché il vangelo rivela più profondamente il suo significato nel confronto con le altre religioni. 585 La Chiesa cattolica crede in questo genere di relazioni, perché crede nella dignità di ogni uomo e nella presenza salvifica di Dio in tutta la storia. È significativo al riguardo che sia stato istituito il pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e che siano stati invitati ad Assisi i rappresentanti di molte tradizioni religiose per il grande incontro di preghiera del 27 ottobre 1986. Principali interlocutori 586 Meritano particolare attenzione le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, per i loro valori spirituali e per la sempre più consistente presenza nel mondo cristiano, anche in Italia, a causa di migrazioni, viaggi e qualche conversione. È importante individuarne almeno i caratteri generali, sulla scia del concilio Vaticano II, pur nella consapevolezza che si tratta di realtà complesse, per le quali occorrerebbero ulteriori approfondimenti. Induismo 587 L'induismo è la tradizione religiosa dell'India, antica di quattromila anni e in continua evoluzione. Più precisamente si tratta di un complesso di religioni e di filosofie, di mitologie e di regole, diverse e a volte perfino contraddittorie. Vi si trovano comunque alcuni elementi, condivisi generalmente o quasi. 588 C'è una rivelazione divina originaria, contenuta nei libri sacri. Esistono molte divinità preposte ad ogni aspetto della vita e del mondo. Al di sopra di esse vi è una Realtà ultima, concepita come mistero trascendente e impersonale, inconoscibile e ineffabile, oppure come Dio unico, personale, benevolo. La divinità suprema si manifesta con le sue discese, o teofanie, in figure concrete, che possono essere dèi, uomini straordinari, immagini sacre. Il mondo fenomenico si sviluppa in un divenire ciclico ed eterno. La sua realtà è inconsistente, anzi è apparenza, illusione, sofferenza. L'uomo è costituito da un'anima, che esiste da sempre e trasmigra da un corpo all'altro. Il ciclo delle rinascite segue la legge della fruttificazione degli atti. Consapevoli o inconsapevoli che siano, essi producono i loro frutti, buoni o cattivi. Di conseguenza si è destinati a rinascere come esseri superiori o inferiori, come ricchi o poveri, come sani o malati, come membri di una casta o di un'altra, o come fuori casta. Comunque, in qualsiasi condizione, tutto è effimero, tutto è dolore. La sofferenza è una necessità cosmica. 589 C'è però una possibilità di salvezza. L'anima può liberarsi dal ciclo delle rinascite, uscire dal mondo dell'apparenza, raggiungere l'unità con la Realtà ultima divina, trovando così la beatitudine definitiva. Questa aspirazione sostiene i seguaci dell'induismo nel loro cammino: "Cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza". Le vie principali per giungere alla liberazione sono tre. La prima è la via dell'azione disinteressata: comporta che si osservino fedelmente, con distacco da motivi egoistici, facendone un'offerta a Dio, i riti religiosi e i doveri morali generali, come la non violenza, la veracità, la castità, il rispetto della proprietà altrui, la generosità, la pazienza, nonché i doveri particolari del proprio stato, conformando così tutta la propria esistenza all'ordine divino e universale. La seconda è la via della conoscenza: passando attraverso l'impegno morale e ascetico, la concentrazione interiore e l'esperienza mistica superiore, conduce il saggio a trovare il vero Sé e in esso anche la Realtà ultima, ad acquisire la consapevolezza dell'unità del soggetto profondo con la divinità. La terza è la via della devozione: è adatta per ogni genere di persone e consiste nella confidenza e nell'amore, rivolti a Dio, benevolo e misericordioso, che salva per grazia chiunque si abbandona totalmente a lui e lo ama appassionatamente. 590 Da un punto di vista cristiano, riconosciamo in questa tradizione religiosa importanti valori, ma anche limiti e pericoli. La concezione di Dio come Mistero trascendente e ineffabile o come Essere personale è senz'altro elevata; ma non esclude che si finisca per cadere da una parte nel monismo panteista e dall'altra, soprattutto a livello popolare, nel politeismo idolatrico. Ammirevole è il primato conferito alla vita spirituale, specialmente se lo confrontiamo con il materialismo e il secolarismo occidentale; purtroppo però comporta un deprezzamento del mondo, della storia e della società, ridotti ad apparenza illusoria e considerati insignificanti, anzi di ostacolo, in rapporto alla salvezza. Di conseguenza favorisce una diffusa rassegnazione alle disuguaglianze sociali, assegnate dal destino. Nobile è l'etica e appassionata la ricerca della salvezza definitiva; tuttavia vi si riscontra un carattere marcatamente individualista, che esclude ogni solidarietà e mediazione salvifica, ogni idea di redenzione e di comunione dei santi; non a caso anche il culto è un fatto essenzialmente privato. Generoso è lo spirito di tolleranza verso le altre religioni; ma si confonde con il relativismo e il sincretismo: le religioni, secondo la mentalità induista, sono tutte vere e tutte imperfette; Cristo stesso può essere accettato come una discesa della divinità, rifiutando però la pretesa che egli sia unico e assoluto. Malgrado le ombre non siano di poco conto, il discernimento cristiano si rallegra di intravedere raggi intensi di quella luce "che illumina ogni uomo" ( Gv 1,9 ). Soprattutto sulla via della devozione arrivano a maturazione esperienze gioiose di amore personale verso Dio, simili a quelle dei santi cristiani, come testimonia questa splendida preghiera del poeta Tukaram ( secolo XVII ): "Tu tieni la mia mano e mi guidi con fermezza, sempre e dovunque presente al mio fianco. Mentre io vado e mi appoggio a Te, tu porti il mio carico pesante … Io riconosco in ogni uomo un amico, in ogni incontro un congiunto. Come un bimbo felice, vado giocando nel tuo caro mondo, o Dio". Buddhismo 591 Il buddhismo è nato nell'ambito dell'induismo; ma si è posto fuori di esso, per averne rifiutato i libri sacri e la dottrina del Soggetto permanente, del Sé che si identifica con la Realtà ultima. Ha un fondatore storico, il principe indiano Siddharta Gautama ( 563-483 a.C. circa ), che, dopo varie vicende, ha raggiunto attraverso la meditazione il "risveglio" alla verità essenziale dell'esistenza, trovando la soluzione al problema del dolore e diventando un Buddha, cioè un "risvegliato". 592 La dottrina più antica e più vicina al pensiero del fondatore afferma anzitutto che l'esistenza umana e ogni altra realtà, tutto è dolore, precarietà, insoddisfazione, vuoto. L'origine del dolore è la "sete" di vivere e di godere, il desiderio avido e appassionato, che condanna l'uomo al ciclo delle rinascite. Per liberarsi dal dolore e uscire dal vano divenire, occorre sopprimere il desiderio e annullare il proprio io illusorio. Si esce così dal mondo dei fenomeni e, come una goccia si perde nel mare, si entra nell'aldilà ineffabile, nel Vuoto che è pienezza, nell'Assenza che è pace definitiva, nel nirvana. 593 La via che conduce all'estinzione del desiderio e quindi alla cessazione del dolore è costituita da otto sentieri, che riguardano la saggezza, la condotta etica, l'esercizio psicofisico della meditazione. La saggezza, cioè "la comprensione giusta, il pensiero giusto", consiste in una presa di coscienza esperienziale intorno alla verità del dolore, del desiderio e della loro soppressione. La condotta etica, cioè "la parola giusta, l'azione giusta, i mezzi di esistenza giusti", esige la rinuncia a tutto ciò che non favorisce la liberazione e che può recare pregiudizio agli altri, come la menzogna, la maldicenza, l'ingiuria, l'omicidio, l'amore illecito, il furto, la cupidigia; viceversa comporta la pratica delle virtù, come la sopportazione delle sofferenze, la non violenza, la benevolenza amichevole, la compassione, il sereno equilibrio e il controllo di sé. La meditazione, cioè "lo sforzo giusto, l'attenzione giusta, la concentrazione giusta", è una disciplina che impegna il corpo e la mente; fissa l'attenzione intensa e prolungata su ogni fenomeno che emerge nella coscienza, qui e ora, dimenticando però il proprio io, finché non raggiunga la visione intuitiva della precarietà e del vuoto di ogni cosa e non spenga ogni desiderio. Si legge nel Canone buddhista: "Felice la solitudine di colui che si rallegra avendo appreso la Buona legge ed avendo acquistato la visione! Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo e il ritegno dal danneggiare le creature! Felice la libertà dalle passioni di questo mondo ed il superamento dei desideri! Che ci si sciolga dalla vanità dell'"ego", questa è la suprema felicità". 594 L'ideale buddhista è incarnato dai monaci. Essi fuggono il mondo, per mettersi in una condizione più idonea al cammino di liberazione; assumono la povertà e la castità, per spegnere il desiderio rispettivamente di possedere e di esistere; praticano assiduamente la meditazione, per dissolvere il proprio io illusorio e giungere all'illuminazione suprema. 595 Non sembra propriamente corretto classificare il buddhismo antico come una filosofia, in quanto si presenta come una via di liberazione definitiva. Però si tratta di una liberazione che è conquista dell'uomo e non grazia di Dio. "Fate voi stessi la vostra salvezza", avrebbe raccomandato il Buddha morente ai suoi discepoli. In concreto la possibilità di raggiungere il nirvana sembra riservata solo ai monaci; la moltitudine dei laici sembra destinata a una ulteriore reincarnazione, più o meno elevata secondo il grado di purificazione raggiunto. Non sorprende che successivamente il buddhismo, per quanto riguarda la maggioranza dei suoi aderenti, si sia evoluto in senso più chiaramente religioso. La liberazione, secondo questa versione, può essere ottenuta da tutti, anche dai laici, con la fiducia nella benevolenza del Buddha supremo, che è Dio stesso, e dei bodhisattva, saggi illuminati che, mossi da compassione, aiutano gli uomini a raggiungere la salvezza. 596 Posto di fronte al buddhismo, il cristiano, pur provando ammirazione per una spiritualità così nobile e raffinata, è preso anche da gravi perplessità. È certo doveroso annullare ogni desiderio egoistico; ma è possibile annullare il desiderio di vivere come tale? Non è più bello attuarlo nella comunione? La mèta definitiva non va pensata come pienezza della persona anziché come dissoluzione di essa? È vero che l'uomo e il mondo sono sottomessi alla caducità e alla sofferenza; ma è ragionevole ridurli a un flusso di impressioni e di fenomeni senza valore? Non sono piuttosto da considerare creazione di Dio, incamminati verso un compimento ultimo? Se un certo distacco dal mondo è necessario per sviluppare valori importanti, come la preghiera, la contemplazione, l'armonia con la natura, non occorre forse anche un serio impegno nel mondo per realizzare il progresso civile? Infine, un'etica nobile ed esigente come quella buddhista dispone senz'altro alla salvezza; ma basta a conquistarla? Non è più confortante pensare che questa sia donata per grazia e sia offerta a tutti, anche a chi non cammina per la retta via? Secondo la fede cristiana, non è l'uomo che raggiunge con le sue sole forze la perfezione ultima, fuggendo magari dal mondo e da se stesso; ma è Dio che viene a noi, assume l'uomo e il mondo e li porta a compimento. Islam 597 L'islam è la più recente delle religioni universali. Ne è fondatore Maometto ( 570-632 d.C. ), nella cui attività si distinguono due periodi: il primo, a La Mecca, è incentrato sulla predicazione del monoteismo e dell'imminente giudizio di Dio contro i politeisti e i ricchi che opprimono i poveri; il secondo, a Medina, è dedicato all'organizzazione giuridica della nuova comunità islamica e alla guerra santa. Maometto si presenta come "il Sigillo dei profeti", che porta a compimento la rivelazione, già affidata ad Abramo, a Mosè, a Davide, a Gesù. Il libro sacro, il Corano, è la parola di Dio, da lui dettata letteralmente. Autorità profetica hanno anche i detti e gli atti di Maometto, che costituiscono la tradizione. 598 L'islam è una religione semplice nella dottrina, nei riti e nei valori etici; minuziosa nelle regole giuridiche. Esiste un solo Dio, personale, incomprensibile, onnipotente, clemente e misericordioso, che ha creato gli angeli, gli uomini e tutte le cose. Da lui vengono il bene e la sventura. Egli risusciterà i morti e nel giudizio finale premierà i buoni con il paradiso e condannerà i malvagi all'inferno. Così lo invoca più volte al giorno ogni fedele, con la prima "sura" del libro sacro: "Nel Nome di Dio, Misericordioso e Compassionevole. Lode a Dio, Signore dei mondi, il Misericordioso e il Compassionevole, Padrone del giorno del giudizio. Te noi serviamo, te invochiamo in aiuto. Guidaci sulla retta via, la via di coloro sui quali hai effuso la tua grazia, non di quelli coi quali sei adirato, né di quelli che vagano nell'errore". 599 Il giusto atteggiamento dell'uomo davanti a Dio è la sottomissione, che implica obbedienza e abbandono fiducioso. La parola araba "islam" significa appunto "sottomissione". Questa si esprime concretamente nella professione di fede e nelle pratiche religiose. La fede viene sintetizzata nella formula: "Non c'è Dio se non Allah e Maometto è il suo Profeta". Le pratiche religiose sono la preghiera, l'elemosina, il digiuno, il pellegrinaggio. La preghiera rituale è regolata da norme precise: si deve compiere cinque volte al giorno al momento fissato, in stato di purità legale, eseguendo con esattezza i gesti prescritti; in forma comunitaria si deve celebrare il venerdì alla moschea, con la partecipazione almeno degli uomini. L'elemosina è una tassa obbligatoria a vantaggio dei poveri, alla quale è possibile aggiungere anche prestazioni volontarie. Il digiuno consiste nel rinunciare al cibo, al tabacco, ai profumi, ai rapporti sessuali dalla luce dell'alba al buio della sera tutti i giorni durante il mese di ramadan. Il pellegrinaggio a La Mecca va compiuto, almeno una volta nella vita, da ogni musulmano adulto e sano. Dovere dei credenti è infine la "guerra santa", o meglio lo sforzo per affermare i diritti di Dio in tutti gli ambiti della vita: comporta innanzitutto il combattimento spirituale per conformare se stessi alla volontà divina, quindi lo sforzo missionario per estendere l'islam, arrivando, se necessario, anche alla conquista armata. 600 I musulmani, al di là delle differenze nazionali, appartengono tutti a una sola comunità di fede e di solidarietà fraterna, regolata dalla legge religiosa, sia nella sfera spirituale che in quella temporale. 601 A parte l'ebraismo, nessun'altra religione ha tanti elementi comuni con il cristianesimo come l'islam. Tuttavia il dialogo non è facile. Pesa ancora la memoria del passato: dieci secoli di violenta contrapposizione hanno visto da parte degli arabi e dei turchi i ripetuti tentativi di invadere l'Europa e da parte dell'occidente le crociate medievali e la moderna colonizzazione forzata. Oggi la civiltà occidentale, secolarizzata, individualista e consumista, penetra nel mondo islamico e lo corrode dal di dentro, suscitando la reazione dell'integralismo musulmano, che coinvolge nella stessa avversione anche il cristianesimo. Del resto la difficoltà del dialogo non nasce solo da situazioni storiche contingenti. 602 L'islam attinge vari motivi polemici nello stesso Corano. Accusa ebraismo e cristianesimo di aver corrotto le Sacre Scritture. Rifiuta le verità cristiane fondamentali: la Trinità, l'incarnazione e la redenzione. Esalta Gesù, ma solo come uomo santo e grande profeta. 603 Comune alle due religioni è la giusta preoccupazione che la fede non sia separata dalla vita e che ogni attività sia sottomessa alla volontà di Dio. Ma ciò non giustifica una legislazione minuziosa, che pretenda regolare le cose una volta per sempre: ne rimarrebbero facilmente soffocate le esigenze concrete dell'amore e del servizio all'uomo; ci si esporrebbe all'incompatibilità con nuove situazioni impreviste. Tantomeno comporta la confusione tra lo spirituale e il temporale, con la conseguente giustificazione dello stato teocratico islamico, così diverso dal moderno stato democratico. Riconosciamo che i musulmani tradizionalmente hanno praticato una certa tolleranza nei confronti di cristiani ed ebrei, conferendo loro uno speciale statuto di ospiti protetti. Ma oggi la dignità della persona umana e il riconoscimento dei suoi diritti esigono la piena cittadinanza per le minoranze, la libertà di coscienza per tutti, la parità sociale dell'uomo e della donna, offuscata tra l'altro dalla poligamia. Condividiamo la valutazione positiva della vita terrena, della prosperità economica, della giustizia sociale, del progresso culturale. Ma non possiamo vedere nel successo temporale il segno sicuro della benedizione di Dio. Rimarrebbe senza significato l'esperienza umana fondamentale della sofferenza. 604 Sono innegabili nella tradizione islamica gli alti valori morali e religiosi che alimentano la vita spirituale di milioni e milioni di uomini. Non manca però in campo etico qualche concessione di troppo alla debolezza umana. Soprattutto il rapporto con Dio è inteso come sottomissione e non come amore. Fanno eccezione i mistici; ma essi si trovano ai margini dell'ortodossia ufficiale. Malgrado le profonde divergenze, cristianesimo e islam si incontrano nella fede in un solo Dio, onnipotente e misericordioso. Il grido: "Dio è grande!", che ha così profonda risonanza nei musulmani, affascina anche i cristiani. Animati da questa fede, gli uni e gli altri possono camminare insieme verso un'attuazione più piena della libertà, della fraternità, della convivenza pacifica. 605 In tutte e tre le religioni universali extrabibliche, induismo, buddhismo e islam, si sviluppano esperienze che superano le dottrine ufficiali e vanno in direzione dell'unione amorosa con Dio, sia presso i mistici che presso la gente devota. Ci rallegriamo di riconoscere in ciò un'importante affinità con il cristianesimo, un segno della presenza di Cristo stesso e della sua grazia. 606 Il dialogo interreligioso tende a sviluppare una corretta conoscenza reciproca e a stabilire relazioni amichevoli, in modo da favorire il progresso spirituale di ciascuno. Alimenta nei non cristiani un atteggiamento di apertura alla verità di Cristo; conduce i cristiani ad una più profonda comprensione del vangelo. È urgente soprattutto il dialogo dei cristiani con i seguaci delle altre religioni universali: induismo, buddhismo e islam. Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi La fede professata e annunciata dalla Chiesa subisce la sfida del secolarismo, dell'ateismo pratico, dell'ignoranza religiosa, del fatto che tanta parte dell'umanità non conosce Gesù Cristo e non aderisce al suo vangelo; è interpellata dalle domande di coloro che cercano la verità e un senso più pieno per la loro esistenza. Ogni comunità ecclesiale e ogni cristiano devono riscoprire il mandato missionario ricevuto da Cristo. Si è Chiesa e cristiani non per se stessi, ma per portare a tutti gli uomini il vangelo di Gesù Cristo, mediante l'annuncio esplicito della fede, la testimonianza della vita, il servizio della carità, l'apertura universale a tutti i popoli, un'effettiva cooperazione missionaria. La fede cresce e matura solo se condivisa e donata ad altri. - Da cosa nasce la necessità di portare il vangelo a tutti gli uomini? quali sono le motivazioni di fede più profonde? - Cosa significa e cosa comporta, nella situazione attuale del nostro paese e del mondo, la convinzione che tutta la Chiesa per natura sua è missionaria e che ogni cristiano è missionario? - Quali segni concreti di missionarietà esistono nella nostra comunità ecclesiale? - In quali modi concreti un cristiano può vivere oggi il suo compito missionario nel proprio ambiente e nel mondo? Ascoltare e meditare la Parola Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". ( Mt 28,16-20 ) Si può leggere anche: ( Rm 2,12-16 ) I pagani sulla via della salvezza. ( 2 Cor 11,22-29 ) Lo zelo appassionato di un grande missionario. ( 1 Pt 3,13-17 ) Unire testimonianza e annuncio. Il mandato d'evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgenti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione. ( Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 14 ) Si può leggere anche: Lumen gentium, 9 Il popolo di Dio è un popolo missionario. Nostra aetate, 2 Annunciare Cristo a tutti con prudenza e carità. Pregare e celebrare Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. Riconoscete che il Signore è Dio; egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; poiché buono è il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione. ( Sal 100,1 ) O Dio, che hai stabilito la tua Chiesa sacramento universale di salvezza per continuare l'opera del Cristo sino alla fine dei secoli, risveglia il cuore dei fedeli, perché avvertano l'urgenza della chiamata missionaria e da tutti i popoli della terra si formi una sola famiglia e sorga un'umanità nuova in Cristo nostro Signore. ( Messale Romano, Colletta della Messa per l'evangelizzazione dei popoli, 2 ) Professare la fede - La Chiesa è mandata da Cristo a tutti i popoli; si rivolge a tutti gli uomini; abbraccia tutti i tempi: "per sua natura è missionaria" ( Conc. Ecum. Vat. II, Ad Gentes 2 ). - La Chiesa di Cristo, che professiamo una, santa, cattolica e apostolica, "sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi che sono in comunione con lui, anche se numerosi elementi di santificazione e di verità si trovano anche fuori del suo organismo visibile" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 8 ). - La Chiesa "cammina insieme con l'umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena, ed è come il fermento e quasi l'anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio" ( Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et Spes 40 ). Introduzione Sezione seconda - Il mistero Pasquale nella Chiesa 607 Mistero è il disegno salvifico di Dio che si rivela e si attua nella storia. Mistero pasquale è l'evento della passione, morte, risurrezione e glorificazione di Gesù Cristo, centro del disegno salvifico di Dio e della storia. Questo evento venne preparato e prefigurato nell'Antico Testamento; ora, compiuto una volta per sempre, rimane in eterno e viene ripresentato attraverso segni visibili nel tempo della Chiesa. La Chiesa lo annuncia con la parola e lo celebra con la liturgia, perché i credenti siano conformati a Cristo ed egli si incarni ancora nella loro esistenza. Così la memoria narrata e quella rituale diventano memoria vissuta. 608 Nella Chiesa, attraverso mediazioni umane, il Signore crocifisso e risorto viene a incontrare gli uomini, in maniera conforme alla loro condizione storica. Parla e chiama alla fede con la predicazione. Esercita il suo sacerdozio nel sacrificio eucaristico, nei sacramenti e in tutte le celebrazioni liturgiche, comunicando il suo Spirito. Per quanto sta in lui, egli offre efficacemente la verità salvifica e la grazia santificante, per essere accolto e seguito in modo autentico dai fedeli. Per questo la predicazione della Chiesa, a livello di massima autorità e di impegno definitivo, è infallibile, e la liturgia nei sette sacramenti è di per se stessa comunicazione di grazia. In questa sezione tratteremo: della presenza del Signore Gesù nella proclamazione della Parola ( capitolo 14 ); quindi nella liturgia globalmente considerata ( capitolo 15 ) e nei singoli sacramenti, prima in quelli dell'iniziazione cristiana, battesimo, cresima ed eucaristia ( capitolo 16 ), poi in quelli della guarigione spirituale, penitenza e unzione dei malati ( capitolo 17 ), infine in quelli finalizzati allo sviluppo della vita comunitaria, ordine e matrimonio ( capitolo 18 ). Capitolo 14 La parola di Dio nella Chiesa Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo … La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo. ( Rm 10,9.17 ) 609 Non si vive di solo pane. I credenti vivono della parola di Dio, consegnata una volta per sempre nella Sacra Scrittura e attualizzata incessantemente dallo Spirito di verità mediante la Tradizione viva della Chiesa. Dall'ascolto assiduo, attento e devoto di essa prendono forza e orientamento l'annuncio, la preghiera e l'impegno cristiano. Cristo parla ancora Parola viva ed efficace 610 Oggi la parola è inflazionata nel chiasso della pubblicità e della propaganda, nel vuoto di tanti discorsi e scritti; perciò la sua reputazione è in ribasso. Si sente dire: "Contano i fatti e non le parole". Ma è veramente così? La parola non è solo informazione: è comunicazione e azione. Provoca gioia e dolore, amicizia e ostilità, reazioni e iniziative. La sua forza costruisce e distrugge, unisce e divide; fa andare avanti la storia non meno dei fatti economici e tecnici. A maggior ragione è attiva e feconda la parola di Dio che crea, libera, santifica, giudica e sconvolge. "La mia parola non è forse come il fuoco e come un martello che spacca la roccia?" ( Ger 23,29 ). "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, … così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" ( Is 55,10-11 ). "La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" ( Eb 4,12 ). 611 La parola di Dio è Dio stesso che si rivela e si dona nella storia degli uomini, fino a comunicarsi personalmente in Gesù di Nàzaret. Gesù è la Parola eterna e creatrice di Dio fatta carne ( Gv 1,1-18 ) e dice parole che "sono spirito e vita" ( Gv 6,63 ): risana i malati, apre gli occhi ai ciechi, risuscita i morti, converte i peccatori, chiama i discepoli, promette e dona lo Spirito Santo. Secondo gli Atti degli apostoli, la Parola, colma di Spirito Santo, porta avanti il cammino della Chiesa: cresce, si rafforza e si diffonde. ( At 6,7; At 12,24; At 13,49; At 19,20 ) I protagonisti umani sono i suoi servitori ( At 6,2-4 ) e si affidano ad essa "che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati" ( At 20,32 ). I servitori possono essere fermati e messi in catene, ma la Parola "non è incatenata" ( 2 Tm 2,9 ) e corre. Questa Parola non è solo una notizia riguardante la salvezza, ma è parte integrante dell'avvenimento stesso della salvezza; non solo ha per contenuto Cristo morto e risorto, ma prima ancora è Cristo stesso, che parla attraverso i suoi inviati: ( 2 Cor 5,20; 2 Cor 13,3 ) "Mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo" ( 2 Cor 2,17 ). I discepoli continuano a predicare e a insegnare in suo nome e con la sua presenza. ( Mt 28,20 ) Rivelazione attualizzata 612 Il cristianesimo non è la religione di un libro, per quanto sacro possa essere, ma la religione "della Parola incarnata e vivente". Nella Chiesa "Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il vangelo". Lo fa attualizzando incessantemente la rivelazione compiuta "una volta per sempre" e consegnata alla Sacra Scrittura e alla Tradizione della fede. Quando nella Chiesa sotto la guida dei pastori si legge e si interpreta correttamente la Sacra Scrittura, il Cristo risorto rivolge ancora la sua parola agli uomini, una parola viva, come risuscitata dal libro, carica della forza dello Spirito Santo. Non insegna solo una dottrina, ma realizza un incontro e un evento di grazia: suscita la fede; ( Rm 10,17; 1 Ts 2,13 ) rigenera chi ascolta ( 1 Pt 1,23 ) e lo fa passare "dalla morte alla vita" ( Gv 5,24 ); raduna il popolo di Dio e lo conduce per le sue vie. 613 Attraverso la Parola e i sacramenti, debitamente accolti, il Signore conforma a sé i credenti e viene a vivere in loro, ( Gal 2,20; Fil 1,21 ) prolungando in qualche modo la sua incarnazione. Con la Parola fa risplendere davanti al loro sguardo la propria immagine e li attrae a sé. Con i sacramenti ristruttura la loro esistenza secondo la medesima immagine e li unisce a sé. La sua verità e la sua grazia sono ugualmente necessarie per edificare la vita cristiana. 