Convegno ecclesiale di Verona

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Gruppo di studio 16 Ambito: fragilità

Sintesi dei lavori

Moderatore: sr. Margherita Bramato, direttore generale dell'Ospedale-Ente ecclesiastico « Card. G. Panico », Tricase ( LE )

Segretario: Roberto Nicolis, operatore sociale, Verona

17-18 ottobre 2006

Considerazioni generali

Gli interventi hanno evidenziato i vari ambiti della fragilità: dal carcere alla tossicodipendenza, dai rapporti con chi è diverso o straniero alla fragilità delle relazioni affettive e psicologiche, al disagio giovanile, alla difficoltà di orientare la propria scelta di vita, alla disabilità, alla solitudine degli anziani, ai migranti, alla salute mentale, alla paura di un futuro incerto, al rispetto della dignità di fronte alla malattia e alla morte.

Viviamo in una società che scarta molte vite, perché non utili al sistema socioeconomico, abbandonandole a un'esistenza di marginalità, disconoscendo di fatto diritti di cittadinanza e di tutela.

La fragilità è presente nelle spaccature e divisioni della comunità a livello politico, amministrativo, ecclesiale.

Emerge che la fragilità genera sofferenza e paura.

Essa tocca trasversalmente tutta la vita di ogni persona, del sistema sociale e anche della Chiesa, la quale è chiamata ad aprirsi al territorio.

La fragilità ci interpella, ci scuote e ci richiama:

1) a riconoscere e valorizzare i frammenti di umanità presenti in ogni persona fragile.

La Chiesa deve raccogliere e ripartire a ricostruire, da questi frammenti, perché in essi è racchiusa l'immagine di Dio;

2) a una condivisione diretta che ci chiama ad accogliere nelle nostre famiglie, nelle comunità religiose e parrocchiali, le fragilità emergenti, anche quelle relative alla vita sacerdotale, superando la logica dell'istituzionalizzazione.

E necessario passare dall'assistenza alla condivisione, perché chi lavora nella carità condivide;

3) a mettere in comune le esperienze e i carismi in un cammino di comunione, superando la frammentarietà della Chiesa.

Come dice San Paolo, le membra che sembrano più fragili sono le più necessarie alla Chiesa, perché nell'esercizio della carità essa assume la coscienza di popolo di Dio;

4) a riconoscere la propria fragilità e la propria corresponsabilità nel rendere fragile la relazione.

Fragilità che si manifesta nella coppia, nelle scelte di vita, compresa quella religiosa e sacerdotale;

5) a uno stile di vita sobrio, essenziale, umile e povero;

6) a cercare luoghi e tempi di ascolto per riuscire a intercettare le domande di fragilità non espresse;

7) a valorizzare la testimonianza di « pietre scartate » che diventano « pietre angolari » e sono per tutti segno di speranza;

8) a mettere in luce gli aspetti positivi nell'essere fragili: nella società civile la fragilità è un peso, nel Vangelo è una risorsa.

Le persone fragili ci muovono alla solidarietà, alla fraternità.

È la forza del debole.

C'è un immenso tesoro racchiuso nella fragilità, che desidera essere condiviso superando l'autoreferenzialità.

Una riflessione sull'esperienza

La relazione con la fragilità

- « L'arte della compassione », che prevede il saper parlare e il saper tacere: farsi vicino a chi soffre significa mettersi in ascolto.

- Ci mancano orecchie che sappiano ascoltare.

Vivendo con i poveri vediamo il mondo capovolto.

I poveri sono occasione di conversione.

Imparare ad ascoltare il margine significa diventare ospiti.

- Avvicinarsi non da padroni ma da « servitori ».

Noi spesso deteniamo il potere su come, quando, quanto e se dare.

Come ospiti scopriamo invece che ci sono anche delle ricchezze in chi è « povero ».

- Valorizzare una fragilità è accoglierla al di là dei pregiudizi.

Non è con le parole che si incontra ma facendo percepire « l'essere in comunione ».