614 La parola di Dio è viva ed efficace: convoca la Chiesa, genera i cristiani. La Parola proclamata nella Chiesa non solo ha come contenuto centrale il Signore crocifisso e risorto, ma è il Signore stesso che parla e fa risorgere a nuova vita. Il carisma sicuro della verità La Sacra Scrittura norma della fede 615 Molti, anche praticanti, si considerano cattolici, ma a modo proprio. Non si curano seriamente della parola di Dio. Ignorano la Sacra Scrittura, oppure ne danno un'interpretazione individuale o di gruppo, senza tener conto dell'interpretazione autentica del magistero ecclesiale. Invece, chiamato a vivere la fede, il cristiano ha bisogno di leggere il libro sacro e di leggerlo in accordo con la Chiesa. La Chiesa, come il profeta Ezechiele, riceve il libro della parola di Dio come qualcosa da mangiare, simbolicamente: ""Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi va' e parla" … Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele" ( Ez 3,1-3 ). Il Signore affida la Sacra Scrittura alla Chiesa, perché incessantemente la legga, la interpreti, la viva e l'annunci; le dona la luce dello Spirito Santo, perché questa rilettura sia una interpretazione oggettivamente giustificata e corretta, senza manipolazioni o aggiunte arbitrarie. La guida, perché la sua tradizione di fede, questo continuo ricevere e trasmettere, riascoltare e rivivere in ogni generazione, sia uno sviluppo coerente, saldamente ancorato al fondamento della Scrittura, posto "una volta per sempre": "Gli apostoli prima hanno predicato il vangelo; poi per volontà di Dio, lo hanno trasmesso a noi in alcune Scritture, affinché sia il fondamento e la colonna della nostra fede". Infallibilità della Chiesa 616 La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l'elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l'autore. Gesù si è impegnato ad accompagnare "fino alla fine del mondo" ( Mt 28,20 ) gli annunciatori del vangelo, da lui stesso inviati, tanto che "chi non crederà sarà condannato" ( Mc 16,16 ); ha assicurato per sempre l'assistenza dello Spirito Paraclito, per condurre i discepoli "alla verità tutta intera" ( Gv 16,13 ) e sostenere la loro testimonianza di fede. ( Gv 14,16-17.26; Gv 15,26-27; Gv 17,17-21 ) Perciò la Chiesa, fin dalle origini, è convinta di possedere questa presenza del Signore risorto e del suo Spirito, ( 1 Gv 2,20.27; 2 Gv 2 ) che fa di lei la "colonna" e il "sostegno della verità" ( 1 Tm 3,15 ) e consente ai suoi pastori di guidare i fratelli "all'unità della fede e della conoscenza" ( Ef 4,13 ) e di custodire inalterato il "deposito" ( 2 Tm 1,14 ) della dottrina cristiana. Di fatto, pur avendo commesso errori in altri campi, mai si è contraddetta nella dottrina della fede, in mezzo a tanti sconvolgimenti storici. 617 La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l'attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l'oggettività e l'integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari. Il comune senso della fede 618 "Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità". Nella continuità della tradizione vivente, tutto il popolo di Dio - papa, vescovi, sacerdoti e laici - fa esperienza spirituale della Parola e, quando è concorde nel ritenere una verità come rivelata, "non può sbagliarsi nel credere", a motivo del comune senso della fede che gli è dato per grazia. Il compito dei teologi 619 All'interno del popolo di Dio e al suo servizio i teologi hanno la funzione di ricercare un'intelligenza sempre più profonda della rivelazione, in accordo col magistero dei pastori e in armonia con le istanze della ragione e con le acquisizioni delle varie discipline scientifiche. Il Magistero 620 Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l'ufficio di garantire la tradizione autentica della fede e di guidare il popolo dei credenti; per questo ha ricevuto in modo speciale "il carisma sicuro della verità" e non può sbagliare quando è unanime nell'insegnare la verità rivelata, sia che si trovi disperso su tutta la terra, sia che si trovi solennemente riunito in concilio ecumenico. Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere "roccia" di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere. 621 Accanto all'insegnamento definitivo e infallibile, vi è un insegnamento ordinario non definitivo del papa e dei vescovi in materia di fede e di agire morale, che ha lo scopo di guidare il popolo di Dio verso una profonda comprensione e una coerente prassi cristiana. Anche questo insegnamento ordinario non definitivo gode di una particolare assistenza divina. Esige un assenso interiore, non però un'adesione totale di fede come il precedente. Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme "sotto l'azione del medesimo Spirito Santo". Il Magistero è l'interprete autentico posto a servizio della Scrittura e della Tradizione: piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone la verità di Dio contenuta in esse. Le formule dogmatiche 622 Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest'opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l'opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all'indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l'atto di fede "non si ferma all'enunciato, ma raggiunge la realtà". Tuttavia è il linguaggio che indica la realtà e orienta la fede nella giusta direzione. 623 Le formule, vere e garantite dall'infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia "una sola fede" ( Ef 4,5 ) e un'autentica comunità di credenti e di testimoni. L'unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede. Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, "ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca". 624 In quanto segno efficace della salvezza, la Chiesa riceve dal Signore Gesù la luce dello Spirito Santo, che la conduce "alla verità tutta intera" ( Gv 16,13 ), perché tutti i fedeli, guidati dal magistero dei pastori, possano giungere "all'unità della fede e della conoscenza", senza essere "portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini", e possano aderire sempre più a Cristo, "vivendo secondo la verità nella carità" ( Ef 4,13-15 ). Parola annunciata, celebrata e vissuta Discepoli e testimoni della Parola 625 La fede è una vittoria difficile, sempre rimessa in questione. La speranza spesso è contraddetta dall'esperienza. La carità può perdere facilmente il suo fervore. Dove attingere energia per la vita cristiana? Su quale fondamento edificare la comunità? Il cristiano e la Chiesa nascono e crescono in virtù della parola di Dio e dei sacramenti. La Chiesa proclama e ascolta la Parola: vive di essa. La proclamazione assume forme diverse. Un primo annuncio del vangelo, incentrato sulla persona di Gesù Cristo e sul mistero pasquale, viene portato, in vista della conversione, a coloro che ancora non l'hanno conosciuto o sono rimasti indifferenti o increduli. Una catechesi più completa e sistematica viene proposta a quanti si mettono in cammino verso una fede più matura. Una liturgia della Parola costituisce la prima parte della santa Messa, centro di tutta l'esperienza cristiana. Anzi ogni celebrazione di sacramenti, di benedizioni, di liturgia delle ore riceve la sua impronta dalla parola di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura: "Da essa vengono tratte le letture da spiegare nell'omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici e da essa prendono significato le azioni e i segni". 626 Attraverso testi redatti in tempi lontani, Dio ci rivolge adesso la sua parola. Ci ricorda le meraviglie compiute nell'Antico e nel Nuovo Testamento, perché vuole ancora agire nella stessa direzione. Ci ripropone la memoria di Cristo, per ricreare in noi i suoi atteggiamenti e prolungare, in certo modo, la sua incarnazione in virtù dello Spirito. ( Ef 3,17 ) La Parola scuote il nostro torpore, risponde alle nostre domande, allarga i nostri orizzonti, ci offre i criteri per interpretare e valutare i fatti e le situazioni. D'altra parte viene compresa sempre in modo nuovo. È come uno specchio, in cui ciascuno può scorgere la propria immagine e la propria storia. ( Gc 1,23-25 ) "La Scrittura cresce con chi la legge". 627 Il credente, docile all'ascolto, viene assimilato a Cristo nel pensare e nell'agire. Può dire con l'apostolo Paolo: "Per me il vivere è Cristo" ( Fil 1,21 ). Diventa egli stesso un'eco della Parola, una "lettera di Cristo … scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente", che può essere "conosciuta e letta da tutti gli uomini" ( 2 Cor 3,2-3 ). "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" ( Lc 11,28 ). La proclamazione liturgica 628 Particolare efficacia ha la Parola proclamata nel contesto della celebrazione dei sacramenti. La salvezza, preparata mediante le figure dell'Antico Testamento e attuata una volta per sempre in Gesù Cristo nel Nuovo Testamento, viene ripresentata nei riti sacramentali, per essere poi accolta e vissuta nell'esistenza quotidiana: "Quelle cose che crediamo siano avvenute storicamente, devono ora attualizzarsi in noi misticamente". La Parola conduce al sacramento; ne fa emergere il significato; ne prepara la ricezione fruttuosa, alimentando le convenienti disposizioni. 629 Soprattutto nella santa Messa la mensa della parola prepara quella del corpo di Cristo. "Nutrita spiritualmente all'una e all'altra mensa, la Chiesa da una parte si arricchisce nella dottrina e dall'altra si rafforza nella santità". Vengono proclamate tre letture nei giorni festivi secondo un ciclo triennale e due nei giorni feriali secondo un ciclo biennale. Segue l'omelia, che svolge una funzione attualizzante, come l'intervento di Gesù nella sinagoga di Nàzaret, dopo la lettura del testo di Isaia: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" ( Lc 4,21 ). Non dovrebbero mancare riferimenti a situazioni concrete, a esperienze e testimonianze di vita cristiana, per guidare i fedeli ad "esprimere nella vita ciò che hanno ricevuto nella fede". "La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere". Lectio divina 630 Altro ambito privilegiato per l'ascolto orante della Parola è quello costituito dalla pratica della "lectio divina". Già nella Sacra Scrittura è insistente l'invito a recitare e meditare assiduamente la parola di Dio, per poterla vivere: "Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma mèditalo giorno e notte, perché tu cerchi di agire secondo quanto vi è scritto" ( Gs 1,8 ); "La bocca del giusto proclama la sapienza, e la sua lingua esprime la giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore, i suoi passi non vacilleranno" ( Sal 37,30-31 ). Presso i Padri della Chiesa la lettura orante della Bibbia è raccomandata come via privilegiata per stabilire un contatto vivo con Dio: "Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio". I monaci si accostano al libro sacro, cercando "non tanto la scienza, quanto il gusto delle realtà divine". Individuano i principali momenti in cui si articola questa preghiera. "La lettura è l'applicazione dello spirito alle Sacre Scritture; la meditazione è l'investigazione accurata di una verità nascosta con l'aiuto della ragione; l'orazione è la tensione devota del cuore verso Dio per allontanare il male e ottenere il bene; la contemplazione è l'elevazione dell'anima a Dio, anima che è avvinta dal gusto delle gioie eterne. La lettura ricerca la dolcezza ineffabile della vita beata; la meditazione la trova; l'orazione la chiede; la contemplazione la gusta . La lettura porta il nutrimento alla bocca, la meditazione lo mastica e lo trita; l'orazione lo assapora e la contemplazione è questo sapore medesimo che riempie di gioia e rifocilla". 631 Oggi la pratica della "lectio divina" si va diffondendo tra i fedeli, con qualche integrazione rispetto al modello classico. Si possono indicare cinque momenti, che corrispondono al dinamismo stesso della fede. La lettura offre il cibo della Parola. Va fatta con attenzione, pacatezza, senza sorvolare ciò che sembra secondario, interpretando correttamente il senso oggettivo storico. Occorre leggere e rileggere, rilevando ciò che appare più significativo, lasciandosi mettere in questione. La meditazione rumina la parola, la custodisce nel cuore come Maria. ( Lc 2,19.51 ) Ciò che è stato letto viene confrontato con passi biblici paralleli, con i misteri della fede, con la vita personale, con gli avvenimenti e le situazioni della storia di oggi. Si risvegliano sentimenti di pace, di gioia, di generosità e di coraggio. Si cerca di discernere la concreta volontà del Signore e si prende un impegno preciso. L'orazione esprime i sentimenti e i desideri santi che nascono nel cuore. La parola di Dio entrata in noi si fa parola nostra rivolta a Dio. Si possono ripetere in dialogo con lui formule ricavate dal testo letto o espressioni spontanee di lode, di gratitudine, di rimorso, di supplica, di intercessione. La contemplazione rivolge a Dio l'attenzione amorosa e adorante, in profondo silenzio, senza parole. Per qualche istante può ottenere un'intuizione vivida della sua presenza. La comunicazione condivide con altri fratelli la risonanza interiore che la Parola, letta, meditata, pregata e contemplata, ha avuto nel proprio cuore. Può avvenire all'interno di una sobria celebrazione comunitaria, in cui si proclama ancora la stessa Parola, acclamandola eventualmente con il canto. Questo ultimo momento della preghiera vera e propria si prolunga nella missione, testimoniando con le azioni della vita quotidiana la Parola che ha preso carne nel credente. Accogliendo in sé l'amore di Dio per tutti, ci si dona generosamente agli altri.Il metodo, così articolato e completo, mette in particolare evidenza come la parola di Dio comunichi la vita di Dio. I metodi nella preghiera possono essere molti, come del resto nella catechesi e nello studio. Ma l'incontro assiduo con la Parola è necessario a tutti per ricevere, mantenere e sviluppare la vita cristiana. 632 La parola di Dio genera il cristiano e convoca la Chiesa. "Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" ( 2 Tm 3,16-17 ). Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi Al di là dei condizionamenti e dei rischi di inflazione che spesso l'accompagnano, la parola rimane strumento fondamentale nella comunicazione, anche in quella della fede. Dio si è comunicato a noi attraverso la parola; si è fatto per noi parola incarnata e vivente in Gesù Cristo; ha voluto che la sua rivelazione fosse autenticamente testimoniata nelle parole della Sacra Scrittura. Per questo è necessario crescere nella familiarità con la parola di Dio, accostarsi con assiduità e disponibilità alla Bibbia, in modo da trovare luce e forza per il cammino personale e comunitario. - Perché è importante un contatto diretto con la Sacra Scrittura? - Nella comunità ecclesiale quali possibilità concrete di accostamento alla parola di Dio ti vengono offerte? - Quali di queste valorizzi particolarmente? - Hai in casa una Bibbia? Per te è un libro di famiglia? - Quali difficoltà e quali aiuti trovi per comprendere meglio la Bibbia? - Perché è indispensabile essere in sintonia con l'interpretazione della Chiesa? Ascoltare e meditare la Parola O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete . Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. ( Is 55,1-3.10-11 ) Si può leggere anche: ( Lc 10,38-42 ) Ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. ( Gv 16,7-15 ) Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera. Chi è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola delle tue parole? È molto più ciò che ci sfugge di quanto riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla. La tua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che divenne per ogni uomo da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda spirituale ( 1 Cor 10,2 ). Colui al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una sola cosa fra molte altre. ( Sant'Efrem Siro, Commenti sul Diatèssaron, 1, 18 ) Pregare e celebrare La tua parola, Signore, è stabile come il cielo. La tua fedeltà dura per ogni generazione; hai fondato la terra ed essa è salda. Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. Ho giurato, e lo confermo, di custodire i tuoi precetti di giustizia. Meravigliosa è la tua alleanza, per questo le sono fedele. La tua parola nel rivelarsi illumina, dona saggezza ai semplici. ( Sal 119,89-90.105-106.129-130 ) O Padre, che nella luce dello Spirito Santo guidi i credenti alla conoscenza piena della verità, donaci di gustare nel tuo Spirito la vera sapienza e di godere sempre del suo conforto. ( Messale Romano, Colletta della Messa votiva dello Spirito Santo, 1 ) Professare la fede - "Tutta la divina Scrittura è un libro solo e quest'unico libro è Cristo; infatti tutta la divina Scrittura parla di Cristo e in lui trova compimento" ( Ugo da San Vittorre, L'arca di Noè, 2, 8 ). - L'annuncio della parola di Dio non si limita ad un insegnamento; sollecita la risposta della fede, come adesione del cuore, celebrazione di lode e impegno di vita. - Tutti i fedeli sono esortati con forza ed insistenza "ad apprendere la "sublime scienza di Gesù Cristo" ( Fil 3,8 ), con la frequente lettura delle divine Scritture. "L'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo" ( San Girolamo, Commento ad Isaia, Prologo )" ( Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum 25 ). - Il senso soprannaturale della fede conduce tutto il popolo di Dio ad accogliere con la mente e con la vita la rivelazione divina. Al papa e ai vescovi in comunione con lui è affidato il compito di interpretare autenticamente la parola di Dio. Capitolo 15 La santa Liturgia Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla … In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto. ( Gv 15,5.8 ) 633 Essere cristiani non è aderire a un'idea, ma a una persona. Mediante le celebrazioni liturgiche della Chiesa, il Signore Gesù, crocifisso e risorto, ci viene incontro personalmente in modo conforme alla nostra condizione storica. Ci comunica il dono pasquale del suo Spirito e della vita nuova, che santifica la nostra esistenza nelle molteplici situazioni, a lode di Dio Padre. Economia sacramentale Liturgia pasquale 634 Di ritorno dalla Grecia e dalla Macedonia, Paolo si ferma a Tròade, nell'Asia Minore. La domenica, giorno della risurrezione del Signore, la comunità cristiana della città si riunisce, per ascoltare la parola di Dio e celebrare l'eucaristia. C'è aria di festa; molte lampade sono accese per la veglia notturna. L'apostolo parla a lungo e l'assemblea lo segue con attenzione. A un certo momento un ragazzo di nome Eutìco, seduto sulla finestra, si addormenta e precipita dal terzo piano. Lo raccolgono morto. Paolo scende, lo abbraccia e nel nome del Signore lo riporta alla vita tra lo stupore e la gioia di tutti. Poi prosegue la celebrazione con l'offerta e la distribuzione del pane eucaristico, pegno di vita eterna. ( At 20,6-12 ) Davvero nella liturgia della Chiesa è presente il Signore risorto e ci rende partecipi della sua vittoria pasquale sulla morte! È significativo che durante i primi tre secoli i cristiani abbiano avuto una sola festa, la Pasqua: settimanale ogni domenica, annuale all'inizio della primavera. La liturgia cristiana è essenzialmente celebrazione del mistero pasquale; solo in riferimento ad esso prende in considerazione altri eventi salvifici. Ma che cosa significa celebrare? Perché si compiono gesti simbolici e rituali? Come si colloca la liturgia cristiana nella storia della salvezza? Linguaggio simbolico 635 L'uomo, essere spirituale e corporeo, percepisce ed esprime le realtà spirituali mediante segni materiali o simboli. La sua vita quotidiana è intessuta di azioni simboliche: sorrisi, lacrime, strette di mano, baci, abbracci. Basta pensare ai rapporti tra amici, fidanzati, sposi, genitori e figli. Le parole da sole sarebbero del tutto inadeguate, specialmente nei momenti intensi di amore, di gioia e di dolore. I gesti rafforzano le parole; danno corpo alle intuizioni, ai valori e ai sentimenti; toccano il cuore e plasmano la personalità. Il linguaggio simbolico è un modo di essere e di comunicare. Coinvolge tutta la persona: intelligenza, volontà, affettività e corporeità. Non solo rappresenta le realtà spirituali invisibili, ma le contiene e le comunica effettivamente. L'esperienza religiosa si serve del linguaggio simbolico come mediazione dell'incontro con la divinità. Il mondo è come un grande simbolo della grandezza di Dio e della sua vicinanza. La luce, il fuoco, l'aria, l'acqua, l'avvicendarsi delle stagioni, i frutti della terra, ogni realtà visibile rimanda al di là di se stessa, verso il Mistero. I gesti della vita sociale si caricano spontaneamente di senso religioso. Partecipare a un convito non è solo prendere cibo, ma è un modo di interpretare la realtà, un modo di essere con le cose, con gli altri e in definitiva con Dio. La relazione con Dio viene vissuta con più intensità nei passaggi critici della vita - nascita, crescita, matrimonio, morte - o negli avvenimenti storici in cui si riconoscono importanti valori e motivi di speranza. Tutte le religioni fanno largo uso di gesti simbolici, organizzandoli in sistemi più o meno complessi, cioè in riti. I simboli presentano analogie e convergenze sorprendenti; ma i significati sono per lo più molto diversi da una religione all'altra. Memoriale 636 Nell'Antico Testamento i simboli, i riti e le feste, pur mantenendo un riferimento alle vicende della natura e ai momenti della vita sociale, diventano segni dell'alleanza, memoria e attualizzazione delle opere mirabili compiute da Dio nella storia a favore del suo popolo. In particolare la Pasqua ebraica, immolazione di un agnello da consumare in una cena rituale, ricorda l'esodo dall'Egitto e vi fa in qualche modo partecipare i presenti al rito, perché Dio viene ancora a fare per i figli quello che un tempo aveva fatto per i padri. "Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne" ( Es 12,14 ). Il memoriale comunica la grazia dell'evento ricordato. Celebrazione del mistero pasquale 637 Gesù Cristo porta a compimento gli eventi e i riti dell'antica alleanza. Nella sua persona Dio stesso si rivela, si comunica e ci salva. La sua predicazione, la sua azione, l'offerta della sua vita sono eventi concreti e irripetibili; una storia, non un rito liturgico. Tuttavia, nel modo più sublime, realizzano il fine di tutti i riti, che è quello di introdurre nella comunione con Dio. Gli antichi sacrifici, basati sull'offerta della vittima in sostituzione della vita dell'offerente, sono superati dal dono totale di lui stesso. ( Eb 7,11-19; Eb 10,1-18 ) Questo atto è così perfetto che basta da solo a salvare tutti gli uomini: "Siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" ( Eb 10,10 ). Però l'offerta di Cristo sulla croce non esclude l'offerta dei credenti, anzi la esige e la rende possibile. ( Eb 5,9; 1 Pt 2,21 ) Sostenuti da lui, potranno anch'essi offrire la propria vita al Padre nell'obbedienza quotidiana alla sua volontà. ( Rm 12,1-2 ) 638 Il cristianesimo non comporta l'abolizione delle celebrazioni rituali, ma un profondo cambiamento di significato. Secondo il Nuovo Testamento, Gesù stesso istituisce il rito eucaristico, come memoriale dell'unico e perfetto sacrificio della croce: "Fate questo in memoria di me" ( Lc 22,19; 1 Cor 11,24 ). Non si tratta né di una semplice evocazione mentale, né di una ripetizione, né di un'aggiunta, ma di una ripresentazione efficace mediante un'azione simbolica, quella della cena. L'atto di donazione, con cui Gesù è morto, rimane nel Signore risorto come perenne intercessione presso il Padre, ( Eb 7,25 ) come "redenzione eterna" ( Eb 9,12 ) in virtù dello "Spirito eterno" ( Eb 9,14 ). L'evento pasquale è l'unico avvenimento che non passa. È il centro dell'economia salvifica. In esso trovano compimento e rimangono in qualche modo attuali anche gli altri avvenimenti della vita di Cristo e le figure dell'Antico Testamento. In esso virtualmente sono contenute la santificazione e la gloria futura dell'umanità redenta. Ebbene, questo evento viene ripresentato nell'eucaristia e dispiega in vari modi la sua efficacia anche negli altri sacramenti e in tutta la liturgia. I riti rimangono nel tempo della Chiesa come celebrazione del mistero pasquale, perché i credenti possano inserirsi in esso mediante la fede e attingere la vita nuova. Prospettiva storico-salvifica 639 Nei primi secoli i Padri della Chiesa, nelle loro catechesi "mistagogiche" di spiegazione dei riti sacramentali, prendono avvio dalla descrizione del rito, risalgono alle figure dell'Antico Testamento, mettono in evidenza il compimento una volta per sempre della salvezza in Cristo morto e risorto, tornano a illustrare il sacramento come attualizzazione simbolica del mistero pasquale, concludono esortando ad accogliere il dono di Dio e a viverlo nell'esistenza quotidiana come anticipo della vita eterna. Ci offrono così, in modo suggestivo, una visione sintetica della storia e, all'interno di essa, individuano lucidamente la funzione essenziale della liturgia cristiana, come azione efficace del Signore Gesù nella sua donazione pasquale mediante parole e gesti simbolici, come memoria, presenza e attesa della salvezza. 640 Anche il significato dei singoli sacramenti emerge solo nell'ambito della storia della salvezza. I gesti non sono particolarmente originali. Il cristianesimo non li ha inventati, ma li ha ereditati dall'ebraismo. Anzi, derivano in definitiva dalla vita ordinaria. In conformità allo stile del regno di Dio, sono caratterizzati da semplicità e umiltà. Vediamo povere cose: un po' d'acqua, un pezzo di pane, un sorso di vino, una goccia d'olio. Osserviamo gesti comuni: lavare, mangiare e bere, ungere. Ma questi gesti, completati dalle parole e inseriti nella storia della salvezza, acquistano un grandioso significato. Per esempio, nel battesimo il gesto di immergere nell'acqua - o almeno aspergere con essa -, collegato con il diluvio, con il passaggio del Mar Rosso e soprattutto con la morte e risurrezione del Signore, diventa inserimento in Cristo e nella Chiesa, liberazione dal peccato e rinascita alla vita nuova. ( Rm 6,3-6 ) I gesti danno concretezza alle parole; le parole precisano il senso dei gesti: con un linguaggio di origine medievale i primi sono stati chiamati "materia" e le seconde "forma" dei sacramenti. I riti, costituiti da gesti e parole, sono inseparabilmente azioni simboliche di Cristo e della Chiesa, segni efficaci della grazia. 641 "Non vi è altro mistero di Dio, se non Cristo". Il Signore, crocifisso e risorto, è il sacramento primordiale, in cui il Padre si è fatto definitivamente vicino, per donarci lo Spirito Santo e la vita eterna. La Chiesa è il sacramento permanente della sua presenza salvifica nel mondo. I sette sacramenti sono la massima attuazione della sacramentalità della Chiesa, il compimento delle figure dell'Antico Testamento, il vertice di una sacramentalità generale diffusa nella storia e nel mondo. 