- Ascoltare significa anche « perdere tempo ».

Nella comunità ecclesiale spesso siamo presi dai progetti e trascuriamo la fatica di ascoltare, di accogliere, di stare in presenza e attendere in silenzio.

- Stile del servizio come criterio di riferimento.

Stare accanto condividendo le reciproche fragilità.

Passare dal curare al prendersi cura.

- Non usare i poveri come « sgabello della propria vanagloria ».

- L'educatore è un guaritore ferito.

Per guarire la fragilità bisogna saper stare a fianco per lungo tempo non dispensando pillole occasionali.

- Assumere la visuale di quelli che ricevono.

- Riconoscere sempre il valore di ogni persona, perché contiene un frammento dell'immagine di Dio.

La comunità incontra la fragilità

- Se una comunità è sanante, perché quando una persona ha un problema prima esce dalla comunità per curarsi e poi vi rientra?

- È la fragilità che ci fa incontrare e ci accomuna.

È una risorsa per noi.

- La comunità cristiana si nutre degli ultimi.

Il cristiano ha bisogno di vedere che la casa di Dio è la casa del povero: la carità è un luogo di culto al quale tutti i cristiani sono chiamati.

- La prospettiva escatologica è una ricerca che ci invita all'accoglienza.

Gesù dice: tu, così come sei, sei prezioso per me!

- Le persone fragili divengono occasioni di conversione, come Verbo che si fa carne e che ci invita a passare dall'individualismo alla comunità.

L'ascolto della parola di una persona abbandonata che riconosce Dio come padre diventa per tutti una parabola.

- Non possiamo pensare a sportelli del disagio all'interno delle Chiese.

Dobbiamo essere presenze vere e continuative nei luoghi di aggregazione dei giovani.

Passare dalla Chiesa dell'evento alla Chiesa della presenza costante.

Educazione all'incontro con la fragilità

- Non si può valorizzare una cosa che tentiamo sempre di nascondere.

La formazione riguarda il modo di stare insieme.

Educarci ad accogliere la fragilità dell'altro.

Educazione come prassi.

- Se la fragilità non viene accolta in famiglia, anche il giovane non si educa.

- La fragilità va accolta, condivisa e custodita.

Per questo c'è bisogno di formazione.

I parroci e i seminaristi vanno sostenuti nelle fragilità.

- Formarci alla scuola dell'Eucaristia e della Parola.

Leggere la Parola di Dio « con gli occhi degli impoveriti », per aiutarci a vivere uno stile di vita evangelico.

- Diamo responsabilità ai giovani, non solo coccole!

I nodi

- La vita nascente viene attaccata in tutti i modi.

Essere obiettori in un ambiente laico è molto difficile.

C'è una grande solitudine ed emarginazione da parte degli operatori sanitari.

C'è bisogno del sostegno della Chiesa.

- I sacerdoti, i religiosi, i cappellani non fanno più direzione spirituale, non accostano più il malato.

Le vocazioni mancano perché non c'è chi le coltiva.

- Solitudine di chi opera nell'ambito della fragilità.

- Valorizzare la dimensione culturale.

Qual è la prospettiva antropologica alla quale veniamo educati?

Il criterio è quello del « se non diventerete come bambini … ».

- La Chiesa deve riconoscersi peccatrice, povera.

- Non è solo la Chiesa che si occupa dei poveri.

Come dialoghiamo con altre organizzazioni?

- Di fronte al male commesso, quale risposta? Solo la punizione?

Come la Chiesa vive il perdono?

- Il seminario sta diventando troppo tecnico, si insegna a comunicare molto, ma non a guardare in faccia l'altro.

Proposte

Importante, dopo aver definito gli obiettivi, attuare delle verifiche di percorso nei prossimi dieci anni con appositi strumenti che consentano un'attenta analisi dei risultati.

Sul « fare »

- Utilizzare le strutture conventuali, religiose, parrocchiali che risultano vuote, cercando l'aiuto della provvidenza.

- Come queste fragilità possono arrivare in parrocchia e aiutare il consiglio pastorale?