642 "Fate questo in memoria di me" ( Lc 22,19; 1 Cor 11,24 ): nella liturgia della Chiesa viene attualizzato mediante azioni simboliche il mistero pasquale, fulcro di tutta la storia della salvezza, perché i credenti siano inseriti in esso e vengano santificati. Incontri che santificano Azioni di Cristo e della Chiesa 643 Nelle altre religioni i riti sono azioni simboliche dei credenti per esprimere la loro ricerca di Dio. Evidentemente anche nel cristianesimo i sacramenti sono azioni di culto della comunità ecclesiale. Ma la Chiesa fa i sacramenti in quanto aderisce a Cristo e accoglie la sua iniziativa. È innanzitutto il Signore Gesù che nella liturgia unisce a sé i fedeli per ricondurli al Padre: "Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto all'eterno Padre". Primariamente i sacramenti sono azioni personali di Cristo e in quanto tali fanno la Chiesa. Cristo autore dei sacramenti 644 "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" ( 1 Cor 4,1 ). La Chiesa non dispone dei sacramenti a suo piacimento; li riceve e li custodisce fedelmente. Il loro autore è il Signore Gesù, che li ha istituiti una volta per sempre e ogni volta agisce in essi per comunicare lo Spirito e la vita nuova. La celebrazione è un incontro con lui: "Non per via di specchi, né per mezzo di enigmi, ma faccia a faccia ti sei mostrato a me, o Cristo, e io nei tuoi sacramenti trovo te". Efficacia oggettiva 645 È Cristo che celebra: è lui che battezza, riconcilia, consacra e benedice. Il ministro - vescovo, presbitero, diacono o laico, a seconda dei casi - agisce sempre in suo nome, come segno della sua presenza, e deve avere l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa unita a Cristo. Quale che sia la sua fede e santità personale, l'efficacia del sacramento non dipende da lui: "Se Pietro battezza, è Cristo che battezza; se Giuda battezza, è Cristo che battezza". Se battezza un eretico, purché dia un vero battesimo, è Cristo che battezza e il rito non deve essere ripetuto in caso di conversione alla Chiesa cattolica. I sacramenti sono efficaci in quanto azioni di Cristo e, quando sono posti validamente, sempre conferiscono "la grazia che significano". Il Signore, malgrado l'indegnità dei ministri, rimane fedele alla sua Chiesa e si lascia incontrare comunque. Cooperazione personale 646 Tuttavia i sacramenti rimangono senza frutti, se chi li riceve non ha le dovute disposizioni, pone ostacolo alla grazia e non coopera con essa. Non hanno infatti la funzione di sostituire l'impegno personale, ma piuttosto di risvegliarlo, come un abbraccio non sostituisce l'amore, ma lo intensifica. È da evitare comunque anche l'errore opposto, di chi trascura i sacramenti e tende a considerare essenziale solo l'impegno morale e sociale. Il cristianesimo è incontro con Gesù Cristo, adesione alla sua persona, partecipazione alla sua vita. La piena onestà morale non è una conquista solitaria; è resa possibile da lui ed è accetta al Padre solo in quanto è unita alla sua dedizione filiale, al suo sacrificio. La salvezza non viene né dalla sola fede, né dal solo impegno, né automaticamente dal solo rito oggettivo; ma viene dal gesto sacramentale di Cristo, accolto con fede e vissuto nella carità. Per la consacrazione e santificazione dell'uomo a lode di Dio 647 La liturgia è memoriale ( anàmnesi ), in quanto attualizza nell'azione simbolica il mistero pasquale; è invocazione ( epìclesi ), in quanto comunica il dono pasquale dello Spirito con molteplici doni particolari; è lode e glorificazione ( dossologia ) di Dio, in quanto riconosce in lui il primo riferimento dell'intera esistenza e di tutta la storia: "Dio al primo posto; la preghiera, prima nostra obbligazione; la liturgia, prima fonte della vita divina a noi comunicata, prima scuola della nostra vita spirituale, primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano … e primo invito al mondo, perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l'ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito Santo". 648 Mediante l'azione liturgica lo Spirito incorpora a Cristo e rende partecipi della sua vita filiale. Tre sacramenti, il battesimo, la cresima e l'ordine, imprimono il carattere, un sigillo spirituale permanente, a motivo del quale non possono essere ripetuti. Si tratta di una consacrazione, che conforma a Cristo sul quale "il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo" ( Gv 6,27 ) e abilita a condividere con tutta la comunità la sua missione di profeta, re e sacerdote; una consacrazione irrevocabile, segno dell'amore fedele di Dio per i singoli cristiani e per la Chiesa, al cui servizio sono posti. 649 Tutti i sacramenti, a chi non pone ostacolo con l'attaccamento volontario al peccato, conferiscono la "grazia santificante", cioè una partecipazione alla vita divina, che eleva intimamente nell'essere e nell'agire e abilita al dialogo con le Persone divine nella carità. Così la vita intera della Chiesa può diventare culto "in Spirito e verità" ( Gv 4,23 ), proclamazione delle opere meravigliose di Dio che l'ha chiamata "dalle tenebre alla sua ammirabile luce" ( 1 Pt 2,9 ). 650 I singoli sacramenti rendono presente l'unico mistero pasquale in forme simboliche diverse: il battesimo, ad esempio, lo fa in forma di lavacro; l'eucaristia in forma di convito. Di conseguenza esprimono significati diversi e comunicano la vita nuova secondo aspetti diversi, in relazione ad alcune situazioni esistenziali tipiche di chi li riceve. Il battesimo dà la grazia come rigenerazione e passaggio dalla morte alla vita; la confermazione come crescita e forza di testimonianza; l'eucaristia come comunione e dono di sé; la penitenza come riconciliazione; l'unzione degli infermi come purificazione e conforto; l'ordine come servizio pastorale in nome di Cristo; il matrimonio come alleanza coniugale. Nei singoli sacramenti la grazia assume modalità diverse, come la luce si rifrange nei vari colori dell'arcobaleno. Si parla perciò di "grazia sacramentale". Organismo sacramentale 651 Insieme i sacramenti costituiscono come un organismo, vivo e splendido, che ha la base nel battesimo e il vertice nell'eucaristia. Fondano l'etica cristiana come sviluppo delle potenzialità ricevute nel battesimo, specificate negli altri sacramenti, perfezionate nell'eucaristia. Introducono nella storia la logica pasquale della carità, che penetra nelle varie situazioni, dando testimonianza al Signore crocifisso e risorto, risvegliando l'attesa della risurrezione universale. 652 "La liturgia è ritenuta come l'esercizio della missione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell'uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale". I sette sacramenti sono azioni simboliche, con cui il Signore Gesù ci viene incontro e ci comunica la grazia dello Spirito Santo secondo varie modalità, corrispondenti a diverse situazioni dell'esistenza. Soggetti, modi, luoghi e tempi del celebrare Chi celebra 653 La liturgia è innanzitutto azione di Cristo, eterno sacerdote; ma è anche celebrazione della Chiesa, intimamente associata a lui nel santificare gli uomini e nel lodare il Padre. In quanto azione di Cristo, la liturgia è una e perfetta; in quanto attività della Chiesa, immersa nella storia, varia secondo le tradizioni culturali, la formazione spirituale e la sensibilità pastorale delle concrete comunità cristiane e dei loro ministri. 654 Il soggetto che celebra il culto liturgico è sempre la Chiesa universale, unita a Cristo. Ma essa si esprime visibilmente attraverso assemblee e singole persone che la rappresentano legittimamente. Si può trattare dell'assemblea eucaristica presieduta dal vescovo o dal parroco, della comunità monastica o del gruppo di fedeli riunito per la liturgia delle ore, del sacerdote che da solo celebra la Messa o la liturgia delle ore. Ovviamente è da preferire, ogni volta che i riti lo comportano, una celebrazione comunitaria, che esprime con più verità e pienezza la Chiesa. Anzi bisogna promuovere la "piena, consapevole e attiva partecipazione" di tutti. Anche da un punto di vista umano, celebrare conviene eminentemente alla comunità che si raduna. Come celebra 655 Nella celebrazione il popolo di Dio, attraverso la mediazione dei segni, ricorda e attualizza il mistero pasquale, per lodare il Signore e accrescere la comunione con lui. I riti devono essere capaci di attirare e coinvolgere la comunità. Devono parlare da soli, senza eccessive spiegazioni. Ripetitività e creatività sono ambedue importanti: bisogna contemperarle con saggezza. I gesti devono essere veri, concreti, espressivi, non estenuati e ridotti al minimo. Occorre una sapiente regia, per dare massimo risalto al rito essenziale, rendere nitidi anche i riti sussidiari, che illustrano i vari aspetti della grazia, coordinare e finalizzare a un significato fondamentale tutti gli elementi: di parola ( monizioni, omelia ), di musica ( canti e suoni ), di ambientazione ( luci, fiori, immagini ). Il sacerdote che presiede non deve accentrare tutti i compiti; deve anzi valorizzare l'apporto di vari ministri: lettori capaci di dare voce persuasiva alla parola, cantori ben integrati nell'azione rituale, accoliti e ministranti per il servizio dell'altare, incaricati per l'accoglienza, volontari per accompagnare anziani e disabili . Tutto deve procedere con ordine e tranquillità. È perciò indispensabile un'accurata preparazione con un'attenta individuazione e concertazione degli interventi. Dove celebra 656 Per radunarsi la comunità ha bisogno di una casa, concepita non alla maniera del tempio pagano come un'abitazione riservata alla divinità e alla sua immagine, ma come il luogo dell'assemblea e dell'incontro con Dio. Essa diventa il simbolo della comunità stessa; ne esprime la fede, i valori culturali, la storia, le speranze, un po' come una casa privata custodisce le memorie e gli affetti di famiglia. Lo spazio deve essere configurato in modo da favorire lo svolgimento delle varie celebrazioni liturgiche e la preghiera personale. L'altare, mensa per l'eucaristia e simbolo di Cristo, occupa il centro visivo. L'ambone, tribuna riservata esclusivamente alla proclamazione della Parola e alla predicazione, si colloca opportunamente tra l'altare e l'assemblea. La sede della presidenza trova posizione nel presbiterio. Il fonte battesimale conviene sia posto vicino all'ingresso. La sede della riconciliazione deve essere decorosa e ben visibile, idonea per il dialogo riservato, la lettura della Parola e l'imposizione delle mani. Il tabernacolo, dove si conserva l'eucaristia dopo la Messa, deve essere degno e sicuro, possibilmente situato in una cappella adatta all'adorazione, aperta sull'ambiente maggiore dell'assemblea. Tutti questi elementi devono essere correlati tra loro; possono anche essere arricchiti di immagini, che esprimano la fede e siano strumenti di catechesi per il popolo cristiano. Lo spazio principale deve poi collegarsi ad altri spazi complementari: il sagrato, la sacrestia, le sale per attività pastorali… Quando celebra 657 Ancor più che al luogo, la celebrazione è legata al tempo. Per coltivare le memorie e i valori, gli uomini hanno bisogno di ritmi cronologici regolari. La Chiesa scandisce i giorni dell'anno e le ore del giorno celebrando il mistero di Cristo nei suoi vari momenti e aspetti. La domenica 658 La domenica è il giorno del Signore risorto, la Pasqua settimanale. Da sempre caratterizza la vita di ogni comunità e di ogni vero credente: "È il giorno del cristiano, il nostro giorno". Ci riuniamo in assemblea per incontrare il Crocifisso risorto, per ascoltarne la parola, per attuare la comunione con lui nell'eucaristia. Facciamo festa; ci riposiamo dal lavoro; ci dedichiamo alla famiglia, agli amici, alla contemplazione, alle opere di carità, al gioco, al contatto con la natura. Questi valori sono tutelati dal comandamento di Dio e dalle leggi della Chiesa. Pregustiamo così l'ottavo giorno fuori del tempo, "la pace senza sera", l'armonia perfetta del regno di Dio, e diamo significato anche ai giorni feriali della fatica. Purtroppo per molti, anche cristiani, la Pasqua settimanale si riduce a un fine settimana: consumista, nervoso e vuoto. L'anno liturgico 659 Dalla domenica si è sviluppato l'anno liturgico, esplicitando i principali aspetti e momenti del mistero di salvezza. Sul tempo ordinario delle normali domeniche, gradualmente sono emerse le solennità e i "tempi forti". Per prima è stata accentuata la domenica che segue il plenilunio dopo l'equinozio di primavera ed è diventata la Pasqua annuale, la festa delle feste. Presto la Pasqua si è allargata al Triduo pasquale. Successivamente si è prolungata nei cinquanta giorni del tempo pasquale fino alla Pentecoste ed ha avuto una preparazione nel tempo di Quaresima. Infine, a somiglianza del ciclo di Pasqua, si è formato quello natalizio intorno alla festa di Natale, con l'Avvento come preparazione. In questo percorso annuale sono state inserite le feste della Vergine Maria e dei santi, per proclamare "le opere meravigliose di Cristo nei suoi servi", il mistero pasquale realizzato in loro. Ogni eucaristia contiene il "mistero della fede", cioè tutto il mistero di Cristo celebrato nell'anno liturgico; ma noi abbiamo bisogno di contemplare uno per volta i singoli avvenimenti, per accogliere meglio la grazia presente in ciascuno di essi e compiere un cammino progressivo di fede. Liturgia delle ore 660 Come il ciclo annuale, così il corso del giorno e della notte è santificato dalla preghiera, che la Chiesa, unita a Cristo, eleva al Padre nello Spirito. È la "liturgia delle ore", preghiera di lode e di intercessione per la salvezza del mondo, eco sulla terra del canto celeste. È una concreta risposta all'invito di Gesù a "pregare sempre, senza stancarsi" ( Lc 18,1 ), ad elevare a Dio la nostra voce "giorno e notte" ( Lc 18,7 ). Le benedizioni 661 Tutte le circostanze concrete della vita vengono santificate dalla liturgia. A imitazione dei sacramenti, la Chiesa ha istituito i sacramentali, benedizioni che si applicano alle più diverse situazioni. Tra essi vanno ricordati anzitutto la dedicazione di una chiesa e la professione dei voti nella vita consacrata. Troviamo poi benedizioni rivolte alle persone - come i missionari, i catechisti, le famiglie, i bambini, gli infermi -, ai vari luoghi della vita e del lavoro dell'uomo, ai frutti della terra, alla mensa, agli arredi e suppellettili della liturgia e della pietà popolare. A somiglianza della preghiera eucaristica, le benedizioni contengono innanzitutto la lode e il ringraziamento, perché Dio ci ha già benedetti con i doni della creazione e della salvezza. Seguono poi la supplica e l'intercessione, perché Dio ci benedica ancora e ci aiuti a valorizzare pienamente le cose, gli ambienti, le esperienze. Così "la liturgia dei sacramenti e dei sacramentali offre ai fedeli ben disposti la possibilità di santificare quasi tutti gli avvenimenti della vita per mezzo della grazia divina che fluisce dal mistero pasquale". Secondo la visione del profeta Ezechiele, un fiume d'acqua limpida scaturisce dal tempio; va a irrigare la terra arida e, dove arriva, fa nascere ogni sorta di piante che danno frutti in tutte le stagioni. ( Ez 47,1-12 ) 662 Con un insieme armonioso di segni, la comunità cristiana celebra il mistero pasquale, inserendolo nel ciclo annuale e giornaliero del tempo, perché si ridesti nella memoria, riviva nel cuore, sia testimoniato nelle opere. Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi La nostra cultura sembra estranea al linguaggio simbolico dei sacramenti. Ma se si guarda in profondità alle attese di tante persone, se si osservano con attenzione manifestazioni e modi di esprimersi, si scopre anche oggi l'esigenza di comunicare attraverso simboli e riti, di realizzare esperienze spirituali che aiutino a comprendere e a vivere il mistero dell'esistenza. Occorre riscoprire e celebrare i sacramenti dentro la nostra vita e la nostra storia, come l'agire di Dio che continua a salvare, rendendoci partecipi della Pasqua di Cristo nella potenza dello Spirito Santo. Grazie alla fede, per mezzo dei sacramenti veniamo trasformati in Cristo e diventiamo segno di salvezza. - Quale significato e quale importanza viene attribuita alla liturgia e alla celebrazione dei sacramenti nel tuo ambiente? - Quali disposizioni e quali atteggiamenti sono necessari per una più adeguata celebrazione dei sacramenti? - Nella tua comunità esiste una partecipazione viva e consapevole alle celebrazioni liturgiche? - Che cosa si può fare per migliorare tale partecipazione? - Come può essere meglio valorizzata la domenica come giorno del Signore, nella tua esperienza di fede e in quella della tua comunità cristiana? Ascoltare e meditare la Parola Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me". Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. ( 1 Cor 11,23-26 ) Si può leggere anche: ( Ez 47,1-12 ) L'acqua della vita produce frutti di santità in ogni stagione. ( Gv 4,13-24 ) I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. ( Gv 20,19-23 ) Ogni liturgia è comunicazione dello Spirito Santo. Il Figlio di Dio, assumendo la natura umana, l'ha unita a sé così intimamente che non soltanto in quest'uomo che è nato prima di ogni creatura, ma anche in tutti i credenti non c'è che un solo e medesimo Cristo. E come non si può separare la testa dalle membra, così non si possono separare le membra dalla testa. Allorché si rinunzia al diavolo per credere in Dio, allorché si passa dalla vita vecchia a quella nuova e si depone l'immagine dell'uomo terrestre per assumere l'essenza dell'uomo celeste, interviene come una specie di morte e una sorta di risurrezione: colui che è accolto dal Cristo e che accoglie il Cristo, dopo il lavacro battesimale non è più quello di prima; il corpo del rigenerato diviene carne del Crocifisso. La partecipazione, poi, al corpo e al sangue di Cristo fa sì che noi siamo trasformati in ciò che mangiamo, capaci di esprimere in tutto, nello spirito e nella carne, colui nel quale siamo morti, sepolti e risorti. ( San Leone Magno, Discorsi, 63, 3.6.7 ) Pregare e celebrare O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. Una generazione narra all'altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie. Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e per sempre. ( Sal 145,1-6.21) O Padre, che hai portato a compimento l'opera della nostra redenzione nel mistero pasquale del tuo Figlio, fa' che, annunziando con fede nei segni sacramentali la sua morte e risurrezione, sperimentiamo sempre più i doni della salvezza. ( Messale Romano, Colletta della Messa votiva della SS. Eucaristia, ) Professare la fede - "La Liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua forza" ( Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum Concilium 10 ). - I sacramenti, istituiti da Gesù Cristo e affidati alla Chiesa, sono segni efficaci della grazia, mediante i quali viene manifestata e comunicata la vita divina secondo modalità proprie a ciascuno di essi. Perché possano portare frutto, occorre che siano ricevuti con le dovute disposizioni. - I sacramenti della nuova alleanza sono sette: il battesimo, la confermazione, l'eucaristia, la riconciliazione, l'unzione degli infermi, l'ordine e il matrimonio. Con essi la vita di grazia nasce, cresce, si alimenta, viene risanata, viene propagata. - "La madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano … ha diritto e dovere in forza del battesimo" ( Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum Concilium 14 ). Capitolo 16 I Sacramenti dell'iniziazione cristiana Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo" … Coloro che accolsero la sua parola furono battezzati . Erano assidui nella frazione del pane e nelle preghiere". ( At 2,38.41.42 ) 663 L'esistenza cristiana è vita in Cristo e nella Chiesa. Si costruisce con la grazia di Dio, ricevuta nei sacramenti del battesimo, della confermazione e dell'eucaristia, e con un cammino serio di formazione e di assunzione di responsabilità. Iniziazione cristiana Il cammino di fede e i sacramenti 664 L'iniziazione cristiana è l'inserimento dei credenti in Cristo morto e risorto come membri del suo popolo profetico, regale e sacerdotale, per morire al peccato e vivere da figli di Dio, facendo "la verità nella carità" ( Ef 4,15 ). Si attua nell'educazione alla fede e nei sacramenti del battesimo, della cresima e dell'eucaristia. 665 Nella Chiesa delle origini, ( At 2,38-42 ) l'aggregazione dei neòfiti si sviluppa secondo questa dinamica: ascolto di un "insegnamento iniziale su Cristo" ( Eb 6,1 ), conversione al vangelo e a un nuovo stile di vita, battesimo e dono dello Spirito, partecipazione all'eucaristia e alla vita comunitaria, accompagnata da un insegnamento "più completo" ( Eb 6,1 ), quasi il "nutrimento solido" ( 1 Cor 3,2 ) che si prende dopo il latte dei bambini. Nelle epoche successive, fino ad oggi, gli adulti che si fanno cristiani passano attraverso un itinerario di fede più o meno lungo, che si chiama catecumenato, e arrivano a ricevere in un'unica celebrazione il battesimo, la cresima e l'eucaristia. Le cose vanno diversamente per i bambini. In oriente ricevono i tre sacramenti insieme, poco dopo la nascita. In occidente li ricevono distanziati l'uno dall'altro, in varie età, per ragioni di ordine pastorale ed educativo; ma anche in questo caso rimane chiaro che si tratta di un solo evento complessivo di iniziazione al mistero di Cristo e della Chiesa. Sempre comunque i tre sacramenti esigono di essere integrati con un itinerario di formazione: si può battezzare un bambino solo se nel suo ambiente esiste una concreta possibilità di educazione cristiana. I doni di Dio sono gratuiti, ma devono essere accolti consapevolmente e vissuti responsabilmente. Oltre il senso del sacro 666 Nel nostro paese quasi tutte le famiglie richiedono i sacramenti dell'iniziazione per i loro figli; ma molte li vivono come riti di passaggio, in cui prende corpo un vago senso del sacro, e non come riti specificamente cristiani. La grandezza di queste celebrazioni sta invece nel fatto che uniscono vitalmente gli uomini a Cristo e li assimilano a lui nell'essere e nell'agire, introducendoli nella comunione trinitaria e in quella ecclesiale. Particolarmente necessario si rivela dunque un itinerario di fede, che preceda, accompagni e segua la celebrazione dei tre sacramenti. L'itinerario deve essere inteso come un esercizio prolungato e completo di vita cristiana, che comprenda non solo l'istruzione religiosa, ma anche esperienze di preghiera personale e comunitaria, gesti di testimonianza e opere di carità, cambiamento di mentalità e di abitudini: una vera scuola di formazione, al seguito di Gesù maestro. La Chiesa nostra madre 667 Attraverso la Parola e i sacramenti, in virtù dello Spirito Santo, la Chiesa ci genera e ci educa alla vita cristiana, come Maria ha generato Cristo: "Dal suo grembo nasciamo, dal suo latte siamo nutriti, dal suo Spirito siamo vivificati".1 La funzione materna della Chiesa si concretizza soprattutto nella mediazione della famiglia cristiana e della parrocchia. 668 Il battesimo, la cresima e l'eucaristia sono i sacramenti dell'iniziazione cristiana, che danno rispettivamente inizio, incremento e continuo nutrimento alla vita nuova del discepolo di Cristo. Il battesimo Istituito da Cristo 669 Il battesimo è il sacramento della fede e della conversione a Cristo, la porta di ingresso nella comunità cristiana. Gli Atti degli apostoli ricordano più volte il battesimo dei nuovi convertiti: i tremila del giorno di Pentecoste, l'eunuco etiope, la famiglia di Cornelio e quella di Lidia e altri ancora. ( At 2,41; At 8,38-39; At 10,47-48; At 16,15 ) Nel compiere questo rito, la comunità sa di obbedire alla volontà del Signore: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" ( Mt 28,19 ). Il ministro 670 Il battesimo è dono del Signore risorto, mediante la Chiesa. Lo si riceve: non ci si battezza da soli. Il ministro che rappresenta Cristo e la Chiesa normalmente è il ministro ordinato: vescovo, presbitero o diacono; in caso di necessità può essere chiunque, uomo o donna, purché abbia l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Un'intenzione conforme a quella della Chiesa può trovarsi anche fuori di essa. A questo riguardo, mentre riteniamo dubbio o nullo il battesimo conferito da alcune sètte, riconosciamo come valido quello conferito da appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali, come gli ortodossi, gli anglicani, i luterani, i calvinisti, i valdesi; anzi, sebbene non inserisca nella piena comunione ecclesiale, lo consideriamo il principale fondamento di una rinnovata fraternità ecumenica. Morti e risorti con Cristo 671 Il significato del battesimo va ben oltre il simbolismo naturale del lavare con acqua, che indica una purificazione; lo si può cogliere solo alla luce della storia della salvezza. Molti eventi nell'Antico Testamento prefigurano questo sacramento. Sulle acque della creazione aleggia lo Spirito di Dio, per suscitare la vita in tutte le sue forme. ( Gen 1,2 ) Dalle acque del diluvio, come da un battesimo cosmico, esce un'umanità nuova. ( Gen 6,5-9,17; 1 Pt 3,20-21 ) Attraversate le acque del mar Rosso, gli Israeliti si lasciano dietro le spalle la schiavitù e diventano il popolo di Dio, portatore dell'alleanza. ( Es 14,15-31 ) Sfiniti dalla sete nel deserto, riprendono vita bevendo l'acqua scaturita miracolosamente dalla roccia. ( Es 17,1-7 ) Bagnandosi sette volte nel fiume Giordano, Nàaman viene guarito dalla lebbra e recupera la freschezza di un bambino. ( 2 Re 5,1-27; Lc 4,27; 1 Cor 10,1-4 ) Immersi da Giovanni Battista nelle acque del Giordano, i peccatori manifestano la loro volontà di conversione e ottengono la promessa di essere salvati nel giorno imminente del giudizio. ( Lc 3,1-18 ) Gesù si fa battezzare da Giovanni Battista, per essere solidale con il nostro destino di peccatori votati alla morte; risale dall'acqua ricolmo di Spirito Santo, pronto a compiere la sua missione di Messia Salvatore. ( Mc 1,9-11 ) Realizza pienamente questa missione attraverso il supremo battesimo nelle acque simboliche della morte, da cui riemerge con la risurrezione. ( Mc 10,39; Lc 12,50 ) Dal suo fianco trafitto sgorgano acqua e sangue, cioè il battesimo e l'eucaristia, sacramenti della nuova vita. ( Gv 19,34 ) I credenti sono immersi con Cristo nella morte, per risuscitare con lui a vita nuova: "Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova . Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù" ( Rm 6,4.11 ); "Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati" ( Col 2,12 ). Il battesimo di Gesù, a differenza di quello di Giovanni, non si limita a promettere la salvezza per il futuro, ma la anticipa già al presente, sia pure solo in germe: dà infatti una partecipazione alla vita nuova del Cristo risorto. Comporta l'immersione nell'acqua e nello Spirito Santo; ( Gv 3,5 ) incorpora al Signore morto e risorto, facendo diventare una sola persona con lui: ( 1 Cor 12,12-13 ) "Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo . Tutti voi siete uno in Cristo Gesù" ( Gal 3,27-28 ). 672 Uniti e configurati a Cristo, formiamo la Chiesa suo mistico corpo: un solo battesimo, un solo Dio Padre, un solo Signore Gesù Cristo, un solo corpo ecclesiale, animato da un solo Spirito Santo. ( Ef 4,4-5 ) Consacrati con il carattere battesimale, siamo resi partecipi della missione profetica, regale e sacerdotale del Messia, così che ognuno di noi può dire con lui: "Lo Spirito del Signore è sopra di me … mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio … per rimettere in libertà gli oppressi" ( Lc 4,18; Is 61,1-2 ). Siamo abilitati a professare la fede con le parole e le opere, a ordinare secondo giustizia e carità le relazioni con gli altri, a offrire in unione al sacrificio eucaristico il lavoro, la sofferenza, l'esistenza intera. Nuova nascita 673 L'inserimento in Cristo e nella Chiesa, attuato dallo Spirito Santo, implica un profondo rinnovamento interiore, ( Tt 3,3-7 ) che è liberazione dal peccato originale e da tutti i peccati personali eventualmente commessi e soprattutto dono della grazia santificante, in virtù della quale partecipiamo addirittura alla vita divina della Trinità fin da adesso, ( 2 Pt 1,4 ) siamo "chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente" ( 1 Gv 3,1 ), diventiamo eredi dei beni eterni, dal momento che, "se siamo figli, siamo anche eredi" ( Rm 8,17 ). Il battesimo "non è un semplice suggello alla conversione, quasi un segno esteriore che la dimostri e l'attesti", ma comporta una nuova nascita e nuovi legami con le persone divine. Fa sì che il battezzato sia una nuova creatura e abbia nuove possibilità. Non per niente nella Chiesa delle origini i cristiani si considerano "santi" ( 2 Cor 1,1 ), cioè appartenenti a Dio, e sono consapevoli di dover vivere "come si addice a santi" ( Ef 5,3 ) e di doversi rivestire come "amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza" ( Col 3,12 ). La celebrazione 674 Battesimo, cresima ed eucaristia formano un'unità sacramentale dinamica, e vengono celebrati in un'unica liturgia per i candidati adulti. Essa è preceduta nel tempo da altri riti: ammissione al catecumenato, elezione o iscrizione del nome, scrutini, consegne del simbolo e della preghiera del Signore, riti immediatamente preparatori, che si concludono con l'unzione mediante l'olio dei catecumeni. Dopo la celebrazione dei tre sacramenti, il cammino prosegue con il tempo della "mistagogìa", per una più profonda comprensione del mistero celebrato. Nel caso dei bambini, il battesimo è anticipato di alcuni anni rispetto alla confermazione e all'eucaristia. La celebrazione vera e propria del sacramento coincide ovviamente con quella degli adulti nel rito essenziale; ma se ne discosta in una parte dei riti esplicativi, che hanno la funzione di esprimere la ricchezza di significato e di grazia del sacramento. Il segno iniziale della croce, impresso sulla fronte, esprime l'accoglienza nella comunità fondata sulla fede in Cristo crocifisso e risorto. La proclamazione della parola di Dio situa il battesimo nella storia della salvezza e provoca genitori e padrini alla risposta di fede. Un'orazione a modo di esorcismo precede l'unzione con l'olio dei catecumeni, segno della lotta vittoriosa contro il male. La benedizione dell'acqua invoca il dono dello Spirito, perché il candidato possa rinascere "da acqua e da Spirito" ( Gv 3,5 ), ed è seguita dall'impegno di genitori e padrini a rinunciare al male e a professare la fede cristiana. Il rito essenziale consiste nell'immergere la persona nell'acqua e risollevarla tre volte oppure nel versare l'acqua sopra la testa tre volte, mentre si dice: "Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Il suo significato è l'inserimento in Cristo morto e risorto, con la conseguente liberazione dal peccato e partecipazione alla comunione trinitaria. La forma per immersione esprime meglio il morire e risorgere con Cristo, l'entrare con lui nelle acque della morte e l'uscire da esse, divenute feconde di nuova vita. ( Rm 6,3-4 ) L'unzione con il crisma, olio profumato, preannuncia la cresima e significa il dono iniziale già ricevuto dello Spirito, che fa partecipare alla consacrazione profetica, regale e sacerdotale di Cristo. La consegna della veste bianca indica che il cristiano si è rivestito di Cristo ( Gal 3,27 ) ed è risorto con lui. La consegna della candela, accesa al cero pasquale, significa che egli è illuminato dal Signore risorto. Necessità del battesimo 675 Il battesimo è necessario alla salvezza: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio" ( Gv 3,5 ). Chi dunque lo rifiuta colpevolmente non può salvarsi.Per quanto riguarda coloro che non hanno avuto la grazia di conoscere il vangelo, si deve ricordare che sono stati creati anch'essi con un orientamento implicito a Gesù Cristo. Se vivono secondo i giusti dettami della propria coscienza, anche a loro è donata da Dio in Cristo la possibilità di raggiungere la salvezza in una forma di battesimo, che possiamo qualificare come battesimo di desiderio, sia pure inconsapevole. A maggior ragione si deve pensare a un battesimo di desiderio per i catecumeni che si preparano ai sacramenti dell'iniziazione cristiana. Se poi uno di loro dovesse morire martire per Cristo, riceverebbe un battesimo di sangue, che lo assimila al Signore crocifisso e risorto e lo introduce nella gloria. Riguardo ai bambini che muoiono prima di arrivare all'uso di ragione senza essere battezzati, la Chiesa, sicura com'è che Dio vuole la salvezza di tutti e che Cristo è morto per tutti, ( 1 Tm 2,4-6 ) confida nella loro salvezza, ma non sa in che modo possano arrivare a beneficiarne. Per questo fin dai primi tempi ha avvertito il dovere di battezzare i bambini, specie in pericolo di morte. Dono da sviluppare 676 I bambini vengono battezzati nella fede della Chiesa, professata dai genitori e dai padrini, che si fanno carico della loro educazione cristiana e si impegnano ad accompagnarli e sostenerli fino alla maturità, diventando per loro segno dell'amore di Dio, che ama per primo e dona gratuitamente. Sono in molti oggi a domandarsi se in questo modo non si faccia violenza alla loro personalità e non si imponga loro un peso. C'è da rispondere, al contrario, che si offre loro una nuova meravigliosa possibilità, una più autentica libertà. Dopo il dono della vita, si fa un dono ancora più grande. 677 Ogni comunicazione di amore inizia con un dono, ma il dono attende una risposta. Il battesimo, per non restare infruttuoso, esige una coerente risposta personale. ( 1 Cor 10,5-12 ) Il rito si compie una volta per sempre e non può essere ripetuto, ma occorre tradurlo ogni giorno in esperienza vissuta: ( Col 3,1.12 ) ce lo ricorda la solenne rinnovazione delle promesse battesimali nella veglia di Pasqua. I battezzati sono idonei a ricevere i sacramenti successivi. Resi partecipi della triplice missione profetica, regale e sacerdotale di Cristo, sono deputati, ciascuno per la sua parte, ad attuare nel mondo il compito salvifico della Chiesa, nella varietà delle vocazioni e dei ministeri. La stessa vocazione di speciale consacrazione a Dio "ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale, e l'esprime con maggiore pienezza". Purtroppo per molti il battesimo rimane come sepolto sotto una coltre di cenere. Occorre farlo rivivere con una presa di coscienza personale attraverso un adeguato cammino di fede. Quando poi ad essere battezzati sono i giovani e gli adulti, cosa che avviene sempre più spesso anche in Italia, l'impegno non è solo quello di vivere il battesimo una volta che sia stato ricevuto; prima ancora bisogna accostarsi a riceverlo con piena consapevolezza e responsabilità. Perciò occorre prepararsi con il catecumenato, tempo di discernimento, di approfondimento della mentalità di fede, di purificazione e di illuminazione. 678 Il battesimo, lavacro di acqua conferito nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, rimette il peccato originale e tutti i peccati personali; fa rinascere come figli di Dio, uniti a Cristo e animati dallo Spirito; consacra con un sigillo spirituale indelebile; incorpora alla Chiesa e rende partecipi della sua missione. La confermazione Storia del sacramento 679 Gesù di Nàzaret, ricevuto il Battesimo, risale dal fiume Giordano e viene ricolmato di Spirito Santo. ( Lc 3,21-22 ) I cristiani, rinati nel battesimo dall'acqua e dallo Spirito, ricevono dopo l'abluzione un'ulteriore effusione dello stesso Spirito con abbondanza di doni carismatici pentecostali. ( At 2,38; Eb 6,2-4 ) Fin dalle origini il gesto battesimale è seguito da altri riti, con i quali si trasmette ancora lo Spirito: Pietro e Giovanni pregano e impongono le mani ai samaritani, già battezzati da Filippo; ( At 8,14-17 ) Paolo fa la stessa cosa ai discepoli di Efeso, dopo averli fatti battezzare nel nome di Gesù. ( At 19,1-7 ) Nei primi secoli è diffusa ovunque la pratica di aggiungere dopo il battesimo i riti dell'imposizione delle mani e dell'unzione crismale sulla fronte, accompagnati dalla preghiera per avere un dono più abbondante di Spirito Santo. Questi riti significano anche il pieno inserimento nella Chiesa e nella sua missione, e perciò sono riservati al vescovo. Quando poi il cristianesimo si diffonde nelle campagne e si moltiplicano i luoghi del battesimo, il vescovo non può più essere presente dappertutto. Allora in occidente la confermazione viene staccata dal rito battesimale; in oriente invece rimane unita, ma il presbitero può amministrarla solo con il crisma benedetto dal vescovo. Oggi anche in occidente, a motivo della vastità delle diocesi, sempre più spesso vengono delegati alcuni presbìteri per aiutare il vescovo in questa celebrazione. Sviluppo del battesimo 680 Dalla storia del sacramento emerge anche il suo significato fondamentale. La confermazione è per ogni fedele ciò che per tutta la Chiesa è stata la Pentecoste, ciò che per Gesù è stata la discesa dello Spirito all'uscita dal Giordano. Essa rafforza l'incorporazione battesimale a Cristo e alla Chiesa e la consacrazione alla missione profetica, regale e sacerdotale. Comunica l'abbondanza dei doni dello Spirito, "i sette doni" che consentono di giungere alla perfezione della carità. Se dunque il battesimo è il sacramento della nascita, la cresima è il sacramento della crescita. Per ciò stesso è anche il sacramento della testimonianza, perché questa è strettamente legata alla maturità dell'esistenza cristiana. Mediante la confermazione i fedeli acquisiscono un legame più perfetto con la Chiesa, "sono arricchiti di una forza speciale dello Spirito Santo e obbligati più strettamente a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l'azione, come veri testimoni di Cristo". "Questo dono dello Spirito santo rende i fedeli in modo più perfetto conformi a Cristo e comunica loro la forza di rendere a lui testimonianza, per l'edificazione del suo corpo nella fede e nella carità". Infine, si può aggiungere che, concretizzandosi la comune vocazione alla santità e alla missione in vocazioni particolari, la cresima sostiene il cristiano nella ricerca della propria forma di vita e del servizio da offrire alla Chiesa e alla società: "Lo Spirito Santo diffonde sull'anima la pioggia d'oro dei suoi carismi e fa della creatura, come cera plasmabile santificata dalla sua forza e grazia incandescente, il riflesso dello splendore del Verbo". I riti 681 La celebrazione sottolinea tutto questo con suggestiva semplicità. Il vescovo, ministro originario del sacramento, benedice il crisma per tutta la diocesi nella messa crismale in prossimità della Pasqua. Al momento opportuno presiede, o di persona o per mezzo di un suo delegato, la liturgia del sacramento. Chiama i candidati, presentati dalla comunità cristiana e accompagnati dai loro padrini, a rinnovare gli impegni battesimali. Stende le mani e invoca l'effusione abbondante dello Spirito, continuando il gesto degli apostoli e mostrando il legame che unisce i cresimati alla Chiesa. Quindi pone la mano destra su ciascun cresimato, in segno di benedizione e di missione; lo unge sulla fronte con il crisma, olio profumato da cui deriva a questo sacramento il nome di cresima, esprimendo la partecipazione alla consacrazione messianica di Gesù e il dono dello Spirito per la testimonianza evangelica; nello stesso tempo pronuncia la formula: "Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono", con la quale si indica il rafforzamento del battesimo e l'appartenenza irrevocabile a Cristo. L'unzione crismale 682 Il rito dell'unzione crismale va ricollegato alle figure della storia della salvezza. In Israele i re e i sacerdoti erano consacrati con olio, per avere il sostegno dello Spirito nel loro servizio; ( Es 30,22-33; 1 Sam 16,1-13 ) i profeti invece ricevevano in genere un'unzione solo interiore di Spirito Santo, per diventare gli uomini della parola di Dio, i suoi portavoce. ( 1 Sam 10,6-10; Is 61,1; Mi 3,8 ) Consacrato con l'unzione in modo unico è il misterioso personaggio preannunciato da Isaia, il Servo del Signore, ( Is 42,1-9; Is 49,1-6; Is 50,4-9; Is 52,13-53,12 ) il quale assomma in sé il compito regale di instaurare la giustizia e il diritto, il compito profetico di annunciare la parola di Dio alle genti, il compito sacerdotale di offrire la vita a vantaggio dei fratelli. Questa misteriosa figura si realizza perfettamente in Gesù: ( Lc 4,18 ) egli ha la pienezza dell'unzione e i cristiani partecipano alla sua abbondanza: "È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori" ( 2 Cor 1,21-22 ) e "diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero" ( 2 Cor 2,14 ). Associato a Cristo, ogni credente è responsabile della testimonianza al vangelo secondo la vocazione e i doni ricevuti: nella comunità ecclesiale, nella famiglia, nella scuola, nella professione, nella società civile, nel servizio ai più bisognosi. 683 La confermazione perfeziona il battesimo mediante l'effusione pentecostale dello Spirito: consolida l'appartenenza a Cristo e alla Chiesa; comunica in abbondanza i doni dello Spirito Santo, per accompagnare il cammino verso la maturità cristiana e per sostenere la testimonianza delle parole e delle opere. L'eucaristia Cuore della Chiesa 684 "La celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e del popolo di Dio gerarchicamente ordinato, costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa universale, per quella locale e per i singoli fedeli". Se il battesimo è la porta di ingresso nella comunità cristiana, l'eucaristia ne è il centro e l'attuazione suprema. Ma la fede nell'eucaristia non è facile, come non è facile accogliere il mistero della croce di cui è la ripresentazione sacramentale. Per questo la Chiesa nei secoli l'ha circondata di tanti e mirabili segni di adorazione, di amore e di bellezza: monito sempre attuale per prevenire le tentazioni della superficialità, dell'abitudine e dell'incredulità. Origine e sviluppo storico 685 Il convito eucaristico è prefigurato nei banchetti di Gesù con i peccatori e gli amici durante la vita pubblica, è istituito nell'ultima cena con i Dodici, ( Mt 26,26-28; Mc 14,22-24; Lc 22,19-20; 1 Cor 11,23-25 ) è confermato nella gioia degli incontri a mensa dopo la risurrezione. Dalla Chiesa delle origini è celebrato come cena del Signore risorto ( 1 Cor 10,21; 1 Cor 11,20 ) e come "frazione del pane", ( At 2,42.46; At 20,7.11 ) segno efficace di comunione fraterna nel suo nome. Presto il rito acquista una dinamica molto precisa, con una proclamazione della Parola e una liturgia eucaristica strettamente connesse tra loro. Gesù stesso nell'incontro con i discepoli di Emmaus prima spiega le Scritture, poi si mette a tavola e, pronunciando la benedizione, prende il pane, lo spezza e lo distribuisce. ( Lc 24,13-35 ) A Tròade, Paolo prima parla a lungo e poi spezza il pane con l'assemblea dei fedeli. ( At 20,7-12 ) Nel II secolo il racconto del martire Giustino ribadisce lo stretto collegamento tra Parola ed eucaristia e presenta uno svolgimento che coincide sostanzialmente con la Messa dei nostri giorni: riunione dell'assemblea, letture, omelia, preghiera dei fedeli, presentazione del pane e del vino, azione di grazie consacratoria, comunione eucaristica: "Nel giorno chiamato del sole, tanto quelli che abitano in città come quelli che abitano in campagna si adunano nello stesso luogo, e si fa la lettura delle memorie degli apostoli e degli scritti dei profeti, sin che il tempo lo permette. Quando il lettore ha terminato, colui che presiede tiene un discorso, per ammonire ed esortare all'imitazione di questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci leviamo e innalziamo preghiere; quindi, cessate le preci, si reca pane e vino e acqua; e il capo della comunità eleva preghiere e ringraziamenti con tutte le sue forze e il popolo acclama, dicendo: Amen. Quindi si fa la distribuzione e la spartizione a ciascuno degli alimenti consacrati e se ne manda, per mezzo dei diaconi, anche ai non presenti". Il ministro e l'assemblea 686 Già questa antica descrizione, pur attestando la partecipazione attiva di tutta l'assemblea, mette in forte risalto il ruolo del capo della comunità. Fin dall'inizio chi guida la comunità presiede anche l'eucaristia. Solo i vescovi e i presbìteri, validamente ordinati, possono consacrare validamente, essendo abilitati ad agire in nome di Cristo. D'altra parte tutti i cristiani, diventati per il battesimo popolo sacerdotale hanno il diritto e il dovere di associarsi all'azione liturgica. Il presidente e l'assemblea sono segni in cui Cristo attua la sua presenza. Per acclamare il Signore che viene e si esprime in questi segni, si cura la convocazione dell'assemblea e si solennizzano nella Messa i riti di introduzione. Struttura della Messa 687 La celebrazione si articola in due parti: liturgia della Parola e liturgia eucaristica. Sono due modalità eminenti della presenza di Cristo, mensa della parola di Dio e mensa del corpo di Cristo da cui i fedeli ricevono alimento per la loro vita cristiana. Esse formano un solo atto di culto e i fedeli devono essere esortati a parteciparvi integralmente. Come gli amici ravvivano la loro amicizia con la conversazione e con il mettersi a tavola insieme, così Dio rinnova l'alleanza con il suo popolo rivolgendogli la parola e ammettendolo a un convito sacrificale. ( Es 24,3-11; Ne 8,1-12 ) La parola di Dio, proclamata e spiegata, delinea il mistero della salvezza, incentrato in Cristo, davanti allo sguardo della fede; l'eucaristia attrae e conforma ad esso con la forza dell'amore redentore. L'assemblea ascolta in riverente silenzio; medita e interpreta la propria storia alla luce della Parola; risponde con le acclamazioni, i canti, la professione di fede, la preghiera universale dei fedeli. Così si dispone a inserire se stessa, insieme con tutta la storia e la creazione, nel sacrificio pasquale di Cristo. L'inserimento dell'uomo e del suo mondo nel dono di sé che il Cristo fa al Padre viene suggerito già dal primo rito della liturgia eucaristica: la presentazione del pane e del vino "frutto della terra e del lavoro dell'uomo". Si compie però nella preghiera eucaristica e nella comunione sacramentale, che sono i riti essenziali. Memoria e presenza 688 La liturgia eucaristica ripresenta, nel contesto di una preghiera di lode e di ringraziamento e nella forma di un convito sacrificale, il sacrificio pasquale di Cristo, perché diventi il nostro sacrificio e ci coinvolga nel suo dinamismo di carità. Secondo l'uso degli ebrei, che a tavola lodavano e ringraziavano Dio per i doni della vita, del nutrimento e dell'alleanza, anche Gesù nell'ultima cena pronuncia sul pane e sul vino una sua preghiera di benedizione e di ringraziamento per l'opera della salvezza che si va compiendo. Quindi dà il pane a mangiare e il vino a bere, come sacramento del suo corpo donato e del suo sangue versato per la riconciliazione universale: "Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me"" ( 1 Cor 11,23-25 ). Quando era stata conclusa l'alleanza del monte Sinai, il sangue delle vittime, sparso sull'altare e sul popolo, indicava plasticamente, secondo la mentalità dell'uomo antico, un rapporto di consanguineità e di parentela tra Dio e Israele. Gesù, con la sua morte e risurrezione, pone tra il Padre e l'umanità intera il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua persona e la sua vita, per la nuova ed eterna alleanza. Alla luce dell'esperienza di Pasqua e di Pentecoste, nello stupore e nella gioia per le opere mirabili della creazione, della redenzione e della santificazione, la Chiesa riprende la preghiera di lode e di ringraziamento di Gesù al Padre e la prolunga nei secoli: "È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre Santo …". Nello stesso tempo, obbediente al comando: "Fate questo in memoria di me", la Chiesa ripete il gesto e le parole del Signore sul pane e sul vino, invocando lo Spirito consacratore: "Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri . Egli prese il pane … Allo stesso modo prese il calice …". 689 Nella forma di un convito sacrificale la Chiesa rivive l'evento totale della Pasqua; fa memoria della morte e risurrezione del Signore, ( 1 Cor 11,26 ) una memoria che non è semplice ricordo, ma ripresentazione reale dell'evento stesso nel rito. Il Crocifisso risorto si fa presente come Agnello immolato e vivente. ( Ap 5,6 ) Il pane è realmente il suo corpo donato; il vino è realmente il suo sangue versato. La sua parola con la potenza dello Spirito compie davvero quello che annuncia. Il pane e il vino non sono più cibo e bevanda usuali; sono diventati, per una conversione singolare e mirabile, che la Chiesa chiama transustanziazione, il corpo e il sangue del Signore, la sua nuova presenza, "vera, reale e sostanziale", dinamica e personale, nell'atto di donare se stesso e non solo nella sua efficacia santificante come negli altri sacramenti. Il santo sacrificio 690 A motivo di questa memoria che si fa presenza, la Chiesa non esita a considerare l'eucaristia vero sacrificio, senza timore di compromettere l'unicità del sacrificio della croce: "Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, nell'attesa della sua venuta, ti offriamo, o Padre, in rendimento di grazie questo sacrificio vivo e santo". Anzi, fin dal I secolo è abituale vedere nelle celebrazioni eucaristiche l'attuazione del sacrificio preannunciato dal profeta Malachìa: ( Ml 1,11 ) "Ogni domenica, giorno del Signore, riuniti spezzate il pane e rendete grazie, dopo che avete confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro . Così infatti ha detto il Signore: In ogni luogo e in ogni tempo, è offerto al mio nome un sacrificio puro". L'eucaristia non compromette l'unicità della croce, perché non è una ripetizione né un'aggiunta, ma la ripresentazione, qui e ora, sotto i segni sacramentali, di quello stesso atto di donazione con cui Gesù è morto ed è stato glorificato. "Anche noi oggi offriamo quel sacrificio, quello offerto una volta, quello inesauribile . Noi non compiamo un altro sacrificio … bensì sempre lo stesso; meglio, noi facciamo il memoriale di quel sacrificio". Il sacrificio pasquale fu compiuto "una volta per sempre" ( Eb 10,10 ); ma rimane sempre attuale presso il Padre come "redenzione eterna" ( Eb 9,12 ). Cristo nello Spirito offre al Padre se stesso, la Chiesa e tutta la creazione. Esprime visibilmente questa offerta nel rito liturgico, che è innanzitutto un suo gesto simbolico. La Chiesa, animata dal medesimo Spirito, si associa a Cristo nello stesso rito e offre al Padre lui e se stessa con lui. "Cristo nostra Pasqua si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale". "Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne; … si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l'offerta in sua memoria". Perciò "noi crediamo che la Messa … è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari". Comunione con Cristo e con i fratelli 691 La comunione eucaristica ha un carattere tutt'altro che intimistico e sentimentale. Far comunione con il Signore crocifisso e risorto significa donarsi con lui al Padre e ai fratelli: "A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito". Il Signore Gesù viene a vivere in noi e ci assimila a sé: "La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" ( Gv 6,55-57 ). La vita che egli comunica è la sua carità verso il Padre e verso tutti gli uomini. 692 Unendoci a sé, Gesù Cristo ci unisce anche tra noi: lo esprime bene il segno del pane e del vino, condivisi in un convito fraterno. I molti diventano un solo corpo in virtù dell'unico pane: ( 1 Cor 10,17 ) "Mistero di amore! Simbolo di unità! Vincolo di carità!". Come i chicchi di grano si fondono in un solo pane e gli acini d'uva in un solo vino, così noi diventiamo uno in Cristo. L'eucaristia presuppone, rafforza e manifesta l'unità della Chiesa. Esige l'unità della fede e impegna a superare le divisioni contrarie alla carità. ( 1 Cor 11,18 ) 693 In sintonia con la carità universale di Cristo, la Preghiera eucaristica si fa intercessione per il mondo e per la Chiesa universale e particolare, per i presenti e per gli assenti, per i vivi e per i defunti: "Per questo sacrificio di riconciliazione dona, Padre, pace e salvezza al mondo intero. Conferma nella fede e nell'amore la tua Chiesa pellegrina sulla terra: il tuo servo e nostro papa, il nostro vescovo, il collegio episcopale, tutto il clero e il popolo che tu hai redento. Ascolta la preghiera di questa famiglia, che hai convocato alla tua presenza. Ricongiungi a te, Padre misericordioso, tutti i tuoi figli ovunque dispersi. Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo". Farsi uno con Cristo vuol dire aprire il cuore alle dimensioni dell'umanità intera. 694 Gli atteggiamenti espressi dalla Preghiera eucaristica animano anche i successivi riti di comunione: la preghiera del Padre nostro, il segno della pace, la frazione del pane, la comunione sacramentale. Verso quest'ultima tende tutta la celebrazione. Perciò la Chiesa raccomanda vivamente di ricevere la comunione eucaristica ogni volta che si partecipa alla santa Messa, accostandosi anche al calice, quando il rito lo prevede. 695 D'altra parte si comprende come senza le dovute disposizioni la comunione sacramentale sarebbe inautentica. Già san Paolo esortava i cristiani: "Ciascuno, pertanto, esamini se stesso … perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" ( 1 Cor 11,28-29 ). Chi è consapevole di aver commesso peccato mortale, prima di accostarsi alla comunione eucaristica, deve pentirsi e tornare in grazia di Dio. Più precisamente deve recarsi dal sacerdote e ricevere l'assoluzione; non può limitarsi a fare il proposito di confessarsi al più presto, a meno che in una particolare situazione non sopravvengano motivi gravi. Desta preoccupazione la disinvoltura, con cui alcune persone, che non si confessano da lungo tempo, vanno a fare la comunione, soprattutto in occasione di feste solenni, di matrimoni e di funerali. Sono doverosi anche alcuni segni esteriori di rispetto: osservare la legge del digiuno eucaristico, che obbliga a non prendere cibi e bevande, eccetto l'acqua, durante l'ora che precede la comunione; rispondere: "Amen" alle parole del ministro; presentare le mani pulite per ricevere il pane eucaristico; essere attenti ad eventuali frammenti, in modo da metterli in bocca e non lasciarli cadere. Pegno della gloria futura 696 Far comunione con colui che è passato da questo mondo al Padre significa ricevere un anticipo della vita eterna. Cristo conforma a sé la nostra personalità, preparando la completa trasformazione della gloriosa risurrezione: "Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti . Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" ( Gv 6,48-49.54 ). Il convito pasquale prelude al "banchetto delle nozze dell'Agnello" ( Ap 19,9 ) e accende il desiderio del suo ritorno: "Marana tha: vieni, o Signore!" ( 1 Cor 16,22 ). "Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" ( 1 Cor 11,26 ). Si rafforza la speranza. Si fa più intensa l'unione con l'assemblea celeste, "con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con i tuoi santi apostoli, i gloriosi martiri e tutti i santi, nostri intercessori presso di te". "O sacro convito, in cui Cristo è nostro cibo; si perpetua il memoriale della sua Pasqua; l'anima nostra è ricolma di grazia, e ci è dato il pegno della gloria futura". Sorgente della missione 697 Infondendo nel cuore la carità di Cristo e la speranza del regno di Dio, l'eucaristia diventa la sorgente della missione del cristiano e della comunità ecclesiale. Lo sciogliersi dell'assemblea è anche un invio: "Glorificate il Signore con la vostra vita. Andate in pace". La Messa si prolunga nelle strade, nelle case, nei luoghi del lavoro e del tempo libero. Trasformato dalla partecipazione al mistero di amore di Cristo, il cristiano assume la carità come principio che dà forma a tutta la sua vita: "Questo sacramento ci fa fare la comunione di tutti i nostri beni temporali e spirituali". "Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Colui che ha detto: "Questo è il mio corpo", è il medesimo che ha detto: "Voi mi avete visto affamato e mi avete nutrito", e: "Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l'avete fatto a me." . A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d'oro, quando lui muore di fame? Comincia a saziare lui affamato, poi con quello che resterà potrai ornare anche l'altare". La raccolta di denaro e di altri doni, che si fa durante la presentazione delle offerte, è un gesto emblematico, che vuole stimolare il nostro impegno costante a favore della comunità e dei poveri. Adorazione eucaristica 698 Terminata la santa Messa, il pane eucaristico viene conservato nel tabernacolo per il viatico dei moribondi, per la comunione dei malati e di altre persone che non sono potute intervenire. La presenza del Signore nel pane consacrato dura finché rimane l'aspetto di pane. Per questo la Chiesa promuove l'adorazione eucaristica anche fuori della Messa in varie forme: visita al SS. Sacramento, comunione spirituale, benedizione eucaristica, solenne processione nella solennità del Corpo e Sangue del Signore, quarant'ore di adorazione, congressi eucaristici. In questi incontri più o meno prolungati, il Signore ci parla ancora con la sua donazione silenziosa; ci chiama a morire a noi stessi per risorgere alla vita autentica della carità; ci aiuta a discernere secondo una prospettiva pasquale le situazioni e gli avvenimenti. Da parte nostra possiamo in qualche modo prolungare la preghiera eucaristica della Messa, in cui sono sintetizzati gli atteggiamenti fondamentali di ogni preghiera cristiana: memoria, lode, ringraziamento, offerta, supplica, intercessione. 