Il consiglio pastorale per costruire lo « stato d'anime » della parrocchia.

- L'accoglienza di un bambino che non è figlio educa tutta la famiglia.

Le famiglie hanno paura di rischiare l'accoglienza: vanno aiutate e sostenute.

- Aiutare le famiglie a farsi carico del malato fino alla fine.

- Approfondire nuovi stili di vita legati al consumo critico, banca etica, commercio equo e solidale, economia di comunione.

- Entro il 31 dicembre 2006 devono chiudere gli istituti: la Chiesa in Italia è disponibile a proporsi come famiglia di famiglie?

- Portare in carcere i seminaristi o i parroci.

- Presenza in ogni Diocesi di un luogo dove accogliere un detenuto in permesso.

- Inserire nei siti delle Diocesi indicazioni per l'accoglienza di familiari degli ammalati provenienti da altre province.

- Ogni parrocchia dovrebbe avere due diaconi a servizio della comunità, coordinando le attività caritative nella parrocchia.

- Promuovere dibattiti culturali in sinergia con i servizi del territorio sulle questioni sociali.

Sull'« essere »

- Bisogna testimoniare e diffondere le esperienze e le buone prassi.

- Far entrare nel proprio quotidiano lo stile dell'accoglienza e del servizio.

- Richiamo alla sobrietà e povertà nello stile di vita dei presbiteri e dei Vescovi.

- Cercare di essere più critici di fronte alla realtà.

- Dove ci sono persone che vivono in fedeltà al Vangelo, là i giovani si sentono attirati.

Sul metodo

- Superare la risposta personale, lavorando in rete, anche con chi non crede.

- Modificare il linguaggio per renderlo più accessibile.

- Analisi dei problemi delle fragilità in Diocesi.

Far sapere le realtà che sono presenti e che operano, cercando di coinvolgere le istituzioni sulle problematiche, dilatando la cittadinanza.

- Progettualità rivolte a capire in modo condiviso qual è la vocazione della città.

Ciò implica una sinergia di intenti, una nuova maturità a saper fare spazio all'altro, a lavorare in comunione con una progettualità culturale di ampio respiro.

- Approfondire il dialogo pubblico - privato, Chiesa - istituzioni, uscendo dalle logiche di uso reciproco.

- Presenza di figure professionali giovani in parrocchia che si facciano carico dell'animazione socioculturale coordinando le realtà esistenti, formando e coinvolgendo il mondo giovanile.

- Superare un'organizzazione pastorale per settori.

L'incontro con la fragilità ci spinge a costruire il dialogo fra i settori.

- Cultura del villaggio: formare « dei responsabili di via », che hanno relazione diretta con le persone che vi abitano e con i loro bisogni.

- « Scuole di carità » trasversali dedicate a movimenti, associazioni, realtà ecclesiali rivolte soprattutto ai giovani.

- La Caritas non dovrebbe occuparsi tanto della gestione diretta di opere quanto della promozione di una cultura che sappia mettere in rete le risorse delle parrocchie, degli enti religiosi con le istituzioni del territorio in relazione ai bisogni emergenti.

Le frontiere della fragilità

- Superare la categorizzazione della fragilità in relazione al bisogno e accedere alla categoria del desiderio, come « nostalgia del non espresso ».

Fragilità immateriali che generano quelle materiali.

- Pastorale dei Rom, quanti la conoscono?

- Riammettere all'Eucaristia i separati e i divorziati, dopo un cammino penitenziale.

- Costituire in ogni Diocesi una commissione per il mondo penale, promuovendo l'accoglienza alle vittime e alle loro famiglie, attraverso progetti conciliativi.

- La peggiore delle famiglie è la migliore delle convivenze.

Bisogna investire sulla famiglia.

- Fragilità spirituale e di comunicazione.

- Unire le famiglie come famiglia allargata, una comunità di famiglie che sa accogliere altre fragilità.

- La vita religiosa non come gestione diretta di opere, ma come apertura agli ultimi.

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