699 "Nella notte in cui fu tradito, egli prese il pane, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi. Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice, ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli, e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me" . Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi Cristiani non si nasce, ma si diventa. Prenderne coscienza è importante, sempre e particolarmente oggi, in un contesto di pluralismo culturale e religioso: non è facile superare una mentalità che porta a considerare l'essere cristiani in termini quasi esclusivamente sociologici e anagrafici. In realtà la fede cristiana è un dono da accogliere e un germe di vita nuova in cui crescere e maturare. Tutti abbiamo bisogno di essere iniziati alla vita cristiana nel grembo della Chiesa: attraverso l'ascolto della Parola e la celebrazione dei sacramenti del battesimo, della cresima e della eucaristia. Sono questi i sacramenti che fondano la nostra vita cristiana, ci configurano a Cristo, nel suo mistero pasquale. - Che cosa significa e comporta di fatto un cammino d'iniziazione cristiana? - Esiste nella comunità ecclesiale locale un concreto impegno per iniziare alla vita cristiana le persone ( piccoli, giovani o adulti ) che si preparano a celebrare i sacramenti del battesimo, della cresima e della eucaristia? - Perché molti dopo la celebrazione del sacramento della confermazione si allontanano praticamente dalla partecipazione alla vita ecclesiale? - Cosa fare per promuovere una rinnovata coscienza del significato dei sacramenti dell'iniziazione cristiana nelle persone del tuo ambiente? - Come vivere la centralità dell'eucaristia nella vita personale e comunitaria? Ascoltare e meditare la Parola Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. ( Rm 6,3-11 ) Si può leggere anche: ( Gv 3,1-5 ) Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. ( Gv 6,48-58 ) Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. ( At 8,14-17 ) Imposizione delle mani sui battezzati per donare lo Spirito Santo. ( At 20,7-12 ) Il primo giorno della settimana… riuniti a spezzare il pane. Battezzati in Cristo e rivestiti di Cristo, avete assunto una natura simile a quella del Figlio di Dio. Il Dio, che ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi, ci ha resi conformi al corpo glorioso di Cristo. Divenuti partecipi di Cristo, giustamente siete chiamati "cristi" ( cioè "consacrati" ), e di voi Dio ha detto: "Non toccate quelli che a me sono consacrati" ( Sal 104,15 ). Siete diventati "consacrati" perché siete stati "segnati" dallo Spirito Santo: tutto si è realizzato per voi ad immagine, dato che siete immagine di Cristo. Egli pure, dopo che fu battezzato nel fiume Giordano e comunicò alle acque i fragranti effluvi della sua divinità, uscì da esse e su di lui fece irruzione in persona lo Spirito Santo: l'Uguale si posò sull'Uguale. Anche voi, dopo che siete emersi dalle sante acque, avete ricevuto il crisma, di cui era figura quello che unse il Cristo, cioè lo Spirito Santo. (San Cirillo e Giovanni di Gerusalemme, Catechesi mistagogiche, 21, 1 Pregare e celebrare Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. Apritemi le porte della giustizia: voglio entrarvi e rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti. Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo; ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso. Dona, Signore, la tua salvezza, dona, Signore, la vittoria! ( Sal 118,1.14.19-24 ) Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo, per il sacramento della nostra rinascita. Dal cuore squarciato del tuo Figlio hai fatto scaturire per noi il dono nuziale del battesimo, prima Pasqua dei credenti, porta della nostra salvezza, inizio della vita in Cristo, fonte dell'umanità nuova. Dall'acqua e dallo Spirito, nel grembo della Chiesa vergine e madre, tu generi il popolo sacerdotale e regale, radunato da tutte le genti nell'unità e nella santità del tuo amore. ( Messale Romano, Prefazio del battesimo ) Professare la fede - L'iniziazione cristiana si compie nell'unità dinamica di tre sacramenti: il battesimo, inizio della vita nuova, la confermazione, suo rafforzamento, e l'eucaristia, suo nutrimento mediante il corpo e il sangue di Cristo, in vista di una sempre più perfetta somiglianza con lui. - Il battesimo è fondamento della vita cristiana: liberati dal peccato, rigenerati come figli di Dio, incorporati a Cristo come sue membra, diventiamo partecipi della Chiesa e della sua missione. - Nella confermazione il sigillo dello Spirito Santo rafforza la nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa, perché possiamo crescere verso la santità e dare testimonianza al vangelo, superando con coraggio le difficoltà. - L'eucaristia è fonte e vertice di tutta la vita cristiana: rendimento di grazie al Padre per tutti i suoi benefici; memoriale della Pasqua di Cristo e ripresentazione del suo sacrificio; presenza vera, reale e sostanziale del corpo e sangue del Salvatore; dono di comunione con Cristo e i fratelli; sostegno della missione; pegno della vita eterna. Capitolo 17 I sacramenti della guarigione Diede loro potere e autorità su tutti i demòni e di curare le malattie. ( Lc 9,1 ) 700 Il cristiano non rimuove, ma assume consapevolmente e umilmente le situazioni negative di peccato e di malattia. Trova conforto nel Signore, ben sapendo che la sua potenza misericordiosa si rivela soprattutto nella nostra debolezza spirituale e fisica, come la premura di una madre si rivolge specialmente ai figli lontani o malati. Il Signore Gesù, medico delle anime e dei corpi, ci guarisce con il dono dello Spirito Santo nei sacramenti della riconciliazione e dell'unzione degli infermi. La riconciliazione Fondamento biblico 701 Durante il suo ministero pubblico, Gesù ha invitato la gente a convertirsi e a credere che Dio è misericordioso e che nessun peccato è più grande della sua misericordia. Ha accolto i peccatori e ha partecipato a conviti festosi con loro, per riconciliarli con Dio. Compiendo miracoli, ha manifestato di possedere il potere divino di rimettere i peccati, come quando a Cafàrnao ha operato la guarigione fisica del paralitico dopo aver operato quella spirituale. ( Mc 2,1-12 ) Ha promesso ai suoi discepoli il potere di "legare e sciogliere", cioè di escludere dalla vita liturgica comunitaria i credenti rei di gravi colpe e di riammetterli dopo un congruo periodo di penitenza; un potere di ordine sacramentale, il cui esercizio avrà una precisa corrispondenza presso Dio: "In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo" ( Mt 18,18 ). 702 Dopo la sua morte e risurrezione, il Signore ha effettivamente trasmesso alla Chiesa il potere di rimettere i peccati nella potenza dello Spirito, come parte fondamentale della salvezza realizzata nel mistero pasquale: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi" ( Gv 20,22-23 ). Per questo l'apostolo Paolo può dire che Dio "ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" ( 2 Cor 5,18 ). Questa missione viene svolta innanzitutto con la predicazione del vangelo, che chiama alla fede e alla conversione, e poi con il battesimo, che cancella ogni genere di peccato. Ma, pur essendo riconciliati, i battezzati non sono immuni per sempre dal peccato; possono ancora cadervi, come accadde agli ebrei nel deserto: tutti attraversarono il mare e ricevettero l'alleanza, pochi restarono fedeli. ( 1 Cor 10,1-13 ) L'uomo è fragile, come giunco che si piega ad ogni vento: "chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere" ( 1 Cor 10,12 ). La vita è un cammino di conversione e la Chiesa è un popolo di penitenti, chiamato a rinnovarsi incessantemente sotto il giudizio esigente e misericordioso della parola di Dio. Ai battezzati ricaduti nella schiavitù del peccato, il Signore offre una nuova possibilità di salvezza attraverso il sacramento della penitenza o riconciliazione, quasi un secondo battesimo. Gli apostoli sono consapevoli di aver ricevuto da lui il potere di escludere i peccatori dall'assemblea ecclesiale, in vista della loro correzione, e di riammetterli una volta pentiti, come segno efficace della riconciliazione con Dio. Di questo potere si avvale l'apostolo Paolo: mette fuori dalla comunione un incestuoso a Corinto, perché si converta e "il suo spirito possa ottenere la salvezza" ( 1 Cor 5,5 ); ordina di fare altrettanto "con chi si dice fratello, ed è impudico o avaro o idolàtra o maldicente o ubriacone o ladro; con questi tali non dovete neanche mangiare insieme" ( 1 Cor 5,11 ); infine reintegra nella pienezza della vita ecclesiale un contestatore, che in precedenza era stato escluso. ( 2 Cor 2,5-11 ) Evoluzione storica e situazione attuale 703 La Chiesa ha sempre avuto viva coscienza di dover dispensare la grazia del perdono a nome di Cristo in virtù del suo Spirito; ma ha esercitato questo compito in diverse forme, in rapporto alle esigenze dei tempi e alla comprensione via via maturata. Nei primi secoli la disciplina di questo sacramento era molto rigorosa: i penitenti, dopo aver confessato le colpe al vescovo della propria comunità, dovevano passare per un lungo e austero periodo di riparazione, al termine del quale ricevevano pubblicamente l'assoluzione dal vescovo alla presenza della comunità. Successivamente, soprattutto per impulso dei monaci, la prassi penitenziale si concentrò nella celebrazione privata del sacramento: ciascun penitente doveva eseguire le opere penitenziali prescritte per i suoi peccati e poi otteneva l'assoluzione da un presbitero. Infine si è arrivati all'assoluzione dei peccati anticipata rispetto alle opere di penitenza e a un forte alleggerimento di queste ultime. Il rito attuale della penitenza prevede tre modalità di celebrazione: la confessione e assoluzione individuale, che pone in evidenza l'aspetto personale della conversione; la confessione e assoluzione individuale all'interno di una celebrazione comunitaria, che esprime meglio la dimensione ecclesiale; la confessione e assoluzione collettiva, riservata a situazioni particolari. 704 La pratica di questo sacramento conosce oggi una vasta crisi, in una situazione culturale in cui appaiono offuscati il senso di Dio e il senso del peccato. Non manca certo, anzi è molto decisa, la condanna di fatti come la guerra, la tortura, il terrorismo, la mafia, le discriminazioni razziali, la corruzione amministrativa, la speculazione edilizia, l'inquinamento, la fame nel mondo. In queste cose, però, per lo più non si vede un'offesa all'amore di Dio, ma un'offesa all'uomo; non una colpa personale, di cui in qualche misura ci rendiamo complici, ma solo un disordine sociale oggettivo, un meccanismo strutturale distorto. Senza dire di altri settori della morale, in cui l'insensibilità è ancor più marcata. Incertezze e oscuri sensi di colpa affiorano comunque, ma si pensa di poter risolvere tutto in chiave psicologica, oppure si cerca di evadere con la corsa al consumismo o, più tragicamente, ricercando i paradisi artificiali della droga. È senz'altro più salutare attingere dalla rivelazione la fiducia nel Padre misericordioso e il senso di responsabilità davanti a lui, ascoltando il monito severo e appassionato di Gesù: "Se non vi convertirete … non entrerete nel regno dei cieli" ( Mt 18,3 ). Solo all'interno di un serio cammino di conversione il sacramento della penitenza, cioè della conversione, ritrova il suo pieno significato. Esso coinvolge direttamente le persone, una per una, nella loro più segreta interiorità. La sua importanza è decisiva per la formazione di una coscienza cristiana. Si avverte perciò la necessità di una maggiore disponibilità da parte dei sacerdoti e di una pastorale più attenta, che riservi al sacramento un posto privilegiato. Elementi costitutivi 705 Il sacramento che esprime e attua la conversione del cristiano viene designato con tre nomi, che derivano dai suoi elementi costitutivi: penitenza, confessione, riconciliazione. Occorre anzitutto la penitenza o cambiamento del cuore. ( Gs 24,23; 1 Re 18,37; Gl 2,2 ) Il peccatore, mosso dallo Spirito Santo, riscopre il volto santo e misericordioso del Padre, esamina se stesso, prende coscienza dei propri peccati; ne prova dolore; li detesta; propone di non commetterli più; si impegna a cambiare radicalmente la propria vita, a riordinarla secondo il vangelo. 706 Fare l'esame di coscienza significa valutare la propria posizione davanti a Dio, alla luce della sua parola, e riconoscere i peccati commessi in pensieri, parole, opere e omissioni, gravi o leggeri, con piena responsabilità o per fragilità. Il pentimento dei peccati si chiama anche "dolore perfetto" o "contrizione", quando è ispirato dall'amore filiale verso Dio, degno di essere amato sopra ogni cosa; "dolore imperfetto" o "attrizione", quando è ispirato dalla paura. Nell'un caso come nell'altro include il fermo proposito di rompere con il peccato e di evitare le occasioni, quindi è sufficiente per disporsi a ricevere il perdono nel sacramento; anzi il dolore perfetto, che include anche il proposito di confessarsi al più presto possibile, ottiene subito il perdono, prima del rito sacramentale. 707 Il pentimento interiore si esprime esteriormente nella confessione e in un impegno concreto di penitenza. Mediante la confessione il penitente manifesta, con umiltà e sincerità, davanti al sacerdote tutti i peccati mortali di cui si ricorda e che non ha già confessato in altra occasione. È bene dire anche i peccati veniali, specialmente i più pericolosi per la vita spirituale. La confessione fiduciosa dei propri peccati implica la confessione di lode del Dio misericordioso: l'amore vince il timore e lo sconforto. L'impegno di penitenza, chiamato anche soddisfazione, è un rimedio del peccato, un segno di riparazione e di cambiamento della vita. Il penitente non solo è tenuto per giustizia a riparare eventuali danni, materiali o morali, recati al prossimo, ma deve anche recuperare la piena guarigione spirituale e restaurare il disordine causato dai suoi peccati, che almeno in parte rimane dopo l'assoluzione. Da ciò deriva la conseguenza di un impegno di penitenza, che viene stabilito dal sacerdote e accettato dal penitente. Può consistere in una forma di preghiera, in un'opera di carità, in un gesto di rinuncia e di sacrificio. 708 Al peccatore che manifesta il suo pentimento mediante la confessione dei peccati e l'accettazione di un impegno di penitenza, Dio concede il suo perdono attraverso l'assoluzione data dal sacerdote. Il Padre accoglie il figlio che torna a casa; ( Lc 15,11-32 ) Cristo prende sulle spalle la pecora perduta; ( Lc 15,4-7 ) lo Spirito santifica ancora il tempio della sua presenza. ( Ef 2,21-22 ) Il sacerdote, come il Signore Gesù, è fratello che comprende, medico che cura, maestro che insegna la strada, giudice che lega e scioglie. L'assoluzione che egli dà, è riconciliazione con Dio e con la Chiesa, come insegna il concilio Vaticano II: "Coloro che si accostano al sacramento della penitenza ottengono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese a lui arrecate e la riconciliazione con la Chiesa che hanno ferito col loro peccato". Il peccato è offesa all'amore di Dio e insieme danno arrecato, direttamente o indirettamente, alla Chiesa: è quindi ragionevole che la riconciliazione con Dio sia congiunta alla riconciliazione con la Chiesa; è ragionevole che si debba ricorrere al sacerdote che la rappresenta. Di più, la presenza del sacerdote indica che la giustificazione è dono che si riceve, non traguardo che si conquista. Non ci si battezza da soli e non ci si assolve da soli: un peccatore non può darsi la vita nuova dei figli di Dio, come un morto non può risuscitare se stesso. Il perdono di Dio è molto più che un condono; è un gesto creativo del Padre in Cristo con effusione dello Spirito Santo, che "è la remissione di tutti i peccati". Un tale gesto Dio lo compie associandosi la Chiesa e il suo ministro, come appare dalla stessa formula liturgica dell'assoluzione: "Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Necessità e utilità del sacramento 709 Il sacramento della penitenza è il vertice di un più ampio ministero di riconciliazione, con cui la Chiesa accompagna il cammino di conversione dei suoi membri: annuncio della parola di Dio, correzione fraterna, perdono delle offese, gesti penitenziali, opere di carità. Il sacramento è necessario per quanti sono caduti in peccato mortale dopo il battesimo: nella Chiesa per la riconciliazione "ci sono l'acqua e le lacrime, l'acqua del battesimo e le lacrime della penitenza" diventato infruttuoso il primo canale, non rimane che il secondo. Si può certo ottenere il perdono anche prima del sacramento, non però senza di esso, perché il dolore perfetto che giustifica, include il desiderio e il proposito di confessarsi al più presto. Invece il sacramento non è necessario per la remissione dei peccati veniali: basta essere sinceramente pentiti, compiere opere di carità, partecipare all'eucaristia. È comunque utile confessare anche i peccati veniali, per ricevere la forza di una più sicura crescita spirituale. In pratica conviene confessarsi con frequenza e regolarità, scandendo con il sacramento i passi di un cammino permanente di conversione, senza dimenticare che anche l'eucaristia da parte sua rimette i peccati veniali e preserva da quelli mortali. Indulgenza 710 I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l'immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti. Nei primi secoli i vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell'indulgenza. Si ha l'indulgenza "plenaria" quando la liberazione è totale; altrimenti si ha l'indulgenza "parziale". Per ricevere l'indulgenza plenaria si richiedono: una disposizione di distacco affettivo da qualsiasi peccato, anche veniale; l'attuazione di un'opera indulgenziata; il soddisfacimento, anche in giorni diversi, di tre condizioni, che sono la confessione sacramentale, la comunione eucaristica e la preghiera secondo l'intenzione del papa. Le indulgenze, plenarie e parziali, possono essere applicate ai defunti a modo di suffragio. La pratica delle indulgenze non pregiudica il valore di altri mezzi di purificazione, come anzitutto la santa Messa e l'offerta della propria sofferenza. Costituisce anzi un incoraggiamento a compiere opere buone a vantaggio di tutti. 711 Il cristiano, che ha peccato dopo il battesimo, viene riconciliato con Dio attraverso la riconciliazione con la Chiesa. Il pentimento, la confessione dei peccati, l'impegno di penitenza e di riparazione del penitente, si incontrano con il gesto del sacerdote, l'assoluzione data in nome di Cristo e della Chiesa. L'unzione degli infermi La cura dei malati 712 Profonda è l'unità di spirito e corpo: il disordine del peccato danneggia indirettamente il fisico; viceversa la malattia dell'organismo colpisce anche lo spirito, in quanto causa sofferenza, senso di impotenza, pericolo di morte, solitudine e angoscia. Il malato ha particolarmente bisogno di sincera solidarietà, che lo aiuti a superare la tentazione di abbattersi, di chiudersi nei confronti degli altri, di ribellarsi a Dio. Gesù fa della cura dei malati un segno privilegiato della salvezza che viene: "Andava attorno per tutte le città e i villaggi … predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità" ( Mt 9,35 ). I discepoli dovranno avere la stessa attenzione premurosa, quale parte integrante dell'evangelizzazione: "Gesù li inviò dopo averli così istruiti: … "Predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi"" ( Mt 10,5.7-8 ). È significativo che già alla prima uscita dei discepoli trovi risalto il gesto dell'unzione, quasi un preludio del futuro sacramento: "predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano" ( Mc 6,12-13 ). 713 In ogni epoca, "animata da quella carità con cui ci ha amato Dio, … la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce agli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri e ai sofferenti, e si prodiga volentieri per loro". È una storia bellissima, malgrado gli inevitabili limiti umani: strutture ospedaliere, ordini religiosi, associazioni caritative, pastorale degli infermi, dedizione eroica di santi, tra i quali ricordiamo san Camillo de' Lellis, san Giovanni di Dio, san Vincenzo de' Paoli, san Giuseppe Cottolengo, il medico san Giuseppe Moscati. Oggi urge qualificare in senso cristiano gli operatori sanitari e promuovere il volontariato, per sottrarre i malati e gli anziani all'isolamento, in cui troppo spesso vengono a trovarsi. L'unzione e la sua efficacia salvifica 714 Secondo una prassi in atto fin dalle origini apostoliche e attestata dalla lettera di Giacomo, la cura dei malati da parte della Chiesa culmina in un rito speciale di natura sacramentale, l'unzione degli infermi: "Chi è malato, chiami a sé i presbìteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati" ( Gc 5,14-15 ). Questo testo presenta l'unzione dei malati come un evento di guarigione totale, con effetti spirituali e corporali.Il sacramento è rimasto sempre vivo nella tradizione liturgica, sia in oriente che in occidente, ma con molte variazioni disciplinari e rituali. Il ministro è il sacerdote. Possono ricevere il sacramento i fedeli il cui stato di salute risulta seriamente compromesso per malattia o vecchiaia. Il conferimento del sacramento si può ripetere quando ve ne sia ragione. Non bisogna riservarlo ai soli moribondi né, d'altra parte, darlo indiscriminatamente a tutti gli anziani, compresi quelli in piena salute e vitalità. Il rito prevede che il ministro del sacramento applichi l'olio sulla fronte e sulle mani, perché l'uomo pensa e agisce, e pronunzi al tempo stesso la seguente formula: "Per questa santa unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo. E, liberandoti dai peccati ti salvi e nella sua bontà ti sollevi". Particolarmente utili sono le celebrazioni comunitarie: sia per i malati, che avvertono intorno a sé la preghiera e l'amicizia della comunità, sia per la comunità, che riceve dai malati una testimonianza di fede, di generosità nel sacrificio e di libertà interiore nei confronti delle cose terrene, ed è oltretutto bisognosa di essere aiutata a superare la mentalità che spinge a celebrare l'unzione all'ultimo momento, in fretta e quasi di nascosto. 715 Si tratta di una preghiera umile e fiduciosa, che non ha niente a che fare con la magia: la Chiesa "affida gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché egli conceda loro sollievo e salvezza; e li esorta ad associarsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per cooperare al bene del popolo di Dio". Nel momento in cui le nostre forze vengono meno, il sacramento, con il dono dello Spirito di consolazione, ci conforma a Cristo sofferente e glorioso, perché con lui offriamo noi stessi al Padre; rafforza la nostra fede e ci dà sollievo spirituale; ci purifica dai disordini interiori lasciati dal peccato, proseguendo il rinnovamento iniziato con il sacramento della penitenza; ci libera dai peccati stessi nel caso che sia impossibile confessarsi; infine, se così dispone la Provvidenza, può anche procurarci un miglioramento della salute fisica. La potenza del Signore risorto e del suo Spirito si manifesta sia concedendo ad alcuni la grazia della guarigione fisica sia, e ancor più, concedendo a molti altri la grazia di dare senso alla malattia. Il viatico 716 Quando la situazione di malattia è particolarmente grave, tanto da far prevedere la morte, è prassi antichissima della Chiesa unire alla celebrazione dell'unzione il conferimento della comunione eucaristica in forma di "viatico". Cibo per il viaggio, il pane eucaristico sostiene il cristiano nel passaggio da questo mondo al Padre e lo munisce della garanzia della risurrezione, secondo la parola del Signore: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" ( Gv 6,54 ). È perciò un atto di vero amore confortare i propri cari con questo sacramento, l'ultimo prima che essi vedano Dio al di là dei segni sacramentali e partecipino alla gioia ineffabile del convito eterno. D'altra parte il morente, ricevendo il viatico, testimonia in modo significativo la fede nella vita eterna, di cui il cristiano è erede dal giorno del suo battesimo. 717 Il sacramento dell'unzione dà al malato una grazia di consolazione e di purificazione; lo unisce al Signore Gesù nel suo mistero pasquale, in modo da conferire alla malattia una fecondità spirituale: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" ( Col 1,24 ). Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi Si afferma oggi il primato dell'efficienza fisica e la ricerca dell'autosufficienza in ogni campo, ma si diffondono anche paure ed esperienze negative che sfociano nello scoraggiamento e nell'angoscia. C'è il rischio di rimuovere dalla nostra coscienza problemi quali il male, il peccato, la malattia, la morte; oppure di subire queste realtà in modo fatalistico e senza speranza. Il vangelo proclamato dalla Chiesa e la celebrazione dei sacramenti della riconciliazione e dell'unzione degli infermi dicono che ogni situazione di limite umano può essere vissuta nella certezza della comunione di salvezza che ci viene da Dio, mediante la Pasqua di Gesù Cristo, nel dono dello Spirito Santo. - Che cosa significa e comporta per un cristiano avere il senso del peccato? - Qual è il significato autentico della celebrazione del sacramento della riconciliazione per la nostra vita cristiana e per quella della Chiesa? Quali sono gli atteggiamenti richiesti? - Perché si parla della necessità di un cammino permanente di conversione? - In quale modo tale cammino può essere effettivamente percorso? - Quali sono le difficoltà che oggi impediscono a molti cristiani di comprendere il valore del sacramento della riconciliazione e del sacramento dell'unzione degli infermi? - Cosa fare per superare queste difficoltà? Ascoltare e meditare la Parola Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. ( 2 Cor 5,17-20 ) Si può leggere anche: ( Mt 18,15-18 ) La riconciliazione con la Chiesa è segno efficace della riconciliazione con Dio. ( Lc 15,11-24 ) Il cammino di conversione e riconciliazione nella parabola del padre misericordioso. ( Gc 5,13-15) L'unzione dei malati nella Chiesa delle origini. La misericordia in se stessa, come perfezione di Dio infinito, è anche infinita. Infinita, quindi, e inesauribile è la prontezza del Padre nell'accogliere i figli prodighi che tornano alla sua casa. Sono infinite la prontezza e la forza di perdono, che scaturiscono continuamente dal mirabile valore del sacrificio del Figlio. Nessun peccato umano prevale su questa forza e nemmeno la limita. Da parte dell'uomo può limitarla soltanto la mancanza di buona volontà, la mancanza di prontezza nella conversione e nella penitenza, cioè il perdurare nell'ostinazione, contrastando la grazia e la verità, specie di fronte alla testimonianza della croce e della risurrezione di Cristo. ( Giovanni Paolo II, Dives in misericordia 13 ) Pregare e celebrare Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; come dista l'oriente dall'occidente, così allontana da noi le nostre colpe. Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. ( Sal 104,1-5.11-13) Alla sera di questa vita, io comparirò davanti a te con le mani vuote; poiché io non ti chiedo, Signore, di tener conto delle mie opere. Tutte le nostre giustizie hanno delle macchie davanti ai tuoi occhi. Io voglio quindi rivestirmi della tua stessa giustizia, e ricevere dal tuo amore il possesso eterno di te. Io non voglio altro trono e altra corona che te, o mio Amato! ( Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici, Atto di offerta all'Amore misericordioso ) Professare la fede - Mediante i sacramenti della penitenza e dell'unzione degli infermi, la Chiesa continua, presso le proprie membra, l'opera di guarigione e di salvezza iniziata dal Signore Gesù Cristo, medico delle nostre anime e dei nostri corpi. - Solo Dio può e vuole perdonare il peccato dell'uomo; l'uomo d'altra parte ha bisogno del perdono di Dio per essere salvo. Il sacramento della penitenza è stato istituito da Gesù Cristo per realizzare la grazia dell'incontro tra la misericordia del Padre e l'umile e fiduciosa confessione del peccatore. - Il sacramento dell'unzione degli infermi purifica e conforta con una speciale grazia il cristiano che vive le difficoltà proprie della malattia grave o della vecchiaia. Capitolo 18 I Sacramenti per il servizio della vita comunitaria Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa. ( Ef 5,25-26 ) 718 Abbiamo imparato a dire "padre" non solo a chi ci ha generato, ma anche al sacerdote. Due paternità, una biologica e spirituale, l'altra solo spirituale. Due sacramenti, il matrimonio che consacra la coppia e fonda la famiglia, l'ordinazione che inserisce nell'ordine o collegio dei pastori: l'uno e l'altro direttamente finalizzati a formare e dilatare il popolo di Dio, l'uno e l'altro segno dell'amore sponsale di Cristo per la Chiesa. Il sacramento dell'ordine Fondamento biblico 719 Il ministero apostolico dei pastori viene esercitato nei tre diversi gradi dei vescovi, dei presbìteri e dei diaconi. L'inserimento in questa gerarchia avviene non con una semplice investitura giuridica, ma con il sacramento dell'ordine. Il rito, semplice e solenne, è costituito dal gesto di imposizione delle mani e dalla preghiera di ordinazione. Ha le sue radici nella tradizione ebraica: Mosè impose le mani a Giosuè, per farlo capo del popolo al suo posto; ( Nm 27,22-23 ) e all'epoca delle origini cristiane si imponevano le mani ai "rabbì" e ai capi delle comunità giudaiche della Palestina e della diaspora, per affidare l'incarico di trasmettere la legge mosaica e di guidare il popolo. Introdotto nella Chiesa, questo gesto viene a significare la trasmissione dell'ufficio di pastore con un dono particolare dello Spirito Santo, un carisma stabile, come fuoco che rimane sempre acceso e bisogna ravvivare: "Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza" ( 2 Tm 1,6-7 ). Per questo dono, Cristo è presente nei suoi inviati e continua a incontrare gli uomini, a istruirli, santificarli e guidarli: "Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato" ( Gv 13,20 ), dice il Signore. La missione dei discepoli prolunga quella che Cristo ha ricevuto dal Padre ( Mt 28,19-20 ) e comporta anch'essa la presenza di colui che invia in chi è inviato, ( Lc 10,16 ) non una semplice delega di autorità. Non un intermediario per sostituire un assente, ma un segno visibile del Signore presente, per facilitare l'incontro diretto con lui. Il carattere sacramentale 720 La dottrina della Chiesa precisa che attraverso l'ordinazione, conferita dal vescovo, viene trasmesso lo Spirito Santo ed impresso il carattere; perciò chi è diventato sacerdote non può ritornare laico. Il carattere proprio di questo sacramento configura a Cristo capo della Chiesa, in modo da poter agire in suo nome nell'insegnare, nel santificare, nel governare. Per questo il sacerdozio ministeriale differisce essenzialmente, non solo di grado, da quello comune dei fedeli; è al servizio di esso, lo genera e lo nutre con la Parola e con i sacramenti, specialmente con l'eucaristia. Viceversa differiscono di grado tra loro i tre ordini gerarchici. "Con la consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell'ordine", cioè "la totalità del sacro ministero". I presbìteri sono consacrati come collaboratori qualificati del vescovo nella guida della comunità cristiana; il legame che li unisce a lui è sacramentale e non semplicemente giuridico. I diaconi sono ordinati come collaboratori del vescovo per animare il servizio della Parola, dell'eucaristia e della carità in armonia con i presbìteri; non presiedono la celebrazione del sacrificio eucaristico e perciò non sono mai chiamati sacerdoti. Secondo le preghiere consacratorie del rito di ordinazione, il vescovo è prefigurato da Mosè e Aronne e in genere dai capi e sacerdoti del popolo di Israele, a cominciare da Abramo, e soprattutto dagli apostoli; i presbìteri dai settanta saggi intorno a Mosè, dai figli di Aronne e dai collaboratori degli apostoli; i diaconi dai leviti dell'Antico Testamento e dai sette incaricati dell'assistenza nella prima comunità cristiana. ( Lv 8; Nm 8,5-26; Nm 11,16-17.24-26; Mt 10,1-4; Lc 10,1.17; At 6,1-6 ) La carità pastorale 721 A prescindere dalla loro santità personale, i ministri ordinati rimangono rappresentanti di Cristo e agiscono validamente in suo nome a favore dei credenti, in virtù del carattere, segno della fedeltà di Dio alla sua Chiesa. Tuttavia lo Spirito Santo, ricevuto nel sacramento, mira a coinvolgere tutta la loro personalità, perché Cristo pastore e sposo della Chiesa si manifesti in essi nel modo più vivo e completo. In vario grado vale per tutti i ministri ordinati quello che Giovanni Paolo II afferma del sacerdote: "È chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo sposo della Chiesa", "a rivivere l'amore di Cristo sposo nei riguardi della Chiesa sposa", e perciò ad "amare la gente con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele". Il Signore comunica ai suoi ministri la carità pastorale, perché si uniscano a lui, morto e risorto, nel donarsi a vantaggio del gregge loro affidato, come l'apostolo Paolo: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio . Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza" ( Col 1,24-25.29 ). Il celibato 722 Per essere immagine viva di Cristo sposo della Chiesa, è molto conveniente, seppure non indispensabile, che un pastore si consacri nel celibato. Di fatto la Chiesa lo esige per i vescovi, che hanno la pienezza dell'ordine e, in occidente, anche per i presbìteri. La rinuncia al matrimonio e alla famiglia consente di seguire Cristo più da vicino, apre a un amore disinteressato e universale, rende liberi per il servizio. Ovviamente la castità del celibato esige di essere vissuta in un contesto globale di radicalità evangelica, che comprende anche l'obbedienza e la povertà nel loro significato essenziale: rinuncia al successo individuale e al possesso egoistico per l'edificazione del regno di Dio. Fraternità sacerdotale 723 In virtù del sacramento i presbìteri entrano in uno speciale rapporto di comunione con il vescovo e tra loro: "sono intimamente uniti tra loro dalla fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo". "Il ministero ordinato ha una radicale forma comunitaria e può essere assolto solo come un'opera collettiva". Al presbiterio, sotto la guida del vescovo, è affidata la Chiesa particolare diocesana, figura e presenza del mistero universale della Chiesa. Ne sono membri i sacerdoti diocesani e religiosi, uniti da vincoli sacramentali. Tutti i presbìteri formano una sola famiglia sacerdotale. Attraverso il sacramento Dio li costituisce fratelli e li affida gli uni agli altri. Fraternità e collaborazione 724 Primo dono che i presbìteri devono fare alla Chiesa e al mondo non è l'attivismo, ma la testimonianza di una fraternità concretamente vissuta. Occorre innanzitutto far crescere un clima di carità nei rapporti interpersonali. Mentre gli amici si scelgono sulla base di affinità e simpatie, i fratelli si accettano così come sono. Gli atteggiamenti da coltivare sono l'attenzione continua, l'ascolto, il servizio, il perdono, la condivisione di esperienze spirituali e umane, la solidarietà economica. Con gradualità e flessibilità può essere proposta la vita comune, o almeno l'incontro frequente con varie finalità e forme. La fraternità sacerdotale va vissuta anche come corresponsabilità e collaborazione pastorale, non solo occasionale, ma sistematica. Essendo corresponsabili con il vescovo di tutta la diocesi, i presbìteri devono evitare l'isolamento e il protagonismo individuale. L'odierna complessità della vita sociale ed ecclesiale esige una collaborazione organica a livello interparrocchiale e diocesano. Senza di essa sarebbe difficile curare la formazione dei fedeli laici, seguire le loro aggregazioni, promuoverne l'inserimento nella pastorale, impostare seriamente l'apostolato degli ambienti, come la cultura, la comunicazione sociale, la sanità, il lavoro, l'emarginazione, l'immigrazione. Formazione permanente 725 La fraternità sacerdotale è anche aiuto validissimo alla formazione permanente del presbitero, esigenza e sviluppo del sacramento ricevuto. La vocazione al sacerdozio prosegue con una vocazione nel sacerdozio. Il Signore chiama a concretizzare la decisione fondamentale presa, mediante scelte particolari coerenti. Vuole che i suoi rappresentanti siano pazienti costruttori di comunione, missionari appassionati, contemplativi nel ministero. Annota un santo e sapiente pastore: "Niente è così necessario a tutti i ministri della Chiesa quanto la meditazione che precede, accompagna e segue tutte le nostre azioni". Per ravvivare il dono ricevuto, occorre un impegno assiduo di formazione spirituale, teologica, pastorale, culturale. L'iniziativa personale di ognuno deve integrarsi con il sostegno del presbiterio diocesano e del vescovo. Pastorale vocazionale 726 La fraternità sacerdotale e la formazione permanente del clero hanno un benefico influsso sulla pastorale delle vocazioni al sacro ministero. La testimonianza significativa di chi è già presbitero ne è il presupposto. Essa peraltro deve svilupparsi in una varietà di esperienze. Prima di tutto è necessaria la preghiera assidua dei singoli e della comunità cristiana, perché le vocazioni sono dono di Dio. La preghiera diventa più efficace se accompagnata dall'offerta della sofferenza e della fatica quotidiana. Bisogna presentare e spiegare la vita sacerdotale come forma splendida di sequela di Cristo e di vita cristiana; educare i ragazzi e i giovani alla preghiera personale, al silenzio, alla meditazione e all'ascolto di Dio; formarli al servizio gratuito, mediante forme di volontariato, motivate evangelicamente; proporre esplicitamente la vocazione al sacerdozio a chi ha i doni di natura e di grazia corrispondenti; aiutare nel discernimento e nella maturazione con un adeguato accompagnamento, specialmente con la direzione spirituale; eventualmente avviare al seminario, comunità ecclesiale educativa per la formazione specifica al sacerdozio ministeriale. Il problema dell'ordinazione delle donne 727 Perché la Chiesa cattolica, come pure la Chiesa ortodossa, nega la possibilità dell'ordinazione delle donne al ministero pastorale? La questione deve essere vista secondo criteri radicati nel mistero della salvezza e non in base a considerazioni di tipo sociologico o alla sensibilità culturale del nostro tempo. La Chiesa non può disporre dei sacramenti a suo piacimento. La comprensione del disegno di Dio, fondata sui documenti della rivelazione e della tradizione ecclesiale, non le consente di ammettere le donne all'episcopato e al presbiterato. È vero che il Signore Gesù ha riconosciuto la pari dignità della donna nel matrimonio e, contro le consuetudini e la mentalità del suo ambiente, ha valorizzato le donne, accettandone la presenza nel gruppo itinerante dei discepoli e costituendole testimoni della sua risurrezione. Ma è anche vero che non le ha inserite tra gli apostoli, inviati come suoi rappresentanti ufficiali. Gli apostoli, a loro volta, hanno incoraggiato e onorato la presenza delle donne nell'opera di evangelizzazione, ma non le hanno mai scelte come responsabili della guida pastorale, neppure in ambienti culturali più aperti di quello palestinese al ruolo sociale della donna. La storia della Chiesa ha visto numerose figure di donne in posizioni di grande rilievo, dotate di carismi straordinari e capaci di orientare in modo decisivo il cammino del popolo di Dio, ma non le ha mai viste nel ruolo di vescovo e di presbitero. La pari dignità di uomini e donne nella Chiesa è fuori discussione, essendo stata proclamata con forza dall'apostolo Paolo: "Non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" ( Gal 3,28 ). È possibile e auspicabile, soprattutto oggi, che le donne siano chiamate a svolgere nella Chiesa compiti importanti e delicati, nei quali possano far fruttificare le loro grandi energie spirituali e umane. A loro si possono senz'altro affidare molte attività svolte finora dai sacerdoti. Ma il sacerdote non è semplicemente un funzionario, che fa dei servizi. È prima di tutto una figura chiamata a rappresentare con tutta la sua persona e la sua esistenza Cristo, sposo della Chiesa. È comprensibile allora che i sacerdoti siano scelti solo tra gli uomini. Una donna, la Vergine Maria, è la più alta attuazione della Chiesa e rappresenta tutti i credenti, donne e uomini, nella loro posizione di salvati che accolgono la salvezza come dono dal Signore Gesù. Maria impersona tutta la Chiesa nella sua identità più vera di sposa davanti a Cristo suo sposo, in atteggiamento di libera accoglienza e gioiosa gratitudine verso la grazia onnipotente dell'unico Salvatore. È regina degli apostoli senza essere un apostolo. 728 Come dal battesimo ha origine il sacerdozio comune di tutti i fedeli, così dal sacramento dell'ordine ha origine il sacerdozio ministeriale dei vescovi e dei presbìteri, che in nome di Cristo insegnano il vangelo, presiedono la liturgia, guidano la comunità. Dallo stesso sacramento i diaconi ricevono la consacrazione per il servizio, come collaboratori qualificati del vescovo e dei presbìteri. Il sacramento del matrimonio Dalla sacralità al sacramento 729 Tra i valori universali dell'umanità c'è l'amore per cui l'uomo e la donna si cercano e si incontrano, per diventare una coppia e dare origine alla famiglia, cellula prima e vitale della società. Per questa sua rilevanza sociale, leggi e costumi presso tutti i popoli mirano a dargli ordine e stabilità, sottraendolo al capriccio individuale. I riti ne sottolineano spesso la sacralità. 730 Nell'Antico Testamento i profeti assumono il matrimonio come simbolo dell'alleanza di Dio con Israele. ( Is 54,1-10; Ger 3,6-13; Ez 16,1-63; Os 1,2-3,5 ) Dio è lo sposo sempre fedele; Israele è la sposa spesso infedele. La genuina esperienza di fede ha la poesia del fidanzamento e la dolcezza dell'amore coniugale. L'incredulità, che volta le spalle a Dio per passare agli idoli, ripete la follia dell'adulterio e la vergogna della prostituzione. Gelosia e furore divampano nel cuore dello Sposo divino; ma più grande è la sua misericordia e, malgrado il tradimento, cerca di riportare a sé la sposa: "Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore … Ti farò mia sposa per sempre" ( Os 2,16.21 ). Per quanto riguarda il matrimonio, questo simbolismo viene a dirci che l'amore umano, premuroso e fedele, dei coniugi imita e in qualche modo manifesta l'amore stesso di Dio. 731 Gesù prosegue su questa linea. Non a caso compie il primo miracolo per salvare una festa di nozze a Cana di Galilea. ( Gv 2,1-11 ) Viene infatti per preparare la festa eterna, in cui egli stesso è lo sposo, e in questa prospettiva anche il matrimonio umano acquista un valore più grande. Gesù ha una buona notizia da dare agli sposi: si apre un nuovo tempo di grazia e per chi crede diventa possibile attuare il progetto originario di Dio sul matrimonio in tutta la sua bellezza. ( Gen 1,27-28; Gen 2,21-24 ) Il divorzio fu accolto a motivo della "durezza di cuore". L'amore coniugale autentico è dono reciproco, totale, unico, fedele e indissolubile: "All'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto . Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio" ( Mc 10,6-9.11-12 ). Il matrimonio indissolubile è segno e dono del regno di Dio che viene, come del resto anche la verginità consacrata. ( Mt 19,3-12 ) Si tratta di due modi esigenti di vivere la fedeltà alla grazia. 732 L'apostolo Paolo sviluppa il messaggio di Gesù alla luce del mistero pasquale: "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa"; e ora "la nutre e la cura", la purifica e la fa ringiovanire, perché sia "senza macchia né ruga" ( Ef 5,25-26.27.29 ). È uno sposo che ama fino al sacrificio di se stesso e al perdono delle offese. I coniugi cristiani ricevono il suo Spirito, che li rende capaci di amare come lui ha amato. Sostenuti dalla sua donazione pasquale, possono e devono amarsi come Cristo ama la Chiesa. "L'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!" ( Ef 5,31-32 ). I cristiani si sposano "nel Signore" ( 1 Cor 7,39 ), come sue membra, e il loro matrimonio è elevato a sacramento, segno efficace che contiene e manifesta la nuova alleanza, l'unione di Cristo e della Chiesa. L'amore umano è simbolo di quello di Cristo; l'amore di Cristo è modello e sostegno di quello umano. Variazioni giuridiche e rituali 733 I cristiani dei primi secoli, consapevoli della santità del matrimonio, bandiscono quelle forme di licenziosità che spesso ne accompagnano la celebrazione presso i pagani. Tuttavia continuano a celebrarlo di solito in casa, secondo le formalità civili e le usanze familiari. La comunità ecclesiale si limita ad esercitare una certa vigilanza: "È conveniente che gli sposi e le spose stringano l'unione con l'approvazione del vescovo, affinché il loro matrimonio sia secondo il Signore e non secondo la concupiscenza". Nella tarda antichità e nel medioevo, la Chiesa interviene specialmente per tutelare la libertà della donna e quella dei poveri, per dare alle nozze trasparenza e certezza. Gradualmente si introducono nuove formalità giuridiche e rituali. A partire dal IX secolo il sacerdote assiste ordinariamente alla dichiarazione del consenso e congiunge la mano destra dei due sposi, dicendo: "Io vi congiungo in matrimonio, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo", o altre formule analoghe. La celebrazione si trasferisce dalla casa al sagrato della chiesa o all'interno di essa. Gli sposi rimangono protagonisti, perché il loro consenso è costitutivo del sacramento. In seguito, il concilio di Trento decreta che il matrimonio si celebri davanti al parroco, o a un suo delegato, e davanti a due o tre testimoni; altrimenti sarà nullo. Successivamente, in epoca moderna, il rito si svolge in chiesa, ma non riesce ad esprimere adeguatamente la ricchezza di significato e di grazia del sacramento. Anzi, spesso vi si insinua una certa mondanità. Molto opportunamente il concilio Vaticano II stabilisce che venga ordinariamente inserito nel corso della santa Messa e sia riveduto, "in modo che più chiaramente venga espressa la grazia del sacramento e vengano fatti capire bene i doveri dei coniugi". 734 Oggi, nel nostro paese, gran parte delle coppie sceglie il matrimonio religioso. Molte di esse però avvertono più la vaga sacralità di un rito che non il valore specificamente cristiano di un sacramento. Ne sono riprova le diffuse opinioni che contrastano con il significato di questo sacramento, ad esempio circa la celebrazione soltanto civile del matrimonio, l'ammissione dei divorziati risposati all'eucaristia, la liceità dei rapporti sessuali fuori del matrimonio. Perché la celebrazione del sacramento sia fruttuosa, occorre che sia preceduta da un serio cammino di fede e che si svolga in modo da costituire essa stessa un'evangelizzazione. La sua piena autenticità comporta un clima di raccoglimento e di festa, senza distinzioni esteriori e senza sprechi, ma con attenzione ai poveri; esige il coinvolgimento dell'assemblea, la piena valorizzazione della liturgia della Parola, la partecipazione attiva degli sposi, la valorizzazione della benedizione nuziale da parte del sacerdote in nome di Cristo e il collegamento dell'alleanza coniugale con l'eucaristia, vertice sacramentale della nuova alleanza. Partecipi dell'amore sponsale di Cristo 735 Qual è il significato specificamente cristiano del matrimonio? Porsi questa domanda significa interrogarsi sul dono di grazia proprio di questo sacramento. Gli sposi sono ministri del sacramento e al tempo stesso coloro che lo ricevono. Con una scelta libera, ispirata dall'amore, l'uomo e la donna si legano l'uno all'altro, impegnando la propria persona e l'intera esistenza: "Io prendo te come mio sposo ( mia sposa ) e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita". È il consenso nuziale, progetto globale di vita, donazione personale totale, che include come sua espressione propria la reciproca totale donazione dei corpi. I due promettono di essere reciprocamente fedeli per tutta la vita, di amarsi e onorarsi, di accogliere con responsabilità i figli che Dio donerà loro e di educarli nella fede cristiana. Il loro stesso consenso è elevato a sacramento, segno che esprime, contiene e comunica l'amore di Cristo per la Chiesa. Il Signore Gesù dà loro lo Spirito Santo, per renderli capaci di amarsi con carità coniugale, partecipando alla sua donazione pasquale. Li consacra come coppia, non più solo come singoli; li chiama a edificare insieme il regno di Dio, modellando la loro comunione di vita sulla nuova alleanza di Dio con il suo popolo. Il matrimonio cristiano è una specifica vocazione alla santità, all'interno della comune vocazione battesimale; è una modalità della sequela di Cristo. Carità coniugale 736 Dal rito sacramentale deriva il vincolo coniugale permanente, che è dono e legge nello stesso tempo, alleanza stabile e fonte sempre nuova di grazia. Esige di essere vissuto consapevolmente come amore oblativo, fedele, indissolubile, totale cioè comprensivo di spirito e corpo, unico cioè esclusivamente riservato ai due, fecondo cioè aperto ai figli. Vivendo da veri consacrati secondo la loro vocazione, i coniugi cercheranno di superare la logica dell'individualismo egoista e si dedicheranno ciascuno al bene dell'altro. Penseranno prima a dare che a pretendere. Anzi non coltiveranno eccessive aspettative nei confronti dell'altro, ricordando che solo Dio può saziare pienamente il nostro desiderio di amore e che le nozze umane sono solo un segno e un anticipo delle nozze con Dio. La fedeltà può diventare crocifissione; può esigere grande generosità di servizio e di perdono; ma il cristiano sa di non essere mai solo a portare la croce. Il sacramento non dispensa dalla fatica, ma la rende sensata e possibile. Perché esso sia fruttuoso, occorre un cammino spirituale di coppia: preghiera, ascolto della parola di Dio, partecipazione all'eucaristia, gesti di attenzione reciproca, dialogo assiduo. La coppia cristiana non rimane chiusa nel rapporto a due; si apre all'accoglienza e all'educazione dei figli; si consacra al loro bene. Insieme con i figli si apre al rapporto con le altre famiglie, con la comunità ecclesiale e con la società civile. Così la famiglia cristiana, fondata sul battesimo e sul sacramento del matrimonio, diventa "immagine ridente e dolce della Chiesa" e traduce in esperienza vissuta la sua vocazione ad essere come una "Chiesa domestica". Situazioni difficili e irregolari 737 La complessità, la mobilità, il pluralismo culturale e religioso della odierna società si ripercuotono in misura rilevante sul matrimonio. Sono sempre più frequenti i matrimoni misti, tra cattolici e cristiani di altre confessioni, e i matrimoni interreligiosi, tra cattolici e seguaci di religioni non cristiane. È necessario un prudente discernimento e un'adeguata preparazione. Occorre in particolare una verifica riguardo alla concezione del matrimonio e un'ampia informazione sulle convergenze e divergenze delle diverse tradizioni religiose, etiche e culturali. La parte cattolica deve ottenere anche la dispensa dal proprio vescovo. Tra i matrimoni invalidi, non sono rari quelli per mancanza di pieno consenso e per incapacità psichica, oltre che per altri impedimenti comunemente conosciuti: età immatura, consanguineità, affinità, impotenza fisica, comportamento delittuoso ecc. Quando emergono fondati indizi, bisogna procedere a una verifica con l'aiuto di consulenti qualificati. L'eventuale dichiarazione di nullità del tribunale ecclesiastico non è da confondere con il divorzio: altro è riconoscere che un matrimonio non è mai esistito e altro è distruggere un matrimonio valido. Aumenta il numero dei coniugi separati. Hanno bisogno di un'attenzione premurosa da parte della comunità cristiana. Possono essere ammessi ai sacramenti, se non ricercano il divorzio e il matrimonio civile, se si pentono dei propri torti e sono disponibili a perdonare quelli altrui, e fanno quanto è in loro potere per ristabilire la convivenza. I divorziati non risposati, se sono responsabili della divisione, devono pentirsi e cercare di riparare, per quanto è possibile, il male compiuto; se invece hanno subìto il divorzio e rimangono fedeli ai loro doveri familiari, sono in piena comunione con la Chiesa. I divorziati risposati a volte finiscono nell'indifferenza religiosa; altre volte rimangono vicini alla Chiesa e desiderano essere ammessi ai sacramenti. Gli sposati solo civilmente rifiutano o rimandano il matrimonio religioso per vari motivi, come la perdita della fede, l'ignoranza del significato cristiano del matrimonio, il bisogno di fare un esperimento, le pressioni dell'ambiente. I conviventi si mettono insieme senza alcun riconoscimento pubblico, né religioso né civile; spesso rifiutano di prendere un impegno reciproco definitivo. Queste ultime tre situazioni sono oggettivamente le più gravi. Coloro che si trovano in una di esse, finché non si convertono, non sono in piena comunione con la Chiesa: perciò non possono essere ammessi alla riconciliazione sacramentale e alla comunione eucaristica, né fungere da padrini o essere membri di consigli pastorali o responsabili di attività ecclesiali. Però appartengono ancora alla Chiesa: è importante che preghino, ascoltino la parola di Dio, partecipino alla Messa, compiano opere di carità, educhino cristianamente i figli. I sacerdoti e gli altri fedeli della comunità siano loro vicini; abbiano per loro amicizia e rispetto; preghino per loro e li esortino a confidare sempre nella misericordia del Signore. Da una parte bisogna affermare con chiarezza la verità del matrimonio cristiano; dall'altra evitare di giudicare le coscienze e saper comprendere le difficoltà concrete. Amore alla verità e amore alle persone devono andare insieme. 738 "Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa … Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!" ( Ef 5,25.32 ). Il patto matrimoniale tra i cristiani è stato elevato a sacramento: significa, contiene e comunica l'amore di Cristo per la Chiesa, in modo che gli sposi siano capaci di amarsi con carità coniugale. Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi In una società dominata spesso da rapporti massificanti e strumentali e caratterizzata da molteplici forme di chiusure individualistiche, è quanto mai importante riscoprire la relazione "sponsale" e quella "familiare", che segnano in profondità il nostro essere, sia nell'ordine naturale della vita sia nell'ordine della grazia soprannaturale. I sacramenti dell'ordine e del matrimonio sono espressione della dimensione oblativa e disinteressata dell'amore cristiano, nell'aiuto reciproco e nella crescita della famiglia dei figli di Dio. - Come è avvertito nell'ambiente il significato e il valore della vocazione e del ministero presbiterale? - Quale figura di vescovo e di prete sembra meglio rispondere oggi alle esigenze della Chiesa e della sua missione nel mondo? - Quali sono le maggiori difficoltà che una famiglia cristiana incontra per poter esprimere e testimoniare con fedeltà la ricchezza celebrata nel sacramento del matrimonio? - Che cosa la famiglia può ricevere come aiuto dalla più vasta comunità cristiana? - Che cosa la famiglia può offrire alla comunità ecclesiale? Ascoltare e meditare la Parola Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce. ( 1 Pt 5,1-4 ) Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore del Signore. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei . Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito. ( Ef 5,21-25.32-33 ) Si può leggere anche: ( Mc 10,1-12 ) L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto. ( Gv 13,12-20 ) Cristo presente nei suoi inviati. I presbìteri, a somiglianza dell'ordine dei vescovi, dei quali formano la corona spirituale, e resi partecipi della grazia della funzione episcopale da Cristo, unico ed eterno mediatore, crescano nell'amore di Dio e del prossimo mediante l'esercizio quotidiano del loro ufficio, conservino il vincolo della comunione sacerdotale, abbondino di ogni bene spirituale e diano a tutti viva testimonianza di Dio . Gli sposi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono sostenersi vicendevolmente nella grazia per tutta la vita, e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche i figli che hanno amorevolmente accettato da Dio. In tal modo essi offrono l'esempio di un amore instancabile e generoso, edificano una fraternità di carità e diventano testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e partecipazione di quell'amore che Cristo ha avuto per la sua Chiesa dando se stesso per lei. ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 41 ) Pregare e celebrare Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. ( Sal 127,1.3-4 ) Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, è magnifica la mia eredità. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio cuore mi istruisce. Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non posso vacillare. Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro. ( Sal 16,5-9) Con la varietà dei doni e dei carismi tu scegli e costituisci i dispensatori dei santi misteri, perché in ogni parte della terra sia offerto il sacrificio perfetto e con la parola e i sacramenti si edifichi la Chiesa, comunità della nuova alleanza, tempio della tua lode. ( Messale Romano, Prefazio dell'ordine ) Nell'alleanza tra l'uomo e la donna ci hai dato l'immagine viva dell'amore di Cristo per la sua Chiesa, e nel sacramento nuziale riveli il mistero ineffabile del tuo amore. ( Messale Romano, Prefazio del matrimonio ) Professare la fede - I sacramenti dell'ordine e del matrimonio conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione del popolo di Dio: ordinati alla salvezza altrui, contribuiscono anche alla salvezza personale. - L'ordine è il sacramento del ministero apostolico, grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa. Esso comporta tre gradi: l'episcopato, il presbiterato, il diaconato. - Segno dell'unione di Cristo e della Chiesa, il sacramento del matrimonio dona agli sposi la grazia di amarsi con l'amore con cui Cristo ha amato la Chiesa: la grazia del sacramento perfeziona l'amore umano dei coniugi, consolida la loro unità indissolubile e li santifica nel cammino verso la vita eterna. Capitolo 19 Comunione di vita con Dio Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore … Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi . Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora il lui. ( 1 Gv 4,8.12.16 ) 741 La comunità cristiana è un segno, che nello stesso tempo rivela e nasconde. Siamo invitati a oltrepassare l'esperienza superficiale e a fissare lo sguardo della fede sulle meraviglie attuate da Dio per amore dei suoi figli. Corpo di Cristo in virtù dello Spirito Singolare appartenenza 742 La Chiesa è riunita intorno a Cristo. Si tratta di un legame soltanto morale o di una realtà più profonda? Il popolo di Dio porta con sé nella storia un mistero di comunione. Una voce potente ferma Paolo sulla via di Damasco: ""Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti!"" ( At 9,4-5 ). Le persecuzioni contro i cristiani feriscono personalmente Cristo stesso, perché la Chiesa è misteriosamente unita a lui, è suo corpo. Il Signore morto e risorto attrae a sé tutti coloro che non si chiudono nel rifiuto: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" ( Gv 12,32 ). Così potente è la sua carità, che i credenti vengono assunti in lui e lui viene a vivere in essi: "Rimanete in me e io in voi … Io sono la vite, voi i tralci" ( Gv 15,4-5 ). Il suo corpo individuale, cioè la sua concreta umanità personale, consegnato alla morte e glorificato presso Dio, può accogliere in sé la moltitudine, per la quale si è offerto in sacrificio. Questa unità ha inizio con il battesimo e si perfeziona con l'eucaristia ( 1 Cor 10,16-17; 1 Cor 12,12-13 ) ed è così intima, che Paolo arriva a dire ai cristiani: "Voi siete corpo di Cristo" ( 1 Cor 12,27 ); "Tutti voi siete uno in Cristo Gesù" ( Gal 3,28 ). Più tardi, esprimendo la stessa verità con un linguaggio in parte diverso, le lettere paoline della prigionia presenteranno Cristo come capo, cioè principio vitale e direttivo, e la Chiesa come corpo, prolungamento vivo di lui, sociale e visibile. ( Ef 1,22-23; Ef 2,14-18; Ef 5,22-23; Col 1,18.24 ) Questa visione di fede è rimasta nella Tradizione fino ai nostri giorni. Secondo la dottrina del concilio Vaticano II, "la santa Chiesa, che è comunità di fede, speranza e carità, è stata voluta da Cristo unico mediatore come un organismo visibile sulla terra; egli lo sostenta incessantemente e se ne serve per espandere su tutti la verità e la grazia. Ma la società gerarchicamente organizzata da una parte e il corpo mistico dall'altra, l'aggregazione visibile e la comunità spirituale, la Chiesa della terra e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due realtà; esse costituiscono al contrario un'unica realtà complessa, fatta di un duplice elemento, umano e divino". La comunità storica, concretamente identificabile, è segno di una misteriosa partecipazione alla comunione d'amore delle Persone divine. Lo Spirito dell'unità 743 Il vincolo, con cui il Signore incorpora a sé i credenti, è lo Spirito Santo. Ecco a riguardo tre formule assai incisive. La prima è di san Paolo: siamo stati immersi in "un solo Spirito" per essere inseriti in "un solo corpo" ( 1 Cor 12,13 ). La seconda è di sant'Ireneo: "Come dalla farina non si può fare, senz'acqua, un solo pane, così noi, che siamo molti, non potevamo diventare uno in Cristo Gesù, senza l'acqua che viene dal cielo". La terza è del concilio Vaticano II: "Comunicando il suo Spirito", il Figlio di Dio "costituisce i suoi fratelli misticamente suo corpo". Il corpo ecclesiale di Cristo è dunque animato dallo Spirito Santo: "unico e identico nel capo e nelle membra, egli dà a tutto il corpo vita, unità e moto", un po' come fa l'anima nel corpo umano individuale. Quando ci comportiamo da veri seguaci di Cristo, lo Spirito ama, prega e opera insieme a noi. Egli è il "paraclito", l'amico accanto a noi, o meglio dentro di noi, perché "inabita nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio". Uniti e distinti 744 Uniti intimamente a Cristo mediante lo Spirito, i fedeli non rischiano di perdere la loro personalità, libertà e originalità, perché lo Spirito, mentre unisce, crea anche la varietà dei doni, delle vocazioni, dei servizi. Cristo e la Chiesa si appartengono reciprocamente ma rimangono distinti, come lo sposo e la sposa diventano "una sola carne" ma sono uno di fronte all'altro. L'immagine nuziale integra opportunamente quella del corpo. ( 1 Cor 6,16-17; Ef 5,25.32; Ap 21,2; Ap 22,17 ) Nel Nuovo Testamento vi sono anche altre immagini per evocare il mistero della Chiesa nel suo rapporto con Cristo e con le altre persone divine: ovile, ( Gv 10,1-10 ) gregge, ( Gv 10,11-16 ) vigna scelta, ( Mt 21,33-43 ) tralci della vite, ( Gv 15,1-8 ) campo di Dio, ( 1 Cor 3,9 ) ulivo, ( 2 Cor 3,1-3 ) lettera di Cristo, ( Rm 11,16-24 ) tempio e casa di Dio, ( 1 Cor 3,9-11.16; 2 Cor 6,16; Ef 2,19-22; 1 Tm 3,15; 1 Pt 2,4-5; Ap 21,3 ) città santa. ( Ap 21,1-2 ) A volte viene sottolineata di più l'unità, altre volte la distinzione, ma ambedue sono essenziali. La comunione è unità dei distinti, attuata dallo Spirito Santo. Già l'amicizia umana è capace di creare una certa unità. Gli amici si incontrano, stanno volentieri insieme, si confidano i segreti più intimi; anzi si trasferiscono in qualche modo uno nell'altro, si identificano affettivamente, fino a diventare "un'anima in due corpi". In questa prospettiva, ma a ben diversa profondità, possiamo collocare le parole di Gesù ai suoi discepoli: "Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" ( Gv 15,15 ); "Io sono nel Padre e voi in me e io in voi" ( Gv 14,20 ). Lo Spirito, che unisce il Figlio al Padre, in modo simile unisce i discepoli al Figlio per ricondurli al Padre. L'amore divino ha una forza incomparabile e produce un'intimità del tutto singolare: "colloca Dio in noi e noi in Dio"; ci "fa partecipare alla vita stessa di Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo". 745 "La Chiesa intera appare come un popolo radunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" . Nella concretezza della storia Comunione di beni spirituali e materiali 746 La comunione di carità con Cristo e con il Padre nello Spirito si prolunga in una comunione fraterna di uomini e si manifesta nella storia. "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" ( Gv 17,21 ). È impossibile essere amici di Dio se non si è amici tra credenti. ( 1 Gv 4,8.12.16 ) Anzi è impossibile aderire a Cristo senza avvicinarsi a tutti gli uomini, specie ai sofferenti, ( Mt 25,40 ) perché egli ha voluto farsi uno con tutti nella sua appassionata carità. Chi vive in Cristo ama il prossimo con un amore gratuito, fedele, misericordioso e pratico, simile al suo. ( Gv 13,34-35 ) 747 La Chiesa, nella sua più intima verità, è comunione con Dio, vissuta dentro una comunione tra persone umane; comunione di fede amante e operosa, che riceve la carità di Dio e la prolunga nella carità fraterna in modo visibile e tangibile, mettendo in circolazione beni spirituali, culturali e materiali. Tutto ciò che siamo o facciamo entra in questa comunione: il lavoro delle madri e dei padri di famiglia, la predicazione dei pastori, la preghiera dei monaci, lo studio dei teologi, la creazione degli artisti, la ricerca degli scienziati, l'attenzione degli educatori, la premura dei medici, il servizio dei volontari, la saggezza dei politici . Tutti possono donare e ricevere; tutti sono preziosi, anche gli emarginati, i malati, gli anziani; anzi "molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi" ( Mc 10,31 ). Lutero, sebbene contestasse le indulgenze, non mise mai in discussione il mistero della comunione dei santi, anzi ne traeva grande conforto: "Il mio peso, altri lo portano, la loro forza è la mia. La fede della Chiesa viene in soccorso alla mia angoscia, la castità altrui mi sorregge nelle tentazioni della mia lascivia, gli altrui digiuni tornano a mio vantaggio, un altro si prende cura di me nella preghiera . Chi dunque potrà disperare nei peccati? Chi non gioirà nelle pene, dal momento che egli non porta più i suoi peccati né le sue pene, o se li porta non li porta da solo, aiutato com'è da così numerosi santi figli di Dio e soprattutto dallo stesso Cristo. Tanto grande è la comunione dei santi e la Chiesa di Cristo!". Esperienza della comunione dei santi 748 La comunione rimane nascosta nella profondità di Dio e si incarna nelle vicende della storia; è dono che viene dallo Spirito e compito che è realizzato dai credenti nei limiti e nella precarietà della condizione umana. Si chiama opportunamente "comunione dei santi", perché vi partecipano in pienezza le persone sante, che vivono nella grazia di Dio. Ma rimangono in essa anche i peccatori, in quanto sono amati da Dio e dai fratelli. La carità porta il peso dei peccati e mantiene aperta la possibilità di conversione. 749 La Chiesa non si regge sull'equilibrio delle forze e sul compromesso tra interessi contrastanti, ma sul reciproco dono di sé, a somiglianza delle Persone divine. Una comunità diventa figura storica della Trinità e risplende di bellezza nella misura in cui la carità tra i cristiani viene sperimentata concretamente. La spiritualità di comunione è particolarmente attuale oggi, nell'anonimato della società di massa. Anonimato vuol dire povertà di rapporti umani, superficialità di incontri occasionali o strumentali, solitudine in mezzo a una folla in continuo movimento. Quando i cristiani diventano "un cuore solo e un'anima sola" ( At 4,32 ), rivelano il volto di Dio e attirano gli uomini a lui. Il dono dell'unità viene dato a tutti; ad alcuni poi è affidato come carisma particolarmente intenso e fecondo. Il luogo ordinario di questa esperienza è la parrocchia. Germi di comunione fuori della Chiesa 750 Semi di comunione germogliano anche fuori della Chiesa. Tutti gli uomini sono creati a immagine di Dio e portano con sé la segreta nostalgia della vita divina. Quando si amano con amore sincero e definitivo, si accostano, anche senza saperlo, al mistero della comunione trinitaria. "Chi teme [ Dio ] e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto" ( At 10,35 ). La Chiesa si rallegra, quando vede fiorire i beni della concordia; è attenta a scrutare ulteriori possibilità di crescita; offre volentieri la sua cooperazione. Confida nello Spirito, che agisce ovunque, liberamente, come "il vento", che "soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va" ( Gv 3,8 ). 751 La comunione con Dio si esprime nella carità fraterna dei credenti, che condividono beni spirituali, culturali e materiali. Di qua e di là della morte La festa iniziata 752 La comunione germoglia nel tempo e tende alla pienezza definitiva, tra le resistenze dell'umana debolezza. Sarà perfetta solo nell'eternità; allora "saremo simili" a Dio e "lo vedremo così come egli è" ( 1 Gv 3,2 ). Il Signore ha già concluso irrevocabilmente il patto di nozze con la Chiesa, ma ancora non l'ha introdotta nella sua casa: l'ha posta in una situazione analoga a quella delle spose ebree nel tempo più o meno lungo che intercorreva tra il contratto e la festa nuziale. Intanto la circonda di premure, perché diventi più bella e possa comparire davanti a lui al momento giusto "tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" ( Ef 5,27 ). La Chiesa, da parte sua, anela alla gioia ineffabile della perfetta comunione. Celebra nella festa il senso ritrovato della vita e della storia. E, mentre loda e ringrazia l'amore creatore e salvatore, sente di ricevere nuove energie per il suo difficile cammino. "Alleluia. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l'Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente" ( Ap 19,6-8 ). Questo canto di lode risuona nell'immensa assemblea celeste; ma ad esso si associa anche l'assemblea dei credenti sulla terra. Chiesa in cammino, nella purificazione e nella gloria 753 Nella preghiera eucaristica si fa menzione del papa e del vescovo, dei presenti e degli assenti, dei santi e dei defunti. In molte chiese, popolate di immagini sacre, arcane presenze sembrano aggiungersi all'assemblea dei fedeli. La comunione di carità in Cristo supera ogni barriera, anche quella della morte. "Alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio stesso uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito, formano insieme una sola Chiesa e in lui sono congiunti gli uni agli altri. L'unione quindi di quelli che sono ancora in cammino con i fratelli che sono morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma, come crede da sempre la Chiesa, viene invece consolidata dalla comunicazione nei beni spirituali". La Chiesa, nella triplice condizione di cammino storico, di purificazione ultraterrena e di gloria celeste, è una sola grande famiglia, con un'intensa comunicazione di beni. Noi pellegrini sulla terra veneriamo i santi del cielo, invochiamo la loro intercessione, imitiamo il loro esempio. Aiutiamo i defunti bisognosi di purificazione con la preghiera di suffragio e con il nostro impegno di conversione e di carità. Da parte loro i giusti, morti in pace con Cristo, sono diventati più vicini a Dio e quindi anche a noi; operano nella storia con maggiore efficacia di quando erano sulla terra, a somiglianza del Signore Gesù che ha dispiegato la sua potenza salvifica soprattutto dopo la sua morte e risurrezione. La loro carità è più perfetta di prima e li spinge a partecipare intensamente alla fatica dei vivi e a intercedere per loro presso Dio. Un'immensa assemblea 754 L'odierna cultura dell'effimero sembra non aver memoria per i padri che ci hanno preceduto, né premura per le generazioni che verranno. La fede della Chiesa ci mette invece in comunione con tutti e con tutto. Noi pellegrini nel tempo ci ritroviamo insieme con gli angeli, i santi e i defunti in un'immensa assemblea, in una festa cosmica. "Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della nuova alleanza" ( Eb 12,22-24 ). Soprattutto, la Chiesa si sente in comunione con la Vergine Maria, la sua prima e più perfetta realizzazione, che, assunta alla gloria celeste in anima e corpo, la precede alle nozze eterne e nello stesso tempo l'accompagna con materna premura durante il suo cammino storico. "In te si rallegra, o piena di grazia, ogni creatura", canta un inno della liturgia bizantina, trascritto in un'icona luminosissima, nella quale Maria siede in trono con il Figlio sulle ginocchia, in mezzo alla celeste Gerusalemme e a una vegetazione paradisiaca, mentre intorno si accostano angeli, santi del cielo e credenti della terra di ogni condizione. Maria, la Chiesa e il mondo riconciliato sono chiamati ad essere "la dimora di Dio con gli uomini" ( Ap 21,3 ). 755 "Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa" . Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi Con il suo essere e il suo agire la Chiesa è chiamata a manifestare il mistero di comunione di Dio con noi, di noi con Dio e tra di noi, per dire agli uomini che la solitudine in ogni situazione è già vinta in radice, la divisione e la disgregazione possono essere superate, un modo nuovo di vivere, ispirato dall'amore e dalla fraternità, è possibile. In questa prospettiva, educare a una vera coscienza di Chiesa e promuoverne un'esperienza nel segno della fraternità e della comunione rispondono a domande fortemente radicate e particolarmente attuali. Ciascun cristiano deve far trasparire nell'esistenza quotidiana la luminosità e la novità dei legami misteriosi e reali che legano tutti a Cristo, mediante lo Spirito. - Quale immagine della Chiesa prevale nel nostro ambiente? - Come educarsi ed educare a una più autentica coscienza di Chiesa? - Attraverso quali segni e modi concreti si rende presente nel territorio il mistero di comunione che è la Chiesa? - Come promuovere esperienze di vera fraternità ecclesiale e di solidarietà aperta a tutti? - Nella nostra esperienza di fede quale presenza ha il culto dei santi e la memoria dei defunti? Ascoltare e meditare la Parola Avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell'amore che avete verso tutti i santi, non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose. ( Ef 1,15-23 ) Si può leggere anche: ( Gv 14,15-21 ) Io sono nel Padre e voi in me e io in voi: dice il Signore. ( Rm 8,14-17 ) Figli di Dio per la grazia dello Spirito Santo. ( Eb 12,22-24 ) Vicini all'assemblea celeste. Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita da organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l'opera e i dolori della redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria". ( Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 19 ) Pregare e celebrare Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste. È come rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion. Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre. ( Sal 133,1 ) Amoroso Verbo, in un modo a te noto, e solo da te stesso inteso, Tu generi il corpo della santa Chiesa . Col tuo sangue ti formi un corpo ben organizzato, ben composto, del qual corpo tu sei il capo, nella cui bellezza si compiacciono gli angeli, si ammirano gli arcangeli, se ne innamorano i serafini, e tutti gli spiriti angelici se ne meravigliano, e se ne nutrono ancora tutte quelle anime beate della celeste patria. E la Santissima Trinità vi si compiace in un modo da noi ben inteso. ( Santa Maria Maddalena de' Pazzi, I colloqui, 124-125 Professare la fede - La Chiesa è corpo di Cristo: per mezzo dello Spirito, Cristo costituisce la comunità dei credenti come suo corpo. Nell'unità di questo corpo tutte le membra sono legate le une alle altre, in un continuo scambio di doni. - "Tutti noi che siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia, mentre comunichiamo tra di noi nella mutua carità e nell'unica lode della santissima Trinità, assecondiamo l'intima vocazione della Chiesa" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 51 ). - "Fin quando il Signore non verrà nella sua gloria…, alcuni tra i suoi discepoli sono ancora in cammino sulla terra, altri hanno lasciato questa vita e sono sottoposti a purificazione, altri infine godono la gloria del cielo contemplando chiaramente Dio uno e trino così come egli è; tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 49 ). Capitolo 20 Insieme con Maria la madre di Gesù Ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome. ( Lc 1,48-49 ) 756 Nell'assemblea immensa di quanti vivono in comunione con Cristo ha una posizione del tutto singolare la Vergine Maria, madre del Signore e primizia della Chiesa, modello perfetto di vita cristiana e sostegno sicuro a chi è in cammino verso la patria celeste. Immagine e primizia della Chiesa Persona storica 757 Maria non è un mito, ma una donna vera, con una storia personale, anche se dal Nuovo Testamento possiamo ricavare solo alcuni tratti della sua personalità e non propriamente una biografia. Abita a Nàzaret, città della Galilea di nessun rilievo. ( Gv 1,46 ) Appartiene a un ambiente popolare; va sposa a Giuseppe il carpentiere, inserendosi in un clan di ascendenza davidica. Partecipa attivamente ai fatti della vita: fa visita a una parente anziana, va in pellegrinaggio a Gerusalemme, interviene a una festa di nozze. Sa ascoltare e riflettere; ma anche parlare e prendere decisioni coraggiose. Contempla piena di stupore le meraviglie di Dio e attende da lui giustizia per gli oppressi, secondo la spiritualità dei poveri di JHWH. ( Sof 2,3; Sof 3,11-13 ) Cerca di comprendere i suoi progetti, pronta a mettersi a disposizione come umile "serva del Signore" ( Lc 1,38 ): è questo l'unico titolo che si attribuisce. Fatica a capire suo figlio Gesù; lo segue con materna premura e con fede eroica; condivide con lui la povertà di Betlemme, l'esilio in Egitto, la quiete nascosta di Nàzaret, lo strazio del Calvario. Infine, a Gerusalemme, è nel nucleo iniziale della comunità cristiana, in preghiera per invocare la venuta dello Spirito di Pentecoste: "Erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" ( At 1,14 ). Con questa informazione, terminano le notizie che abbiamo su di lei. Attuazione esemplare della Chiesa 758 Tutto ciò, apparentemente, non è molto. Osserviamo però che Maria è presente nei momenti decisivi: Natale, Pasqua e Pentecoste; sono i momenti che segnano rispettivamente l'inizio, il compimento e la comunicazione della salvezza. Mentre suo Figlio è l'immagine personale di Dio salvatore, lei è il modello dell'umanità salvata: una di noi, ma redenta e associata a lui in modo del tutto singolare. In lei la Chiesa trova la sua prima e più perfetta realizzazione "nell'ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo". Non per niente il Vangelo di Luca la presenta come la nuova Gerusalemme; ( Lc 1,28-30; Sof 3,14-15; Zc 2,14 ) il Vangelo di Giovanni la indica come la donna simbolo di Israele; ( Gv 2,4; Gv 19,26 ) l'Apocalisse la include insieme al popolo di Dio nella figura della donna vestita di sole, che genera il Messia ed è assalita dal drago nel deserto. ( Ap 12,1-17 ) Maria è al centro della Chiesa come in una perenne Pentecoste: "Non si può parlare di Chiesa, se non vi è presente Maria, la Madre del Signore, con i fratelli di lui". In lei si concentrano i doni di Dio: la presenza dello Spirito, la bellezza interiore della santità, la fede verginale, la carità materna, l'alleanza sponsale, la gloria celeste, la cooperazione alla missione salvifica di Cristo. In lei il mistero della Chiesa risplende di luce purissima. Maria impersona la Chiesa: non è un mito, è invece un modello concreto. È dentro la Chiesa, ma incomparabilmente più vicina a Cristo degli altri credenti. Ripercorrendo il cammino della sua esistenza, alla luce di questa posizione caratteristica, si comprendono meglio le sue singolari prerogative, che in definitiva si fondano sul mistero della divina maternità. 759 "In Maria primogenita della redenzione fai risplendere l'immagine vivente della tua Chiesa: concedi al popolo cristiano di tenere sempre fisso in lei il suo sguardo, per camminare sulle orme del Signore" . Prediletta dall'eternità Elezione gratuita 760 L'angelo dell'annunciazione, rivolge a Maria un invito alla gioia: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" ( Lc 1,28 ). Una parafrasi vicina al senso originale di questo saluto potrebbe essere: "Esulta, tu che sei ricolmata dall'amore gratuito di Dio; il Signore è con te, come salvatore sempre fedele all'alleanza". A fondamento di tutto c'è l'amore gratuito del Padre, la sua grazia, che dona la salvezza "con ogni benedizione spirituale" ( Ef 1,3 ) in Cristo, prima preparandola nell'eternità, poi attuandola nel tempo, infine portandola all'ultimo compimento. Tutti siamo pensati, amati, creati, redenti e glorificati come figli adottivi in comunione con il Figlio unigenito. Il primo atto della grazia del Padre, rivolta a noi in considerazione di Cristo, è l'elezione, la liberissima scelta del suo amore: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi" ( Ef 1,4-5 ). Maria è "piena di grazia", amata e benedetta da Dio insieme a tutti i membri della famiglia umana, ma in modo assolutamente singolare, in quanto è predestinata ad essere la Madre del suo Figlio. "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!" ( Lc 1,42 ), è il saluto di Elisabetta. Dall'eternità nel disegno del Padre è associata all'evento dell'incarnazione redentrice come Madre di Dio fatto uomo. Umile gratitudine 761 Alla meravigliosa liberalità della grazia deve rispondere la lode e la gratitudine delle creature. ( Ef 1,6.12.14 ) "Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù" ( 1 Cor 1,4 ), dichiara l'apostolo Paolo ai cristiani di Corinto. Anche Maria accoglie la salvezza come dono; è la prima nella schiera dei poveri, la prima a vivere consapevolmente la totale dipendenza da Dio: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva" ( Lc 1,46-48 ). È piena di grazia, ma vuota di sé. Si sente un nulla, sul quale l'Onnipotente ha voluto posare lo sguardo: Dio solo è Dio, "Santo è il suo nome" ( Lc 1,49 ). 762 "Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio" . Immacolata La sposa "tutta bella" 763 Dio attua il suo disegno nella storia, realizzando l'opera della salvezza. Maria, eletta per essere Madre di Dio, è redenta insieme a tutti gli uomini, ma in modo singolare: è preservata dal peccato. Il popolo d'Israele, invischiato con tutta l'umanità nell'amara esperienza del male, da secoli portava con sé una divina promessa: "Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore" ( Os 2,21-22 ); "Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te" ( Zc 2,14 ); "Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! … Re d'Israele è il Signore in mezzo a te … Non temere!" ( Sof 3,14-16 ). La promessa si compie in Maria, come fanno intendere le allusioni ai testi profetici nelle parole dell'angelo Gabriele: Gioisci, "il Signore è con te … Non temere …" ( Lc 1,28.30 ). In lei si realizza la vocazione d'Israele a diventare la sposa fedele, "tutta bella", non offuscata da "nessuna macchia" ( Ct 4,7 ); in lei appare il primo germoglio della Chiesa, "tutta gloriosa, senza macchia… santa e immacolata" ( Ef 5,27 ), che risplenderà nelle nozze eterne. L'amore di Dio è creatore. Proprio perché ricolmata di grazia e amata in modo singolare, Maria è realmente tutta santa e tutta bella. Come l'apostolo Paolo, anzi a maggior ragione di lui, può dire: "Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana" ( 1 Cor 15,10 ). Preservata dal peccato originale 764 Nella tradizione della Chiesa, il comune senso della fede ha sempre riconosciuto in Maria una incomparabile innocenza e santità. A poco a poco è arrivato ad acquisire anche la certezza della sua esenzione dal peccato originale. Finalmente nel 1854 il papa Pio IX ha definito solennemente: "La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale". Ai nostri giorni il concilio Vaticano II, oltre l'esenzione dal peccato originale, ha sottolineato che Maria fin dall'inizio è stata adornata "degli splendori di una singolarissima santità". Maria è figlia di Adamo e nostra sorella, congiunta "con tutti gli uomini bisognosi di essere salvati". Anche lei è redenta da Cristo, ma "redenta in modo ancor più sublime". Non viene tirata fuori dal fango come noi; è preservata dal cadervi. In lei rifulge maggiormente il primato della grazia di Dio: tutti "sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù" ( Rm 3,24 ). Più santa attraverso le prove 765 Tuttavia, come una melodia può risuonare solo nell'orecchio e nel cuore di chi ascolta, così la grazia ha bisogno della nostra libera corrispondenza nella concretezza e nella storicità dell'esistenza; esige di essere accolta nella fede che agisce mediante la carità. ( Gal 5,6 ) Maria ha avuto il suo personalissimo cammino di fede e di carità: "Ha percorso il suo pellegrinaggio di fede e ha serbato fedelmente la sua unione col Figlio fino ai piedi della croce". È cresciuta anche lei nella santità. Libera dal peccato originale e gratificata di doni eccezionali, ha progredito con passo spedito. Non ha conosciuto ritardi e deviazioni come noi; non ha commesso peccati personali. A ragione il popolo cristiano la venera come la "tutta santa". 766 "Tu hai preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio. In lei hai segnato l'inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza" . Sempre Vergine Fede e verginità 767 "Per questa grazia siete salvi mediante la fede" ( Ef 2,8 ). La grazia suscita la fede; l'iniziativa dello Sposo provoca la risposta della Sposa. La fede è dedizione sponsale della Chiesa a Cristo. Quando viene mantenuta integra e senza incrinature, costituisce la verginità del cuore. Per questo san Paolo dice ai cristiani di volerli presentare a Cristo "sposo" come una "vergine casta" ( 2 Cor 11,2 ) e sant'Agostino ricorda che "tutti devono essere vergini secondo la fede, sia donne che uomini". Alcuni credenti però sono chiamati anche ad esprimere la verginità del cuore in quel segno concreto che è l'integrità del corpo. a fede e la dedizione verginale del popolo di Dio si realizzano in modo unico in Maria, la "sempre Vergine". 768 Vergine nel cuore e nel corpo, prima, durante e dopo la nascita di Gesù, "lo ha concepito senza seme dallo Spirito Santo; lo ha partorito senza corruzione, rimanendo integra anche dopo il parto la sua verginità". Questa dottrina, che la Chiesa professa, è garantita dall'assistenza dello Spirito di verità. Per quanto riguarda il concepimento verginale di Gesù, è esplicitamente attestato anche nei Vangeli di Matteo e di Luca. ( Mt 1,18-25; Lc 1,34-37 ) La verginità prima del parto significa innanzitutto che Gesù è Figlio di Dio e dono gratuito del Padre celeste per la nostra salvezza; ma esprime anche la fede, che lo accoglie con stupore e umile gratitudine, rinunciando a confidare nell'uomo e nel suo orgoglioso potere. La verginità nel parto indica che il dolore, toccato in sorte ad Eva come conseguenza del peccato, ( Gen 3,16 ) viene trasfigurato nella gioiosa esperienza del Salvatore, che libera da ogni forma di corruzione. La verginità dopo il parto è segno che Maria si è offerta totalmente alla persona e all'opera del Figlio, rinunciando ad avere altri figli secondo la carne. Pur essendo unita a Giuseppe da un vero legame coniugale, non ha avuto con lui relazioni sessuali; ma insieme a lui si è consacrata al Signore. Giuseppe sposo di Maria 769 Maria e Giuseppe hanno onorato la verginità e il matrimonio: la loro convivenza è stata comunione e amicizia profonda, aiuto reciproco a vivere totalmente per Dio. "Unita a Giuseppe, uomo giusto, da un vincolo di amore sponsale e verginale [ Maria ] ti celebra con i cantici, ti adora nel silenzio, ti loda con il lavoro delle mani, ti glorifica con tutta la vita". I "fratelli" di Gesù, più volte ricordati nel Nuovo Testamento, sono tali in senso largo: cugini, parenti. Due di essi, Giacomo e Joses, sono espressamente indicati come figli di un'altra donna, anch'essa di nome Maria. ( Mc 6,3; Mc 15,40 ) Giuseppe è uomo "giusto" ( Mt 1,19 ) e pieno di fede; accetta di diventare padre legale del Messia, per renderlo erede delle promesse fatte a David. Anche se non genitore, è veramente padre per la carità e l'autorità con cui lo custodisce e lo educa, quale strumento e rappresentante del Padre celeste. "Se tutta la santa Chiesa è debitrice alla vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza". 770 Dio onnipotente ed eterno, "per opera dello Spirito Santo, [ Maria ] ha concepito il tuo unico Figlio e, sempre intatta nella sua gloria verginale, ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore" . Madre di Dio Maternità della Chiesa 771 La divina maternità è il fondamento della posizione eminente e singolare di Maria nel mistero della salvezza. Sembrerebbe una proprietà talmente esclusiva da non ammettere alcuna analogia. Invece anche nella sua maternità Maria è figura, cioè modello e attuazione perfetta, della Chiesa, vergine e madre. Questa dottrina si appoggia a una tradizione, che prende avvio dalle parole di Gesù stesso: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" ( Lc 8,21 ). L'interpretazione che ne danno gli antichi Padri è molto realistica: la Chiesa genera Cristo nei cristiani e i cristiani come membra di Cristo; anzi "ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio". Ai nostri giorni il concilio Vaticano II insegna che la Chiesa è vergine e madre in modo simile, anche se nello stesso tempo diverso, a quello di Maria: essa infatti, in virtù dello Spirito Santo, mediante la predicazione, i sacramenti e la testimonianza di carità, genera e fa crescere i credenti come figli di Dio e, poiché questi partecipano alla vita dell'Unigenito, genera e fa crescere anche la presenza di Cristo in loro. Maria madre per la sua fede 772 D'altra parte la maternità di Maria non è soltanto una generazione biologica, ma una relazione di grazia, vissuta nella fede e nella carità. Più che per aver portato il Figlio in grembo e averlo allattato al seno, Maria è beata per aver creduto alla parola del Signore. ( Lc 1,45; Lc 11,27-28 ) "Ha concepito Cristo prima nel cuore che nel grembo", dice sant'Agostino;21 e il concilio Vaticano II gli fa eco: "In fede e obbedienza ha generato sulla terra il Figlio stesso del Padre". Dio non si è servito di Maria "in modo puramente passivo"; ha sollecitato il suo libero consenso, che è venuto prontamente: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" ( Lc 1,38 ). Con questa risposta di fede umile e coraggiosa, Maria si incamminava verso un futuro misterioso e si metteva subito in una situazione drammatica rispetto a Giuseppe, alla famiglia e all'ambiente. Nello stesso tempo entrava in una relazione di comunione del tutto singolare con un Figlio, che è l'"Emmanuele", "Dio con noi" ( Mt 1,23 ). Maternità divina 773 Fin dalle origini la dignità della divina maternità ha attirato l'attenzione e lo stupore della Chiesa. L'evangelista Luca onora Maria come la Madre del Signore, tenda della divina presenza, arca della nuova alleanza. ( Lc 1,35.39-43 ) I cristiani cominciano presto a invocarla come Madre di Dio. Lo attesta già una bella preghiera del III secolo: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta". Più tardi, nel 431, il concilio di Efeso definisce che Maria è Madre di Dio. Ovviamente con ciò non intende affermare che Maria è stata principio della divinità, cosa evidentemente assurda; ma che ha generato nella sua umanità il Figlio eterno, che è vero Dio e veramente è diventato uomo. Per ogni donna la maternità comporta un legame personale permanente con il figlio. La maternità di Maria integra questa dimensione umana ordinaria in una comunione con Dio senza pari. Il Padre celeste le comunica lo Spirito di infinita tenerezza, con cui egli si compiace del Figlio generandolo nell'eternità; la fa partecipare alla propria fecondità perché il Figlio nasca anche nella storia, come uomo e come primogenito di molti fratelli. Madre di Dio è "il nome proprio dell'unione con Dio, concessa a Maria Vergine", "che realizza nel modo più eminente la predestinazione soprannaturale … elargita a ogni uomo". Maria vive questa grazia singolarissima con atteggiamento di accoglienza grata, amante e adorante, in modo simile a tutti i credenti, ma con una radicalità e pienezza inaudita. Questo è il suo modo di ricevere la Parola e di partecipare alla vita divina. Allo stesso tempo è il modo più sublime di attuare la femminilità, come accoglienza e donazione di vita. 774 "Vergine Madre di Dio, colui che il mondo non può contenere facendosi uomo si chiuse nel tuo grembo" . Discepola e cooperatrice del Salvatore Cammino di fede e di carità 775 Il Cristo è l'unico maestro e l'unico redentore; da lui riceviamo la grazia di essere suoi discepoli e cooperatori, partecipi della sua vita e della sua missione, santi e santificatori. Maria è la più perfetta seguace di Cristo e la prima collaboratrice all'opera della salvezza. Il suo personale cammino di fede, come emerge dai racconti evangelici, è anche il dilatarsi della sua carità verso tutti gli uomini, con un inserimento sempre più consapevole nel mistero della redenzione. Annuncio 776 Nell'annunciazione, ( Lc 1,26-38 ) Maria ascolta con fede la parola di Dio e si consegna come docile strumento nelle sue mani; accoglie il Messia e si mette a disposizione della sua opera. Il suo consenso apre al Signore la via per la sua venuta personale nel mondo e inaugura la pienezza dei tempi. ( Gal 4,4 ) Visitazione 777 Dopo questo evento decisivo, Maria non si ripiega su se stessa, ma va a far visita a Elisabetta, sua parente. ( Lc 1,39-56 ) La prima evangelizzata diventa la prima evangelizzatrice: proclama le meraviglie del Signore, con la presenza gioiosa e santificante, il cantico di lode e il servizio. Nascita di Gesù 778 Gesù nasce a Betlemme in condizioni di indigenza e di emarginazione, e Maria lo presenta ai pastori come Messia per i poveri, povero egli stesso. ( Lc 2,1-20 ) Dopo quaranta giorni lo offre a Dio nel Tempio e con lui offre la propria obbedienza, mentre la voce di Simeone le indica che "la sua maternità sarà oscura e dolorosa". ( Lc 2,22-38 ) Vengono i Magi, primizia dei popoli pagani, ad adorare il Messia; ma Erode scatena la prima persecuzione e bisogna fuggire in Egitto. ( Mt 2,1-18 ) I tre giorni dello smarrimento 779 A dodici anni Gesù partecipa al pellegrinaggio a Gerusalemme per la festa di Pasqua e compie un misterioso gesto profetico. ( Lc 2,41-50 ) Al momento di ripartire, senza che i suoi se ne accorgano, rimane nel tempio. Lo ritrovano dopo tre giorni di angosciosa ricerca. Maria gli ricorda, in modo discreto, il diritto dei genitori: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo" ( Lc 2,48 ). La risposta è enigmatica: Gesù appartiene a un altro Padre e deve abitare con lui. Ma torna a Nàzaret, obbediente e sottomesso. Al compiersi dei suoi giorni terreni, un'altra Pasqua, svelerà il senso di questo abitare con il Padre. Maria e Giuseppe al momento non comprendono, ma riflettono in silenzio. Intanto passano i lunghi anni della vita nascosta: lavoro quotidiano, intimo contatto col Mistero, fatica di credere. ( Lc 2,51 ) Le nozze di Cana 780 Comincia la vita pubblica di Gesù. A Cana di Galilea, Maria presenta al Figlio l'umana indigenza: "Non hanno più vino"; poi invita i servi a compiere la sua volontà: "Fate quello che vi dirà" ( Gv 2,3.5 ). Così coopera all'"inizio" dei segni e contribuisce a suscitare la fede dei primi seguaci: "Gesù … manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" ( Gv 2,11 ). Viene indicata come la "donna", figura del popolo di Dio nell'ora in cui si celebra la nuova alleanza nuziale con il Signore, che riceverà il sigillo definitivo nella Pasqua di morte e risurrezione. Le ardue esigenze del Regno 781 Gesù procede nel suo ministero e rivela gradualmente le esigenze del regno di Dio. Maria è chiamata a superare la sua umanissima premura materna per il Figlio. Quando si reca da lui insieme ai parenti, che vogliono moderarne lo zelo e invitarlo a una maggiore precauzione, deve ascoltare la risposta decisa: "Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" ( Mc 3,35 ). Fedele discepola, comprende sempre meglio cosa significa essere la serva del Signore dietro al Messia-Servo, incamminato verso la croce. Presso la croce di Gesù 782 Sul Calvario Maria è accanto alla croce: ( Gv 19,25 ) "fu presente in dolorosa compassione col suo unigenito Figlio, associandosi con animo materno al suo sacrificio e unendo il suo amorevole consenso all'immolazione della vittima che lei stessa aveva generata". Il Figlio viene condannato e schernito, percosso e schiacciato come un verme, abbandonato dai discepoli. In un certo senso appare abbandonato anche dal Padre. Le grandiose promesse sembrano smentite: dov'è il trono di David? dov'è il regno che non avrà fine? Per Maria è una prova terribile, più dura di quella di Abramo al sacrificio di Isacco, ( Gen 22,1-19 ) ma rimane in piedi. La sua fede è incrollabile, senza riserve. Non vede via di uscita; ma sa che tutto è possibile a Dio e le sue vie sono inaccessibili. Adesso il "sì" dell'annunciazione diventa esplicito consenso al sacrificio del Figlio e partecipazione al suo amore redentore verso tutti gli uomini. Madre dei redenti 783 "Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede". Gesù crocifisso vede in Maria la "donna", figura della Chiesa, nuova Gerusalemme e nuova Eva; la costituisce madre spirituale di tutti gli uomini, particolarmente dei credenti, impersonati dal discepolo amato: "Vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!"" ( Gv 19,26-27 ). La maternità divina verso Cristo si dilata nella maternità universale. In virtù dello Spirito Santo, Maria diventa "per noi madre nell'ordine della grazia", per cooperare alla rigenerazione e alla formazione dei figli di Dio. 784 Fedele discepola del Verbo fatto uomo, Maria cercò costantemente il volere di Dio e lo compì con amore. Presenza materna nel cammino della Chiesa Nel mistero di Pentecoste 785 La maternità universale di Maria interviene in modo discreto e silenzioso già all'esordio della Chiesa. Al centro del nucleo iniziale, esiguo ma proteso ad abbracciare tutte le genti, Maria invoca e accoglie il dono dello Spirito di Pentecoste. L'evangelista Luca racconta l'evento con alcuni richiami all'annunciazione e alla visitazione, quasi suggerendo una certa continuità tra la Vergine Maria e la Chiesa: come allora Maria, così ora la Chiesa riceve la potenza dello Spirito, che scende dall'alto sopra di lei, poi va ad annunziare le grandi opere di Dio. ( At 1,8; At 2,4.11 ) La Vergine Madre Maria si prolunga nella vergine madre Chiesa: "Con la sua nuova maternità nello Spirito, abbraccia tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa". Non si pone solo come modello, ma coopera personalmente a rigenerare i figli di Dio. Mediazione materna 786 "La maternità di Maria nell'ordine della grazia perdura ininterrotta, a partire dal consenso prestato fedelmente nell'annunciazione e mantenuto senza esitazioni ai piedi della croce, fino al coronamento eterno di tutti gli eletti". Divenuta più vicina a Dio con l'assunzione alla gloria celeste, è più vicina anche a noi. Non più soggetta ai limiti della condizione terrestre, accompagna il cammino di tutti e di ciascuno con la sua intercessione presso Dio e con la sua azione piena di carità: "Noi crediamo che la Madre santissima di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa, continua in cielo il suo ufficio materno riguardo alle membra di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti". La mediazione materna di Maria si colloca dentro la mediazione di tutta la Chiesa, al centro di essa. Se nel mistero della comunione dei santi tutti i fedeli intercedono gli uni per gli altri e si aiutano gli uni gli altri, non sorprende che Maria faccia la stessa cosa, con una efficacia del tutto singolare. Se Dio compie meraviglie per amore dei suoi amici e con la loro cooperazione, non sorprende che operi coinvolgendo soprattutto la Madre di suo Figlio. 787 La mediazione di Maria non reca pregiudizio a Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, perché dipende da lui come ogni altra cooperazione umana: "La funzione materna di Maria verso gli uomini non oscura né in alcun modo sminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma ne mostra piuttosto l'efficacia … E nemmeno impedisce il contatto immediato dei credenti con Cristo, ma anzi lo favorisce". Maria non si interpone come intermediaria tra noi e il Signore, quasi fosse più vicina e misericordiosa di lui; piuttosto è un dono e un riflesso della sua bontà, un segno della sua vicinanza. 788 Signore, Padre santo, "nel mistero della tua benevolenza hai voluto che Maria, madre e socia del Redentore, continuasse nella Chiesa la sua missione materna: di intercessione e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione e di pace" . Assunta in cielo Primizia della Chiesa gloriosa 789 Maria accompagna la Chiesa nel suo cammino e la precede alla meta. Assunta in cielo in anima e corpo, vive nella completa e definitiva perfezione della comunione con Dio e costituisce la primizia della Chiesa gloriosa, che si compirà alla risurrezione universale dei morti, ponendosi davanti a noi come modello concreto della speranza cristiana. La verità dell'assunzione di Maria è emersa lentamente lungo i secoli, con crescente chiarezza, nel comune senso della fede del popolo cristiano, in oriente e in occidente. Infine è stata solennemente definita da Pio XII nel 1950: "L'immacolata Madre di Dio e sempre vergine Maria, finito il corso della sua vita terrena, è stata assunta, in corpo e anima, alla gloria celeste". È la Pasqua di Maria, frutto della Pasqua di Gesù. È il compimento di un'unione senza pari con il Signore della vita, il coronamento dei doni di grazia e di santità a partire dall'immacolata concezione, il premio alla sua obbedienza di fede e al suo servizio di carità. Segno di sicura speranza 790 Per noi, che avanziamo a fatica in mezzo alle prove del tempo presente, la gloriosa Vergine risplende come stella del mattino che annuncia il giorno, come stella del mare che indica il porto ai naviganti: "Brilla quaggiù come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio che è in cammino, fino a quando arriverà il giorno del Signore". 791 "Maria è assunta in cielo: esultano le schiere degli angeli. Alleluia" . Vangelo ( Messa del giorno ) Il culto mariano Motivazioni e diffusione 792 Maria ha una posizione del tutto singolare nel mistero di Cristo e della Chiesa: è Madre del Figlio di Dio, cooperatrice del Salvatore, tutta santa, modello e madre della Chiesa, vicina con la sua intercessione e con la sua azione alle necessità di tutti gli uomini. Perciò giustamente viene venerata con un culto superiore a quello degli angeli e dei santi. I santi stessi gareggiano nella lode verso di lei: "O Maria, mare pacifico, Maria donatrice di pace, Maria terra fruttifera. Tu, Maria, sei quella pianta novella della quale abbiamo il fiore odorifero del Verbo Unigenito figliuolo di Dio, perché in te, terra fruttifera, fu seminato questo Verbo. Tu sei la terra e sei la pianta. O Maria, carro di fuoco, tu portasti il fuoco nascosto e velato sotto la cenere della tua umanità". 793 "Tutte le generazioni mi chiameranno beata" ( Lc 1,48 ). Duemila anni di storia lo dimostrano: liturgia e devozione popolare, canti e immagini mirabili, rosario e "angelus Domini", pellegrinaggi e santuari, comunità ecclesiali, congregazioni religiose e correnti di spiritualità, peccatori e santi alimentano su tutta la terra la lode perenne di Maria. L'entusiasmo delle folle si accende facilmente in occasione di presunte apparizioni. La loro autenticità non può essere negata pregiudizialmente, perché Maria accompagna il nostro cammino storico con premura materna e può comunicare con noi, adattandosi alla nostra condizione terrena. Occorre però un prudente discernimento sotto la guida della competente autorità ecclesiale, perché illusioni e inganni sono frequenti e dannosi. In ogni caso non ci si deve attendere un messaggio nuovo rispetto al vangelo, ma solo un richiamo ad esso, in vista di una più seria conversione. La vera devozione 794 Il concilio Vaticano II insegna che la vera devozione non ha niente a che fare con la curiosità, la vana credulità, il miracolismo, il superficiale sentimentalismo e il formalismo delle pratiche esteriori; ma consiste piuttosto nel riconoscere la singolare dignità di Maria, nel rivolgersi a lei con fiducia e amore filiale, nell'imitare le sue virtù, per seguire Cristo insieme con lei. Secondo sant'Agostino, "onorare e non imitare altro non è che bugiarda adulazione". Maria vuole essere modello, non solo rifugio. Non è una madre protettiva e possessiva, che blocca i figli nell'infantilismo; ma una madre che fa crescere verso la maturità e spinge ad affrontare il rischio. Accogliere lei tra le cose proprie, ( Gv 19,27 ) come il discepolo che Gesù amava, significa soprattutto assimilare i suoi atteggiamenti: fede coraggiosa, libertà e dono di sé, responsabilità e presenza nella storia, là dove si attua il disegno di Dio. Affidarsi o consacrarsi a lei significa vivere il proprio battesimo in sua compagnia, con coerenza e radicalità evangelica. Nella venerazione della santa Vergine deve avere il primo posto il culto liturgico e le altre forme di devozione devono ispirarsi ad esso, in modo che Maria appaia sempre unita a Cristo nei suoi misteri e coinvolta nel movimento di adorazione, che egli nello Spirito Santo fa salire al Padre. Maria rimane "la serva del Signore" ( Lc 1,38 ) e la sua gloria in cielo è ancora "la gloria di servire". Il suo cantico è sempre lo stesso: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore" ( Lc 1,46 ); e sempre lo stesso è il suo invito: "Fate quello che vi dirà" ( Gv 2,5 ). 795 "La pietà della Chiesa verso la santa Vergine è elemento intrinseco del culto cristiano". Il culto mariano, "pur essendo del tutto singolare, è però essenzialmente diverso da quel culto di adorazione che viene tributato al Verbo incarnato insieme al Padre e allo Spirito Santo". Per l'itinerario di fede Riflettere e interrogarsi La devozione e il culto verso la Vergine Maria sono aiuto a una fede cristiana più matura, sebbene alcune espressioni di questa devozione debbano essere purificate e illuminate costantemente dall'annuncio di fede. La figura di Maria, compresa all'interno del mistero di Cristo, è via che conduce a vivere il cuore di tale mistero ed è immagine e modello della Chiesa. Come Maria anche la Chiesa è chiamata a essere piena di grazia; anche la Chiesa deve restare vergine, ricevendo Cristo come dono assolutamente imprevisto e gratuito, e donandolo senza affidarsi ai poteri della terra; anche la Chiesa deve farsi madre, dando a Gesù un'umanità e inserendolo visibilmente nella storia; anche la Chiesa è chiamata a vivere nella gloria, senza lasciare niente di sé al potere della morte. - In quali modi una vera devozione mariana può diventare via di crescita nella fede cristiana e nella vita ecclesiale? - Come valorizzare le diverse espressioni di devozione mariana presenti nella proprio ambiente? - Quali aspetti dell'esperienza di fede di Maria di Nàzaret interrogano oggi la nostra esperienza cristiana a livello di vita personale, familiare e comunitaria? Ascoltare e meditare la Parola Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le risposte l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei. ( Lc 1,26-38 ) Si può leggere anche: ( Gv 19,25-27 ) Maria, madre spirituale di tutti gli uomini. ( Ap 12,1-17 ) La donna che impersona il popolo di Dio. Il Cristo è unico, perché capo e corpo formano un tutt'uno. Il Cristo è unico perché è figlio di un unico Dio in cielo e di un'unica madre in terra. Si hanno insieme molti figli e un solo figlio. Come infatti capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito Santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il capo; la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al capo il corpo. Tutt'e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l'altra. Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch'è detto in generale della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d'una delle due, può essere inteso indifferentemente dell'una e dell'altra. ( Beato Isacco della Stella, Discorsi, 51 ) Pregare e celebrare L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre. ( Lc 1,46-55 ) Una nuova creazione mostrò il Creatore apparendo fra noi sue creature, poiché germogliò in seno incontaminato e lo serbò intatto qual era, sì che noi, contemplando tale prodigio, inneggiamo a lei esclamando: Salve, fiore dell'incorruttibilità; salve, corona della castità. Salve, tipo splendente della risurrezione; salve, rivelatrice della vita degli angeli. Salve, albero dai frutti squisiti di cui si nutrono i fedeli; salve, legno dai frondosi rami sotto cui molti si riparano. Salve, tu che in seno portasti la guida degli erranti; salve, tu che generasti il liberatore degli schiavi. Salve, o intercessione presso il giusto giudice; salve, o perdono di tanti peccatori. Salve, stola che rivesti coloro che son privi di fiducia; salve, o amore che vinci ogni desiderio. Salve, sposa e vergine! ( Liturgia bizantina, Inno Acatisto in onore della Madre di Dio, 13 ) Professare la fede - Nella discendenza di Eva, Dio ha scelto la vergine Maria perché fosse la Madre del suo Figlio. Piena di grazia, ella è il frutto più eccelso della redenzione: fin dal primo istante del suo concepimento è interamente preservata da ogni macchia del peccato originale ed è rimasta immune da ogni peccato personale durante tutta la sua vita. - Maria Vergine cooperò alla salvezza del genere umano con libera fede e obbedienza. Ha detto il suo "sì" ed è diventata la madre dei viventi. - Per la sua piena adesione alla volontà del Padre, all'opera redentrice del Figlio e ad ogni mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il modello della fede e della carità per la Chiesa. In lei possiamo contemplare ciò che la Chiesa è nel suo mistero, oggi nel pellegrinaggio della fede, domani nella gioia della patria.